La  regione  Campania da sempre è stata sempre molto famosa  per le sue acque. 

Se infatti parliamo delle  famose sorgenti dell’acqua Lete e Ferrarelle dobbiamo immediatamente pensare a Pratella in Provincia di Caserta),  e se parliamo dell’acqua della Madonna oppure l’Acetosella , dobbiamo subito  immediatamente pensare alla località di Castellammare di Stabia, una piccola cittadina  conosciuta come la  “città delle acque” , e se  qualcuno ancora oggi ci parla dell’acqua  “suffregna”,( sulfurea in italiano ) , subito tutti immediatamente pensiamo al borgo di Santa Lucia e alle belle procaci e avvenenti  “luciane “.

L’acqua sulfurea di Santa Lucia, era infatti  una delle bevande preferite dai napoletani,  e divenne  per lungo tempo , la principale fonte di sostentamento per gli abitanti di via Chiatamone, che si attrezzavano con banchetti e recipienti per guadagnarsi la giornata.

Le giovani e belle venditrici ambulanti, giravano per la città provando a vendere l’acqua “suffregna” a chi cercava refrigerio e frescura mentre gli “acquaiuoli”, nei loro chioschetti addobbati con grappoli di limoni, arance, blocchi di ghiaccio ed altri attrezzi, riuscivano a preservare intatte le proprietà e la freschezza di quest’acqua sempre frizzante e fresca, che di solito veniva servita con un pizzico di bicarbonato, per renderla ancora più gustosa.

Questo diede luogo ad un antico vecchio mestiere della nostra città ; il mestiere dell’acquaiuolo , che a differenza di tanti altri è forse l’unico tra gli antichi mestieri napoletani, che ancora oggi resiste al tempo .  Sono infatti ancora presenti ,disseminati per tutta la città , alcuni storici chioschi  che vendono acqua e limone con o senza bicarbonato , acqua minerale e refrigeri vari

CURIOSITA’ : L’ acquaiuolo , inizialmente era solito girare per le stradine caratteristiche della città trainando un piccolo carretto mediante l’aiuto di un asino ,e mentre passeggiava era solito pubblicizare la sua merce con frasi gridate al popolo per incentivare a comprare l’acqua sulfurea di Santa Lucia. Egli  ,girando  in lungo ed in largo la città ,  con il suo  carrettino manteneva la sua  acqua nelle  famose ” mummare “, un grande vaso di creta con due manici ,che veniva considerato una sorta di banca dove l’acqua solitamente si manteneva fresca .

Solo successivamente , in un secondo momento . l’acquaiuolo divenne stanziale con una propria bottega decorata con luci colorate e addobbata con grossi limoni di Sorrento ed aranci .  Nel suo interno , oltre ad ,altra frutta estiva. , erano anche presenti enormi blocchi di ghiaccio , attrezzi per le spremute ,  sciroppi di vario tipo , e le    famose “mummarelle ” Il ghiaccio era immesso in grandi botticelle foderate di sughero con un vano nella parte inferiore, dove erano sistemati blocchi di ghiaccio, che rendevano l’acqua o la bibita fresca o ghiacciata, perché raffreddata dal ghiaccio. Per tale motivo i chioschi dell’acquafrescaio , venivano chiamati ” A BANCA ‘E L’ ACQUA” .

Le belle luciane , spigliate ,sorridenti ,e procaci  , che spesso gestivano i tanti chioschetti sul lungomare di Santa Lucia con fare malizioso gridavano a squarciagola per richiamare clienti nelle afose giornate napoletane < chi vò vevere ,che è freddo >  e cantando al  suono di canzoni dal dubbio significato giocavano spesso sul doppio senso on cui il prorompente seno veniva accostato alle mummare . Esse sopratutto durante l’estate , grazie alla neve ghiacciata che teneva fresche le loro bevande permetteva di rispondere in modo malizioso alla domanda <“Acquajuò! L’acqua è fresca?”: “Manche ‘a neva”.

L’acqua suffregna , una volta tolta dalle mummarelle veniva versata in piccole brocchette di terracotta ( chiamate giarretelle ) dove veniva aggiunto del succo di limone ed un cucchiaio di  bicorbonato . Il risultato era una straordinaria dissedante bibita con un potente effetto digestivo , caratterizzata da una scenografica eruzione di schiuma ( prodotta dallo stesso bicarbonato ). La  bevanda era da tutti considerata anche  un’autentica panacea per molti dolori fisici .

Unico problema aveva un forte sapore di uovo non del tutto gradevole per alcuni  .

N.B. Se i vasi in terracotta erano di dimensioni più piccoli , venivano ovviamente soprannominati “mummarelle ” ( termine spesso ancora oggi utilizzato per indicare in una donna delle mammelle piccole ma graziate ) .

Nei vari  quartieri del centro storico  , a girare di buon mattino annunciando la loro presenza con decise urla pubbicitari della loro acqua suffregna erano le giovani e belle donne provenienti dal borgo di Santa Lucia e al loro richiamo , molti acquirenti erano soliti affacciarsi dalle loro finestre o balconi e poi calare il loro paniere con qualche monete ed un fiaschetto da riempire con l’acqua desiderata .

L’acqua che vendevano , proveniva da una fonte che si trovava in una grotta presente presso il famoso Chiatamone . Ad essa si accedeva mediante una scalinata e poichè le sue sorgenti di acque sulfurea erano provenienti   dalle sorgenti vulcaniche flegree e vesuviane essa  era naturalmente gasata e considerata dai napoletani per tale motivo curativa per molti malanni.

N.B. Le sue sorgenti raggiungeva il pozzo artesiano che si trovava nei giardini di Palazzo Reale  per poi arrivare in una storica sorgente ,in Via Caracciolo , dove esistevano anche delle piccole fontanelle  ,  su cui hanno poi purtroppo costruito l’attuale Hotel Continental.

Le sorgenti di questa ’atipica acqua, dall’intenso sapore sulfureo, si trovava in una oscura e quasi misteriosa grotta, rappresentarono per lungo tempo per gli abitanti del Chiatamone e del vicino Borgo di Santa Lucia una vera e propria attività imprenditoriale capace di far nascere nel tempo e con quella capacità imprenditoriale spontanea che solo i napoletani posseggono, una vera generazione di lavoratori che si industriavano per riempire i contenitori per portare l’acqua ai chioschi stradali, spaziando da Napoli alle località limitrofe della città sino a sfiorare le altre località a carattere turistico del Golfo di Napoli.

L’acqua veniva  liberamente raccolta sin dall’origine delle fonti ed il trasporto e la successiva  commercializzazione veniva poi effettuata usando, speciali anfore in terracotta che i popolani “luciani” denominarono “mummere”. Erano semplici, con più volume da riempire, generalmente da 5 litri, dal tipico colore “terreo” o a volte dipinte con scene di carattere popolare. Ma la principale caratteristica era la proprietà di mantenere a lungo ed inalterata la freschezza della temperatura sorgiva per consentire una mescita che rallegrasse il gusto e sodisfacesse la sete dei passanti.

Intorno alla grotta era  presenti una serie locale di venditori che con fare garbato e simpatico , accoglievano i tanti acquirenti provenienti dalle città limitrofe che si recavano lì apposta per fare scorta e rifornimento di quella preziosa acqua, in grado, come si diceva, di curare chi soffriva di carenza di ferro ed anemia ma  raccomandata  anche a  coloro che soffrivano  di malattie debilitanti; esse veniva molto usata in passato per la sua azione  purgativa e lassative , ma  veniva soprattutto consigliata  a  chi soffriva  di coliti spastiche.

L’acqua sulfurea o ” suffregna ” venne liberamente venduta e commercializzata   a fasi alterne, sino a quando Napoli non fu colpita dalla brutale epidemia del colera del 1973 , a causa della quale fu proibita. la vendita stradale e le fonti furono sigillate. Alcune fontanelle furono successivamente attivate, precisamente sotto il Maschio Angioino, ma nel breve arco di tempo furono ulteriormente abolite, non potendo garantire una regolare e igienica distribuzione della preziosa famosa acqua suffregna .

…… e oggi la famosa bibita rinfrescante nelle calde giornate di agosto chiamata ” acqua di suffregna ” viene ugaulmente servita dalla maggior parte degli acquafrescai  ma ad essere utilizzata è …l’acqua minerale ..

A riecheggiare di tanto in tanto ci resta oramai in città delle vera  ’acqua “suffregna” di Santa Lucia , la sola  nota poesia “E mummarelle” di Gianfranco Brienza che recitava esattamente così:

”Signooo.. e comm’è fresca…!

Diceva a ze Francesca!”

“Uè uè… ca io songo n a luciana

e ‘a mummera, va do’mmano…”

“Uè ue.. vevite, ca’ ‘o sole coce…!

Strillanno deve ‘a voce.”

“È bella e fresca è comm’ a neve

Pe diece lire.. è chiena!”

Francesca cchiù alluccava

Pe l’acqua spulmunava.

“Uè..- uà è do’ Chiatamone

Mettitece ‘o limone!”

“Signooo… l’acqua v’a vevite

E ‘o suvero… ‘o suvero v’ ‘o stipate…!”

“Acqua suffregna, ovèro fresca e bella. Sempre affullata steve… ‘a bancarella!“

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