La nostra città era anticamente divisa in quattro quartieri che si distinguevano con i nomi di Termense , di Palatina , di Montana , e di Nilense .  Ciascuna di esse aveva le sue porte , le sue strade ed i suoi tempi ,ed  un certo numero di edifici pubblici e privati e moltissimi vicoli .

La regione Montana , ad occidente , venne distinta con questo nome perchè collocata nella parte più elevata  della città , Essa aveva una sola porta che si trovava poco lontano dall’odierno sito di San Pietro a Majella  che per qualche tempo fu chiamata di Don Orso , dal nome di una famiglia del posto.

La regione occupando quasi per intero tutto il sito delle anticaglie comprendeva i siti dove oggi vediamo la chiesa della Sapienza , di San Pietro a Majella e quella della Pietrasanta  e veniva denominata ” Montana “o Montagna in quanto corrispondeva alla parte più elevata della città corrispondente alla zona di Sant’ Aniello a Caponapoli dove sorgeva un santuario dedicato alla dea Madre ed un Tempio dedicato alla dea Fortuna .

Questo luogo era il punto più alto della città ( molto più alto di oggi ) che si è poi abbassato nel tempo colpa terremoti e alluvioni e secondo molti era il luogo dove esisteva il sepolcro di Partenope . In questa regione oltre al Teatro e all’Odeon , si ritrovava anche il Tempio di Diana che si ergeva sul luogo della chiesa di Santa Maria Maggiore , accanto al campanile della pietra santa ed il piccolo santuario dedicato al dio Pan dove al suo posto poi il poeta letterato umanista Pontano ( segretario di Alfonso d’ Aragona ) fece al suo posto poi  erigere la sua cappella di famiglia ( un vero gioiello di architettura di epoca rinascimentale )

Questa area  conteneva il monumento più grande e magnifico che possedeva una volta Napoli .Esso era lungo oltre cento metri e poteva contenere a sedere molte migliaia di spettatori ( circa 6000). Si trattava dell’antico Teatro Romano che dopo lunghe ed accurate ricerche si è accertato che occupava quasi tutto il sito delle Anticaglie .
Il maestoso edificio   , era ordinato da due contigue figure geometriche , cioè da un semicerchiolegato ad un paralleligramma rettangolo : la parte semicircolare , destinata per l’uso degli spettatori , era disposta in gradazioni , in vomitori , in corridoi ed in logge : la parte  a parallelogramma invece serviva all’azione ede era divisa in iscenia e proscenio , in orchestra ed in pulpito .

Oggi , dopo lunghe accurate ricerche , sappiamo con certezza che la parte semicircolare del teatro cominciava dall’odierna chiesa di San Paolo Maggiore , percorreva con un  lungo giro tutto il sito dell’ Anticaglia , per poi giungere  fino  alla strada di Somma Piazza ( oggi via Pisanelli ) , mentre la parte a parallelogramma occupava invece tutto il sito dell’attuale convento di San Paolo Maggiore .

Nel teatro si rappresentavano drammi satirici , tragedie e commedie .

Particolare successo ebbe nel teatro di Napoli una commedia scritta dall’ Imperatore Claudio che fu anche premiata: cosi’ come ebbero fama di grandi artisti i mimi , i danzatori e gli istrioni napoletani , tanto da essere chiamati dagli imperatori i a Roma per esibirsi .
Accanto al teatro scoperto , era situato l’ Odeon , il teatro coperto , di dimensioni piu’ridotte dove si svolgevano la maggior parte dei spettacoli per evitare la dispersione di voci e suoni .

N.B.Il teatro fu realizzato in opus mixtum di reticulatum e latericium, tra la fine del I e gli inizi II secolo d.C. , periodo in cui venne completamente ricostruito, forse dopo il terremoto del 62 o l’eruzione del 79 d.C.

Per farvi avere un’idea di quanto era grande e vasto questo Teatro basta sapere  che la parte scenica era capace di conenere migliaia di cori ed un alto  consirdeevole numero di mimi e che proprio per la sua enome mole fu scelto secono Svetonio  dall’Imperatore Nerone per esibirsi pubblicamente nel canto circondato da una quantità prrodigiosa di giovanetti scelti dall’ordine equestre , e da circa cinquemila persone della plebe che disposti in gruppo accompagnavano e applaudivano i suoi ” ululati ” .

Nerone , appassionato di canto, era convinto di avere una bellissima voce e una tecnica di canto di fine bellezza e da tempo aveva oramai deciso di voler esibirsi pubblicamente .
L’ imperatore reputava perà  il popolo romano inadeguato per poter apprezzare le sue doti ( in realta’ non voleva esporsi troppo in Roma convinto che i giudizi nei suoi confronti sarebbero stati troppo severi ) e così prima di  partire per la Grecia dove si doveva esibire nei giochi Olimpici di Atene , decise di  esibirsi davanti a un pubblico più raffinato come quello di Napoli che  di antica dominazione greca era certamente dotato  di  una maggiore sensibilità ed  in grado  di apprezzare quindi al meglio le sue eccezionali doti canore.
Non fidandosi completamente decise comunque di assoldare una folla  di persone  che vennero  appositamente pagate per osannarlo e applaudirlo ( una vera e propria claque). La sera dell’ esibizione il teatro era gremito in ogni ordine di posto e quando l’ imperatore giunse con la sua lettiga , un coro di cento vergini e di altrettanti maschietti intonò uno dei canti da lui composto scatenando un vero delirio.

Tornando dalla Grecia come vincitore dei giochi olimpici , entrato  in citta’ dove fu accolto molto festosamente da tutta la popolazione decise per festeggiare di  esibirsi di nuovo a teatro dove ebbe come sempre grande successo , inaugurando cosi’ la prima di una lunga serie di rappresentazioni.
Egli a Napoli porto’ in scena grandi spettacoli musicali con grande successo , mobilitando grandi folle da tutta la Campania  ( Baia, Pompei , Stabia , Nuceria ) e allestendo rappresentazioni particolarmente ricche , fastose e di grande effetto scenografico , con la partecipazioni di un pubblico di giovanetti finemente adornato ( giovinetti romani che portava sempre con se’ ) e di un folto gruppo di Alessandrini del Seggio del Nilo , che rispondevano con dei cori e degli applausi caratteristici , muniti di strumenti rudimentali ( bombi , embrici, e cocci )
Nessun spettatore poteva lasciare il teatro prima della fine dello spettacoli per cui erano costretti ad assistere alla performance dell” imperatore che talvolta sul palcoscenico instancabile,nei momenti di pausa mangiava pubblicamente dinanzi alla folla costretta ad osservare.
Fu tale la vanita’ dell’ imperatore che volle addirittura esibirsi nel teatro scoperto , inadatto per la sua grandezza ; egli nonostante le difficolta’ riscosse comunque un grande successo grazie anche ad un pubblico accondiscendente ( quando si esibì Nerone quasi tutti erano schiavi portati da Roma a Napoli per applaudirgli…) che volle accoglierlo al suo ritorno a Napoli con gli onori dedicati soltanto agli eroi dei giochi sacri di antica grava memoria.
Durante una sua manifestazione canora, la città fu attraversata da una scossa di terremoto. Nerone per calmare il pubblico affermò che gli dèi, affascinati da cotale bravura, gli applaudivano estasiati ….

 

CURIOSITA’; Il teatro che doveva avere una facciata semicircolare , è rimasto visibile sino alla fine del 1500 dopodiché, durante la dominazione spagnola del 1600, fu istituita una legge che permetteva l’edificazione in qualsiasi punto della città. Il motivo fu semplice: troppi abitanti. Napoli contava all’epoca 250.000 cittadini, ed era tra le città più popolose d’Europa (era seconda soltanto a Parigi). Da quel momento incominciano a sorgere centinaia di abitazioni private in un’ edificazione selvaggia che sfruttavano qualsiasi tipo di spazio a disposizione senza nessun rispetto per siti storici poiche’ non vi era nessun piano regolatore che imponeva divieti e obblighi di costruzione . Cosi’ si ammassarono abitazioni moderne su luoghi e case antiche in un totale disordine architettonico.

 

Per accedere oggi all’antico Teatro bisogna oggi farlo da un insolito accesso . Bisogna infatti recarsi presso un ” vascio ” ,  cioè un ‘abitazione, al piano terra , che si trova in vico Cinquesanti ,nel nostro centro storico.

Essa entrando , si presenta come una normale abitazione antica: macchina per cucire, cucina, quadri alle pareti, qualche mobiletto e un letto.


Al letto è legata una corda, e la corda, una volta tirata, sposta il letto che rivela una botola. La griglia metallica separa il vascio da una scalinata sotterranea: discendendo è possibile giungere ai resti dell’ antico teatro romano.
Per il vecchio proprietario del vascio, non era possibile accedervi direttamente, data la presenza di un blocco di terreno a sbarrargli il passo. Ma egli si accontentava di scendere le scale per tenere al fresco del tufo le sue scorte di vino.
Una volta aperta la botola, la “cantina” era in realtà il corridoio di sottoscena: una sorta di “spogliatoio” dove gli attori (rigorosamente tutti maschi) correvano all’impazzata per raggiungere il palcoscenico, nel mentre si cambiavano continuamente.

 

Dall’ingresso si viene guidati nei “vomitoria”, i corridoi per raggiungere la cavea, e negli ambulacri esterni, su per le scale usate per arrivare fino alla “media cavea”, i posti centrali.
Si attraversano locali interni a edifici cresciuti intersecandosi con la muratura antica. Locali che hanno cambiato destinazione d’uso nei secoli: cisterne, riconoscibili per un intonaco speciale, stanze di appartamenti, a volte ottenute con soppalchi in legno che si vedono ancora.
Subito all’ingresso , prima che il Comune l’acquisisse per permettere gli scavi, i locali ospitavano una fabbrica di camicie: sotto il basolato è stato trovato il massetto romano. Di volta in volta lo spazio occupato dal teatro è stato ostruito o dedicato a funzioni diverse, come per esempio al seppellimento: infatti al VII secolo d. C., risale una piccola necropoli con sepolture multiple, dove sono stati trovati anche dei corredi funebri interessanti. Come spesso accade per gli scavi archeologici, è stata trovata una grande quantità di vasellame che sarà ospitata in un’area museale di prossimo allestimento.

 

Proseguendo verso il cuore dei resti, si trova un’arcata corrispondente all’ingresso del teatro. Fino a pochi anni fa, però, lo spiazzo veniva utilizzato come garage per motorini.
Uscendo dall’ex garage, si giunge al centro di un cortile tutt’ora abitato dove sempre all’interno del teatro stesso possiamo notare un grosso blocco di cemento in alto, incassato tra i mattoni d’epoca romana. Nient’altro che il bagno di una casa abitata, con tanto di finestrella che spunta nel lato del teatro.
Lo stupore iniziale nel vedere queste cose , lascia poi spazio al fantastico scenario di strutture murarie di epoca romana tra quelle moderne , creando una bellissima scenografia in cui domina la visione dell’antico attraverso le opere dei secoli successivi che ha finito per incastonare il vecchio teatro tra moderni edifici .

Un po piu avanti , lungo lo stesso decumano vi era anche un altro Tempio che faceva parte  della regione Montana : era il famoso  Tempio di Diana e sorgeva dove oggi  si trova la chiesa di Santa Maria Maggiore che fu  costruita proprio sulle rovine dell’antico Tempio di Diana   . Esso  doveva  essere una struttura molto bella ed elegante come testimoniano i numerosi resti di pregevole fattura architettonica rinvenuti nelle sue fondamenta . Sono stati infatti ritrovati pregevoli sculture , eleganti capitelli di marmo d’ordine corinzio, pitture marmoree imitanti il porfido e molte iscrizioni greche.

L’attuale chiesa di Santa Maria Maggiore , detta della ” Pietrasanta ”  venne eretta come basilica paleocristiana su una preesistente struttura di epoca romana, risalente al IV secolo proprio nello stesso luogo dove si ergeva un tempo  il tempio dedicato alla dea  Diana ,dea della Luna e della caccia, e  protettrice delle donne.

Le sue sacerdotesse e seguaci, dette janare  , erano le depositarie di un sapere astronomico e religioso senza tempo ed erano a conoscenze di molti culti misterici ( Il termine janara era la trascrizione dialettale del latino dianara, che significa “seguace di Diana”).
Esse conoscevano il ciclo dei pianeti e miracolosi rimedi fito-terapici e pertanto secoli fa, quando non esistevano ospedali o ambulatori medici, era proprio a loro che si rivolgevano le genti locali per essere curate.

le ianare

Il culto per la dea Diana era  riservato alle sole donne (perché a queste prometteva parti non dolorosi ) che sopratutto in  corrispondenza con la luna nuova, si recavano in processione al tempio di Diana/Artemide per propiziare il parto o per ringraziare la dea per averle assistite ( in molti scavi sono emersi ex voto anatomici e statuette di madri con lattanti).

 

Le sacerdotesse di Diana erano anche esperte ostetriche, e praticavano gli aborti attraverso infusi di erbe, come il prezzemolo. Il ritrovamento negli scavi di Pompei di oggetti simili a raschietti ha fatto supporre l’ipotesi che nell’antichità venisse praticato anche l’aborto con raschiamento dell’utero.
Queste sacerdotesse erano temute e rispettate, depositarie di un sapere astronomico, religioso e medico senza tempo e si tramandavano in maniera ereditaria antichi culti e pratiche occulte di magia.

CURIOSITA’: Gli uomini  furono ingelositi  da tale culto che li escludeva del tutto anche da questioni familiari  e furono infastiditi da tali arti magiche  che incominciarono a temere. Gli uomini inoltre erano irritati dalla popolarità che il culto di Diana  riscuoteva in questa zona poiché molte promesse spose  pur di evitare matrimoni infelici, preferivano votarsi alla Dea Diana e offrire la loro castità. Le ragazze divenute poi sacerdotesse venivano appellate dagli stessi uomini amareggiati, in maniera dispregiativa col sostantivo di  ianare (da dianare o sacerdotesse di Diana) ed infine per vendicarsi bollate di stregoneria, capaci di invocare il demonio. La parte maschile del popolo, quindi che mal vedeva questo luogo frequentato da sole donne, temendo di perdere il loro potere in società, incominciarono a fare di tutto per screditarlo.

Incominciarono con lo screditare le sacerdotesse accusandole di eresia, adulterio apostasia, blasfemia, e bigamia e tante altre numerose ingiurie con il solo scopo di annullarne il potere acquisito.

Già tutto questo basterebbe a dare un significato misterioso al luogo che invece come se non bastasse pare che esso sia il luogo dove secondo un’antica leggenda, sotto la piccola piazzetta antistante ,  vi abitasse il diavolo in persona. Egli  tutte le notti travestito  da enorme maiale, pare che si aggirava minaccioso per la piazza e le strade limitrofe per spaventare col suo diabolico grugnito i passanti.

 

Il  feroce maiale dal grugnito infernale, appariva nel cuore della notte aggredendo i passanti e squarciando porte e finestre. Per tutti si trattava della personificazione del male: era il Diavolo, incarnatosi nel corpo di un maiale, con l’intento di suscitare terrore e disperazione.
Secondo gli abitanti del luogo, il centro di tale malvagità  si trovava proprio  sui vecchi resti del tempio di Diana, dove alcune donne (streghe) continuavano a praticare strani vecchi rituali sinistri in gran segreto,  che avevano il solo scopo di alimentare  la furia vendicativa di Diana, che per vendicarsi della distruzione del tempio a lei dedicato aveva così consegnato alla città un orribile maiale, invaso di violenza e ira accecante che con il suo spaventoso grugnito, sembrava uscire dall’ inferno.

Il popolo napoletano anticamente, nonostante da tempo avesse accettato la fede cristiana, continuava di tanto in tanto a praticate culti pagani in città’ e fino a tutto il seicento si continuava a svolgere in questo luogo ogni mese di maggio una grande festa conosciuta come ” gioco della Porcella“.
Si trattava di una reminiscenza dei sacrifici di maialini dedicati a Demetra, dea della terra, che aveva il suo tempio poco lontano, vicino piazza San Gaetano, dove ora sorge la chiesa barocca di San Gregorio Armeno. Bisogna anche ricordare che durante il Medioevo era comunque consuetudine uccidere un maialino o una scrofa in questo periodo nella cattedrale principale di una città’ o paese.
Avete mai sentito ammazzare un maiale purtroppo? Le urla sono alte e strazianti e questo spaventava il popolo …  ed esse sembravano provenire proprio da quel luogo, da quella piazzetta ….. da sotto a quel campanile che fu considerato maledetto dal demonio.

N.B. Nel vicino Campanile della Pietrasanta , la cui architettura è costituito da frammenti di epoche diverse , si possono notare anche delle  delle piccole sculture in marmo di teste di suino, che fanno riferimento alla leggenda del Porco-Diavolo e alla Festa della Porcella.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Furono proprio  questi riti pagani e la paura di quete urla di maiali uccisi durante la famosa festa  le origini della intuizione, nel 533 d.C. che spinsero San PomponioVescovo di Napoli, a cogliere l’occasione per erigere una basilica Paleocristiana sui resti del tempio pagano di Diana. Egli non aspettava altro che l’occasione buona. Ed un giorno questa avvenne…

Un giorno, in concomitanza di più persone che avevano contemporaneamente deciso di praticare l’antico culto pagano, le urla di notte si levarono strazianti e spaventose.
Le persone impaurite associarono la presenza dell’animale alle donne che praticavano il culto della Dea Diana, quindi per loro quell’animale era il Diavolo travestito da maiale. Spaventati corsero dal vescovo Pomponio, e lo supplicarono di pregare la Madonna per allontanare il demonio. Il vescovo spinto dalla folla organizzo’ subito una messa che dedico alla vergina Maria pregandola di intervenire seduta stante.

La risposta avvenne secondo il vescovo durante la notte grazie ad un suo sogno: la Vergine avrebbe raccomandato a Pomponio di andare nel luogo dove appariva il demonio, e di cercare con attenzione un panno di colore celeste,  e di scavare sotto quel panno fino a quando non riusciva a trovare una pietra di marmo che li si nascondeva.
Quello era il luogo dove egli doveva costruire una Basilica paleocristiana da dedicare alla Madonna se voleva liberarsi del demonio.

Soltanto così si sarebbero liberati della satanica apparizione, e così nacque la chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, che deve il proprio nome alla pietra santa e che sembra si trovi ancora all’interno della chiesa stessa.
Sulla pietra che mostrava una croce incisa  fu posta un’immagine della Madonna e ad essa fu dato un potere enorme:  quando la si baciava essa procurava l’ indulgenza  da tutti i peccati ed il salvataggio eterno.
La famosa pietra Santa pare che fosse stata portata da pellegrini provenienti da Gerusalemme, ed in particolare si pensa che la pietra provenga dalla chiesa di Santa Maria Maggiore di Sion e che essa sia stata addirittura benedetta dal papa nell’anno 533. Dopo inutili tentativi di ricerca fu rinvenuta durante i lavori di restauro del  1657, eseguiti dal famoso architetto dell’epoca Cosimo Fanzago  e conservata nel suo interno. Essa fu posta ai piedi della statua della Madonna della Neve , un tempo presente nella chiesa ed oggi andata perduta .

Anora oggi , a distanza di secoli , la possiamo vedere esposta ai piedi della stessa cappella votive dedicata alla Madonna , incastonata su un piedistallo di pietra lavica nera .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Campanile appare impregnato di iscrizioni e simboli misteriosi fra cui la tavola del gioco romano «ludus latrunculorum»  una sorta di anrenato del gioco della dama .  Una  scacchiera , che richiama la pianta “ippodomea” di Napoli.

La scacchiera, ricordiamelo , è uno dei simboli della Massoneria  ed è il pavimento rituale di ogni loggia massonica. Ritroviamo il quadrato infatti  in riferimento alla Tetractys pitagorica ed è considerato il numero della manifestazione Universale nel concetto del quadrato Perfetto.

 

 

L’evento della costruzione della Basilica e la sconfitta del diavolo, simbolo del bene che prevale sul male, e’ stato per molti anni ricordato dallo stesso  vescovo con un particolare cerimoniale. Egli affacciato alla finestra della Basilica, ogni anno, per ricordare la data dell’evento, sgozzava dinanzi a tutti un’enorme suino che doveva essergli offerto dai fedeli. La pratica poi per fortuna è stata abbandonata perché ritenuta indecorosa e pagana.
Il furbo vescovo Pomponio provvide dopo la costruzione della basilica, a dare una nuova immagine all’intero luogo affidando la chiesa ai  monaci benedettini, che curavano sia uomini che donne con erbe speciali e pozioni medicamentose;  particolare attenzione fu data alle donne che soffrivano per parti difficili.
Incominciò contemporaneamente una campagna denigratoria e diffamatoria nei confronti di quelle misteriose sacerdotesse detentrici di poteri magici a lui e a tutta la chiesa sconosciuti. Con l’aggravante di aver rifiutato Dio, le dianare vennero di conseguenza designate come donne possedute dal diavolo che esse servivano con riti magici.  Secondo il tribunale dell’inquisizione si dedicavano all’esercizio della stregoneria grazie ai loro poteri occulti con l’unico intento di servire Belzebu’ ma non adorarlo . Esse infatti erano solo seguaci della misteriosa divinità Diana che  nella mitologia greco-romana, era seguita nelle sue peregrinazioni notturne da una schiera di morti senza pace: i morti anzitempo, i bambini deceduti prematuramente, le donne morte di parto , le vittime di morte violenta e quelle appartenenti ad entità   stregonesche .Con la decadenza della religione antica e l’avvento del cristianesimo, Diana assunse  «le sembianze inizialmente di una sorta di fata-maga – per poi giungere a quello di strega che dovevano necessariamente essere  combattute , distrutte e  perseguitate .   Tutte le donne che ricorrevano al culto di Diana furono a quel punto accusate di stregoneria e bandite dalla città.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La loro persecuzione iniziò come quelle di tutte le streghe,  con le prediche di San Bernardino da Siena.  Egli  le indicava come causa di sciagure e sosteneva la tesi secondo la quale dovessero essere sterminate. Nel 1486 fu addirittura pubblicato  il “Malleus Maleficiarum “, che spiegava come riconoscere le streghe, come processarle e come  interrogarle con torture atroci. Proprio attraverso tali torture furono raccolte diverse confessioni, nelle quali si parlava di sabba a Benevento, di voli, di scope e della pratica di succhiare il sangue dei bambini.  Di conseguenza molte di queste fantomatiche streghe finivano poi per essere mandate al rogo o al patibolo.

 

La leggenda delle streghe di Benevento ebbe risonanza amplissima in tutta Europa e, l’albero del “noce stregato”, ipoteticamente situato in una località chiamata Ripa delle Janare, nei pressi del fiume Sabato, divenne il più famoso del mondo.

Secondo una leggenda e strane confessionati carpite sotto tortura ,  queste streghe di Benevento pare , si raccogliessero attorno ad un noce magico, in un rito magico detto Sabba. Prima di avviarsi le streghe si preparavano al sabba cospargendosi il petto con un unguento gelosamente conservato sotto il letto o nel camino, dopodiché uscivano volando sulle proprie scope di saggina, al suono dell’antico adagio: “Sotto l’acqua, sotto ‘u viento, sott’ a noce ‘e Beneviento” . Giunte in una località chiamata Ripa delle Janare, le streghe una volta reso omaggio al capo (assomigliante ad un grosso cane o ad un caprone) si davano poi al rituale.
Questi consistevano in banchetti, con spiriti e demoni sotto forma di caproni o gatti. Il banchetto veniva consumato intorno a “’na tavola longa longa”, carica di dolci, vini ed altre cose prelibate. Seguiva la danza cui le streghe partecipavano con grida,imprecazioni , ostie profanate, crocifissi calpestati, imprecazioni e fracasso infernali culminanti in vere e proprie orgie dove spesso si accoppiavano con demoni  Qualcuno a tal proposito ha avanzato l’ipotesi che il misterioso unguento fosse una sostanza allucinogena (amanita muscaria). Dopo le riunioni le streghe seminavano il terrore. Si credeva che causassero aborti, deformità nei neonati, facessero dispetti, facendo trovare le criniere dei cavalli intrecciate. Ancora oggi nei paesini del beneventano circolano voci secondo le quali le streghe rapiscano dalle culle i neonati, per passarseli tra di loro e riportarli infine al loro posto. Il rituale di carattere erotico-orgiastico ebbe grande diffusione popolare , fino a quando fu bandito, nel 139 a.C.. In seguito il culto proseguì in forma misterica ed esoterica.

La pianta del noce era considerata “Simbolo di fertilità” (si evince dal termine glans, ghianda, da cui deriva anche la parola “glande”) in quanto gli antichi romani vedevano anche una somiglianza tra i testicoli ed il mallo (il guscio) della noce. Le noci venivano usate per scherzi nuziali: durante il corteo venivano gettate sul marito, oppure (secondo Virgilio) lanciate dallo sposo stesso.

L’albero di noce era anche sacro a Dionisio ed anche nei rituali pagani della celebrazione dei Misteri Dionisiaci, le sacerdotesse del dio, cioè le Menadi, chiamate anche Baccanti, celebravano danze sfrenate ed estatiche attorno ad un albero di noce.
La chiesa locale non poteva però accettare che tutto questo si svolgesse sotto i suoi occhi, e approfittando di una delle periodiche guerre tra Longobardi e Bizantini il vescovo del periodo: San Barbato fece tagliare il Noce di Benevento. Ma lo stesso albero pare che più’ volte sia ricresciuto nonostante più volte tagliato continuando ad essere il luogo preferito dalle streghe per i loro Sabba.

Il rito sembra avere origini similitudini lontane importate dalle dominazioni locali.
In particolare il tutto sembra probabilmente legato al periodo in cui la città di Benevento venne conquistata dai Longobardi.

I longobardi infatti, che celebravano il culto di Wotan, padre degli dei, con un rito orgiastico presso il fiume Sabato, erano usi appendere ad un albero sacro la pelle di un caprone. Successivamente i guerrieri, correndo a cavallo intorno all’albero, gareggiavano per colpire la pelle con le frecce, la quale poi veniva strappata a brandelli e mangiata.

Questi particolari riti celebrati presso il fiume Sabato, sono stati probabilmente all’origine dell’idea dei riti delle streghe.
I Longobardi inoltre adoravano un serpente d’oro (probabilmente legato alla dea Iside, che era dominatrice dei serpenti).
Nonostante che la sua immagine venga spesso confusa con lo stereotipo della strega cattiva, la janara è, in realtà, il simbolo della vita vissuta in armonia con la natura, ossia in sintonia con la madre Terra. Si ritiene che le ultime vestali del tempio di Iside e Diana a Benevento, scacciate dalla città, furono costrette a vivere nei boschi della valle del fiume Sabato, e siano le progenitrici delle janare, le quali conoscevano il ciclo dei pianeti, e i rimedi fito-terapici. Secoli fa, quando non esistevano ospedali o ambulatori medici, era proprio a loro che si rivolgevano le genti locali per essere curate.

Non si conosceva l’identità delle janare: esse di giorno potevano condurre una esistenza tranquilla senza dare adito a sospetti. Una Janara poteva essere una persona normale, magari anche sposata, in grado di frequentare le messe domenicali.
Di notte, però, dopo essersi cosparse il petto del suo unguento magico, esse avevano la capacità di spiccare il volo a cavallo di una una scopa costruita con saggina essiccata.

Nelle campagne lentamente incominciò a diffondersi la paura per le streghe e si cercò di trovare un rimedio utile per allontanarle. Presso gli usci si ponevano quindi scope o sacchetti con grani di sale, in modo che, se la janara riusciva ad entrare, sarebbe stata costretta a contare i fili della scopa o i granelli di sale, senza poter venire a capo del conto. L’alba sopraggiungeva a scacciarla, poiché non si accorgeva del passare del tempo, impegnata nell’insulsa operazione. Gli oggetti posti a tutela delle porte infatti avevano ed hanno insite virtù magiche: la scopa per il suo valore fallico, oppone il potere maschile e fertile a quello femminile e sterile della janara; i grani di sale sono portatori di vita, poichè un’antica etimologia connette sal (sale) con Salus (la dea della salute).

Pe combattere le streghe , c’erano fortunatamente , nel mondo contadino popolari , i  benandanti , una serie di persone predestinate fin dalla nascita a contrastare il potere delle streghe e dei stregoni .Essi credenze popolari medievaliavevano  il potere e la capacita di uscire come spirito dal proprio corpo per affrontare le streghe e le altre creature diaboliche che come vedremo minacciavano la fertilità dei campi. Queste battaglie notturne si svolgevano durante le quattro tempora, e i benandanti combattevano armati di rami di finocchio contro streghe e stregoni armati, invece, di canne di sorgo. Se i benandanti vincevano, il raccolto sarebbe stato propizio e quell’anno sarebbe stato quello dell’abbondanza , se  altrimenti perdevano  il raccolto era misero e quell’anno era quello della carestia.

Il loro potere secondo  credenze popolari nasceva dalla fortuna di essere  nati «con la camicia», cioè ancora avvolti dopo il parto , da una piccolo residuo di menbrane del sacco amniotico , Questo segnale veniva considerato  benaugurante ed il neonato che ne era in possesso veniva non solo considerato un futuro uomo fortunato, ( si riteneva addirittura che la «camicia» amniotica avesse il potere di proteggere dalle ferite), ma addirittura un futuro benandante .

I benandanti venivano comunque divisi in quelli  «agrari» le cui battaglia erano finalizzate per la fertilità dei campi, ( in genere riservate ai benandanti uomini),  in quelli  «funebri»  che in processioni notturne  parlavano con i morti ,(  perlopiù benandanti donne) ed in quelli  «terapeutici»  che invece  curavano malattie e ferite, praticando una magia positiva e benefica in opposizione alla magia diabolica distruttiva delle streghe ( in queste attività erano coinvolti sia benandanti uomini sia donne).

In generale erano comunque considerati almeno inizialmente come elementi positivi . Essi oltre che combattere streghe e stregoni , si racconta che conoscevano il passato e il futuro, erano in grado di ritrovare oggetti perduti, allontanavano la grandine e conoscevano incanti che proteggevano la gente e gli animali dall’azione delle streghe . Non solo: essi dichiaravano anche di essere capaci di evocare «l’esercito furioso, composto da bambini morti prima di essere battezzati, dagli uomini uccisi in battaglia e da tutti gli “ecstatici”», cioè da coloro la cui anima aveva abbandonato il corpo senza farvi più ritorno. Ancora, essi affermano di essere in grado di compiere tali prodigi per essere stati ammessi nel «misterioso regno di Venere»: ciò, naturalmente, li ricollega alla divinità femminile adorata durante questi ambigui convegni notturni, la Frau Venus germanica che ricorda la Afrodite mediterranea. Non stupisce, quindi, perchè poi in un secondo momento  l’inquisizione ,in meno di un secolo, fu pronta a metterli sotto  pressione trasformandoli  in odiati antagonisti. Furono infatti con il tempo trasformati da amichevoli benefici  guaritoi  in incredibili  adoratori del demonio  che si recavano a misteriosi raduni notturni, di cui non potevano  far parola sotto pena di essere bastonati, cavalcando lepri, gatti e altri animali

Artemide ( Diana ), figlia di Zeus e di Leto (Latona per i Romani) e sorella gemella di Apollo, era come avete avuto modo di capire , un tempo molto venerata nei nostro centro storico . In questo luogo vi era una fratia a lei dedicata ( fratia degli artemidi ) e come vi abbiamo parlato un suo particolare Tempio a cui solo le donne potevano accedere .

Diana non era solo la  dea della caccia , della luna. , ma era sopratutto la  protettrice delle donne ed in particolare delle partorienti nonchè  guaritrice , ed esperta in magie e sortilegi . Artemide infatti pur essendo dea della caccia e signora degli animali,  veniva solitamente invocata dalle donne che stavano per dare alla luce un bambino, perché assicurava parti non dolorosi ( la madre della dea l’aveva partorita senza dolore )  e per quanto irascibile e talvolta vendicativa , poichè si dimostrò sin dal principio inattaccabile dalle passioni d’amore, si mostrava affabile, se non addirittura protettiva,verso chi si affidava a lei .

Nella mitologia greca nacque già armata , dalla testa di Zues che,  afflitto da una terribile emicrania,  dopo aver inghiottito la sua prima moglie Metis, aveva ordinato a  Efesto  di aprirgli la nuca con un colpo d’ascia.

N.B. La povera prima moglie di Zeus fu solo colpevole di una predizione fatta dagli antenati  Urano e Gea allo stesso Zues . Questi gli avevano predetto che dalle sue nozze con Meti , sarebbe poi nato un figlio destinato a detronizzarlo.ed egli impaurito , dopo aver comunque  posseduto la  moglie, convinse la stessa   a trasformarsi in una goccia d’acqua per poi ingoiarla  viva, crescendo dentro di sé la figlia che la moglie attendeva.

Atena ,  oltre che guerriera era anche la dea della ragione, delle arti , della letteratura ,della filosofia, del commercio e dell’industria , Insegnò agli uomini la navigazione ,ad arare i campi,ad aggiogare i buoi. a a cavalcare e alle donne a tessere, a tingere e a ricamare . Essa era amante della solitudine e  nemica dei  banchetti ed  era solita aggirarsi in luoghi isolati. Era anche una dea fiera che come vedremo in seguito , puniva severamente chi osava competere con lei . .

Artemide era però anche  la Dea della guerra e della saggezza perchè al contrario di Ares ( Dio della guerra ) si occupava più della fase difensiva che offensiva di una battaglia e non amando molto combattere , cercava sempre di vincere grazie a buone strategie e abili trucchi . I suoi simboli erano  l’arco, il cervo ,e a volte la falce di luna , mentre i suoi animali sacri erano la civetta ed il serpente , simbolo entrambi  della saggezza  : la civetta di quella del cielo mentre il serpente di quella della terra . Il suo albero sacro era l’ulivo, simbolo di pace.

CURIOSITA : I vincitori  dei famosi giochi Olimpici che  nel  776 a.C. si tenevano nell’antica città di  Olimpia, ricevevano in premio solo una corona di olivo selvaggio composta di rami del santuario di Zeus ( ulivo di Ercole ) .A loro non erano infatti previsti vantaggi economici . Gli atleti esclusivamente uomini ( alle donne non era permesso né assistere né partecipare ai giochi)  , gareggiavano  nudi e con il solo intento di dare con la vittoria lustro alla sua stirpe e onore alla sua città per l’intera Grecia . L’atleta vincitore non ottenendo  alcun compenso in termine economici mirava durante i giochi unicamente alla vittoria sapendo bene che  con il suo  successo individuale poteva  in questo modo eternare  la sua fama ed essere per sempre  considerato un  eroe .

Nella propria città ed in tutta la Grecia , il vincitore, considerato un eroe , per il resto della sua vita, beneficiava del fatto di essere esonerato da tasse e oneri economici di altro tipo . Al suo rientro nella propria città dopo la vittoria , sfilava su di un carro da parata e riceveva numerosi premi onorifici, tra cui il privilegio di iscrivere il proprio nome nella lista dei vincitori, di erigere una propria statua,  di erigere il proprio ritratto in luoghi pubblici, in banchetti sacri e in ginnasi o palestre, di essere mantenuti a spese dello stato, di avere posti riservati a teatro.

Atena era quindi la  Dea della saggezza alla quale ci si rivolgeva per ottenere buoni consigli ed è stata per la mitologia greca  una Dea molto utile all’uomo . Essa ha infatti insegnato all’uomo a  a tessere stoffe, e ad usare i buoi per tirare l’aratro .Nella sua generosità gli ha poi donato anche un bene prezioso che l’uomo purtroppo non sempre ha ben utilizzato : l’albero di ulivo e con esso la pace.

Tutto questo nacque in una sfida tenutasi tra Atena e Poseidone per il possesso della bellissima città di Atene , ricca di splendidi palazzi di marmo e di Templi imponenti . Fino ad allora la città onorava soltanto la saggia figlia di Zeus , Atena e questo irritava moltissimo il Dio del mare che invidiosissimo fremeva dalla voglia di diventarne il signore .

Un giorno decise di impossessarsi della città e giunto con il suo carro sul punto più alto di Atene , l’Agropoli , battendo sulla roccia con la sua arma ( il tridente ) fece sgorgare una fonte d’acqua marina vendicando la proprietà della città. Artemide si fece avanti protestando e Poseidone la invitò a battersi in un duello per riavere la città.. La saggia Dea ben sapendo che in un normale duello fisico avrebbe avuto la peggio invito invece Poseidone ad una gara pacifica . A vincere la gara e quindi la città , era colui che regalava agli abitanti di quella terra la cosa più utile .

Fu subito organizzata nell’Olimpo una giuria di Dei e di Dee , in numero uguale compreso Zeus . Poseidone regalò il cavallo mentre Atena regalò la pianta di ulivo . Dopo infinite discussioni durate giorni e giorni , tutti gli Dei si dichiararono  in favore di Poseidone mentre tutte le Dee al contrario diedero voto favorevole ad Artemide . Ma a vincere  fu quest’ultima perchè il padre Zeus , in qualità di giudice supremo si astenne dal voto dando maggioranza alle Dee. Da allora l’ulivo divenne il simbolo della pace e tale è rimasto anche ai nostri tempi.

Il fratello Apollo rappresentava il Sole mentre Artemide rappresentava la Luna e proprio per tale motivo essa   anche una po ” lunatica  “e vendicativa . Teneva molto alla sua privacy e non sopportava nessun mortale che potesse vederla nuda senza essere punito come ebbe a sperimentare il giovane cacciatore Atteone , che durante una battuta di caccia si imbattè casualmente nella grotta in cui Diana e le sue compagne facevano il bagno. Non appena si accorse della sua presenza la dea, irritata per essere stata sorpresa nuda mentre si bagnava in un laghetto , per l’oltraggio subito gli spruzzò dell’acqua sul viso trasformandolo in un cervo impedendogli così di raccontare ciò che aveva visto.  Il cacciatore scappando giunse ad una fonte dove, specchiatosi nell’acqua, si accorse del suo nuovo aspetto. Scappando , fu  inseguito e catturato dai suoi stessi cani, che inferociti gli si aizzano contro sbranandolo ( la scena ci è mostrata nella belle fontana del meraviglioso Parco della Reggia di Caserta ).

Altra vittima della sua facile suscettibilità fu certamente Aracne , una giovane ragazza che viveva in Lidia ( oggi Turchia ) ce con il suo grande talento sapeva tessere come nessun altro essere umano . Essa divenne in poco tempo la fanciulla più famosa del regno sopratutto per la sua bravura con cui faveva gli arazzi , degli enormi riquadri di tessuto con motivi artistici da appendere alle pareti . Essi erano fatti solo per bellezza ed erano difficilissimi da realizzare e visto il loro costo erano spesso solo ad appannaggio delle famiglie reali. Aracne li faceva invece solo per piacere e molte volte li regalava alle feste cui partecipava.Tutto questo la rese molto famosa e molto amata . La gente del posto prese l’abitudine di raccogliersi ogni giorno davanti la sua capanna a vederla lavorare . Persino le ninfe lasciavano i loro boschi e fiumi e rimanendo a fissare la fanciulla che tesseva i suoi arazzi .

Aracne era certamente molto brava ed il suo unico torto fu quello di non ringraziare Atena per il suo talento . Aveva imparato l’arte del tessere da sola e nessun  Dio fino ad allora si era mosso per lei . I suoi genitori  erano morti e non gli avevano lasciato nemmeno un soldo. Non credeva quindi agli Dei e tantomeno al fatto che la sua bravura fosse un dono di Atena . L’arte della  tessitura secondo la mitologia greca era stata  inventata proprio da Atena e era impensabile che un essere umano per quanto bravo non tributasse la giusta riconoscenza ad Atena per la sua bravura..Era solo la Dea a consentire ai mortali il talento per tessere.

” Tessere è un mio merito . Se Atena è così brava può benissimo venire giù e mettere alla prova le sue capacità contro le mie ”

A questa sua frase nei confronti di una ninfa che con lei si era complimentata invitandola a ringraziare Atena per il suo talento , ecco scatenata la irritabilità di Atena che appare ad Aracne e accetta la sua sfida .

Si sfidarono tessende ognuna di loro un magnifico arazzo : Atena tessè una scena in cui pose gli Dei in tutta la loro gloria , seduti nella sala del consiglio dell’Olimpo mentre Aracne tessè un arazzo dove  apparivano  tratteggiate tutte le cose ridicoli e orribili che gli Dei avevano fatto nei secoli .Mostrò Zeus trasformato in toro per rapire la principessa Europa , Poseidone sotto sembianze di stallone che inseguiva la bianca giumenta Demetra e la povera Medusa trasformata in un mostro orribile da Atena stessa.

Quando gli arazzi furono terminati , la folla che era accorsa ad assistere alla sfida piombò nel silenzio assoluto . I due arazzi erano entrambi di ottima qualità . . La gara era finita in parità. Ma era finita anche la pazienza di Atena che a quel punto indispettiva dalla boria e dall’ennesima frase insultante gli Dei proferita da Aracne  distrusse prima la  sua tela e poi incominciò a bastonarla tra le risa e gli sberleffi della gente che divertita la insultavano schernendola mentre Atena la colpiva .

Quando la rabbia di Atena si placò , vedendo i mortali che indicavano Aracne sghignazzando capì  che forse aveva esagerato con la punizione e ammonì la folla intimandogli di smettere .

Ma mentre Atena era impegnata a rimproverare la gente , Aracne sollevatasi a fatica da terra , ferita nell’orgoglio  per la vergogna e rinnegata dai suoi concittadini  che l’avevano messa in ridicolo , raccolto un grosso gomitolo di filo sufficiente per una corda fatta a mano , fece un cappio , e se lo passo intorno al collo . Lanciò l’altro capo della corda su una trave presente sopra di lei e per vergogna e autocommiserazione si tolse la vita.

Quando Atena e la folla se ne accorsero , Aracne era già appesa lassù . Atena a quel punto fu colta dalla pietà e visto che riteneva  il suicidio un gesto di vigliaccheria decise di non lasciarla morire trasformando la fanciulla in un ragno in maniera da poter continuare a vivere e tessere per sempre ma in maniera tale da non potersi mai più vantare sfidando gli Dei.

Secondo altri invece le cose , tranne  il finale , non erano andate proprio in questo modo . Aracne era secondo questi invece solo la più abile delle allieve di Atena che fiera della sua arte , decise di ricamare su un immenso arazzo di porpora la storia degli dei . Una volta terminato decise poi di esporre il suo capolavoro nella piazza del paese . Molti accorrevano ad ammirarlo da tutta la Grecia complimentandosi con Aracne che divenne in poco tempo famosissima . Il commento più diffuso era . ” Nemmeno Atena potrebbe fare di meglio “.

Questi commenti arrivarono ovviamente anche all’orecchio di Atena che abbandonò subito i suoi lavori per andare a vedere quello dell’allieva .Aracne quando la vide arrivare , spaventata non mancò di inginocchiarsi tremando davanti a lei sapendo che forse si era troppo vantata di ciò che sapeva fare . Atena le sorrise benevola , ma appena posò gli occhi sui stupendi disegni dell’arazzo che brillava catturando i raggi del sole , aggrottò la fronte irritata.: la sua allieva l’aveva davvero superata .

A quel punto Atena , Dea della saggezza e figlia prediletta di Zeus , nonchè protettrice di tutte le arti e fonte di assennati consigli , perde il lume della ragione e afferrata la tela ricamata , la stracciò con rabbia spargendone attorno i pezzi .

Aracne lanciò un urlo e scappò via . In un attimo era stato distrutto il suo lavoro più bello , che le era costato anni di pazienti fatiche . Corse a nascondersi nella foresta e Atena , che l’aveva seguita , forse pentendosi del suo gesto crudele , la ritrovò morta appesa ad un ramo con la sua cintura . La Dea pianse sul corpo senza vita dell’allieva e … il resto già lo sapete .

Aracne continuò a vivere tessendo ma stavolta senza gloria e senza più vanto nei confronti degli Dei .

Artemide , era come abbiamo detto considerata padrona e signora degli animali e della caccia: i cacciatori, infatti, la veneravano offrendole le corna e la pelle degli animali uccisi, che appendevano a un albero o a un palo. Questa consuetudine, che ha tutto il sapore del ringraziamento oltre che del rito propiziatorio, conferma come la caccia fosse molto importante nell’ambito delle attività degli antichi. Ella , chiese e ottenne dal padre Zeus ,  il dono di restare sempre casta ed  il permesso di non sposarsi mai . Non amava molto gli uomini e non aveva  nessuna intenzione che un uomo pretendesse di essere il suo signore e padrone  per tutta la sua immortale vita . Era quindi una gelosa custode della verginità femminile incontaminata e indipendente dalla presenza maschile . Non amava le sdolcinate amorose storie di cui andava sempre cianciando Afrodite e chiese al padre di abbigliarsi con una tunica giallo cromo bordata in rosso. Per ottenere le armi che desiderava (un arco d’argento, la faretra e le frecce) si recò nell’isola di Lipari dove si trovava la fucina dei Ciclopi (da altri collocata sotto l’Etna o altrove in Sicilia). Ottenne anche un  corteggio di 60 ninfe Oceanine e di 20 ninfe dei fiumi  ( ninfe Amisie ) che dovevano prendersi cura dei suoi calzari e accompagnarla nel suo vagare per i boschi accudendo  nella circostanza anche  alle  sue cerve , nutrendole con lo stesso trifoglio che costituiva il cibo preferito dai cavalli di Zeus ( (  si spostava su un cocchio trainato da due cerve dalle corna d’oro) . Le ninfe che l’accompagnavano erano  anch’esse dedite alla castità perché la dea non ammetteva che nessuna delle sue compagne prestasse attenzione alle profferte amorose.

Artemide era una Dea all’epoca molto venerata da tutte le giovani vergini perchè essa era l’unica che le proteggeva da un matrimonio infelice . A quei tempi infatti la maggior parte delle fanciulle non poteva scegliere il marito. Era solo il padre che sceglieva ,  ( per veri scopi patrimoniali  ),l’uomo da sposare . Non importava se era grasso , vecchio e brutto. Non avevano altra scelta che sposarlo .Se diventavi sacerdotessa di Atena nessuno poteva più costringerti ad un matrimonio non voluto .

Possiamo in definitiva definirla la prima protettrice in assoluto delle donne  ed il primo ostinato difensore dei suoi diritti : Pensate solo che , secondo molti ,nell’antica città di Troja si  trovava un antico Tempio chiamato ” PALLADIO ” ( significa luogo di Pallade ) dove le sole donne potevano entrare e chiedere protezione  ad Atene . In questo luogo mai nessuno uomo si sarebbe azzardato a fare loro del male e a nessuno di loro addirittura  era anche concesso di guardare la sua statua pena la morte.

Il Tempio era dedicato a Pallade , una ninfa divenuta nel tempo la migliore amica di Atena e unica nel tenerle testa in combattimento .  Erano  entrambe molto brave nell’arte del combattere ed erano solite allenarsi combattendo tra loro .  Un giorno  accadde che si allenassero  sulla sponda del lago combattendo con furia ad una velocità così impressionante  da apparire agli occhi del padre Zeus  come  uno scontro normale in cui la figlia stesse per soccombere .Decise allora di intervenire in favore di Atena e fece in modo che Pallade non schivasse un colpo inferto dalla prediletta figlia . Era un colpo che Pallade normalmente avrebbe evitato come ben sapeva Atena ma queste volta la lancia trapasso il ventre della ninfa ed uscì dall’altra parte uccidendola . Atena cadde in ginocchio e singhiozzando preda di un forte dolore si mise a cullare il corpo senza vita della sua povera amica . Il dolore fu immenso e dopo aver poi disciolto il corpo della sua amica nelle acque del fiume Tritonio , decise di onorare Pallade con unTempio a lei dedicato.

Nell’antica Neapolis , nell’area  tra l’attuale Via Mezzocannone e l’odierna Piazza San Domenico , si trovava  trovava un tempo anche un antico Tempio dedicato a Dionisio e Vulcano. Nella chiesa di Santa Maria Rotonda , che un tempo sorgeva sopra questo Tempio , venne infatti tempo fa , ritrovato un cippo marmoreo , attualmente depositato presso il nostro Museo Aercheologico, dove in bassorilievo sono  scolpite le immagini di Dionisio ed alcune iscrizioni probabilmente riferite ad Anubi , la  divinità egiziana dalla testa di cane .

Dionisio ( Bacco per i romani ), è una delle più affascinanti divinità della mitologia greca. Conosciuto soprattutto per aver introdotto il vino, bevanda “dionisiaca” per eccellenza, egli con il suo mito ha offerto agli antichi uomini un ben più ampio simbolismo Egli con la sua proprompente energia e forza rappresentava  la natura che accompagnava i frutti alla maturazione, ma poichè  questa energia tendeva poi  a scomparire con l’inverno, gli antichi gli attribuirono  a lui anche una serie di simbologie connesse ad un’idea di sofferenza, persecuzione e follia. Era un Dio di sesso maschilema dall’indole profondamente femminile,  e per questo anche il simbolo della diversità , della follia, del piacere senza limiti e di tutto  ciò che viene rinnegato . perché fa paura . Era per questo motivo quindi spesso contemporaneamente amato e odiato, più di una volta ucciso e poi rinato. 

Dioniso non era solo  il dio del vino ma, più propriamente, era  il Dio dell’estasi e dell’ebrezza vitale, il Dio della forza dell’esistenza, dell’eternarsi della potenza vitale.  Le sue sacerdotesse, le Menadi, erano deputate allo svolgimenti di riti che richiamavano, nella potenza delle trance, quella follia priva di freni razionali che è la potenza della natura nella sua massima espressione. Dioniso è, per questo, un Dio selvaggio, che si accompagna al Dio Pan, ai Satiri, ai leopardi e, più in generale, alle belve feroci della natura incontaminata.

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L’origine di questa associazione si deve al fatto che il Dio Dioniso nasce come sacralizzazione della linfa vitale delle piante: Dionisio è la clorofilla, le vene delle foglie, la resina, il succo dei frutti, la polpa dei semi, il sangue delle belve feroci.

Come avviene per tutte le divinità intrinsecamente legate alla natura, Dioniso è una divinità ciclica: il suo mito, le sue feste sono tutti elementi legati al potere indistruttibile di quella vita universale che, rinnovandosi, va oltre la morte apparente.

L’ebrezza, il sesso, l’uso di maschere, la preparazione di torte con semi, melagrana e vino, la sospensione di ogni attività in nome di una festa estesa anche agli schiavi e persino ai fanciulli: questi erano gli elementi chiave della celebrazione delle Antesterie; un Trionfo carnevalesco della Vita che si andava ad equilibrare all’evocazione dei progenitori – i Cari – simbolo del Trionfo della Morte, in un ciclo che produce eterno dinamismo.

E’ in questo contesto che, probabilmente, avveniva in un luogo deputato una forma più o meno simbolica di ierogamia, sottolineata dalla danze delle devote attorno alla statua del Dio.


Dionisio era figlio di Zeus e di Semele ,figlia del re di Tebe Cadmo .

Semele era una pricipessa bellissima che  aveva suscitato l’amore dell’infedele  Zeus che la fecondò sotto le spoglie di un mortale.
La gelosa moglie Era lo scoprì e decise vendicarsi contro Semele e il suo bambino non ancora nato. Le apparve quindi sotto le spoglie della sua vecchia nutrice, e convinse l’incauta fanciulla ad assicurarsi della natura divina del suo amante, insistendo perchè  si presentasse a lei nella sua vera natura divina .
Quella stessa notte, quando Zeus venne a trovarIa nella sua solita veste di mortale , Semele lo pregò di farIe un favore, e Zeus giurò sul fiume Stige (un giuramento irrevocabile) che avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse chiesto. Semele, che era stata ingannata da Era, gli chiese di apparirle in tutta la sua maestà di sovrano dell’Olimpo; non sapeva che ciò per lei avrebbe significato la morte, in quanto la visione di un Dio ,nella sua vera veste non è cosa che gli umani potevano sopportare . Avendo però giurato sullo Stinge egli fu costretto a rispettare il giuramento, Zeus prese allora le sue sembianze divine, una presenza che nessun mortale poteva sostenere.Il travestimento mortale di Zeus si dissolse così in una fiammata ed il Dio apparve in tutto il suo splendore , come una vorticante colonna di fumo . Tutto prese fuoco , la porta si disintegrò e le ante delle finestre esplosero .

Il fuoco di folgore ovviamente uccise Semele, che si polverizzò all’istante .Il bimbo dentro di lei però sopravisse grazie allo stesso Zeus che rapidamente riuscì ad estrarre   il piccolo   dal suo grembo .

Ovviamente Zeus rimase scioccato dalla morte della bella Semele ma capì  in quel momento che la cosa più importante era il bambino. Il piccolo non era ancora completamente formato e maturo . Egli avrebbe avuto ancora bisogno di qualche mese per svilupparsi del tutto prima di nascere . Il bimbo avava peranto bisogno di una incubatrice . Zeus pensò rapidamente. Tirò fuori il suo fulmine e si praticà un’incisione sulla coscia , vi caccià il bimbo dentro e poi ricucì la pelle.  La sua coscia, che gli fece quindi da incubatrice  ( cose da Dei ) finché il piccolo non fu pronto per nascere. Quando il bimbo fu pronto ,Zeus tagliò di nuovo la pelle e lo tirò fuori .L’ insolita levatrice di questo parto fu Ermes ed appena nato comiciò a piangere e strillare talmente tanto da creare un gran baccano . Questo fu il motivo per cui Zeus decise di chiamarlo Bacco . 

Era , quindi ,  aveva si avuto ,  la sua tremenda e feroce vendette su Semele  ma non sul bimbo nato  che fu da Zeus , subito dopo nato inviato  tramite Ermes , per sottrarlo alla vendetta della moglie ,  presso la sorella e il cognato di Semele che lo allevarono come fosse una bambina, per despistare Era. Come richiesto , da Zeus , i due zii , Ino e Atamante , vestirono Bacco , durante i suoi primi anni di vita con abiti da bambina . Il piccolo di questa cosa ne fu alquanto confuso . Egli infatti non capiva perchè i genitori adottivi lo chiamassero con un nome maschile in privato e con uno femminile in pubblico .

Alla fine pensò che fosse così per tutti i bambini .

Questo  camuffamento non gli evitò   comunque la vendetta di Era, che dopo averli  individuati ,fece impazzire i suoi genitori adottivi che cercarono di ucciderlo. Ancora una volta Dioniso fu però salvato dalla morte da Zeus, che lo trasformò velocemente in una capra  e lo portò sul monte Nisa, un mitico luogo divino abitato dalle Ninfe, che lo allevarono in una grotta. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le cose non andarono meglio però per i suoi gentori adottivi e per i loroi figli. La Dea infatti  inflitto ad Atamante e Ino una forma di grave pazzia  portò loro ad essere protagonisti di una vera e propria tragedia .

Atamante pensando che suo figlio maggiore  Learco , fosse un cervo , lo uccise con arco e frecce mentre Ino , pensando che il figlio più  giovane , Melicerte , avesse bisogno di un bagno caldo , lo annegò in una tinozza piena di acqua bollente . Accortisi poi , in un secondo momento di quello che avevano fatto , disperati , si gettarono dalla cima di un colle e morirono sfracellati . 

Dionisio però grazie al tempestivo intervento di Zeus si salvò ancora una volta e affidato come detto , alle ninfe , venne di nuovo trasformato in un bambino . 

Tutta questa storia fu comunque molto importante per Dionisio che imparò innanzitutto come la pazzia poteva essere un arma , ma aveva anche imparato ad amare le capre che infatti divennero uno dei suoi animali sacri , ma sopratutto aveva imparato che non ci si può nascondere semplicemente mettendosi degli abiti diversi .Più tardi infatti diventò il dio di tutti quelli che si sentono confusi riguardo il proprio sesso , perchè sapeva cosa voleva dire . 

CURIOSITA’: Il capro era nelle feste di Dioniso,  la vittima preferita dal dio.  Il sacrificio di questo animale  era quasi sempre presente nei suoi riti orgiastici in quanto egli  era il suo animale sacro per eccellenza . Questo era dovuto non solo  al fatto che i capri mangiassero con avidità i tralci della vite  ma certamente anche alla sua ben nota lascivia e sfrenatezza sessuale .

Zeus per convicere le ninfe a crescere sotto la loro protezione e la pericolosa vendetta di Eea , Dionisio , concesse loro l’immortalità  e da quel momento il giovane ragazzo divenne il figlio di Zeus che viveva sul Nisa , abbreviato in Dio di Nisa , che alla fine divenne il suo nuovo nome Dionisio . 

Dionisio , da quel momento crebbe sul Monte Nisa con le ninfe come matrigne e i satiri come patrigni . Qui il suo tutore Sileno, metà uomo e metà cavallo , lo mise a conoscenza  dei suoi segreti della natura e gli insegnò a produrre nettare spremendo tutto quello che proveniva da qualsiasi  pianta . 

Un giorno , mentre egli era in giro per i boschi con il suo migliore amico , un giovane satiro di nome Ampelo , egli vide un tralcio rampicante mai visto prima , avvolto intorno ad un grosso rammo di un albero che si alzava per almeno sei metri sopra le loro teste.

Il tralcio attirò molto l’attenzione di Dionisio che cercò senza riuscirci di scalare il tronco d’albero . A questo punto Ampelo , per accontentare l’amico , nonostante il volere non favorevole di Dionisio , cominciò ad  arrampicarsi sul troco e ben presto si ritrovò a cavalcioni di un ramo .  Cominciò quindi a staccare il rampicante, lasciando cadere una delle estremità verso Dionisio che appena lo colse dovette purtroppo poi assistere alla caduta dall’albero dell’amico che battè la testa sulla roccia e morì.

Per Dionisio , la morte di Ampelo fu un dolore enorme , pianse per giorni interi . Egli provava tristezza e rabbia e si sentiva colpevole della morte dell’amico .

Nel fratempo  , sul  rampicante che l’amico gli aveva raccolto  , c’era  del sangue che  assorbito dalla pianta , aveva fatto spuntare grappoli di piccoli frutti di colore rosso scuro dai quali in onore di Ampelo ,decise di estrarre il nettare  più buono che egli avesse mai fatto.

Si mise quindi all’opera e incominciò a produrre  un nettare rosso che egli chiamò vino .

La pianta di vite , causa della morte dell’amico ,contemporaneamente incominciò a crescere a ritmo incredibile invadendo tutto il bosco e producendo tantissimipiccoli frutti.

CURIOSITA’ :  secondo alcuni racconti , il giovane satiro Ampelo fu il primo amore di Dioniso e a far crescere le viti durono le Moire che  a seguito della supplica inviata loro dallo stesso Dionisio ,  concessero ad Ampelo una seconda vita in forma di tralcio di vite.

Dionisio guardandola ne fu molto soddisfatto . Era felice che il mondo si potesse riempire di viti in onore di Ampelo.

 

Dopo aver riempito del nuono nettare la sua fiasca, Dionisio , tornato alla sua caverna , mostrò la sua nuova bevanda alle sue matrigne ninfe che una volta assaggiatolo , lo trovarono talmente buono da cominciare da berlo  in grandi quantità . Ne bennero talmente tanto da incominciare ad ubricarsi . Stessa cosa successe anche con i satiri , accorsi sul luogo perche richiamati dal gran ridere delle ninfe .

Dopo un po , nessuno riusciva più a pensare in modo sensato , vedere o camminare diritto , ma tutti apparivano  comunque divertiti . Ben presto l’intera montagna si trasformò in una festa colossale, con canti e danze.

Da quel momento in poi Dionidio divenne il Dio del Vino e la notizia di questa deliziosa bevanda si sparse velocemente in giro per il mondo .

Le ninfe ed i satiri viaggiarono in lungo ed in largo ,  vestite con pelli animali  e con in testa una corona di edera o quercia o abete , decantavano  a chiunque volesse ascoltare la magnificenza del vino e del Dio che lo aveva inventato .
Successivamente , come vedremo , accompagneranno anche il Dio Dionisio nei suoi viaggi in giro per il mondo .

 

 

 

 

 

 

 

 

Dionisio divenne quindi presto anche molto famoso e molti comuni mortali cominciarono , sempre più frequentemente ad affluire sul Monte Nisa ogni sera , dove bevendo troppo non solo si ubriacavano ma si divertivano danzando al ritmo di frenetica musica fatta da  zampogne, tamburi e cembali, fino ad  entrare  in uno stato estatico , dove per celebrare il Dio Dionisio  si lasciavano poi andare  ai piu fantasiosi giochi erotici .

Essi, danzando ad un ritmo frenetico , e bevendo vino in maniera esagerata , perdendo il controllo di se stessi ,  entravano nella dimensione delle emozioni e dell’irrazionalità che li portava puntualmente  , ad unirsi tutti insieme , per celebrare il culto di Dionisio ,in ver e propri finali  orgiastici. .La celebrazione  di Dioniso era  infatti detta ‘orgia’ del Dio.

L’orgia arrivava al culmine nel momento in cui si faceva a pezzi e mangiava cruda la carne cruda di un animale sacrificale, ritenuto un’incarnazione del Dio. Si trattava di un atto di comunione grazie al quale Dioniso entrava nel celebrante.

Queste estasiastiche feste che Dionisio organizzava ogni sera per il suo culto , portarono a fargli avere numerosi seguaci che iniziarono a chiamarsi Baccanti . Tra i più fanatici  di questi seguaci vi era un gruppo di donne chiamate Menadi che oltre a partecipare in maniera ativa all’epilogo orgiastico spesso  mettevano a rischio la propria vita, giocando con la morte, tramite la manipolazione di serpenti che per questo motivo divennero poi un altro animale che finì per rivestire  un ruolo fondamentale nel culto di Dioniso. Il serpente veniva considerata una  bestia ambigua, doppia: sanguinaria e divina e per questo spesso  collegato con la  sfera della morte  e rappresentavano un  binomio vita-morte che è segno di ambiguità, della doppia natura di Dioniso.

N.B.  In epoca più tarda il culto di Dioniso pretendeva che le Menadi adoperassero serpenti non velenosi, quale barbaro ornamento della loro acconciatura di Baccanti.

Nell’iconografia classica le menadi vengono raffigurate come l’oggetto del desiderio dei satiri tra le braccia dei quali vengono spesso raffigurate.
Le Baccanti vengono anche nominate nella leggenda di Orfeo ed Euridice: Orfeo, dopo aver perso per la seconda volta Euridice, vaga per i boschi, dove incontra proprio un gruppo di Baccanti, che invitano Orfeo a festeggiare insieme a loro. Ma Orfeo, dopo la morte di Euridice non vuole più compagnie femminili, e le Baccanti, offese, lo uccidono. Così Orfeo può scendere agli Inferi e riunirsi alla sua amata Euridice.

CURIOSITA’: Lo stesso Dionisio partecipava spesso alle sue fantastiche feste orgiastiche e  mostrando   una non bene identificata natura maschile o femminile, si accoppiava in maniera ambigua talvolta con esseri maschili e talvolta con esseri femminili. La leggenda infatti , lo vuole sia amante del centauro Chirone , dal quale apprende le arti del canto e della danza, e le  alle regole iniziatiche dei futuri riti bacchici , sia amante di Afrodite dal cui amore si narra sarebbe nato Priapo.  Per questo motivo Dioniso incarna e rappresenta quella parte dell’uomo che nel suo istinto primordiale è presente in ogni essere vivente. E’ cioè  quella parte dell’uomo  originaria e insopprimibile, che può riemergere ed esplodere in maniera violenta se repressa e non elaborata correttamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel rito orgiastico a scatenare stati d’eccitazione psicologica erano il suono del flauto  e sopratutto del timpano,  una sorta di piccolo tamburo, costituito da un cerchio di legno, sul quale era distesa una pelle di toro, uno degli animali simbolo del dio.  I timpani erano ovviamente suonati dalle Baccanti che li innalzavano sopra il capo, e con il loro continuo ritmo continuo provocavano  una sorta di droga sonora capace di indurre nel tempo i fedeli  atraverso in  trance .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A Dionisio adesso per essere un vero Dio , mancava solo che in ogni città ci fosse un Tempio dedicato al suo culto .

Ed ebbe per farsi costruire questo primo Tempio dedicato, l’infelice idea di cominciare con la città a lui piu vicino in quel momemto governata da un re di nome Licurgo .

Egli era un re violento e cattivo . Di lui si diceva che gli piaceva frustare animali indifesi come cani , cavalli e qualsiasi altra creatura incontrasse sul proprio cammino. Aveva con se , una frusta speciale lunga  tre metri fatta di pelle nera intrecciata con spine di ferro e schegge di vetro e se non gli capitavano un giorno sotto la mani animali,  egli a volte solo per divertimento  , frustava i suoi schiavi ed eventuali suoi sudditi che gli si presentavano davanti al trono con qualche richiesta .

Dionisio , pur avendo sentito alcune voci non positive su Licurgo decise ugualmente di recarsi dal re e incominciò a dirigersi  con tutto il suo esercito composto da  ninfe e satire  verso la città governata dal re .

L’allegro gruppo incominciò quindi a marciare in un’allegra processione offrendo per strada a chiunque loro incontrassero , grappoli di uva , piantine di vite e bicchieri di vino . Mentre camminavano  cantavano e intonavano festosi canti intorno a dionisio cche non mancavano di annunciare come il Dio del vino e dei festeggiamenti .

Dionisio si presentò quindi al palazzo del re vestito come solito con la sua costosa tunica rosso porpora con posato sul capo una corona di foglie di vite e con uno scettro speciale chiamato tirso , con una pigna sulla sommità . Si  annunciò come il Dio del vino e non fece altro che chiedere al re di far apprender alla sua gente l’arte della coltivazione delle vite e della produzione del vino . Promise inoltre a Licurgo la prosperità del suo regno laddove egli acconsentisse ad erigere un Tempio in suo onore .

Tutto sommato quindi Dionisio chiese a Licurgo solo di divenire il Dio protettore  della sua città , ma la risposta del re fu delle più feroci , incominciando a frustare tutto e tutti con la sua speciale frusta mentre le sue guardie di palazzo facendosi avanti circondarono le ninfe ed i satri per arrestarli tutti .

Dionisio riuscì fortunatamente a scappare e inseguito dai soldati quando stava quasi per essere catturato si tuffo da un’altura nell’Oceano .

Fu qui salvato dalla ninfa del mare  Teti che una volta curatigli  le ferite , lo esortò a vendicarsi di di Licurgo . Reatisi di nuovo dal re , minacciò lo stesso di esaudire non solo le sue richieste , ma anche liberare tutte le ninfe e satiri che lui teneva prigionieri .

Minacciò Licurgo di far divenire il suo regno sterile grazie al fatto che egli non avrebbe fatto crescere e maturare nesun fiore e nessun frutto .

Al rifiuto del re , Dionisio questa volta  provvide a far diventare momentaneamente  pazzo il re che immediatamente si piegò in due dal dolore e scambiò suo figlio Driado per un tronco di vite i cui tralci che si contorcevano .Strappo quindi un’ascia dalla guardia più vicina e provvide a tagliare la colonna di tralci . Solo in un secondo momento si accorse che quello a cui aveva dato piu fendenti non era altro che il figlio che aveva quindi ucciso .

Ordino ai suoi umomini di ucciderlo ma questi stavolta ebbero paura del nuovo Dio e lo lasciarono andare . Prima di lasciare il palazzo invito tutti a lasciare liberi  tutti i suoi seguaci e destituire il re , pena l’insecchimento delle loro terre e la sofferenza dell’intero regno .

Nei giorni seguenti tutto il territorio incominciò ad avvizzire . Nella città e nei campi le piante appassirono . I frutti marcirono ed il pane si coprì di muffa L’acqua nei pozzi divenne calda e putrida . I contadini non riuscivano a coltivare più niente e gli abitanti dopo un po non avevano di che sfamare i propri familiari

Alla fine dopo due settimane , le guardie reali invasero il palazzo e catturarono Licurgo . Lo trascinarono urlante e protestante nella piazza della città e gli legarono ciascun arto ad un cavallo che poi frustarono sulla groppa . I quattro cavalli scattarono al galoppo in quattro direzioni diverse.

Dopo questo orribile delitto , gli abitanti liberarono i seguaci di Dionisio e immediatamente le piante ripresero a crescere e i fiori a sbocciare . Le viti ricoprirono i muri del palazzo , caricandosi di succosi grappoli d’uva.

I cittadini a quel punto non solo impararono a produrre il vino ma cominciarono anche a costruire un Tempio dedicato a Dionisio .

Dionisio , ottenuta la sua vittoria , si mise quindi in marcia per far erigere altri tempi in suo onore in altre città . In ogni luogo dive andava distribuiva vono e diffondeva l’arte di produrre il vino .

Molte città accolsero con grande gioia Dionisio ed il suo esercito di baccanti  e molte di prodigaro a rendergli  onore impegnandosi a costruire un Tempio a lui dedicato . Ovunque andava portava gioia ed allegria ed i pochi re che non apprezzarono il nuovo Dio fecero tutti una brutta fine .

Tra questi il re di Tebe Penteo , che venne letteralmente fatto a pezzi per essersi senza permesso , spinto a spiare come non credente  ad una festa orgiastica dove non era stao invitato . Scoperto venne trucidato dai seguaci del Dio

Ad Atene prima di  avere il benvenuto fu prima costretto a far impazzire numerose donne ateniesi . Successivamente nella città venne istituita una festa annuale in suo onore

Ad Argo,  manifestò la propria potenza in modo analogo facendo impazzire le figlie di re Preto e tutte le donne del paese che divorarono i propri nati.

Nelle isole  dell’Egeo,  noleggiata una nave diretta a Nasso , venne poi fatto da questi prigioniero . Essi rivelatisi poi di  essere pirati ,  intendevano venderlo come schiavo in Asia, ma egli  si salvò tramutando in vite l’albero maestro della nave e sé stesso in leone, popolando nel contempo la nave di fantasmi e di animali feroci che si muovevano al suono di flauti;.I marinai, sconvolti, si gettarono in mare ma il dio li salvò trasformandoli in delfini: pur consapevoli che non avrebbero più riacquistato la forma umana, i giovani compresero anche che il dio aveva voluto concedere loro la possibilità di riscattarsi, e così dedicarono il resto della loro vita a salvare i naufraghi. Per essersi dimostrato più buono degli altri pirati, Acete , il timoniere, non subì metamorfosi, divenendo sacerdote del dio.

Sbarcato nell’isola di  Nasso , Il dio  incontrò la giovane Arianna  abbandonata in questo luogo da Teseo.

Arianna , figlia del re ateniese Egeo , si era  follemente innamorata di Teseo e per questo motivo  , decise di aiutarlo  ad uccidere  il famoso Minotauro . Grazie ai preziosi consigli di Dedalo a cui Arianna  aveva chiesto aiuto , Teseo  dopo aver aspettato che  il Minotauro si addormentasse ,  uso’ la sua spada per staccare un corno con il quale poi trapasso’ la belva. Uscito dal labirinto , poi  salpo’ con Arianna , che  poi  abbandonò dormiente ,  sull’isola deserta di Nasso.
Il motivo di tale abbandono e’ rimasto controverso ; si dice che l’eroe si fosse invaghito di un’altra o che si sentisse in imbarazzo a ritornare in patria con la figlia del nemico , oppure che venne semplicemente intimorito da Dionisio ( futuro marito di Arianna ) che in sogno gli intimo’ di lasciarla in quell’isola per poi raggiungerà e farla sua sposa.
Arianna , rimasta sola , inizio’ a piangere , finche’ apparve al suo cospetto il Dio Dionisio che per consolarla le dono ‘ una meravigliosa corona d’oro , opera di Efesto che venne poi alla sua morte , mutata dal dio in una costellazione splendente . : la costellazione della corona .
Come avuto modo di capire Dionisio dopo aver incontrato Arianna , abbandonata nell’isola di Nasso decise di farla sua sposa.

Sposato Arianna ,riprese di nuovo il mare allo scopo di diffondere il culto del vino ed insegnare all’uomo come farselo da soli . Insegnò loro a coltivare le viti e l’arte della vendemmia .

Era intanto fece un ultimo tentativo per ucciderlo . Dopo averlo isolato dalla sua chiera di seguaci lo fece impazzire ed egli in preda alla frenesia vagò con il tutore Sileno e un gruppo di satiri e baccanti fino in Egitto, dove si batté con i Titani, restituendo ad Ammone lo scettro che questi gli avevano rubato; in seguito si diresse in oriente, verso l’India, sconfiggendo numerosi avversari lungo il suo cammino (tra cui il re di Damasco, che scorticò vivo) e fondando numerose città. Al suo ritorno gli si opposero le  Amazzoni  che egli aveva già precedentemente respinto fino ad Efeso, ma vennero sbaragliate dal Dio e dal suo seguito.
Quando fece ritorno dall’india, Cibele o Rea lo liberò della follia e lo purificò degli assassini commessi in stato di ebbrezza e gli insegnò i misteri e i riti di iniziazione, per cui divenne il sacerdote della grande Dea e Dio lui stesso.

Durante queste sue peregrinazioni Dioniso insegnò agli abitanti delle regioni che percorreva l’arte della coltivazione della vite e pose al tempo stesso le basi della vita civile. Poco diffuso nella Grecia omerica, il culto di Dioniso si rafforzò in epoca ellenistica, e a  Roma assunse gli aspetti più sfrenati e orgiastici, tanto che nel 186 a.C. il Senato dovette proibire le celebrazioni dei Baccanali. Il culto fu comunque continuato dalle sette mistiche che celebravano i misteri di Dioniso.

A Delfi, Apollo cedeva il proprio santuario a Dioniso per i tre mesi invernali. Lì, le feste in suo onore avevano sempre una natura orgiastica ma erano limitate a una rappresentanza ufficiale di donne provenienti dalle diverse città della Grecia e venivano celebrate ogni due anni.
Dioniso non veniva soppresso, bensì riconosciuto, moderato e istituzionalizzato. A Delfi, le celebranti diedero inizio anche a una sacra danza annuale con la scoperta rituale e il risveglio del piccolo Dioniso.
Gli accessori caratteristici dell’abbigliamento ritualistico del culto di Dioniso erano il tirso, la nebride e la mitra .

Anche gli animali avevano un ruolo particolarmente importante nel suo culto. Sacri gli erano il capro, il toro, la pantera, il leone, il serpente e l’asino.    Le piante a lui care sono la vite, l’edera, il pino, il fico e il mirto ; gli strumenti musicali con cui viene rappresentato nelle immagini iconografiche sono flauti, nacchere e cimbali .

Spesso Dionisio si manifestava ai suoi fedeli anche con aspetto taurino visto che il toro  fra i popoli antichi fu considerato come il simbolo della fecondità e della forza generatrice ma insieme ai suoi seguaci anche con la pelle di pantera . Questo animale grazie alla sua bellezza e alla stazza della sua taglia,  era stato consacrata a Dioniso ed il  carro nuziale su cui salì dopo le nozze con Arianna era appunto trainato da sei pantere.

Essendo “Signore degli animali selvatici” spesso appare nell’iconografia anche fiancheggiato da due leoni che appaiono addomesticati  ed in suo potere ,grazie al  suo gesto di imporre le sue mani sollevate sopra gli animali.

La cavalcatura solita di Dionisio era sul dorso di un asino che anch’egli quindi divenne un animale sacro al dio anche grazie alla sua forza fallica  legata alla fecondità e alla potenza generatrice della natura. L’asino poi, come il capro, era  divoratore di piante predilette da Dioniso, vite e anche fico. Come sempre, tuttavia, nel ciclo della rinascita e nel segno dell’ambiguità dionisiaca, la vita coincide con la morte e, non a caso, l’asino farà parte integrante anche del simbolismo funerario degli antichi.

Nel mondo dionisiaco accanto al vino e alla vite che sono i simboli che maggiormante rappresentano il Dio , troviamo anche l’edera  (  I  suoi devoti si facevano tatuare sul corpo foglie d’edera  )   con cui era avvolto il l tirso ,  il pino che con la sua pigna incorona il tirso e con la sua resina serve alla conservazione e a temperare il gusto del vino ,  il fico divenuto simbolo  della vita sessuale perchè  sul suo legno si intagliavano i “falli” ed infine il mirto poichè per  desiderio dei signori dell’Ade, Dioniso avrebbe lasciato nell’oltretomba il mirto in sostituzione della madre Semele, che egli sottrasse al regno dei morti ( così veniva motivata la credenza che il mirto appartenesse al dio e alle ombre degli inferi ).

Nella mitologia e nel culto di Dioniso vita e morte si intrecciano. La tomba del Dio si trovava nel santuario di Apollo a Delfi, dove veniva adorato ogni anno come il fanciullo risvegliato. Egli era cosiderato un dio adulto che moriva, un dio che trascorreva un certo tempo nell’oltretomba, e un dio neonato

Egli  veniva onorato anche come il fanciullo divino e divenne il Dio di tutte quelle persone che si sentivano sessualmnte ” diverse ” dall’ordinario o che si sentivano nel loro modo di vivere un po’ come “pesci fuor d’acqua”, troppo emotivi, troppo sensibili o troppo sognatori e pertanto vivevano in maniera inadatta la propria vita .

Ancora oggi quando ci si riferisce ad una persona con atteggiamenti da “sognatore” e perdita di contatto con la realtà , in quello che viene dalla società di oggi identificato  come ” l’eterno adolescente ” ad essere chiamato in causa è la fgura di Dionisio . Con esso si identifica solitamente sotto l’aspetto psicologico , un tipo di persona intensa ed emotiva, che si lascia prendere completamente dalla passione del momento, dimenticando impegni, incarichi o appuntamenti. Di conseguenza, non sembra potersi impegnare stabilmente né in rapporti duraturi, né tantomeno con impegni lavorativi concreti. Come il dio Dioniso, chi sviluppa questo archetipo di solito vaga da un posto all’altro, attirando le donne, sconvolgendo la loro vita e poi andando via. Attratto da qualsiasi cosa renda più intensa l’esperienza, non rimane indifferente alle sostanze allucinogene e nel migliore dei casi si lascia trasportare dalla musica. Fintanto che questa rimane una fase adolescenziale non c’è problema, quando però diventa uno stile di vita stabile, abbiamo a che fare con l’eterno adolescente che non vuole assumersi responsabilità nella vita.

Il  rapporto di Dionisio con l’oltretomba lo si deve al fatto che egli decise di scendere nel regno dei morti per riportare in vita la madre e riguarda una delle storie più note e particolari che circondano la figura di Dionisio .

Si tratta del rapporto omosessuale avuto dal giovane Dionisio con Prosimmo , un uomo che lo condusse in un lungo viaggio fino alle porte di Ade  sulla costa dell’ Argolide nei pressi di  Lerna  (e considerato da tutti un pozzo infinito senza possibilità alcuna d’uscita) . Questi come ricompensa per averlo accompagnato gli chiese di farsi amare come una donna: Dioniso accettò, gli chiese solo di aspettare che avesse portato in salvo Semele dalle grinfie della morte. Al suo ritorno dagli inferi però Dioniso scoprì che il pastore era morto prima ch’egli potesse onorare il suo impegno. Direttosi al tumulo che conteneva le spoglie mortali di Prosimno, Dioniso s’impegnò a soddisfarne almeno l’ombra: da un ramo di ulivo ( o di fico )  creò un Phallos   di legno e vi si sedette sopra. Infine pose la figura dell’amico tra le stelle del cielo.

Questo racconto  sopravvissuto solamente grazie a fonti cristiane, il cui obiettivo primario era quello di screditare moralmente tutta la religione pagana precedente serve se non altro a capire e dare spiegazione ad alcuni tra gli oggetti segreti che venivano rivelati durante  i misteri dionisiaci.

Come avete potuto capire dunque Dioniso è un Dio,  di sesso maschile ma di indole femminile, istintivo e passionale, assolutamente irrazionale e pulsionale. Anche per Lui, come per il padre Zeus, le donne giocano un ruolo fondamentale, tant’è che le sue seguaci sono prevalentemente donne.
La madre morì quando Dioniso era ancora un feto, e lui crebbe circondato da nutrici e madri adottive, e in seguito discese nell’Ade per cercare sua madre. Nell’ambito della mitologia greca, Dioniso è l’unico dio che salva e risana (anziché dominare e violentare) le donne che rappresentano precedenti divinità, detronizzate perché il popolo che le venerava è stato sconfitto.
Dioniso infatti discese nell’Ade per riportare in vita la madre Semele. Poi, insieme, ascesero all’Olimpo, dove lei divenne immortale. Semele era stata adorata nei tempi pre-ellenici come una dea associata alla luna e alla terra; lo stesso dicasi di Arianna, che Dioniso ebbe in sposa.
Arianna, figlia di Minosse, che era stata abbandonata sull’isola di Nasso da Teseo, si sarebbe sicuramente uccisa per la disperazione, se Dioniso non l’avesse salvata facendola sua sposa e per  intercessione di Dioniso, Zeus la rese poi immortale . Ella fu adorata a Cipro come  una mortale ingiustamente perseguitata che grazie a Dioniso era stata nuovamente deificata.

Le feste in onore di Dioniso avevano una grande importanza nell’Atene antica . Esse si tenevano quattro volte l’anno ; iniziavano  a fine dicembre con le ‘Piccole Dionìsie’ o ‘Dionisìe Rurali’ e proseguiva con le ‘Lenee’ o ‘Dionisie del Leneo’ di fine gennaio e le ‘Antesterie’ di fine febbraio , per poi terminare con le grandi feste di fine marzo. In occasione delle Grandi Dionìsie di fine marzo la pòlis imponeva a un cittadino ricco la coregìa, cioè le spese di allestimento dei cori per l’intera rappresentazione tragica. Il corego godeva d’altra parte di altissima considerazione e se vinceva le gare riceveva un premio ufficiale.
Durante queste feste si tenevano numerose  rappresentazioni teatrali.

Le Dionìsie Rurali si svolgevano nei borghi (demi) attici intorno ad Atene, ed alla splendida processione prendeva parte tutto il coro degli efèbi. Vi si rappresentavano opere già allestite nelle grandi Dionìsie precedenti. ( alcuni demi (Kollytòs, Pireo) giunsero però a rivaleggiare con Atene e ad ospitare opere prime, ad esempio di Euripide)

Le Lenee si svolgevano nella brutta stagione ed avevano quindi una risonanza solo locale, priva dello sfarzo delle Grandi Dionìsie. Comprendevano una processione di carri, rappresentazioni tragiche e soprattutto comiche; mentre infatti vi partecipavano i maggiori commediografi, per la tragedia si rappresentavano opere di autori giovani o ancora poco noti.

Le Antesterie non comprendevano rappresentazioni teatrali. Duravano tre giorni tra febbraio e marzo, e costituivano una tipica festa primaverile di desacralizzazione del vino nuovo. Il primo giorno, l’undici del mese di Antesterione, si aprivano i vasi del vino nuovo. Il dodici, giorno “dei chòes”, si distribuiva il vino in chòes, brocche spesso miniaturistiche e adatte a bimbi. Vi era un pubblico banchetto e chi finiva il suo vino per primo, ne vinceva un otre. Il simulacro di Dioniso veniva portato in processione dal Lenàion al Ceramico di Atene e viceversa, accompagnato da un ricco corteggio. Il sacrificio ed il rito della ierogamia erano tesi ad assicurare la fertilità: la ierogamia era letteralmente il matrimonio celebrato o tra due divinità oppure tra una divinità e un essere umano; nel caso delle Antesterie, Dioniso si univa alla moglie di uno dei magistrati di Atene, l’arconte re. Alla fine delle Antesterie si fugava il clima di impurità creato da demoni e defunti (che si credeva vagassero per la terra in questi giorni) al grido ripetuto thyraze kêres, oukét’Anthestèria (‘fuori, dèmoni, sono finite le Antesterie’).
Durante la festa dei fiori (le Antesterie), che segnava l’inizio della primavera nel Mediterraneo, si portava il vino nuovo con una cerimonia davanti a una grande maschera di Dioniso.
Gli occhi della maschera guardavano direttamente il fedele, per il quale il Dio in persona era presente nella maschera.
La maschera ha una ruolo importante nel dionisismo e durante alcune celebrazioni i fedeli indossavano una maschera bianca, come simbolo del Dio, dell’infinito, del principio e fine di tutte le cose .

 

 

La maschera di Dionisio nel corso della storia è diventata qualcosa di misterioso e portatore di ignoti messaggi  in quanto nel passato esse   erano venerate come “epifanie” del dio stesso, e non come semplici suoi simboli. L’uomo che indossava una simile maschera, in un certo senso, indossava il dio, e non solo in apparenza, assumendo le sue fantastiche sembianze del volto, ma anche nella sostanza, immedesimando il proprio spirito con quello di Dioniso. L’adepto che compiva questo camuffamento diventava, per così dire, un essere ‘altro’ da se stesso.  Chi indossava la maschera, dunque, diventava “altro”.
Ed essere “altro” in campo dionisiaco era sinonimo di ” tutto ” ,  significava quindi divenire uguale alla “totalità”: totalità che in questo caso è coincidentia oppositorum,cioè  unione dei contrari.

La maschera stessa, di per sé, contiene una polarità di significati opposti: è “presenza”, perché considerata epifania di Dioniso, ma allo stesso tempo è “assenza”, perché ha le orbite vuote, e aspetta di essere indossata da qualcuno. E questo qualcuno diventa Dioniso, pur rimanendo se stesso, e, anche se UNO, rispecchia in sé i MOLTI.
C’è un mito orfico in cui Dioniso ci appare bambino che, con la faccia tutta impiastricciata di gesso (una sorta di maschera bianca), si guarda allo specchio e non riconosce più la sua stessa figura, considerandosi “altro” da sé. Che cosa significa questo mito?
Esso ci dice che il dio bambino, guardando la sua faccia bianca in uno specchio, non vede più se stesso, ma il Tutto. Ed ecco perché nel celebre affresco della Villa dei Misteri a Pompei è raffigurato un adepto che guarda in una coppa di vino, nella quale è riflessa l’enigmatica espressione di una maschera dionisiaca: in quella coppa c’è il Tutto.
Il dionisismo, dunque, è la ricerca di una divina armonia con l’universo, il tentativo di abolire le differenze fra animale e uomo e fra uomo e dio. Tappa forzata, però, e straziante, è l’annullamento dei contrari: la maschera costituisce l’arché e il tèlos, il “principio” e il “fine”, di questo cammino di misteriosa trasformazione; e lo sguardo inquietante delle sue orbite vuote apre l’adepto a prospettive oscure e luminose, comunque sovrumane.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sempre a Pompei a proposito di immagini riflesse vi ricordiamo che si può ammirare anche un affascinante affresco di Narciso che si specchia nell’acqua e ammira la propria immagine .  L’opera è emersa alle spalle di dove è stata scoperta l’immagine di Leda e il cigno e fa parte dell’atrio di una magnifica e lussuosa abitazione ricca di suggestive immagini  che hanno resistito al tempo.  Nell’ingresso possiamo ammirare  il  beneaugurante dio Priapo ,  nella stanza  da letto il sensuale affresco di Leda e il cigno, e alle sue spalle uno splendido affresco del mito di Narciso.

Il dipinto si trova nell’atrio della lussuosa casa, a fianco di  figure di menadi e satiri che, in una sorta di corteggio dionisiaco, accompagnano  i visitatori all’interno della parte pubblica della casa.

Narciso è raffigurato secondo l’iconografia classica, nell’atto di specchiarsi nell’acqua, rapito dalla sua immagine.

Narciso era un bellissimo ragazzo figlio del fiume Cefiso e della ninfa Liriope; Egli completamente disinteressato all’amore, preferiva trascorrere il tempo nelle foreste, andando a caccia. Si innamorò perdutamente di lui la bellissima  Eco , ninfa della montagna  ma Narciso non se ne curò e la ninfa si consumò per questo amore impossibile.

Così si rinchiuse in una caverna ai piedi della montagna dove Narciso era solito andare a caccia,  econ la sua bella voce continuò a chiamare per giorni e notti il suo amato. Egli pur sentendo Eco , non la raggiunse mai e della ninfa nel  l tempo, rimasero solo le ossa e la voce, che continuò a vivere sulla montagna.

La dea Nemesi che aveva assistito a tutta la toria decise allora di punire Narciso per la sua crudele indifferenza e lo fece innamorare della propria immagine  riflessa in uno specchio d’acqua; nel vano tentativo di afferrare l’immagine che credeva essere di persona vera, un giorno si sporse di più, finché perse l’equilibrio, cadde e le acque si rinchiusero sopra di lui. Si trasformò così in un fiore bellissimo e profumato : il narciso .

Narcisismo e bellezza erano anche due attributi che certo non mancavano ad Afrodite , dea della bellezza e dell’amore che secondo quanto raccontatoci da Omero pare fosse figlia di  Zeus e della ninfa  Dione anche se la versione più diffusa dice invece che fosse nata dalle spume del mare dell’isola di Cipro fecondate dal pene di Uranio che Crono aveva evirato nella sua ribellione . Da quel membro , a contatto con il mare, si formò una bianca spuma da cui nacque la fanciulla divina, che appena uscita dalle acque ,fu trasportata da Zefiro sulle onde del mare nell’isola di Cipro dove venne accolta dalle tre Ore , le Dee delle stagioni che provvidero a coprirla con un meraviglioso vestito di velo bianco . Dopo averle poi adornata il collo con una collana d’oro e posto sul capo una sottile corona in oro , provvidero ad portarla all’Olimpo , dove tutti gli Dei , folgorati da tanta bellezza, incominciarono presto a sbavare ….. Essi, completamente affascinati dalla bellezza di Afrodite , litigando e sgomitando tra loro incominciarono a corteggiarla in modo sfacciato , offrendole vari doni in cambio della sua mano .Essa era indubbiamente la più bella tra le Dee, con il suo fascino irresistibile ed attraente incarnava e rappresentava come nesun’altra donna l’Amore.

CURIOSITA’ : Nata in primavera , in un periodo quindi dove la natura rigogliosa e pura sboccia e tutto fiorisce e rinasce incontaminato e perfetto ,Afrodite era vista nell’antichità come portatrice di fertilità, e spesso rappresentata come nel famoso dipinto di Botticelli,( la Nascita di Venere) con un viso etereo, dei lunghi boccoli biondi che le percorrono tutta la schiena, ed un espressione di serafica e celestiale dolcezza. A lei erano sacre molte piante, come la rosa, il mirto, il melo ed il papavero, e diversi animali, come la lepre, la colomba, il delfino, il cigno ed il passero .

Poseidone , Apollo ed Ares entrarono quindi come avete capito tra loro in competizione ( lo stesso Zues non mancava di qualche erotico pensiero … ma era inibito da Era ) e facevano a gara per avere in sposa Afrodite . Atena ed Era , capirono subito che da quel momento la loro supremazia sarebbe stata messa in forse da una ben pericolosa rivale. Con un pizzico di gelosia ,esse notarono che nessuno riusciva a resistere al suo potere: tutti, uomini e animali, persino le piante a primavera obbedivano al suo dolce richiamo , ma da donne sagge non potevano permettere che l’intero consiglio degli Dei finiva nel totale caos per una donna .

Afrodite si doveva sposare immediatamente o a causa sua le discussioni non sarebbero mai finite sull’Olimpo
A porre fine a tutto questo provvide Era , la moglie di Zeus , che vestendosi della sua autorità di dea del matrimonio, decise che a sposare Afrodite , fosse suo figlio Efesto .
La cosa creò molto stupore tra i contendenti . Efesto era il più brutto degli dei. Pur essendo figlio della bellissima Era e del grande Zueus, nacque così brutto che sua madre ,appena nato vedendolo emise un grido di orrore e terrorizzata dall’orribile aspetto del proprio figlio ,lo scagliò giù dall’Olimpo con tutta l’energia che aveva in corpo . Il poverino , dopo una caduta durata un giorno intero , finì in mare , dove le ninfe , pietose , lo raccolsero e lo allevarono nell’isola di Lemmo , che essendo vulcanica ardeva di fuochi .Efesto fu subito attratto dal bel colore della fiamma sin da bambino si dedicò con applicazione all’arte di fabbro .Aveva un’officina nel cratere dell’Etna , dove con l’aiuto dei Ciclopi , dei giganti con un solo occhio , fabbricava armi e ornamenti per gli dei . Per se creava invece oggetti straordinari come per esempio dei tavoli con tre gambe che si spostavano da soli e persinodelle ancelle tutte in oro che si muovevano come se fossero vive e alle quali spesso si appoggiava quando era stanco ( non dimentichiamo che era zoppo e come tale si stancava facilmente quando rstava a lungo in piedi ).

N.B. non dimentichiamo che secondo la mitologia greca Efesto fu lui , su ordine di Zeus , a creare prima l’uomo e poi la donna ( Pandora ).

Efesto era continuamente tormentato dal fatto che sua madre lo avesse rifiutato e addirittura buttato via e per vendicarsi per tutto questo , un giorno ad Era in regalo una bellissima sedia tutta in oro e magnificamente scolpita. Sembrava a tutti un regalo meraviglioso e perfettamente adatto ad una donna del suo rango , ma in realtà era una specie di trappola.
Appena Era , infatti vi prese posto lanciò subito un grido : immediatamente la dea si trovò legata alla sedia da mille invisibili fili che non la facevano più muovere . Inutilmente tutti gli dei si impegnarono intorno a lei nel tentativo di liberarla ma ben presto tutti vennero alla soluzione che solo il costruttore poteva conoscere il segreto di quella sedia infernale .
Zues , allora mandò a chiamare Efesto chiedendogli gentilmente di liberare sua madre . Il fabbro divino si fece ovviamente un pò pregare e decise di accettare di liberare la madre solo se gli fosse concesso , come gli spettava , un posto tra gli Dei nell’Olimpo. Egli era si brutto , ma del tutto simile a loro ed in quanto figlio di Zeus ed Era ne aveva tutti i diritti.

Zeus , anche per sdebitarsi del torto fatto dalla moglie accettò, Era fu così libera  e per farsi perdonare offrì poi  come vedremo , successivamente  ad Efesto Venere in sposa .   Efesto  molto soddisfatto per come erano andate le cose ottenne un posto tra gli Dei e la facolta di potersi trattenere sull ‘Olimpo ( anche se poi nell’Olimpo si fermò poco perchè si trovava meglio tra i Ciclopidi ) . Almeno   inizialmente si trovò bene sull ‘Olimpo  perchè fu ben accolto dagli altri Dei   e iniziò  quindi a costruire palazzi ed oggetti utili a tutti gli  dei come il tridente di Poseidone, il carro del sole, spade, elmi ed altro. Col tempo  dimenticò  anche il torto subito dalla madre e si affezionò a lei, e proprio perché la difese durante un litigio con Zeus , si ritrovò di nuovo scaraventato giù dall’Olimpo su Lemmo, però questa volta per mano del padre. In seguito stanco per essere deriso per la sua goffaggine e per i continui tradimenti di Venere, decise di lasciare per sempre l’Olimpo e di rifugiarsi nelle viscere del monte Etna. Qui aiutato dai Ciclopi continuò la sua abilità di lavorare qualsiasi oggetto.

Il deforme Efesto quindi , come dicevamo , fu scelto dalla madre ,forse per ricompensarlo dell’amore che lei non aveva saputo dato al figlio ,come sposo per la più bella delle donne. Tutti gli altri Dei , ovviamente ci rimasero male . Tutti infatti volevano sposare Afrodite e nessuno di loro si capacitava come costui , zoppo e deforme potesse avere in sposa una donna così bella, ma presto dovettero ammettere che Era aveva ragione . Se a sposare infatti Afrodite fosse stato uno di loro , gli altri non avrebbero mai smesso di azzuffarsi e di sentirsi offesi . Ma se Afrodite avesse sposato Efesto , nessuno poteva essere geloso di lui . Egli era uno scherzo della natura e aveva una faccia deforme e gambe malandate. Per di più , se Afrodite fosse stata costretta ad un matrimonio infelice , ognuno di loro avrebbe avuto parecchie chance di diventare il suo amante segreto .
E così fu … Afrodite sposò Efesto ma girava il più possibile alla larga dal marito a cui era puntualmente infedele .Non ebbe mai figli con Efesto ma in compenso ebbe un sacco di figli con altri …. già di sposare Efesto, da una relazione con il principe troiano Anchise, generò il grande Enea (Afrodite per tale motivo divenne protettrice dei Troiani durante la guerra con i Greci, anche se non poté evitare né la disfatta di Troia né la morte di Paride al quale aveva promesso in sposa Elena ).
Subito dopo sposata comincio una relazione con il Dio della guerra Ares da cui nacque Eros , dio dell’amore ( il famoso Cupido ) che come sapete , con le sue frecce era capace di far innamorare uomini e donne , solo colpendoli .Alla sua nascita , Zeus , sapendo che avrebbe combinato motli guai , ordinò ad Afrodite di toglierlo di mezzo . Ma lei disobbendo a Zeus, lo nascose in un bosco , dove venne allattato da animali selvatici.

CURIOSITA’ :I Romani ebbero il corrispondente di Eros in Cupido. Essi lo descrissero come un ragazzino malizioso e capriccioso che colpiva all’improvviso facendo continuamente vittime. Talvolta aveva gli occhi bendati, per indicare che l’amore è cieco e non vede i difetti della persona amata (di solito viene rappresentato con alle sue spalle due alette) .

Intorno alla sua figura vi è la bellisima favola di Amore e Psiche che ci viene narrata da Apuleio nel suo romanzo L’Asino d’oro. Essa pur sotto metafora, dimostra la stretta unione fra Amore e Anima.

La favola narra di una giovane bellissima fanciulla di nome Psiche che tutti ammiravano ma nessuno chiedeva in sposa perchè in quanto troppo bella metteva paura.

La storia di Afrodite , che bellissima era stata data in sposa ad Efesto e poi proprio perchè  così bella era ovviamente molto desiderata e corteggiata da altri uomini , portava gli uomini a diffidare delle donne ” particolarmente ” belle . Esse erano continuamente soggette a tentazioni da parte di altri uomini e c oeme Afrodite aveva tradito Efesto con Ares , questo poteva ovviamente capitare a chiunque sposasse una donna bellissima

Sposare una donna bella all’epoca veniva considerato quindi come avere una spada continuamente sospesa sul capo .

CURIOSITA’ :Avere la spada sospesa sul capo trova spesso un suo riferimento a Damocle . Egli era un uomo che viveva alla corte del tiranno Dionigi I di Siracusa .  Continuamente egli , vivendo a corte dell’amico  Dionigi , sosteneva pubblicamente che questi fosse un uomo molto fortunato  poiché deteneva un grande potere. Il tiranno  gli propose dunque di sostituirsi a lui per un giorno, così da poter godere della stessa fortuna, e Damocle ovviamente acconsentì.  Durante il banchetto serale Damocle iniziò a gustare i privilegi del potere e solo a fine serata notò, sopra la sua testa, la presenza di una spada  sospesa al soffitto mediante un sottile crine di cavallo . Dionigi voleva che Damocle comprendesse che la posizione dei potenti li esponeva sempre a pericoli e attentati. Immediatamente perse tutto il piacere del banchetto  e chiese a Dionigi di cessare l’esperimento di cambio .

 

Ritornando alla nostra bella Psiche , il padre visto l’avviarvi di un immeritato zitellaggio della sua amata e bella figliola decise di consultare addirittura l’oracolo.

 

Consultato dal padre a tal proposito l’oracolo , questi consigliò di agghindarla come per un matrimonio e di condurla poi su una montagna isolata . La cosa fece subito irritare Afrodite .La dea pensando che ella volesse sposarsi ad un Dio e potesse poi con la sua bellezza contendergli il trono di donna più bella dell’Olimpo , decise di punire quella fanciulla che aveva la sfacciataggine di essere bella come lei con un brutto scherzo . Chiamò quindi suo figlio Eros e gli chiese di far sposare Psiche al più brutto degli uomini.Quando però Eros vide Psiche se ne innamorò perdutamente e decise di portarla in un meraviglioso palazzo ,dove andava poi a trovarla tutte le notti. Nessuno e tantomeno Afrodite dovevano sapere chi fosse il misterioso sposo di Psiche e per tale motivo egli chiese a Psiche di non guardarlo mai in faccia . Ella promise ma tutte le mattine , allo spuntare del Sole , il suo sposo spariva e lei restava sola e triste . Le sue sorelle , che erano sempre state invidiose della sua bellezza , le suggerirono così di rompere il patto .Instillarono in lei il dubbio che forse era il più brutto degli uomini e che non voleva farsi vedere perche orribile come un mostro . Cosi una notte , Psiche , tormentata com’era da mille dubbi , accese una lampada e si avvicinò allo sposo che dormiva .
Con sorpresa scoprì che il suo sposo era il bellissimo Eros , il dio dell’amore e presa da entusiasmo fece però cadere in quel momento una goccia d’olio caldo dalla lampada sulla spalla di Eros , che si svegliò. Egli a quel punto spiegò immediatamente le ali e volò via . Da quel momento , la povera fanciulla soffrì mille pene , tormentata crudelmente da Afrodite , ma alla fine rirovò Eros , che la prese tra le braccia e la portò con se tra gli immortali.

CURIOSITA’ : Con Ares Afrodite ebbe anche altri figli oltre ad Eros . Dalla loro unione nacquero Anteros (personificazione dell’amore corrisposto), Demo (Terrore), Fobo (Paura ), Armonia ed infine Imene, il Dio delle nozze, in onore del quale giovani e giovinette cantavano inni durante le cerimonie solenni dello sposalizio.

Con la sua bellezza divina Afrodite nonostante rappresentava la Dea dell’amore, della sensualità e della lussuria, , non possedeva affatto , come vedremo , le qualità di una donna romantica , dolce e sopratutto fedele . Viene infatti descritta nella mitologia classica come una creatura infedele e lussuriosa, vanitosa, irritabile e permalosa. Essa era certamente la più bella donna del creato e lei ne era perfettamente consapevole , pertanto era anche  gelosa, passionale, e facile all’ira ed alla vendetta, soprattutto nei confronti di coloro che pretendevano di strapparle i suoi amanti , o anche solo di volerli condividere .

Afrodite fu uficilamente l’amante di Ares che comunque non mancò di tradire con il bellissimo Adone, un cacciatore che morì a causa delle profonde ferite riportate in seguito all’aggressione di un grosso e feroce cinghiale. Sulle sue spoglie Afrodite recitò un incantesimo ordinando che queste tornassero in vita ogni primavera con le sembianze di un anemone, il fiore dall’intenso colore porporino.

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La storia avuta da Afrodite con Adone, un giovane di rara bellezza , suscitò ovviamente la gelosia del suo amante Ares che, scagliandosi contro il giovane sotto forma di cinghiale, lo uccise.

N.B. Ares era un Dio particolarmente infurioso e bellicoso , spavaldo , arrogante e dotato di una particolare  forza bruta Il suo culto nella nostra città era  presente nella Fratia  degli Aristei che si trovava nei pressi di Castel Capuano

Adone scese nelle tenebre dell’Oltretomba, dove la stessa Persefone si innamorò di lui. Afrodite, però, con preghiere insistenti, ottenne da Zeus che il giovane fosse richiamato alla vita. Di fronte all’opposizione di Persefone intervenne la musa Calliope, la quale stabilì che Adone trascorresse parte dell’anno presso Afrodite e parte presso Persefone. Ma una volta terminata la permanenza di Adone presso Afrodite, questa non volle cedere il giovane. Zeus allora divise l’anno in tre parti: Adone per quattro mesi sarebbe stato libero di vagare sulla Terra, per quattro mesi sarebbe stato nel regno dei morti presso Persefone, e per i restanti quattro mesi presso Afrodite. Così, come Proserpina, anche Adone simboleggiò l’alternanrsi delle stagioni.

Ares (Marte nella religione e cultura romana), era il  dio della guerra,  del sangue e della lotta. Fratellastro della dea Atena, entrambi erano gli Dei  della guerra, ma con una precisa  distinzione: Ares prediligeva  della guerra gli aspetti più sanguinari e violenti, Atena invece della guerra intesa come strategia e scaltrezza  .

Ares nato in Tracia da Zeus ed Era ,  viveva in un tempio protetto dalle Amazzoni, e andava in battaglia indossando un’armatura di bronzo ed impugnando una lancia. Spesso in battaglia era accompagnato da temibili presenze, come  il demone del frastuono e lo spirito della battaglia e dell’omicidio. Altri dei suoi compagni di lotta erano il Terrore, Deimos, la Paura, Fobos, e la Discordia Eris (o Epis); talvolta erano anche presenti Polemos (in greco significa guerra) ed anche sua figlia Alalà, personificazione dell’urlo di battaglia. Animali a lui sacri erano l’avvoltoio, il cinghiale, il cane, il gufo ed il picchio. Suoi simboli erano  invece, erano l’armatura bronzea e la quadriga, trainata da cavalli immortali con finimenti dorati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CURIOSITA’ : La leggenda certamente più famosa riguardante Ares è quella, riguarda il momento in  cui egli fu sorpreso, insieme all’amante Afrodite, durante uno dei loro incontri amorosi, dal dio del sole Helios. Quest’ultimo riferì ciò che aveva visto al deforme marito di Afrodite, il dio del fuoco Efesto, il quale decise di tendere una trappola alla moglie infedele ed al suo amante. Forgiata una rete dorata, Efesto li intrappolò, bloccandoli, nell’atto dell’unione.  Non ancora soddisfatto, il dio del fuoco andò a chiamare gli altri dei e dee dell’Olimpo: le dee si rifiutarono di accrescere ulteriormente la vergogna dei due amanti, mentre gli dei accorsero nella camera di Efesto a sbeffeggiare i due intrappolati. Per intercessione di Poseidone, infine, Zeus liberò i due dei dalla catena dorata. Ares, per la grande vergogna, fuggì nella sua terra natia, la Tracia.

Il culto di Ares nella nostra antica Neapolis era particolarmente venerato  nella importante Fratia  degli Aristei che si trovava nei pressi di Castel Capuano  . Il nome dato alla Fratia sembra che derivasse proprio da  Ares , anche se secondo invece il suo nome pare derivasse  da Aristeo , figlio di Apollo e della ninfa Cerere che allevato dal saggio centauro Chirone era diventato esperto nelle arti della medicina ,  nonchè un abile cacciatore  ( aveva inventato la caccia con le reti e le trappole ) ed infine anche un abile coltivatore di viti e sopratutto un grande allevatore di api .
Ad Eristeo  era legato nella mitologia greca la triste vicenda che lo voleva colpevole ( o almeno la causa ) della morte di Euridice , moglie di Orfeo e gli dei per punirlo avevano fatto morire con un’epidemia tutte le sue api   ( secondo altri distrutte per vendetta dalle altre driadi).
Orfeo , figlio di Eagro e della musa Calliope era un abile cantore e musicista . Egli con il suo canto e le musica della sua inseparabile cetra suonava con tanta dolcezza e armonia che tutti si fermavano per ascoltarlo ( animali , esseri umani e dei ) . Tornato dalla difficile spedizione degli Argonauti , dove era riuscito ad aiutare i compagni con la sua arte , scelse in sposa la bella ninfa Euridice . Erano entrambi felici ma questa fu breve perchè  il giorno stesso delle nozze il giovane Aristeo  che da tempo era innamorato di Euridice andò a cercarla per rapirla . Appena lo vide la fanciulla capendo le sue intenzioni si mise a correre spaventata attraverso il bosco dove non vide un serpente velenoso nascosto nell’erba che calpestandolo la morse facendola morire .
Orfeo disperato decise di scendere nell’Ade per riprendersi la sua sposa . Si avviò  e scese nella profondissima caverna che conduce nel cuore della terra (  nei pressi del lago d’Averno )  giungendo al fiume Stinge che con le sue acque grigie segnavano il confine del Regno dei morti e con il suo canto e la sua dolcissima musica riuscì dapprima a convincere Caronte a traghettarlo fino alla soglia dell’inferno e poi anche intenerire con la dolcezza della sua cetra il feroce cane Cerbero dalle tre teste .
CURIOSITA’ : Il termine ” essere cerbero ” significa comportarsi da guardiano severo , controllare tutto e sottoporre gli altri ad una disciplina molto rigida . Esso deriva proprio dal famoso cane a tre teste che montava la guardia sulla sponda dello Stige . Con la sua ferocia guardia era pronto a divorare qualsiasi vivente che si introduceva negli inferi , oppure qualsiasi ombra che tentava di fuggire.

 

Orfeo , giunto dinanzi a Plutone ( Ade ) si mise nuovamente a suonare , Il dio degli inferi commosso dalla sua melodia , e non volendo privare il mondo della sua musica  acconsentì a restituirgli la sua amata che lo avrebbe seguito ma al patto di non voltarsi mai a guardarla fino all’ uscita . Ma quando l’uscita era oramai vicina  e si vedeva il tenue bagliore della luce del sole , temendo che Euridice fosse rimasta indietro ed avesse perso la strada  , Orfeo purtroppo si girò e perse di conseguenza per sempre l’amata sposa.Il patto era stato infranto .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il povero Orfeo disperato e piangente tornò alla selve della Tracia dove inutilmente continuò a cantare il suo dolore . Ovunque lui andasse , lo seguivano languore e malinconia ; nè egli aveva occhi per le altre fanciulle . Pensava sempre e soltanto alla sua Euridice . Ciò parve una sfida alle donne baccanti della Tracia che amavano solo chi faceva baldoria con loro . Un giorno esasperate dal contegno di Orfeo , lo aggredirono e lo uccisero .

Aristeo , intanto , per conoscere la causa della morte delle sue api  interrogò Proteo , il vecchio del mare che era in grado di mutare forma continuamente . Egli dopo averlo incatenato per non permettergli di fuggire , si fece rivelare con forza la causa dell’ira degli dei e il da fare per placare la loro rabbia .Consigliato anche dalla madre Cirene, praticò così  un rito purificatorio, per chiedere perdono agli dei. Seguendo le sue istruzioni , Aristeo sacrificò quindi 4 bei tori e 4 giovenche in onore di Euridice , dopo aver ucciso una pecora nera per placare la sua ombra , Nacquero così finalmente nuove api , che uscirono dalle carcasse dei tori consumate dal fuoco del sacrificio .

Noi comunque non crediamo che questa importante fratia sia legata ad Aristeo . Siamo invece convinti che in essa vi si particava il culto di Ares, il Dio della guerra . Egli essendo molto forte, era  anche molto bello ed  ebbe di conseguenza  molte amanti e svariati figli. Le più importanti furono: Afrodite, da cui ebbe Eros, Anteros, Armonia, Fobos, Deimos, Priapo ed altri, dalla regina di Atene Agraulo ebbe Alcippe, dall’eroina Atalanta ebbe Partenopeo, un eroe, dalla Musa Calliope ebbe Eagro, un dio fluviale, da Pirene ebbe Cicno (che fu ucciso da Eracle), Licaone e Diomede di Tracia, dalla regina delle Amazzoni Otrera ebbe 5 figlie, tra cui Pentesilea e Melanippe, ed infine dalla vestale Rea Silvia ebbe i due leggendari fondatori di Roma, Romolo e Remo.

Il culto di Ares era principalmente celebrato a Sparta, città particolarmente devota all’arte della guerra e della lotta. In questa città  era presente  una possente statua del dio. La splendida e lussuriosa Afrodite ebbe comunque altre numerose relazioni sentimentali con dei e mortali. Oltre al gia citato bellissimo Adone , ella ebbe come vi abbiamo accennato anche una relazione con Anchise , il principe troiano dalla cui unione nacque Enea. Per questo motivo i Romani la venerarono come loro protettrice, considerandola una loro progenitrice.

CURIOSITA’ : L’incondizionato aiuto portato da Afrodite ai Troiani per tutta la durata della guerra , si ricollega con la leggenda del pomo d’oro della Discordia concesso alla Dea piú bella.
Tutto accadde per un mancato invito ad un matrimnio . Quando infatti sul monte Pelio , si celebrava il matrimonio della nereide Teti con Peleo, re dei Mirmidoni , erano stati invitati allo stesso tutti gli dei , tranne Eris, la dea della discordia che per questo affronto era molto arrabbiata . Decise allora per vendicarsi, di far cadere dall’alto sulla mensa una magnifica mela d’oro con su scritto “alla più bella”.
Era subito l’arraffò, ma Afrodite e Atena la reclamarono con grida. Zeus allora ordinò che l’arbitro della questione fosse il più bello degli uomini,che in quel periodo pare fosse Paride, figlio di Priamo, re di Troia, che in quel momento si trovava sul monte Ida.
Hermes , fu quindi incaricato da Zeus di condusse le tre dee contendenti sul monte Ida e spiegò le circostanze a Paride.Egli doveva giudicare chi tra le tre dee era la più meritevole di avere il pomo.
Paride non sapeva quale di esse scegliere poiché erano tutt’e tre belle. Le tre dee, allora, gli fecero una promessa a testa: Atena gli avrebbe dato la sapienza e l’invincibilità in combattimento , Era lo lusingò invece con il possesso di un vastissimo regno ( il dominio dell’Asia) e Afrodite con l’amore della donna più bella del mondo come sposa( Elena ). Nonostante le allettanti proposte , il giovane Paride consegnò il pomo e la palma della vittoria ad Afrodite, e questo giudizio ebbe conseguenze funeste perché da esso derivò la guerra di Troia.

Ovviamente nella guerra di Troia , Atena ed Era che erano furiose con Paride, perchè gli aveva preferito in bellezza Afrodite  , parteggiarono e spesso aiutarono i greci , mentre invece   Afrodite  parteggiò e spesso aiutò   i Troiani.

Afrodite anche se in qualche modo venne collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, non fu mai la Dea dell’unione coniugale, quale fu invece Era. Lei rappresenta l’amore passionale ed indossava sotto la tunica ( il famoso cinto magico ) , una particolare cintura magica capace di rendere irresistibile chiunque lo possedesse, e quindi far innamorare chiunquetu volessi .Per spostarsi , guidava un cocchio d’oro tirato da uno stormo di colombe bianche, passeri e grossi cigni ( una sua rappresentazione la possiamo ammirare attraverso uno splendido   capolavoro dell’800  in porcellana presente nel nostro Museo di  Capodimonte) .   I suoi animali preferiti erano il coniglio e l’oca ( spesso viene raffigurata mentra cavalca all’amazzone una grossa oca ).La  sua pietra sacra era la perla (essa proveniva dal mare proprio come lei ).

Afrodite ha incarnato per secoli per gli uomini ma anche per le donne ,il principio del piacere sessuale fine a sé stesso Lei come dea e donna amava per il piacere di amare, a differenza di molte altre donne che amavano invece solo per compensare un vuoto, o per “sistemarsi” o per procreare. Ella sceglieva ad uno ad uno i suoi amanti, non subendo mai le altrui scelte. Con i suo cinto magico, che indossa per sedurre chiunque lei sceglieva di amare, chiunque voleva e gli piaceva facendo dono della sua bellezza e del suo amore, senza altri scopi se non l’amore stesso. Afrodite utilizzava l’erotismo come strumento di seduzione che che doveva prima di tutto gratificare Lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CURIOSITA’: Il patriarcato ebbe tra i suoi tanti risultati anche la scissione del femminile in due parti: la madre e la vergine, dove non sembrava esserci molto spazio per la funzione sessuale se non per riprodursi .
Il sesso poteva essere vissuta dalla donna solo all’interno del matrimonio, allo scopo di riprodursi, oppure prima del matrimonio o fuori da esso, con tutte le conseguenze che questo comportava .

Afrodite veniva spesso rappresentata con uno specchio in mano. Lei si specchia e si piace, indipendentemente dall’altrui giudizio e contro ogni morale collettiva voleva sopratutto invitare le donne di epoche passate a scoprire sè stesse riflesse in ciò che si ama, per poi ancor più amare sé stessi, la vita, e l’amore.
Gli antichi greci lo avevano capito e come vedremo dopo , osservando alcuni affreschi ritrovati a Pompei , essi avevano un completo diverso rapporto con il sesso . All’epoca la  libertà sessuale era sicuramente maggiore rispetto ai nostri tabù moderni e Afrodite rappresentava l’espressione massima della potenza dell’amore.


A dimostrare quanto gli antichi Greci davano importanza ad Afrodite e la sessualità che essa rappresentava , sorsero nel tempo molti miti in cui la dea addirittura si vendicava contro coloro che disprezzavano l’amore .
Uno su tutti fu il mito di Pigmalione , re di Cipro nonchè abile scultore. Egli per la sua passione scultorea non aveva tempo né voglia  di pensare all’amoree al matrimonio. Afrodite se ne accorse e volle vendicarsi. Lo fece così innamorare di una statua d’avorio da lui stesso scolpita che raffigurava una fanciulla bellissima. Da quel giorno, il disgraziato non ebbe più pace: passava giorno e notte a contemplare la figura scolpita, ad accarezzarla, a dirle soavi parole d’amore, e di ardente passione …. ma nonostante tutte le sue espansioni, la statua restava lì muta, fredda ed insensibile.
Pigmalione credeva d’impazzire e supplicava umilmente Afrodite se volesse in qualche modo aiutarlo. Afrodite godeva di quella vendetta, ma poi si commosse e, toccando con le sue divine mani la statua, le diede la vita. La fanciulla scese allora dal piedistallo e si avvicinò a Pigmalione col sorriso. Lo scultore la sposò e dalla loro unione nacque un figlio, Pafo.

In epoca tarda il nome di Afrodite subirà un cambiamento e si fece una chiara distinzione tra tra Afrodite Pandemo (ovvero l’Afrodite terrena ,protettrice anche di amori volgari), Afrodite Urania (l’Afrodite marina, protettrice delle navigazioni e dei naviganti) e l’Afrodite Pontia (ovvero colei che ha potere su tutta la natura ed era considerata la Dea dell’amore celeste, datrice di ogni benedizione.

Il culto di Afrodite nella nostra antica città era fra i più antichi praticati e secondo molti era addirittura presente come Afrodite Leucothea, la Dea che concedeva una felice navigazione, addirittura prima della fondazione di Neapolis. Una sua bella rappresentazione la possiamo ammirare in una sala del nostro bellissimo Museo Archeologico Nazionale . Si tratta di una statua che come vedrete non è esposta come tutte le altre frontalmente come qualsiasi altro reperto, bensì di spalle.
Naturalmente non è un caso se la statua è esposta in questo modo. Il suo nome è già un indizio: ‘Callipigia’ che in greco significa ‘dalle belle natiche’ . Si tratta infatti di quello da tutti definito ‘il più bel fondoschiena dell’antichità’ ed uno dei migliori esempi dell’ideale di bellezza femminile della civiltà classica.
Ovviamente il fondoschiena è quello di Afrodite e dopo averlo osservato vi sarà , sono certo , ben chiaro il motivo per cui quest’opera d’arte è insolitamente esposta di schiena anziché frontalmente.Le natiche della dea della bellezza Venere, sono un gran capolavoro che merita sicuramente un primo piano. La bellezza morbida delle forme e la rifinitura estremamente curata della pietra che riproduce in maniera così realistica e perfetto la parte inferiore del lato B della Dea ha reso leggendaria la Venere Callipigia ,apprezzata e indicata da molti come uno dei più erotici capolavori della storia dell’arte ellenica.

La storia di questo capolavoro dell’arte antica è in parte ignota. Sappiamo che la statua è stata rinvenuta nei pressi della Domus Aurea e che risale all’età adrianea, quindi al II sec.d.C.; si tratta di una copia romana da un originale greco del II sec.a.C., sebbene l’iconografia risalga al IV sec.a.C. Nel 1594 fu acquistata dalla famiglia Farnese, di cui abbellì il palazzo meglio noto come Villa della Farnesina. La statua fu esposta al centro della ‘Sala dei Filosofi’ e formava un gruppo di tre statue insieme alle due Veneri accovacciate, anch’esse in esposizione al MANN. Nella ‘Sala dei Filosofi’ erano esposti ritratti di filosofi e letterati, ed è curiosa la collocazione che i Farnese scelsero per la Venere Callipigia che, essendo posizionata al centro della sala, sembrava essere osservata dai filosofi e dai letterati i cui ritratti la circondavano. Nel 1786, insieme a gran parte della famosa Collezione Farnese, fu trasferita a Napol ed esposta nel 1792 al Museo di Capodimonte . Solo nel 1802 fu trasferita al Palazzo degli Studi, oggi Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e inizialmente posta nella collezione segreta per la sua spiccata sensualità.

CURIOSITA’ : La statua della Venere Callipigia è uno dei più belli esempi di scultura greca che sono arrivati fino a noi.Essa realizzata in epoca romana durante l’impero di Adriano, fu ritrovata priva di testa nella Domus Aurea. Essa fu aggiunta in un primo momento dalla famiglia Farnese quando l’acquistarono. Al definitivo restauro dell’opera che avvenne successivamente al trasferimento a Napoli, fu incaricato Carlo Albacini che provvide in particolare alla sostituzione della testa, e al ripristino delle spalle, del braccio sinistro con parte del lembo del peplo, della mano destra e del polpaccio destro. Il restauro, molto ben fatto, ha lasciato alla statua il suo stile ellenistico.

La dea è raffigurata nell’atto dell’anasyrma, ovvero mentre scopre i fianchi e il fondoschiena sollevando il peplo, e volge lo sguardo all’indietro per ammirarli con consapevole malizia ( probabilmente la dea viene colta nel momento in cui si accinge a fare un bagno, e solleva l’abito ).

Per la sfacciata posa resa ancor più realistica dallo stile esecutivo tipico del tempo, pur sempre ammirata e custodita gelosamente, fu per un certo periodo oggetto di censura e quindi custodita nella collezione segreta dei Farnese lontano da occhi indiscreti.

Gli stessi occhi indiscreti che per anni sono stati i soli a poter visionare il famoso ” Gabinetto segreto ” dove sono state raccolte sculture ed oggetti “osceni”,  ad alto tasso erotico e pornografico  , ritrovati durante gli scavi archeologi di Pompei ed Ercolano . Essi al momento della scoperta  vennero immediatamente occultati alla vista tramite teloni o rinchiusi in magazzini senza alcuna possibilità di accedervi da parte del pubblico, ma aperti solo su esplicita richiesta degli studiosi .

Ad imbarazzare I vari esploratori dei siti archeologici esplorati era sopratutto il grande simbolismo fallico che caratterizzava buona parte delle   sculture e di alcuni  affreschi.

Il fallo veniva infatti spesso  accentuato con evidenza in molti oggetti ed addirittura chiari temi sessuali erano pure presenti in alcuni articoli  casalininghi  o comunque di uso domestico comune .

Specchi in bronzo, vasi attici a figure rosse, campanelli, candelieri, flaconi per profumo, statue , affreschi ed altri numerosi reperti  scabrosi   si accumularono in misura sempre maggiore tra lo stupore persino degli stessi  addetti ai lavori .Erano  reperti che alla loro scoperta scandalizzarono parecchio la società dell’epoca e per lungo tempo furono  quindi tenuti  ben nascosti al pubblico  e solo gli archeologi , dietro formale richiesta potevano accedere alla loro visione  .Si trattava per l’epoca di uno shock culturale troppo forte e l’imbarazzo di esporli mise in considerevole crisi il mondo archeologico  : ; ad esempio un affresco murale raffigurante il Dio Priapo  , dio sessuale per eccellenza e  con il pene  eccezionalmente dotato sia per dimensioni che per lunghezza, venne ricoperto addirittura con l’intonaco ( quest’ultimo è venuto via soltanto nel 1998 a causa di una serie di abbondanti precipitazioni ).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rinvenimento sempre più copioso di oggetti “osceni”, portò alla decisione  di dedicare a questi particolari reperti  una loro sala  riservata  ( gabinetto  segreto ) nel famoso nascente Museo Ercolanense di Portici , per poi essere in fase successiva trasferiti al  Museo Archeologico di Napoli dove al momento continuano  a trovarsi e poter essere visualizzati.

CURIOSITA’. Nel 1819, quando il re Francesco I delle Due Sicilie  visitò la mostra dedicata a Pompei presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli   in compagnia della moglie e della figlia, rimase talmente imbarazzato per le opere di contenuto così esplicitamente sessuale da decidere di far raccogliere tutto all’interno di stanze apposite ( appunto il gabinetto segreto ), e diede disposizione che al ” gabinetto segreto “potessero avere accesso all’ingresso solo unicamente  le persone di matura età e di conosciuta morale”,

 

 

Gabinetto SegretoL’incredibile scoperta di un’arte erotica , durante gli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano così fortemente voluta da Carlo I di Borbone , portò presto tutti a ritenere Pompei in passato un luogo di sesso , libertinaggio e perdizione dedito alla più sordida e dissoluta impudicizia per cui da Dio meritò , come Sodoma , il castigo del fuoco , ma ben presto capirono che Pompei non era tanto diversa da altre città romane dove la  libertà sessuale era sicuramente maggiore rispetto ai nostri tabù moderni, e i luoghi del piacere non erano assolutamente ritenuti scabrosi, anzi, le prostitute, svolgevano un ruolo fondamentale nella società, consentendo agli uomini la loro libertà e alle donne di poter rimanere oneste e virtuose secondo il mos maiorum.

La prostituzione infatti per la società romana dell’epoca non era un crimine e le meretrici svolgevano abbastanza liberamente la loro professione, vendendosi nelle strade, trivia, oppure alle dipendenze di un lenone, uno sfruttatore di prostitute, in osterie o bordelli.  Addirittura   il calendario romano prevedeva una festa  dedicata alle prostitute che avveniva il 23 aprile ed una festa  per i prostituti maschi che avveniva invece il 25 aprile .

La presenza di tali reperti ed immagini indicava solo  che gli usi e costumi della civiltà Romana erano molto più liberali rispetto alla maggior parte delle culture dei nostri giorni , e  molti  di quegli oggetti  che a noi oggi sembrano  esclusivamente immaginario erotiche  erano invece anche simboli richiamanti alla fertilità, o scaramantici talismani portafortuna.

I falli eretti e sopratutto quelli di grandi dimensioni  avevano un valore propiziatorio della fertilità e rappresentavano dei potenti  talismani  portafortuna e beneauguranti. Ad esso si attribuiva il potere di allontanare il male  e veniva considerato un simbolo di fecondità ,augurio e prosperità . Per tale motivo ,  per proteggere dal male la  casa  e attirare verso di essa invece la buona sorte , venivano spesso venivano esposti o affissi sul muro nell’atrio dell’abitazione .

 

 

Il fallo era quindi particolarmente presente nelle Domus romane . Un esempio su tutte è per esempio la  famosa casa dei Vetti . Essa di proprietà di  due mercanti arricchiti , meglio rappresenta il lusso degli ultimi decenni di vita della citta’, caratterizzata da fantastiche decorazioni perfettamente conservate delle mura che appaiono nobilitati da soggetti mitologici ed eroici con ricorrenti fregi di Amorini e Psichi .
All’ ingresso della bella abitazione , oltrepassato il vestibolo , si nota e incuriosisce un’oscena figura di Priapo che poggia il suo enorme fallo sul piatto  di una bilancia , mentre    sull’altro piatto , poggia una borsa di monete ,quasi a simboleggiare il prezzo da pagare per la protezione .
Questa figura era stata messa all’ingresso della casa con lo scopo ben preciso di allontanare il malocchio degli invidiosi e dei gelosi della ricchezza dei Vetti .
I due proprietari Aulo Vettio Restiuto e Aulo Vettio Conviva , fecero di questa abitazione una vera e propria lussuosa abitazione privata che dopo due secoli di scavi continua a rimanere forse , nella sua ricca e completa decorazione parietale la piu’ bella casa romana che il tempo ci ha restituito .

 

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CURIOSITA’:  Nel mondo Romano il membro virile era considerato un potente amuleto capace di  proteggere dal male e ancora oggi , sopratutto dalle nostre parti non è raro osservare persone che contro il malocchio sono soliti toccarsi i genitali in senso scaramantico .

L’attuale  corno , simbolo per eccellenza della scaramanzia napoletana, non è altro che la stilizzazione del fallo del dio grecoromano Priapo, custode dei campi, protettore dal malocchio e dio della prosperità della casa e della pesca.  Esso viene ” regalato ”  come   antidoto contro il malocchio , inteso come un “portabene” che esorcizza il male e le negatività e spesso viene sostituito alle porte o ai balconi da cascate di peperoncini rossi, che con i loro semi piccanti hanno la funzione simbolica di allontanare le malelingue.

 

tintinnabulum (campanelli eolici), sculture in bronzo rappresentanti animali o divinità erano elementi alquanto comuni nella decorazione delle case. Ovunque, sono stati ritrovate sculture di grandi peni in erezione, con tutta probabilità da intendere quindi come simboli di fertilità e fortuna.

 

 

 

 

 

Gli oggetti  oggi esposti nel nostro Museo Archeologico , toccano tutte le sfere della sessualità antica, e mostrano quanto libero fosse il sesso ed  il piacere sessuale nell’antica Roma che come vedrete dalle immagini seguenti  veniva vissuta senza ipocrisie e falsi bigottismi, nella piena libera espressione della gioia del vivere come sosteneva il buon Epicuro .

Gabinetto SegretoGabinetto Segreto

Il simbolo non ufficiale del Gabinetto Segreto è una statuetta, ubicata all’ingresso della mostra, che vede il dio Pan  (umano solo nella parte superiore del corpo) mentre si congiunge con una capretta in una posizione piuttosto esplicita, con una notevole resa di particolari che esalta la natura ibrida del dio.

 

 

 

Il  Gabinetto segreto come vedrete ospita reperti pompeiani con natura unicamente a sfondo erotico e sessuale:  Troverete Pigmei intenti ad accoppiarsi su barchette sul Nilo, lunghi falli pendenti o eretti, un Ermafrodito in fuga e tante  incredibili scene di accoppiamento sessuale senza veli o censure .

Sono tutti pezzi d’epoca romana che abbellivano lupanari o stanze private, simboli di un mondo dove la sessualità veniva vissuta senza pregiudizi .

 

Gabinetto Segreto, museo archeologico nazionale di Napoli

 

 

 

 

 

 

 

Gabinetto Segreto

 

Museo archeologico di Napoli, Il Gabinetto Segreto: PAN

 

 

 

N.B. A Pompei , come a Roma , e come in tutto il mondo romano, seppur molto diffusa, la prostituzione  era comunque considerata infamante al pari del mestiere di attore o di chi praticava l’usura .Coloro  che decidevano di esercitare questa  professione  cadevano quindi comunque  nella vergogna sociale , e venivano private  della maggior parte dei propri diritti civili inclusa la facoltà di testimoniare di fronte a un giudice . Esse venivano relegate alla condizione di infamia , persone cioè totalmente mancanti di qualsivoglia posizione sociale e deprivate della maggior parte delle protezioni concesse a chi possedeva i requisiti di  cittadinanza dal diritto romano .

I nomi più comuni con i quali  esse venivano indicate erano sopratutto  quelli di meretrix e lupa. Il primo deriva dal verbo merere, che indicava un guadagno dietro una prestazione; la meretrix non era una prostituta qualunque, ma una cortigiana esperta nell’ars amatoria, nella musica, nella danza e nel canto: una vera intrattenitrice spesso con un nome esotico, greco o orientale. ( ricordiamo sempre infatti che chi esercitava era una schiava che spesso veniva da terre lontane o una donna di ceto umile ).

Il secondo invece, quello cioè di “lupa” , era sopratutto riferito ad una prostituta di bassa categoria, e da qui deriva la parola lupanare (luogo delle lupae). Esisteva però anche la fornicatrix, colei che si prostituiva sotto i ponti (fornices); la bustuaria, che si prostituiva presso i cimiteri dove c’erano i busti in marmo dei defunti; e la circulatrix, che passeggiava ricercando i clienti.

N.B. Solitamente, il ceto sociale dei clienti era medio; i  romani più ricchi potevano liberamente disporre di schiavi e schiave che avevano nelle loro domus e volendo potevano  ricevere  le prostitute scelte direttamente in casa propria .

Esistevano  prevalente 3 classi di prostitute :

Le prime chiamate ” Pornai ”  erano la classe inferiore di donne che commerciava il proprio corpo, allo stesso modo dei colleghi uomini, i Pornoi.  Esse erano quelle donne spesso costrette a questo mestiere da una grave condizione sociale che non lasciava scampo ad altra soluzione (schiave o cittadini senza diritti).  Erano quelle in genere , per la maggioe parte impiegate nei bordelli al servizio di un protettore, che le gestiva in modo professionale come un mestiere equiparato a tanti altri. La  paga della sua prestazione era di un “obolo”  ( nell’antica Roma divennero gli Sprintria ) che corrispondeva a un sesto di una dracma, e che costituiva un prezzo accessibile a tutti.  Durante la Grecia classica le Pornai erano quasi sempre donne “barbare”, che giungevano in condizioni di schiavitù ad Atene, mentre durante la Grecia ellenistica poteva trattarsi anche di giovani ripudiate dalla famiglia e costrette a prostituirsi per sopravvivere.

CURIOSITA’ :Le Spintriae erano dei particolari gettoni romani, usati in genere per pagamenti all’interno di un lupanare, e su di essi vi erano di solito raffigurate inequivocabili scene erotiche. Essi i erano utilizzati per pagare le prestazioni sessuali delle prostitute e di norma venivano coniati in ottone o bronzo con le dimensioni di una moneta da 50 centesimi di euro. Su un lato vi era la rappresentazione di scene in 15 diverse forme di coito o fellatio, mentre sull’altro i numeri da I a XVI. In alcune spintriae si trova a volte impressa la lettera “A”, probabilmente ad indicare il costo delle prestazioni in assi. Molti di questi particolari gettoni vengono spesso rinvenuti nel corso degli scavi archeologici, soprattutto nelle vicinanze dei Lupanari.

 

 

 

La  seconda classe di prostitute erano quelle ” libere ” cioè senza alcun protettore , Esse erano quindi quelle   donne che erano riuscite  a liberarsi dalle case di tolleranza, e potevano quindi  esercitare la prostituzione in strada, liberamente, sempre versando i tributi allo stato . La loro condizione era immediatamente superiore a quella di “schiave sessuali” come le pornai, ma era comunque infima, e non a caso condividevano il nome con le donne impiegate nei bordelli. Esse per attrarre in strada  clienti visto che  che non potevano esporsi nude come facevano le colleghe dei  lupanari, indossavano dei  sandali speciali che, nella suola, recavano la scritta: ΑΚΟΛΟΥΘΕΙ – Seguimi

Un esplicito invito a fruire delle prestazioni in luoghi appartati.

CURIOSITA’: Era abbastanza comune nell’antichità scrivere sotto la suola delle scarpe ed i Greci sotto le suole scrivevano il nome dell’oggetto dei propri desideri. Le prostitute greche, sapendo che la pubblicità era  l’anima del commercio, incidevano la suola delle loro scarpe a mò di timbro, in modo che rimanesse impressa sulla strada da loro percorsa la frase “SEGUI I MIEI PASSI”.

 

N.B. Era comunque, tuttavia assai improbabile che una donna liberata potesse esercitare la professione nella speranza di arricchirsi: la maggior parte di esse erano schiave con necessità di un alto tenore di vita, perchè costrette a cercare di mantenere sempre un aspetto giovanile.

La terza classe di prostitute erano le ” Etere” , cioè la classe più elevata che si dedicava anche alla prostituzione, paragonabili per molti aspetti alle ” Geische giapponesi ”  o alle  prestigiose cortigiani veneziane del Rinascimento. Esse  erano donne coltissime, che costituivano spesso compagne abituali dei ricchi uomini greci (fra loro si ricordano Socrate, Pericle e Alessandro Magno, fra gli altri),  che erano gli unici a poter sostenere le ricchissime parcelle che queste richiedevano, anche solo per la loro compagnia. Le Etere avevano infatti dei  costi salatissimi che potavano arrivare anche a  30 mine (  una mina corrispondeva a 100 Dracme ) . Tenete presente che  3000 Dracme era il salario di un dipendente pubblico con  8 anni di servizio, era di circa 3000 Dracme .

Le Etere  in privato, erano solite  indossavano abiti sgargianti e pregiati in seta trasparente. Le prostitute di bassa estrazione sociale, invece  tendevano a mostrarsi quasi del tutto nude di fronte al proprio cliente. Essa doveva dare subito all’occhio, per attirare clienti e vestivano  quindi con abiti  succinti e trasparenti, trucco marcato e capelli tinti con colori sgargianti come il rosso o il biondo .

CURIOSITA’: Tra i tanti graffiti ritrovati sulle mura di Pompei, vi sono anche quelli di molte prostitute che esprimevano giudizi sui loro clienti oppure facevano pubblicità enfatizzando le loro specialità e il prezzo.

 

 

A Pompei durante gli scavi , fino ad oggi sono stati riconosciuti oltre trenta bordelli, alcuni erano molto modesti, altri erano posti nei piani superiori delle cauponae (alloggio),I che erano degli esercizi aperti al pubblico e destinati alla ristorazione (la piu famosa  cauponae, era quella di Sempronia Asellina )  , altri ancora erano appositamente costruiti e organizzati per questo tipo di attività. Spesso come vi abbiamo accennato le prostitute lavoravano  in questi luoghi  per un ruffiano, il quale aveva il compito di procurare loro la clientela. Molte di loro erano schiave o ex schiave. e purtroppo in quanto tali erano spesso costrette a svolgere questo mestiere .

 CURIOSITA’:  I luoghi dell’epoca dedicati al piacere sessuale , quelli che oggi noi chiameremmo bordelli o case chiuse , erano chiamati Lupanari (dal latino lupa = prostituta), e per  la maggior parte  erano degli ambienti composti da una singola camera situata nel retro di una locanda. Le stanze (cellae meretriciae) erano generalmente spoglie, infatti vi era situato sempre un letto (spesso in muratura) provvisto di materasso resistente. L’unico ornamento delle camere erano le pitture murali a sfondo erotico che decoravano l’ingresso. Sulla porta della camera vi era scritto il nome della prostituta al suo interno e il tariffario; inoltre, qualora la stanza fosse stata momentaneamente occupata, veniva posizionato un cartello sulla porta che invitava il cliente successivo ad attendere il proprio turnoI lupanari erano frequentati maggiormente dalla plebe (ma sono accertate anche presenze di patrizi). Tutti i lupanari erano   personalizzati da una particolare lanterna e dagli organi maschili scolpiti, ben visibili, mentre gli interni erano caratterizzati da un desolante squallore, da un ambiente insalubre e sporco e spesso affumicato dal fumo delle lanterne. Generalmente questi luoghi non erano situati lungo le vie principali della città, ma in strade secondarie vicino a luoghi pubblici particolarmente affollati come le Terme.

Una prostituta, in alcuni casi, poteva mettersi in proprio e affittare una camera per il lavoro. In altri casi, invece, una prostituta poteva convivere con una ruffiana o lena (da cui deriva il termine lenocinio) o mettersi in affari sotto la gestione diretta di sua madre. Questi accordi suggeriscono che le prostitute spesso nascevano come donne libere, ma, a causa di gravi problemi economici, sceglievano lpoi a via del meretricio.  Nonostante ciò, molte delle prostitute furono schiave o ex schiave. Essendo quindi donne schiavizzate o liberte, è difficile determinare se la scelta di questo mestiere fosse o meno scelto liberamente

CURIOSITA’ :Il termine prostituta deriva da prostare, stare davanti e prostituere, mettersi in mostra.

 

 

 

 

 

 

 

Il numero dei luoghi dove si praticava la prostituzione a Pompei è incerto. Il motivo è che non tutti gli impianti sono identificabili come luoghi del piacere. Spesso si è attribuito il nome di Lupanare a luoghi dove erano presenti solo graffiti osceni, facendo arrivare il numero dei postriboli a 34; dato senz’altro spropositato  sia per la grandezza comunque modesta della città sia per il numero di abitanti ( molto probabilmente essi erano solo 25 ).

Il Lupanare più  famoso e tra i più visitati dai turisti  è sicuramente quello  localizzato a Pompei fra Vicolo del Balcone pensile e Vicolo del Lupanare . Esso , posto  all’incrocio di due strade secondarie; era sorto  sin dall’inizio con lo scopo specifico di ospitare prostitute. Appare  costituito da un piano terra, accessibile da due ingressi che immettono in una stanza centrale su cui si affacciano sei stanzette semplicemente arredate con un letto in muratura  appoggiato alla parete e coperto da un materazzo. Le stanze erano  chiuse da porte di legno su cui erano presenti dipinti a soggetto erotico . . Un terzo ingresso porta al piano superiore . Ad esso si poteva accedere tramite una scaletta posta nella stradina che scendeva dal Foro. La scala conduceva in una specie di corridoio esterno che permetteva l’accesso ad altre cinque stanze che presentavano una decorazione più ricercata, in IV stile, prive però di scene erotiche e sicuramente riservate ad una clientela di rango più elevato.

N.B. Il piano terra era destinato alla frequentazione delle classi sociali modeste e degli schiavi, mentre il primo era riservato a una clientela più ricca . Le pareti delle celle erano intonacate di bianco e quasi completamente coperte da graffiti incisi sia dagli avventori che dalle ragazze che vi lavoravano. I graffiti è certo che sono posteriori al 72 d.C. ciò si può asserire dall’impronta lasciata da una moneta sull’intonaco fresco . Le pareti della saletta centrale erano decorate con riquadri e ghirlande stilizzate su fondo bianco, ma al disopra delle porte d’ingresso alle celle, erano sistemate, come fregio, una serie di pitture murali erotiche che, probabilmente, costituivano una specie di catalogo circa le possibili prestazioni che le prostitute potevano offrire al cliente.

Le  decorazioni pittoriche dell’edificio si trovano al piano inferiore, le quali si caratterizzano non tanto per la semplice pittura dell’ambiente centrale ma per i famosi quadretti erotici appesi alle pareti , molto utili per creare  la giusta atmosfera ( secondo alcuni rappresentavano invece le diverse “prestazioni” che si potevano richiedere e ognuna di queste aveva un prezzo ben preciso )  . Il prezzo andava dai due agli otto assi, ma il ricavato di ogni prestazione andava al padrone o al tenutario del bordello, poiché le prostitute non possedevano alcuna personalità giuridica.

 

Oltre ai dipinti, sono conservati nelle celle meretriciae molti graffiti e iinteressanti incisioni  fatte sulle pareti sia da parte degli avventori che delle prostitute). Nelle 120 iscrizioni a noi pervenute troviamo, oltre a diverse scritte scurrili, anche le lamentele dei clienti che avevano contratto malattie veneree e nomi di donne, in particolar modo orientali e greche.

CURIOSITA’: All’entrata dei lupanari, compreso quello di Pompei, si potevano acquistare dei preservativi. Costituiti con intestini essiccati di pecora, essi avevano soprattutto la funzione di evitare la trasmissione di malattie veneree. Facevano infatti parte della dotazione dei soldati romani impegnati nelle lontane e lunghe campagne militari, per evitare che questi contraessero malattie veneree capaci di decimare eserciti interi.

Ancora oggi non è ben chiaro se le immagini sulle pareti delle case in cui esercitava la prostituzione   fossero una sorta di pubblicità sui servizi offerti dalle ragazze, o fossero semplicemente destinati ad aumentare il piacere e la tensione erotica nei visitatori e nei clienti maschi. Alcuni di questi dipinti ed affreschi sono divenuti immediatamente molto famosi, dopo il loro ritrovamento, proprio perché rappresentano scene erotiche esplicite raffiguranti una varietà di  posizione sessuali .

Le eloquienti opere d’arte  sparse in giro per le domus ed i  numerosi graffiti con ragazze e ragazzi che si mettevano in vendita, potevano quindi essere solo una sorta di catalogo illustratico che spiegava con dovizia di particolari le varie  abilità delle prostitute , fissando con puntualità il prezzo per quella  prestazione offerta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritornando alla nostra regione Montana ,vi abbiamo solo dato solo un piccolo accenno ai due Templi dedicati alla Dea Madre ed al Tempio della Dea Fortuna .

La Dea Madre era un  antichissimo culto presente un tutta la Campania a cui la gente locale  era devotissima.  Da Capua fino a Paestum , sono state infatti ritrovate nei vari scavi archeologici numerose statuette stilizzate di donna seduta (talvolta in piedi) con dei bambini in braccio. Esse , chiamate matres matutae rappresentano appunto il retaggio di un’antica  devozione alla Madre e alla Fertilità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si tratta di un  culto ancestrale  che senza alcun dubbio , vive ancora oggi come possiamo vedere guardando la   misterica Madonna dell’Arco o Mamma schiavona a Montevergine , la Grande Madre per eccellenza, oppure la peculiarissima Madonna del Granato di Capaccio e le decine di Madonne  del latte  che, da Capodimonte fino alle aree interne della Campania, nessuno è riuscito a strappare dal cuore dei fedeli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Grande Dea Madre  era certamente   una divinità femminile ed era presente nelle nostra regione fin dai tempi degli antichi Oschi nella cui civiltà  si concretizzava  in forme molto diverse . Nella nostra cultura probabilmente ricevendo  profonde influenze  nella religione e nelle mitologie veniva identificata a seconda dei luoghi  alla Dea Demetra (  popolazioni rurali )  se la civiltà era centrata sopratutto  sull’agricoltura e l’allevamento animale , ma anche identificata con Isidela Dea che per eccellenza veniva identificata nel passato come moglie e la madre ideale . Essa era simbolo della fertilità e della purezza. Suo figlio Horus detto anche  ” Dio Sole ” nasceva il 25 dicembre, era il figlio di Dio, veniva considerato un messia e nella sua vita terrena compiva molti miracoli. Il suo culto della  si sviluppò soprattutto in Campania, attraverso i grandi porti commerciali di  Puteoli e Neapolis e come vi abbiamo detto il suo maggior centro culturale si trovava nella Regione Nilensis proprio grazie  alla numerosa presenza di mercanti alessandrini.

 

Il culto di  Iside verrà praticato fino al 305 d.C. raggiungendo il suo apogeo con l’imperatore Diocleziano   per poi sparire definitivamente con l’editto di Costantino  nel 312 d.C.  E’ plausibile quindi suppore che vi sia un’affinità tra la vergine Iside e la vergine Maria anche considerando che spesso la religione cattolica l’arte  si è ispirata proprio  a vecchie iconografia di antichi culti .   Infatti, proprio come la nostra vergine  Maria , la Dea Iside veniva rappresentata seduta mentre allattava Horus ( iconografia molto simile a quella della Madonna Nera ), oppure in tunica ed con il capo ornato dal disco solare ( rappresentazione che poi i cristiani riprenderanno proprio per l’iconografia  dell’Immacolata Concezione ).

 

Tempio di Iside a Pompei
Tempio di Iside a Pompei perfettamente integro nelle sculture e nell’apparato decorativo.

La Madre Terra è il simbolo della Grande Madre, Dea della Natura e della Spiritualità, la fonte divina di ogni nascita che dà e sostiene la vita che a Lei ritorna per rinascere come nei cicli della vegetazione, il suo potere è nell’acqua  nelle pietre, negli animali, nelle colline, negli alberi, nei fiori.

Con la crescita e la  complessità delle culture, la Grande Madre  poteva essere anche Afrodite, in un concetto diverso della donne, ma anche  Diana,che ha sempre protetto il genere .

La vera ” Grande Madre della nostra città , quella a cui ci riferiamo quando parliamo di un santuario  nella cosidetta  regione ” Montana “o Montagna che allora era la zona  più elevata della città ced oggi corrispondente alla zona di Sant’ Aniello a Caponapoli , era niente altro secondo noi ,che la nostra Parthenope . Essa da secoli proteggi come una Grande Madre la nostra città infondendo in essa passione , arte ,amore  musica e canto . Essa come scriveva Matilde Serao , vive ancora tra le strade della nostra città

Parthenope, la vergine, la donna, non muore, non muore, non ha tomba, è immortale …è l’amore.”, .

Ora penso vi stiate ponendo la seguene domanda : Che fine ha fatto il citato  il santuario della Dea Fortuna ?

Come in tante altre città’ greco-romane , Neapolis aveva anche lei un luogo di culto dedicato a Tiche , la dea del Fato , e del destino ( corrispondente alla Dea  romana Fortuna ) . Il suo santuario come abbiamo accennato si trovava anch’esso nella regione Montana ,  nel luogo più alto della città , cioè sull’altura di  Caponapoli dove  la tradizione popolare voleva che si trovasse la leggendaria Tomba di Partenope  L’ intera zona fino al Medioevo era ricca di templi con funzione religiosa dove si veneravano varie  divinita’  ( Dio Sole, di Demetra, di Apollo  di Diana  e di Tichie ) e si svolgevano riti religiosi e vari sacrifici . Le processioni  avvenivano principalmente lungo l’attuale Via del Sole .Tutte queste Dee si contendevano il ruolo della ” Grande Madre “.

N. B. Anche del suo santuario , così come quello di Partenope si sono completamente perse ogni traccia possibile .

Tiche o Tyche era considerata come una delle Oceanine, figlie del Titano Oceano e della Titanide Teti, e al contrario di molte altre divinità non possedeva un proprio mito, e di conseguenza non si narra su di lei alcuna leggenda . Sappiamo con certezza che essa era la divinità tutelare della fortuna e del destino di ogni città ellenica e che venne venerata in modo particolare ad Antiochia e Alessandria , dove addirittura divenne la  Dea protettrice della due città . Il  suo culto crebbe moltissimo in  età ellenistica,  assumendo in ogni città una grande importanza ed una sua particolare   specifica versione iconica . La  Dea, veniva infatti raffigurata in ogni città cindossando ogni volta  una diversa corona ( le amministrazioni cittadine dedicavano  alla Dea Tiche una statua che portava una corona raffigurante le mura della città stessa ) .

La Dea non aveva nulla di personale, non aveva esigenze o caratteristiche sue, lei recava aiuto, o indifferenza o sventura, ma concedeva un responso particolare: quello delle Sorti. Lei concedeva alle sue sacerdotesse il potere di mostrare ai mortali il loro destino.  Veniva raffigurata come una donna completamente nuda, con gli occhi bendati, che teneva nelle mani una cornucopia, simbolo di abbondanza, rovesciata, di cui essa spargeva a caso il contenuto, oppure  un timone… dato che era lei che pilotava la vita degli uomini . .A volte teneva in braccio il giovinetto  Pluto , Dio della Ricchezza .  Considerata colei che portava  la fertilità e la fortuna , spesso veniva anche  rappresentata come una donna cieca e calva, cosicché non fosse possibile afferrarla per i capelli, e con le ali ai piedi, per poter fuggire più velocemente. Con uno dei piedi si posava sopra una ruota che girava senza posa (la Ruota della Fortuna), mentre l’altro era proteso in aria, come per significare che non avesse fondamento su cui posarsi ( talvolta veniva rappresentata con un elmo sulla testa ed associata alla guerra ). Molti le attribuivano come figlia la Necessità e come simbolo le venne attribuito il Globo proprio per indicarne l’importanza sui destini collettivi del mondo .

N.B. Ancora oggi si è solito dire  nei proverbi popolari  che la fortuna “è cieca”

A Roma , venne inizialmente venerata come  la dea dell’Abbondanza, che presiedeva alla fecondità della natura e della vita umana. Essa era venerata ed onorata come patrona del pubblico  benessere e solo più tardi successivamente  divenne anche dea della sorte favorevole o avversa, del caso e della felicità che aveva il potere di decidere la fortuna dei singoli umani e della collettività. Come tale, presiedeva a tutti gli avvenimenti e distribuiva il bene e il male regolando  in tal modo gli eventi al di fuori dell’opera umana . Se si mostrava con un aspetto benevolo portava la buona sorte, se invece si mostrava  ostile portava la malasorte. Era quindi ritenuta responsabile dei destini di tutti gli esseri umani.

Le matrone avevano per lei una venerazione speciale. Come  Dea Primigenia  di nascita, vita e morte , in essa , le matrone vedevano  la Dea in cui si intrecciavano sia i motivi della fertilità che quelli del destino di ogni donna  . Come Dea della nascita assisteva ai parti e faceva nascere le piante. Come Dea della crescita faceva crescere il raccolto e gli animali, nonchè le persone assumendo il ruolo di medica, cioè guaritrice . Ad essa si rivolgevano le donne non sposate  per cercare di attirare il compagno ideale , ma anche le donne in cerca di una gravidanza che tardava ad arrivare  oppure per proteggere  i mariti od i figli  combattenti che partivano per la guerra . Esse la pregavano perchè li facesse   tornare a casa vittoriosi ma sopratutto sani.

La Dea TICHE era proprio per questa caratteristica definita una Dea forte  ed estremamente potente perchè c’erano cose che la Fortuna determinava e che non potevano essere cambiate, ma c’erano anche cose che solo da lei potevano essere cambiate .Essa decideva il destino dei mortali, ma nessuno di essi doveva  mai  elogiarsi della sua buona fortuna o trascurare di ringraziare gli Dèi, altrimenti ciò conduceva inesorabilmente  all’intervento di Nemesis (“giustizia compensatrice” o “giustizia divina”). Si riteneva infatti che la Dea greca distribuiva gioia o dolore secondo il giusto, e la  “nemesi” era solo un atto di giustizia compensatrice distribuita dal Fato. Nemesis  era un evento o una situazione negativa che seguiva un periodo particolarmente fortunato . Esso era visto come un atto compensatorio all’eccessiva fortuna ricevuta che rispondeva ad un concetto di armonia in cui  soggiace  il mondo . Un’armonia, per cui il bene debba essere compensato dal “male” in egual misura.

La Dea Fortuna,  era una Dea forte che possedeva  la forza del dominio sull’uomo e sul mondo intero e divenne con il suo ruolo  di Madre Natura, un simbolo per molte donne dell’epoca che benchè non appariscenti  esprimevano  molta forza pure essendo fragili fisicamente. Perchè la forza è determinazione e non prepotenza. La vera forza è dolce.

Le matrone romane vedevano in lei , sovrapponendola spesso ad Iside , Demetra e la stessa Partenope come la Grande Madre  che dà la vita ed è  pertanto connessa alla fertilità dei campi, nonchè della riproduzione di uomini e bestie e quindi preposta anche alla sessualità. Quella che nutre e che fa crescere, facendo maturare le spighe e i campi e quella che fa morire, quindi Dea dell’oltretomba e pure Dea della guerra che appunto porta la morte . Essa  proteggeva i combattenti e li faceva tornare a casa vittoriosi . La Dea rappresentata spesso nuda o con un seno scoperto aveva  anche un aspetto erotico, il che la designa come ex Grande Madre.  .

CURIOSITA’ : Secondo alcuni ,  la Grande Madre ,cioè colei che non può essere svelata,  era proprio Tiche , la dea della Fortuna . Essa  era considerata la Dea Primigenia cioè la prima nata, colei che sorta dal Caos nasce per prima e partorisce da vergine tutti gli Dei. (Primigenia =”nata per prima).

Molte antiche  fonti  affermano che esistevano due statue della Dea Fortuna: una di bronzo dorato e una di marmo bianco, nella posa di allattare Giove bambino. Questo sottolinea il lato Primigenio della Dea, come antica Grande Madre da cui tutti gli Dei provengono ( sono state anche ritrovate effigie di Giove e Giunone ancora piccoli  in grembo alla dea Fortuna mentre vengono allattati ) e conferma il fatto che il Fato ( l’Ananke,) secondo gli antichi greci , era quella determinata  ,  situazione venutasi a creare contro cui nemmeno gli Dei potevano fare  nulla , neppure  Giove, il re degli Dei. Anch’egli infatti doveva sottostare a questo stato di cose e quando il Fato decideva egli doveva stare ben attento a pesare sulla bilancia il destino delle persone e dei popoli. Il Fato non poteva modificarsi neppure per Zeus e se le cose andavano in un certo modo non potevano andare che in quel  modo.. .. non poteva essere cambiato .Esso veniva visto come qualcosa di giusto e divino .

 

Essa  era preposta sopratutto al fato e nei  suoi templi si prediceva il futuro.

Nei suoi  santuari  il culto ufficiale alla Fortuna era gestito dai patres e dai sacerdoti virili, mentre quello femminile delle matres era legato alla fecondità e agli oracoli che  venivano redatti all’interno del pozzo da una invisibile sacerdotessa. All’interno del pozzo si calava un fanciullo che, appena ricevuti i responsi, consegnava le tavolette a coloro che avevano posto le domande e che avevano fornito il pagamento dovuto.

Le sue sacerdotesse nel Tempio a lei dedicato , lanciavano dei legni, o listelli d’avorio, su cui erano incise delle immagini, o forse solo dei segni, attraverso cui loro  leggevano la sorte del richiedente, per cui lui sapeva se la nave su cui desiderava salpare sarebbe arrivata a destinazione sana e salva, o se sarebbe tornato vivo dalla guerra, oppure lei sapeva se suo marito la tradiva, o se avrebbe mai avuto un figlio, o se  sarebbe morta di parto.

Ovviamente poichè  era ritenuta responsabile dei destini di tutti gli esseri umani, a lei sopratutto le matrone romane , dedicarono statue e  maestosi templi  talvolta più grandi di quelli dedicati allo stesso Giove ) nella sola speranza di attirarne i buoni auspici.

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CURIOSITA’ : Tiche  era una divinità antica, sicuramente  precedente alla fondazione di Roma anche se i romani ne attribuivano l’introduzione del culto a Servio Tullio, il re che più, fra tutti, fu straordinariamente favorito dalla Fortuna . Egli  dedicò infatti ben 26 templi nell’Urbe alla Dea Fortuna, ciascuno con un diverso attributo della Dea . Si narra ancora oggi che la Dea l’avesse amato, nonostante fosse un mortale e si introducesse nottetempo nella sua stanza attraverso una finestrella. Per questo una statua del re Servio Tullio si ergeva in ogni  tempio romano della Dea.

Servio Tullio , sapeva perfettamente il gran peso che la buona Fortuna aveva nelle vicende umane , visto che grazie a lei  , egli era salito al regno come sesto re di Roma provenendo da una schiava di guerra.

 

Fu adorata sotto diversi aspetti e con diversi volti ed epiteti: Fortuna Primigenia -Fors Fortuna, – Fortuna Averrunca (che allontana la sventura), Fortuna Barbata (in quanto accompagnava i ragazzi nello sviluppo verso l’età adulta , passando  dalla fanciullezza alla virilità),- Fortuna Blanda (benigna), -Fortuna Bona- Fortuna Brevis (che dura poco), -Fortuna Comes (compagna e guida dei viaggiatori),- Fortuna Equestris (dei cavalieri), Fortuna Libera (degli uomini), – Fortuna Liberarum (dei figli),-  Fortuna Muliebris (delle donne) –  Fortuna Virginalis (protettrice delle figlie femmine )- Fortuna Publica –  Fortuna Privata –  Fortuna “Virile ( perché simbolo di “forza” ) -Averrunca, (che allontana la sfortuna) – Annonaria, che protegge i raccolti, – Volubilis (che cambia, e  Viscata ( che  come con il vischio, l’uomo viene catturato e vi rimane attaccato) .

 

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