La nostra città era anticamente divisa in quattro quartieri che si distinguevano con i nomi di Termense , di Palatina , di Montana , e di Nilense . Ciascuna di esse aveva le sue porte , le sue strade ed i suoi tempi ,ed un certo numero di edifici pubblici e privati e moltissimi vicoli .
La regione Montana , ad occidente , venne distinta con questo nome perchè collocata nella parte più elevata della città , Essa aveva una sola porta che si trovava poco lontano dall’odierno sito di San Pietro a Majella che per qualche tempo fu chiamata di Don Orso , dal nome di una famiglia del posto.
La regione occupando quasi per intero tutto il sito delle anticaglie comprendeva i siti dove oggi vediamo la chiesa della Sapienza , di San Pietro a Majella e quella della Pietrasanta e veniva denominata ” Montana “o Montagna in quanto corrispondeva alla parte più elevata della città corrispondente alla zona di Sant’ Aniello a Caponapoli dove sorgeva un santuario dedicato alla dea Madre ed un Tempio dedicato alla dea Fortuna .
Questo luogo era il punto più alto della città ( molto più alto di oggi ) che si è poi abbassato nel tempo colpa terremoti e alluvioni e secondo molti era il luogo dove esisteva il sepolcro di Partenope . In questa regione oltre al Teatro e all’Odeon , si ritrovava anche il Tempio di Diana che si ergeva sul luogo della chiesa di Santa Maria Maggiore , accanto al campanile della pietra santa ed il piccolo santuario dedicato al dio Pan dove al suo posto poi il poeta letterato umanista Pontano ( segretario di Alfonso d’ Aragona ) fece al suo posto poi erigere la sua cappella di famiglia ( un vero gioiello di architettura di epoca rinascimentale )
Questa area conteneva il monumento più grande e magnifico che possedeva una volta Napoli .Esso era lungo oltre cento metri e poteva contenere a sedere molte migliaia di spettatori ( circa 6000). Si trattava dell’antico Teatro Romano che dopo lunghe ed accurate ricerche si è accertato che occupava quasi tutto il sito delle Anticaglie .
Il maestoso edificio , era ordinato da due contigue figure geometriche , cioè da un semicerchiolegato ad un paralleligramma rettangolo : la parte semicircolare , destinata per l’uso degli spettatori , era disposta in gradazioni , in vomitori , in corridoi ed in logge : la parte a parallelogramma invece serviva all’azione ede era divisa in iscenia e proscenio , in orchestra ed in pulpito .
Oggi , dopo lunghe accurate ricerche , sappiamo con certezza che la parte semicircolare del teatro cominciava dall’odierna chiesa di San Paolo Maggiore , percorreva con un lungo giro tutto il sito dell’ Anticaglia , per poi giungere fino alla strada di Somma Piazza ( oggi via Pisanelli ) , mentre la parte a parallelogramma occupava invece tutto il sito dell’attuale convento di San Paolo Maggiore .
Nel teatro si rappresentavano drammi satirici , tragedie e commedie .
Particolare successo ebbe nel teatro di Napoli una commedia scritta dall’ Imperatore Claudio che fu anche premiata: cosi’ come ebbero fama di grandi artisti i mimi , i danzatori e gli istrioni napoletani , tanto da essere chiamati dagli imperatori i a Roma per esibirsi .
Accanto al teatro scoperto , era situato l’ Odeon , il teatro coperto , di dimensioni piu’ridotte dove si svolgevano la maggior parte dei spettacoli per evitare la dispersione di voci e suoni .
N.B.Il teatro fu realizzato in opus mixtum di reticulatum e latericium, tra la fine del I e gli inizi II secolo d.C. , periodo in cui venne completamente ricostruito, forse dopo il terremoto del 62 o l’eruzione del 79 d.C.
Per farvi avere un’idea di quanto era grande e vasto questo Teatro basta sapere che la parte scenica era capace di conenere migliaia di cori ed un alto consirdeevole numero di mimi e che proprio per la sua enome mole fu scelto secono Svetonio dall’Imperatore Nerone per esibirsi pubblicamente nel canto circondato da una quantità prrodigiosa di giovanetti scelti dall’ordine equestre , e da circa cinquemila persone della plebe che disposti in gruppo accompagnavano e applaudivano i suoi ” ululati ” .
Nerone , appassionato di canto, era convinto di avere una bellissima voce e una tecnica di canto di fine bellezza e da tempo aveva oramai deciso di voler esibirsi pubblicamente .
L’ imperatore reputava perà il popolo romano inadeguato per poter apprezzare le sue doti ( in realta’ non voleva esporsi troppo in Roma convinto che i giudizi nei suoi confronti sarebbero stati troppo severi ) e così prima di partire per la Grecia dove si doveva esibire nei giochi Olimpici di Atene , decise di esibirsi davanti a un pubblico più raffinato come quello di Napoli che di antica dominazione greca era certamente dotato di una maggiore sensibilità ed in grado di apprezzare quindi al meglio le sue eccezionali doti canore.
Non fidandosi completamente decise comunque di assoldare una folla di persone che vennero appositamente pagate per osannarlo e applaudirlo ( una vera e propria claque). La sera dell’ esibizione il teatro era gremito in ogni ordine di posto e quando l’ imperatore giunse con la sua lettiga , un coro di cento vergini e di altrettanti maschietti intonò uno dei canti da lui composto scatenando un vero delirio.
Tornando dalla Grecia come vincitore dei giochi olimpici , entrato in citta’ dove fu accolto molto festosamente da tutta la popolazione decise per festeggiare di esibirsi di nuovo a teatro dove ebbe come sempre grande successo , inaugurando cosi’ la prima di una lunga serie di rappresentazioni.
Egli a Napoli porto’ in scena grandi spettacoli musicali con grande successo , mobilitando grandi folle da tutta la Campania ( Baia, Pompei , Stabia , Nuceria ) e allestendo rappresentazioni particolarmente ricche , fastose e di grande effetto scenografico , con la partecipazioni di un pubblico di giovanetti finemente adornato ( giovinetti romani che portava sempre con se’ ) e di un folto gruppo di Alessandrini del Seggio del Nilo , che rispondevano con dei cori e degli applausi caratteristici , muniti di strumenti rudimentali ( bombi , embrici, e cocci )
Nessun spettatore poteva lasciare il teatro prima della fine dello spettacoli per cui erano costretti ad assistere alla performance dell” imperatore che talvolta sul palcoscenico instancabile,nei momenti di pausa mangiava pubblicamente dinanzi alla folla costretta ad osservare.
Fu tale la vanita’ dell’ imperatore che volle addirittura esibirsi nel teatro scoperto , inadatto per la sua grandezza ; egli nonostante le difficolta’ riscosse comunque un grande successo grazie anche ad un pubblico accondiscendente ( quando si esibì Nerone quasi tutti erano schiavi portati da Roma a Napoli per applaudirgli…) che volle accoglierlo al suo ritorno a Napoli con gli onori dedicati soltanto agli eroi dei giochi sacri di antica grava memoria.
Durante una sua manifestazione canora, la città fu attraversata da una scossa di terremoto. Nerone per calmare il pubblico affermò che gli dèi, affascinati da cotale bravura, gli applaudivano estasiati ….
Per accedere oggi all’antico Teatro bisogna oggi farlo da un insolito accesso . Bisogna infatti recarsi presso un ” vascio ” , cioè un ‘abitazione, al piano terra , che si trova in vico Cinquesanti ,nel nostro centro storico.
Essa entrando , si presenta come una normale abitazione antica: macchina per cucire, cucina, quadri alle pareti, qualche mobiletto e un letto.
Al letto è legata una corda, e la corda, una volta tirata, sposta il letto che rivela una botola. La griglia metallica separa il vascio da una scalinata sotterranea: discendendo è possibile giungere ai resti dell’ antico teatro romano.
Per il vecchio proprietario del vascio, non era possibile accedervi direttamente, data la presenza di un blocco di terreno a sbarrargli il passo. Ma egli si accontentava di scendere le scale per tenere al fresco del tufo le sue scorte di vino.
Una volta aperta la botola, la “cantina” era in realtà il corridoio di sottoscena: una sorta di “spogliatoio” dove gli attori (rigorosamente tutti maschi) correvano all’impazzata per raggiungere il palcoscenico, nel mentre si cambiavano continuamente.
Dall’ingresso si viene guidati nei “vomitoria”, i corridoi per raggiungere la cavea, e negli ambulacri esterni, su per le scale usate per arrivare fino alla “media cavea”, i posti centrali.
Si attraversano locali interni a edifici cresciuti intersecandosi con la muratura antica. Locali che hanno cambiato destinazione d’uso nei secoli: cisterne, riconoscibili per un intonaco speciale, stanze di appartamenti, a volte ottenute con soppalchi in legno che si vedono ancora.
Subito all’ingresso , prima che il Comune l’acquisisse per permettere gli scavi, i locali ospitavano una fabbrica di camicie: sotto il basolato è stato trovato il massetto romano. Di volta in volta lo spazio occupato dal teatro è stato ostruito o dedicato a funzioni diverse, come per esempio al seppellimento: infatti al VII secolo d. C., risale una piccola necropoli con sepolture multiple, dove sono stati trovati anche dei corredi funebri interessanti. Come spesso accade per gli scavi archeologici, è stata trovata una grande quantità di vasellame che sarà ospitata in un’area museale di prossimo allestimento.
Proseguendo verso il cuore dei resti, si trova un’arcata corrispondente all’ingresso del teatro. Fino a pochi anni fa, però, lo spiazzo veniva utilizzato come garage per motorini.
Uscendo dall’ex garage, si giunge al centro di un cortile tutt’ora abitato dove sempre all’interno del teatro stesso possiamo notare un grosso blocco di cemento in alto, incassato tra i mattoni d’epoca romana. Nient’altro che il bagno di una casa abitata, con tanto di finestrella che spunta nel lato del teatro.
Lo stupore iniziale nel vedere queste cose , lascia poi spazio al fantastico scenario di strutture murarie di epoca romana tra quelle moderne , creando una bellissima scenografia in cui domina la visione dell’antico attraverso le opere dei secoli successivi che ha finito per incastonare il vecchio teatro tra moderni edifici .
Un po piu avanti , lungo lo stesso decumano vi era anche un altro Tempio che faceva parte della regione Montana : era il famoso Tempio di Diana e sorgeva dove oggi si trova la chiesa di Santa Maria Maggiore che fu costruita proprio sulle rovine dell’antico Tempio di Diana . Esso doveva essere una struttura molto bella ed elegante come testimoniano i numerosi resti di pregevole fattura architettonica rinvenuti nelle sue fondamenta . Sono stati infatti ritrovati pregevoli sculture , eleganti capitelli di marmo d’ordine corinzio, pitture marmoree imitanti il porfido e molte iscrizioni greche.
L’attuale chiesa di Santa Maria Maggiore , detta della ” Pietrasanta ” venne eretta come basilica paleocristiana su una preesistente struttura di epoca romana, risalente al IV secolo proprio nello stesso luogo dove si ergeva un tempo il tempio dedicato alla dea Diana ,dea della Luna e della caccia, e protettrice delle donne.
Le sue sacerdotesse e seguaci, dette janare , erano le depositarie di un sapere astronomico e religioso senza tempo ed erano a conoscenze di molti culti misterici ( Il termine janara era la trascrizione dialettale del latino dianara, che significa “seguace di Diana”).
Esse conoscevano il ciclo dei pianeti e miracolosi rimedi fito-terapici e pertanto secoli fa, quando non esistevano ospedali o ambulatori medici, era proprio a loro che si rivolgevano le genti locali per essere curate.
Il culto per la dea Diana era riservato alle sole donne (perché a queste prometteva parti non dolorosi ) che sopratutto in corrispondenza con la luna nuova, si recavano in processione al tempio di Diana/Artemide per propiziare il parto o per ringraziare la dea per averle assistite ( in molti scavi sono emersi ex voto anatomici e statuette di madri con lattanti).
Le sacerdotesse di Diana erano anche esperte ostetriche, e praticavano gli aborti attraverso infusi di erbe, come il prezzemolo. Il ritrovamento negli scavi di Pompei di oggetti simili a raschietti ha fatto supporre l’ipotesi che nell’antichità venisse praticato anche l’aborto con raschiamento dell’utero.
Queste sacerdotesse erano temute e rispettate, depositarie di un sapere astronomico, religioso e medico senza tempo e si tramandavano in maniera ereditaria antichi culti e pratiche occulte di magia.
CURIOSITA’: Gli uomini furono ingelositi da tale culto che li escludeva del tutto anche da questioni familiari e furono infastiditi da tali arti magiche che incominciarono a temere. Gli uomini inoltre erano irritati dalla popolarità che il culto di Diana riscuoteva in questa zona poiché molte promesse spose pur di evitare matrimoni infelici, preferivano votarsi alla Dea Diana e offrire la loro castità. Le ragazze divenute poi sacerdotesse venivano appellate dagli stessi uomini amareggiati, in maniera dispregiativa col sostantivo di ianare (da dianare o sacerdotesse di Diana) ed infine per vendicarsi bollate di stregoneria, capaci di invocare il demonio. La parte maschile del popolo, quindi che mal vedeva questo luogo frequentato da sole donne, temendo di perdere il loro potere in società, incominciarono a fare di tutto per screditarlo.
Incominciarono con lo screditare le sacerdotesse accusandole di eresia, adulterio apostasia, blasfemia, e bigamia e tante altre numerose ingiurie con il solo scopo di annullarne il potere acquisito.
Già tutto questo basterebbe a dare un significato misterioso al luogo che invece come se non bastasse pare che esso sia il luogo dove secondo un’antica leggenda, sotto la piccola piazzetta antistante , vi abitasse il diavolo in persona. Egli tutte le notti travestito da enorme maiale, pare che si aggirava minaccioso per la piazza e le strade limitrofe per spaventare col suo diabolico grugnito i passanti.
Il feroce maiale dal grugnito infernale, appariva nel cuore della notte aggredendo i passanti e squarciando porte e finestre. Per tutti si trattava della personificazione del male: era il Diavolo, incarnatosi nel corpo di un maiale, con l’intento di suscitare terrore e disperazione.
Secondo gli abitanti del luogo, il centro di tale malvagità si trovava proprio sui vecchi resti del tempio di Diana, dove alcune donne (streghe) continuavano a praticare strani vecchi rituali sinistri in gran segreto, che avevano il solo scopo di alimentare la furia vendicativa di Diana, che per vendicarsi della distruzione del tempio a lei dedicato aveva così consegnato alla città un orribile maiale, invaso di violenza e ira accecante che con il suo spaventoso grugnito, sembrava uscire dall’ inferno.
Il popolo napoletano anticamente, nonostante da tempo avesse accettato la fede cristiana, continuava di tanto in tanto a praticate culti pagani in città’ e fino a tutto il seicento si continuava a svolgere in questo luogo ogni mese di maggio una grande festa conosciuta come ” gioco della Porcella“.
Si trattava di una reminiscenza dei sacrifici di maialini dedicati a Demetra, dea della terra, che aveva il suo tempio poco lontano, vicino piazza San Gaetano, dove ora sorge la chiesa barocca di San Gregorio Armeno. Bisogna anche ricordare che durante il Medioevo era comunque consuetudine uccidere un maialino o una scrofa in questo periodo nella cattedrale principale di una città’ o paese.
Avete mai sentito ammazzare un maiale purtroppo? Le urla sono alte e strazianti e questo spaventava il popolo … ed esse sembravano provenire proprio da quel luogo, da quella piazzetta ….. da sotto a quel campanile che fu considerato maledetto dal demonio.
N.B. Nel vicino Campanile della Pietrasanta , la cui architettura è costituito da frammenti di epoche diverse , si possono notare anche delle delle piccole sculture in marmo di teste di suino, che fanno riferimento alla leggenda del Porco-Diavolo e alla Festa della Porcella.
Furono proprio questi riti pagani e la paura di quete urla di maiali uccisi durante la famosa festa le origini della intuizione, nel 533 d.C. che spinsero San Pomponio, Vescovo di Napoli, a cogliere l’occasione per erigere una basilica Paleocristiana sui resti del tempio pagano di Diana. Egli non aspettava altro che l’occasione buona. Ed un giorno questa avvenne…
Un giorno, in concomitanza di più persone che avevano contemporaneamente deciso di praticare l’antico culto pagano, le urla di notte si levarono strazianti e spaventose.
Le persone impaurite associarono la presenza dell’animale alle donne che praticavano il culto della Dea Diana, quindi per loro quell’animale era il Diavolo travestito da maiale. Spaventati corsero dal vescovo Pomponio, e lo supplicarono di pregare la Madonna per allontanare il demonio. Il vescovo spinto dalla folla organizzo’ subito una messa che dedico alla vergina Maria pregandola di intervenire seduta stante.
La risposta avvenne secondo il vescovo durante la notte grazie ad un suo sogno: la Vergine avrebbe raccomandato a Pomponio di andare nel luogo dove appariva il demonio, e di cercare con attenzione un panno di colore celeste, e di scavare sotto quel panno fino a quando non riusciva a trovare una pietra di marmo che li si nascondeva.
Quello era il luogo dove egli doveva costruire una Basilica paleocristiana da dedicare alla Madonna se voleva liberarsi del demonio.
Soltanto così si sarebbero liberati della satanica apparizione, e così nacque la chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, che deve il proprio nome alla pietra santa e che sembra si trovi ancora all’interno della chiesa stessa.
Sulla pietra che mostrava una croce incisa fu posta un’immagine della Madonna e ad essa fu dato un potere enorme: quando la si baciava essa procurava l’ indulgenza da tutti i peccati ed il salvataggio eterno.
La famosa pietra Santa pare che fosse stata portata da pellegrini provenienti da Gerusalemme, ed in particolare si pensa che la pietra provenga dalla chiesa di Santa Maria Maggiore di Sion e che essa sia stata addirittura benedetta dal papa nell’anno 533. Dopo inutili tentativi di ricerca fu rinvenuta durante i lavori di restauro del 1657, eseguiti dal famoso architetto dell’epoca Cosimo Fanzago e conservata nel suo interno. Essa fu posta ai piedi della statua della Madonna della Neve , un tempo presente nella chiesa ed oggi andata perduta .
Anora oggi , a distanza di secoli , la possiamo vedere esposta ai piedi della stessa cappella votive dedicata alla Madonna , incastonata su un piedistallo di pietra lavica nera .
Il Campanile appare impregnato di iscrizioni e simboli misteriosi fra cui la tavola del gioco romano «ludus latrunculorum» una sorta di anrenato del gioco della dama . Una scacchiera , che richiama la pianta “ippodomea” di Napoli.
La scacchiera, ricordiamelo , è uno dei simboli della Massoneria ed è il pavimento rituale di ogni loggia massonica. Ritroviamo il quadrato infatti in riferimento alla Tetractys pitagorica ed è considerato il numero della manifestazione Universale nel concetto del quadrato Perfetto.
L’evento della costruzione della Basilica e la sconfitta del diavolo, simbolo del bene che prevale sul male, e’ stato per molti anni ricordato dallo stesso vescovo con un particolare cerimoniale. Egli affacciato alla finestra della Basilica, ogni anno, per ricordare la data dell’evento, sgozzava dinanzi a tutti un’enorme suino che doveva essergli offerto dai fedeli. La pratica poi per fortuna è stata abbandonata perché ritenuta indecorosa e pagana.
Il furbo vescovo Pomponio provvide dopo la costruzione della basilica, a dare una nuova immagine all’intero luogo affidando la chiesa ai monaci benedettini, che curavano sia uomini che donne con erbe speciali e pozioni medicamentose; particolare attenzione fu data alle donne che soffrivano per parti difficili.
Incominciò contemporaneamente una campagna denigratoria e diffamatoria nei confronti di quelle misteriose sacerdotesse detentrici di poteri magici a lui e a tutta la chiesa sconosciuti. Con l’aggravante di aver rifiutato Dio, le dianare vennero di conseguenza designate come donne possedute dal diavolo che esse servivano con riti magici. Secondo il tribunale dell’inquisizione si dedicavano all’esercizio della stregoneria grazie ai loro poteri occulti con l’unico intento di servire Belzebu’ ma non adorarlo . Esse infatti erano solo seguaci della misteriosa divinità Diana che nella mitologia greco-romana, era seguita nelle sue peregrinazioni notturne da una schiera di morti senza pace: i morti anzitempo, i bambini deceduti prematuramente, le donne morte di parto , le vittime di morte violenta e quelle appartenenti ad entità stregonesche .Con la decadenza della religione antica e l’avvento del cristianesimo, Diana assunse «le sembianze inizialmente di una sorta di fata-maga – per poi giungere a quello di strega che dovevano necessariamente essere combattute , distrutte e perseguitate . Tutte le donne che ricorrevano al culto di Diana furono a quel punto accusate di stregoneria e bandite dalla città.
La loro persecuzione iniziò come quelle di tutte le streghe, con le prediche di San Bernardino da Siena. Egli le indicava come causa di sciagure e sosteneva la tesi secondo la quale dovessero essere sterminate. Nel 1486 fu addirittura pubblicato il “Malleus Maleficiarum “, che spiegava come riconoscere le streghe, come processarle e come interrogarle con torture atroci. Proprio attraverso tali torture furono raccolte diverse confessioni, nelle quali si parlava di sabba a Benevento, di voli, di scope e della pratica di succhiare il sangue dei bambini. Di conseguenza molte di queste fantomatiche streghe finivano poi per essere mandate al rogo o al patibolo.
La leggenda delle streghe di Benevento ebbe risonanza amplissima in tutta Europa e, l’albero del “noce stregato”, ipoteticamente situato in una località chiamata Ripa delle Janare, nei pressi del fiume Sabato, divenne il più famoso del mondo.
Secondo una leggenda e strane confessionati carpite sotto tortura , queste streghe di Benevento pare , si raccogliessero attorno ad un noce magico, in un rito magico detto Sabba. Prima di avviarsi le streghe si preparavano al sabba cospargendosi il petto con un unguento gelosamente conservato sotto il letto o nel camino, dopodiché uscivano volando sulle proprie scope di saggina, al suono dell’antico adagio: “Sotto l’acqua, sotto ‘u viento, sott’ a noce ‘e Beneviento” . Giunte in una località chiamata Ripa delle Janare, le streghe una volta reso omaggio al capo (assomigliante ad un grosso cane o ad un caprone) si davano poi al rituale.
Questi consistevano in banchetti, con spiriti e demoni sotto forma di caproni o gatti. Il banchetto veniva consumato intorno a “’na tavola longa longa”, carica di dolci, vini ed altre cose prelibate. Seguiva la danza cui le streghe partecipavano con grida,imprecazioni , ostie profanate, crocifissi calpestati, imprecazioni e fracasso infernali culminanti in vere e proprie orgie dove spesso si accoppiavano con demoni Qualcuno a tal proposito ha avanzato l’ipotesi che il misterioso unguento fosse una sostanza allucinogena (amanita muscaria). Dopo le riunioni le streghe seminavano il terrore. Si credeva che causassero aborti, deformità nei neonati, facessero dispetti, facendo trovare le criniere dei cavalli intrecciate. Ancora oggi nei paesini del beneventano circolano voci secondo le quali le streghe rapiscano dalle culle i neonati, per passarseli tra di loro e riportarli infine al loro posto. Il rituale di carattere erotico-orgiastico ebbe grande diffusione popolare , fino a quando fu bandito, nel 139 a.C.. In seguito il culto proseguì in forma misterica ed esoterica.
La pianta del noce era considerata “Simbolo di fertilità” (si evince dal termine glans, ghianda, da cui deriva anche la parola “glande”) in quanto gli antichi romani vedevano anche una somiglianza tra i testicoli ed il mallo (il guscio) della noce. Le noci venivano usate per scherzi nuziali: durante il corteo venivano gettate sul marito, oppure (secondo Virgilio) lanciate dallo sposo stesso.
L’albero di noce era anche sacro a Dionisio ed anche nei rituali pagani della celebrazione dei Misteri Dionisiaci, le sacerdotesse del dio, cioè le Menadi, chiamate anche Baccanti, celebravano danze sfrenate ed estatiche attorno ad un albero di noce.
La chiesa locale non poteva però accettare che tutto questo si svolgesse sotto i suoi occhi, e approfittando di una delle periodiche guerre tra Longobardi e Bizantini il vescovo del periodo: San Barbato fece tagliare il Noce di Benevento. Ma lo stesso albero pare che più’ volte sia ricresciuto nonostante più volte tagliato continuando ad essere il luogo preferito dalle streghe per i loro Sabba.
Il rito sembra avere origini similitudini lontane importate dalle dominazioni locali.
In particolare il tutto sembra probabilmente legato al periodo in cui la città di Benevento venne conquistata dai Longobardi.
I longobardi infatti, che celebravano il culto di Wotan, padre degli dei, con un rito orgiastico presso il fiume Sabato, erano usi appendere ad un albero sacro la pelle di un caprone. Successivamente i guerrieri, correndo a cavallo intorno all’albero, gareggiavano per colpire la pelle con le frecce, la quale poi veniva strappata a brandelli e mangiata.
Questi particolari riti celebrati presso il fiume Sabato, sono stati probabilmente all’origine dell’idea dei riti delle streghe.
I Longobardi inoltre adoravano un serpente d’oro (probabilmente legato alla dea Iside, che era dominatrice dei serpenti).
Nonostante che la sua immagine venga spesso confusa con lo stereotipo della strega cattiva, la janara è, in realtà, il simbolo della vita vissuta in armonia con la natura, ossia in sintonia con la madre Terra. Si ritiene che le ultime vestali del tempio di Iside e Diana a Benevento, scacciate dalla città, furono costrette a vivere nei boschi della valle del fiume Sabato, e siano le progenitrici delle janare, le quali conoscevano il ciclo dei pianeti, e i rimedi fito-terapici. Secoli fa, quando non esistevano ospedali o ambulatori medici, era proprio a loro che si rivolgevano le genti locali per essere curate.
Non si conosceva l’identità delle janare: esse di giorno potevano condurre una esistenza tranquilla senza dare adito a sospetti. Una Janara poteva essere una persona normale, magari anche sposata, in grado di frequentare le messe domenicali.
Di notte, però, dopo essersi cosparse il petto del suo unguento magico, esse avevano la capacità di spiccare il volo a cavallo di una una scopa costruita con saggina essiccata.
Nelle campagne lentamente incominciò a diffondersi la paura per le streghe e si cercò di trovare un rimedio utile per allontanarle. Presso gli usci si ponevano quindi scope o sacchetti con grani di sale, in modo che, se la janara riusciva ad entrare, sarebbe stata costretta a contare i fili della scopa o i granelli di sale, senza poter venire a capo del conto. L’alba sopraggiungeva a scacciarla, poiché non si accorgeva del passare del tempo, impegnata nell’insulsa operazione. Gli oggetti posti a tutela delle porte infatti avevano ed hanno insite virtù magiche: la scopa per il suo valore fallico, oppone il potere maschile e fertile a quello femminile e sterile della janara; i grani di sale sono portatori di vita, poichè un’antica etimologia connette sal (sale) con Salus (la dea della salute).
Pe combattere le streghe , c’erano fortunatamente , nel mondo contadino popolari , i benandanti , una serie di persone predestinate fin dalla nascita a contrastare il potere delle streghe e dei stregoni .Essi credenze popolari medievaliavevano il potere e la capacita di uscire come spirito dal proprio corpo per affrontare le streghe e le altre creature diaboliche che come vedremo minacciavano la fertilità dei campi. Queste battaglie notturne si svolgevano durante le quattro tempora, e i benandanti combattevano armati di rami di finocchio contro streghe e stregoni armati, invece, di canne di sorgo. Se i benandanti vincevano, il raccolto sarebbe stato propizio e quell’anno sarebbe stato quello dell’abbondanza , se altrimenti perdevano il raccolto era misero e quell’anno era quello della carestia.
Il loro potere secondo credenze popolari nasceva dalla fortuna di essere nati «con la camicia», cioè ancora avvolti dopo il parto , da una piccolo residuo di menbrane del sacco amniotico , Questo segnale veniva considerato benaugurante ed il neonato che ne era in possesso veniva non solo considerato un futuro uomo fortunato, ( si riteneva addirittura che la «camicia» amniotica avesse il potere di proteggere dalle ferite), ma addirittura un futuro benandante .
I benandanti venivano comunque divisi in quelli «agrari» le cui battaglia erano finalizzate per la fertilità dei campi, ( in genere riservate ai benandanti uomini), in quelli «funebri» che in processioni notturne parlavano con i morti ,( perlopiù benandanti donne) ed in quelli «terapeutici» che invece curavano malattie e ferite, praticando una magia positiva e benefica in opposizione alla magia diabolica distruttiva delle streghe ( in queste attività erano coinvolti sia benandanti uomini sia donne).
In generale erano comunque considerati almeno inizialmente come elementi positivi . Essi oltre che combattere streghe e stregoni , si racconta che conoscevano il passato e il futuro, erano in grado di ritrovare oggetti perduti, allontanavano la grandine e conoscevano incanti che proteggevano la gente e gli animali dall’azione delle streghe . Non solo: essi dichiaravano anche di essere capaci di evocare «l’esercito furioso, composto da bambini morti prima di essere battezzati, dagli uomini uccisi in battaglia e da tutti gli “ecstatici”», cioè da coloro la cui anima aveva abbandonato il corpo senza farvi più ritorno. Ancora, essi affermano di essere in grado di compiere tali prodigi per essere stati ammessi nel «misterioso regno di Venere»: ciò, naturalmente, li ricollega alla divinità femminile adorata durante questi ambigui convegni notturni, la Frau Venus germanica che ricorda la Afrodite mediterranea. Non stupisce, quindi, perchè poi in un secondo momento l’inquisizione ,in meno di un secolo, fu pronta a metterli sotto pressione trasformandoli in odiati antagonisti. Furono infatti con il tempo trasformati da amichevoli benefici guaritoi in incredibili adoratori del demonio che si recavano a misteriosi raduni notturni, di cui non potevano far parola sotto pena di essere bastonati, cavalcando lepri, gatti e altri animali
Artemide ( Diana ), figlia di Zeus e di Leto (Latona per i Romani) e sorella gemella di Apollo, era come avete avuto modo di capire , un tempo molto venerata nei nostro centro storico . In questo luogo vi era una fratia a lei dedicata ( fratia degli artemidi ) e come vi abbiamo parlato un suo particolare Tempio a cui solo le donne potevano accedere .
Diana non era solo la dea della caccia , della luna. , ma era sopratutto la protettrice delle donne ed in particolare delle partorienti nonchè guaritrice , ed esperta in magie e sortilegi . Artemide infatti pur essendo dea della caccia e signora degli animali, veniva solitamente invocata dalle donne che stavano per dare alla luce un bambino, perché assicurava parti non dolorosi ( la madre della dea l’aveva partorita senza dolore ) e per quanto irascibile e talvolta vendicativa , poichè si dimostrò sin dal principio inattaccabile dalle passioni d’amore, si mostrava affabile, se non addirittura protettiva,verso chi si affidava a lei .
Nella mitologia greca nacque già armata , dalla testa di Zues che, afflitto da una terribile emicrania, dopo aver inghiottito la sua prima moglie Metis, aveva ordinato a Efesto di aprirgli la nuca con un colpo d’ascia.
N.B. La povera prima moglie di Zeus fu solo colpevole di una predizione fatta dagli antenati Urano e Gea allo stesso Zues . Questi gli avevano predetto che dalle sue nozze con Meti , sarebbe poi nato un figlio destinato a detronizzarlo.ed egli impaurito , dopo aver comunque posseduto la moglie, convinse la stessa a trasformarsi in una goccia d’acqua per poi ingoiarla viva, crescendo dentro di sé la figlia che la moglie attendeva.
Atena , oltre che guerriera era anche la dea della ragione, delle arti , della letteratura ,della filosofia, del commercio e dell’industria , Insegnò agli uomini la navigazione ,ad arare i campi,ad aggiogare i buoi. a a cavalcare e alle donne a tessere, a tingere e a ricamare . Essa era amante della solitudine e nemica dei banchetti ed era solita aggirarsi in luoghi isolati. Era anche una dea fiera che come vedremo in seguito , puniva severamente chi osava competere con lei . .
Artemide era però anche la Dea della guerra e della saggezza perchè al contrario di Ares ( Dio della guerra ) si occupava più della fase difensiva che offensiva di una battaglia e non amando molto combattere , cercava sempre di vincere grazie a buone strategie e abili trucchi . I suoi simboli erano l’arco, il cervo ,e a volte la falce di luna , mentre i suoi animali sacri erano la civetta ed il serpente , simbolo entrambi della saggezza : la civetta di quella del cielo mentre il serpente di quella della terra . Il suo albero sacro era l’ulivo, simbolo di pace.
CURIOSITA : I vincitori dei famosi giochi Olimpici che nel 776 a.C. si tenevano nell’antica città di Olimpia, ricevevano in premio solo una corona di olivo selvaggio composta di rami del santuario di Zeus ( ulivo di Ercole ) .A loro non erano infatti previsti vantaggi economici . Gli atleti esclusivamente uomini ( alle donne non era permesso né assistere né partecipare ai giochi) , gareggiavano nudi e con il solo intento di dare con la vittoria lustro alla sua stirpe e onore alla sua città per l’intera Grecia . L’atleta vincitore non ottenendo alcun compenso in termine economici mirava durante i giochi unicamente alla vittoria sapendo bene che con il suo successo individuale poteva in questo modo eternare la sua fama ed essere per sempre considerato un eroe .
Nella propria città ed in tutta la Grecia , il vincitore, considerato un eroe , per il resto della sua vita, beneficiava del fatto di essere esonerato da tasse e oneri economici di altro tipo . Al suo rientro nella propria città dopo la vittoria , sfilava su di un carro da parata e riceveva numerosi premi onorifici, tra cui il privilegio di iscrivere il proprio nome nella lista dei vincitori, di erigere una propria statua, di erigere il proprio ritratto in luoghi pubblici, in banchetti sacri e in ginnasi o palestre, di essere mantenuti a spese dello stato, di avere posti riservati a teatro.
Atena era quindi la Dea della saggezza alla quale ci si rivolgeva per ottenere buoni consigli ed è stata per la mitologia greca una Dea molto utile all’uomo . Essa ha infatti insegnato all’uomo a a tessere stoffe, e ad usare i buoi per tirare l’aratro .Nella sua generosità gli ha poi donato anche un bene prezioso che l’uomo purtroppo non sempre ha ben utilizzato : l’albero di ulivo e con esso la pace.
Tutto questo nacque in una sfida tenutasi tra Atena e Poseidone per il possesso della bellissima città di Atene , ricca di splendidi palazzi di marmo e di Templi imponenti . Fino ad allora la città onorava soltanto la saggia figlia di Zeus , Atena e questo irritava moltissimo il Dio del mare che invidiosissimo fremeva dalla voglia di diventarne il signore .
Un giorno decise di impossessarsi della città e giunto con il suo carro sul punto più alto di Atene , l’Agropoli , battendo sulla roccia con la sua arma ( il tridente ) fece sgorgare una fonte d’acqua marina vendicando la proprietà della città. Artemide si fece avanti protestando e Poseidone la invitò a battersi in un duello per riavere la città.. La saggia Dea ben sapendo che in un normale duello fisico avrebbe avuto la peggio invito invece Poseidone ad una gara pacifica . A vincere la gara e quindi la città , era colui che regalava agli abitanti di quella terra la cosa più utile .
Fu subito organizzata nell’Olimpo una giuria di Dei e di Dee , in numero uguale compreso Zeus . Poseidone regalò il cavallo mentre Atena regalò la pianta di ulivo . Dopo infinite discussioni durate giorni e giorni , tutti gli Dei si dichiararono in favore di Poseidone mentre tutte le Dee al contrario diedero voto favorevole ad Artemide . Ma a vincere fu quest’ultima perchè il padre Zeus , in qualità di giudice supremo si astenne dal voto dando maggioranza alle Dee. Da allora l’ulivo divenne il simbolo della pace e tale è rimasto anche ai nostri tempi.
Il fratello Apollo rappresentava il Sole mentre Artemide rappresentava la Luna e proprio per tale motivo essa anche una po ” lunatica “e vendicativa . Teneva molto alla sua privacy e non sopportava nessun mortale che potesse vederla nuda senza essere punito come ebbe a sperimentare il giovane cacciatore Atteone , che durante una battuta di caccia si imbattè casualmente nella grotta in cui Diana e le sue compagne facevano il bagno. Non appena si accorse della sua presenza la dea, irritata per essere stata sorpresa nuda mentre si bagnava in un laghetto , per l’oltraggio subito gli spruzzò dell’acqua sul viso trasformandolo in un cervo impedendogli così di raccontare ciò che aveva visto. Il cacciatore scappando giunse ad una fonte dove, specchiatosi nell’acqua, si accorse del suo nuovo aspetto. Scappando , fu inseguito e catturato dai suoi stessi cani, che inferociti gli si aizzano contro sbranandolo ( la scena ci è mostrata nella belle fontana del meraviglioso Parco della Reggia di Caserta ).
Altra vittima della sua facile suscettibilità fu certamente Aracne , una giovane ragazza che viveva in Lidia ( oggi Turchia ) ce con il suo grande talento sapeva tessere come nessun altro essere umano . Essa divenne in poco tempo la fanciulla più famosa del regno sopratutto per la sua bravura con cui faveva gli arazzi , degli enormi riquadri di tessuto con motivi artistici da appendere alle pareti . Essi erano fatti solo per bellezza ed erano difficilissimi da realizzare e visto il loro costo erano spesso solo ad appannaggio delle famiglie reali. Aracne li faceva invece solo per piacere e molte volte li regalava alle feste cui partecipava.Tutto questo la rese molto famosa e molto amata . La gente del posto prese l’abitudine di raccogliersi ogni giorno davanti la sua capanna a vederla lavorare . Persino le ninfe lasciavano i loro boschi e fiumi e rimanendo a fissare la fanciulla che tesseva i suoi arazzi .
Aracne era certamente molto brava ed il suo unico torto fu quello di non ringraziare Atena per il suo talento . Aveva imparato l’arte del tessere da sola e nessun Dio fino ad allora si era mosso per lei . I suoi genitori erano morti e non gli avevano lasciato nemmeno un soldo. Non credeva quindi agli Dei e tantomeno al fatto che la sua bravura fosse un dono di Atena . L’arte della tessitura secondo la mitologia greca era stata inventata proprio da Atena e era impensabile che un essere umano per quanto bravo non tributasse la giusta riconoscenza ad Atena per la sua bravura..Era solo la Dea a consentire ai mortali il talento per tessere.
” Tessere è un mio merito . Se Atena è così brava può benissimo venire giù e mettere alla prova le sue capacità contro le mie ”
A questa sua frase nei confronti di una ninfa che con lei si era complimentata invitandola a ringraziare Atena per il suo talento , ecco scatenata la irritabilità di Atena che appare ad Aracne e accetta la sua sfida .
Si sfidarono tessende ognuna di loro un magnifico arazzo : Atena tessè una scena in cui pose gli Dei in tutta la loro gloria , seduti nella sala del consiglio dell’Olimpo mentre Aracne tessè un arazzo dove apparivano tratteggiate tutte le cose ridicoli e orribili che gli Dei avevano fatto nei secoli .Mostrò Zeus trasformato in toro per rapire la principessa Europa , Poseidone sotto sembianze di stallone che inseguiva la bianca giumenta Demetra e la povera Medusa trasformata in un mostro orribile da Atena stessa.
Quando gli arazzi furono terminati , la folla che era accorsa ad assistere alla sfida piombò nel silenzio assoluto . I due arazzi erano entrambi di ottima qualità . . La gara era finita in parità. Ma era finita anche la pazienza di Atena che a quel punto indispettiva dalla boria e dall’ennesima frase insultante gli Dei proferita da Aracne distrusse prima la sua tela e poi incominciò a bastonarla tra le risa e gli sberleffi della gente che divertita la insultavano schernendola mentre Atena la colpiva .
Quando la rabbia di Atena si placò , vedendo i mortali che indicavano Aracne sghignazzando capì che forse aveva esagerato con la punizione e ammonì la folla intimandogli di smettere .
Ma mentre Atena era impegnata a rimproverare la gente , Aracne sollevatasi a fatica da terra , ferita nell’orgoglio per la vergogna e rinnegata dai suoi concittadini che l’avevano messa in ridicolo , raccolto un grosso gomitolo di filo sufficiente per una corda fatta a mano , fece un cappio , e se lo passo intorno al collo . Lanciò l’altro capo della corda su una trave presente sopra di lei e per vergogna e autocommiserazione si tolse la vita.
Quando Atena e la folla se ne accorsero , Aracne era già appesa lassù . Atena a quel punto fu colta dalla pietà e visto che riteneva il suicidio un gesto di vigliaccheria decise di non lasciarla morire trasformando la fanciulla in un ragno in maniera da poter continuare a vivere e tessere per sempre ma in maniera tale da non potersi mai più vantare sfidando gli Dei.
Secondo altri invece le cose , tranne il finale , non erano andate proprio in questo modo . Aracne era secondo questi invece solo la più abile delle allieve di Atena che fiera della sua arte , decise di ricamare su un immenso arazzo di porpora la storia degli dei . Una volta terminato decise poi di esporre il suo capolavoro nella piazza del paese . Molti accorrevano ad ammirarlo da tutta la Grecia complimentandosi con Aracne che divenne in poco tempo famosissima . Il commento più diffuso era . ” Nemmeno Atena potrebbe fare di meglio “.
Questi commenti arrivarono ovviamente anche all’orecchio di Atena che abbandonò subito i suoi lavori per andare a vedere quello dell’allieva .Aracne quando la vide arrivare , spaventata non mancò di inginocchiarsi tremando davanti a lei sapendo che forse si era troppo vantata di ciò che sapeva fare . Atena le sorrise benevola , ma appena posò gli occhi sui stupendi disegni dell’arazzo che brillava catturando i raggi del sole , aggrottò la fronte irritata.: la sua allieva l’aveva davvero superata .
A quel punto Atena , Dea della saggezza e figlia prediletta di Zeus , nonchè protettrice di tutte le arti e fonte di assennati consigli , perde il lume della ragione e afferrata la tela ricamata , la stracciò con rabbia spargendone attorno i pezzi .
Aracne lanciò un urlo e scappò via . In un attimo era stato distrutto il suo lavoro più bello , che le era costato anni di pazienti fatiche . Corse a nascondersi nella foresta e Atena , che l’aveva seguita , forse pentendosi del suo gesto crudele , la ritrovò morta appesa ad un ramo con la sua cintura . La Dea pianse sul corpo senza vita dell’allieva e … il resto già lo sapete .
Aracne continuò a vivere tessendo ma stavolta senza gloria e senza più vanto nei confronti degli Dei .
Artemide , era come abbiamo detto considerata padrona e signora degli animali e della caccia: i cacciatori, infatti, la veneravano offrendole le corna e la pelle degli animali uccisi, che appendevano a un albero o a un palo. Questa consuetudine, che ha tutto il sapore del ringraziamento oltre che del rito propiziatorio, conferma come la caccia fosse molto importante nell’ambito delle attività degli antichi. Ella , chiese e ottenne dal padre Zeus , il dono di restare sempre casta ed il permesso di non sposarsi mai . Non amava molto gli uomini e non aveva nessuna intenzione che un uomo pretendesse di essere il suo signore e padrone per tutta la sua immortale vita . Era quindi una gelosa custode della verginità femminile incontaminata e indipendente dalla presenza maschile . Non amava le sdolcinate amorose storie di cui andava sempre cianciando Afrodite e chiese al padre di abbigliarsi con una tunica giallo cromo bordata in rosso. Per ottenere le armi che desiderava (un arco d’argento, la faretra e le frecce) si recò nell’isola di Lipari dove si trovava la fucina dei Ciclopi (da altri collocata sotto l’Etna o altrove in Sicilia). Ottenne anche un corteggio di 60 ninfe Oceanine e di 20 ninfe dei fiumi ( ninfe Amisie ) che dovevano prendersi cura dei suoi calzari e accompagnarla nel suo vagare per i boschi accudendo nella circostanza anche alle sue cerve , nutrendole con lo stesso trifoglio che costituiva il cibo preferito dai cavalli di Zeus ( ( si spostava su un cocchio trainato da due cerve dalle corna d’oro) . Le ninfe che l’accompagnavano erano anch’esse dedite alla castità perché la dea non ammetteva che nessuna delle sue compagne prestasse attenzione alle profferte amorose.
Artemide era una Dea all’epoca molto venerata da tutte le giovani vergini perchè essa era l’unica che le proteggeva da un matrimonio infelice . A quei tempi infatti la maggior parte delle fanciulle non poteva scegliere il marito. Era solo il padre che sceglieva , ( per veri scopi patrimoniali ),l’uomo da sposare . Non importava se era grasso , vecchio e brutto. Non avevano altra scelta che sposarlo .Se diventavi sacerdotessa di Atena nessuno poteva più costringerti ad un matrimonio non voluto .
Possiamo in definitiva definirla la prima protettrice in assoluto delle donne ed il primo ostinato difensore dei suoi diritti : Pensate solo che , secondo molti ,nell’antica città di Troja si trovava un antico Tempio chiamato ” PALLADIO ” ( significa luogo di Pallade ) dove le sole donne potevano entrare e chiedere protezione ad Atene . In questo luogo mai nessuno uomo si sarebbe azzardato a fare loro del male e a nessuno di loro addirittura era anche concesso di guardare la sua statua pena la morte.
Il Tempio era dedicato a Pallade , una ninfa divenuta nel tempo la migliore amica di Atena e unica nel tenerle testa in combattimento . Erano entrambe molto brave nell’arte del combattere ed erano solite allenarsi combattendo tra loro . Un giorno accadde che si allenassero sulla sponda del lago combattendo con furia ad una velocità così impressionante da apparire agli occhi del padre Zeus come uno scontro normale in cui la figlia stesse per soccombere .Decise allora di intervenire in favore di Atena e fece in modo che Pallade non schivasse un colpo inferto dalla prediletta figlia . Era un colpo che Pallade normalmente avrebbe evitato come ben sapeva Atena ma queste volta la lancia trapasso il ventre della ninfa ed uscì dall’altra parte uccidendola . Atena cadde in ginocchio e singhiozzando preda di un forte dolore si mise a cullare il corpo senza vita della sua povera amica . Il dolore fu immenso e dopo aver poi disciolto il corpo della sua amica nelle acque del fiume Tritonio , decise di onorare Pallade con unTempio a lei dedicato.
Nell’antica Neapolis , nell’area tra l’attuale Via Mezzocannone e l’odierna Piazza San Domenico , si trovava trovava un tempo anche un antico Tempio dedicato a Dionisio e Vulcano. Nella chiesa di Santa Maria Rotonda , che un tempo sorgeva sopra questo Tempio , venne infatti tempo fa , ritrovato un cippo marmoreo , attualmente depositato presso il nostro Museo Aercheologico, dove in bassorilievo sono scolpite le immagini di Dionisio ed alcune iscrizioni probabilmente riferite ad Anubi , la divinità egiziana dalla testa di cane .
Dionisio ( Bacco per i romani ), è una delle più affascinanti divinità della mitologia greca. Conosciuto soprattutto per aver introdotto il vino, bevanda “dionisiaca” per eccellenza, egli con il suo mito ha offerto agli antichi uomini un ben più ampio simbolismo Egli con la sua proprompente energia e forza rappresentava la natura che accompagnava i frutti alla maturazione, ma poichè questa energia tendeva poi a scomparire con l’inverno, gli antichi gli attribuirono a lui anche una serie di simbologie connesse ad un’idea di sofferenza, persecuzione e follia. Era un Dio di sesso maschilema dall’indole profondamente femminile, e per questo anche il simbolo della diversità , della follia, del piacere senza limiti e di tutto ciò che viene rinnegato . perché fa paura . Era per questo motivo quindi spesso contemporaneamente amato e odiato, più di una volta ucciso e poi rinato.
Dioniso non era solo il dio del vino ma, più propriamente, era il Dio dell’estasi e dell’ebrezza vitale, il Dio della forza dell’esistenza, dell’eternarsi della potenza vitale. Le sue sacerdotesse, le Menadi, erano deputate allo svolgimenti di riti che richiamavano, nella potenza delle trance, quella follia priva di freni razionali che è la potenza della natura nella sua massima espressione. Dioniso è, per questo, un Dio selvaggio, che si accompagna al Dio Pan, ai Satiri, ai leopardi e, più in generale, alle belve feroci della natura incontaminata.
L’origine di questa associazione si deve al fatto che il Dio Dioniso nasce come sacralizzazione della linfa vitale delle piante: Dionisio è la clorofilla, le vene delle foglie, la resina, il succo dei frutti, la polpa dei semi, il sangue delle belve feroci.
Come avviene per tutte le divinità intrinsecamente legate alla natura, Dioniso è una divinità ciclica: il suo mito, le sue feste sono tutti elementi legati al potere indistruttibile di quella vita universale che, rinnovandosi, va oltre la morte apparente.
L’ebrezza, il sesso, l’uso di maschere, la preparazione di torte con semi, melagrana e vino, la sospensione di ogni attività in nome di una festa estesa anche agli schiavi e persino ai fanciulli: questi erano gli elementi chiave della celebrazione delle Antesterie; un Trionfo carnevalesco della Vita che si andava ad equilibrare all’evocazione dei progenitori – i Cari – simbolo del Trionfo della Morte, in un ciclo che produce eterno dinamismo.
E’ in questo contesto che, probabilmente, avveniva in un luogo deputato una forma più o meno simbolica di ierogamia, sottolineata dalla danze delle devote attorno alla statua del Dio.
Dionisio era figlio di Zeus e di Semele ,figlia del re di Tebe Cadmo .
Semele era una pricipessa bellissima che aveva suscitato l’amore dell’infedele Zeus che la fecondò sotto le spoglie di un mortale.
La gelosa moglie Era lo scoprì e decise vendicarsi contro Semele e il suo bambino non ancora nato. Le apparve quindi sotto le spoglie della sua vecchia nutrice, e convinse l’incauta fanciulla ad assicurarsi della natura divina del suo amante, insistendo perchè si presentasse a lei nella sua vera natura divina .
Quella stessa notte, quando Zeus venne a trovarIa nella sua solita veste di mortale , Semele lo pregò di farIe un favore, e Zeus giurò sul fiume Stige (un giuramento irrevocabile) che avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse chiesto. Semele, che era stata ingannata da Era, gli chiese di apparirle in tutta la sua maestà di sovrano dell’Olimpo; non sapeva che ciò per lei avrebbe significato la morte, in quanto la visione di un Dio ,nella sua vera veste non è cosa che gli umani potevano sopportare . Avendo però giurato sullo Stinge egli fu costretto a rispettare il giuramento, Zeus prese allora le sue sembianze divine, una presenza che nessun mortale poteva sostenere.Il travestimento mortale di Zeus si dissolse così in una fiammata ed il Dio apparve in tutto il suo splendore , come una vorticante colonna di fumo . Tutto prese fuoco , la porta si disintegrò e le ante delle finestre esplosero .
Il fuoco di folgore ovviamente uccise Semele, che si polverizzò all’istante .Il bimbo dentro di lei però sopravisse grazie allo stesso Zeus che rapidamente riuscì ad estrarre il piccolo dal suo grembo .
Ovviamente Zeus rimase scioccato dalla morte della bella Semele ma capì in quel momento che la cosa più importante era il bambino. Il piccolo non era ancora completamente formato e maturo . Egli avrebbe avuto ancora bisogno di qualche mese per svilupparsi del tutto prima di nascere . Il bimbo avava peranto bisogno di una incubatrice . Zeus pensò rapidamente. Tirò fuori il suo fulmine e si praticà un’incisione sulla coscia , vi caccià il bimbo dentro e poi ricucì la pelle. La sua coscia, che gli fece quindi da incubatrice ( cose da Dei ) finché il piccolo non fu pronto per nascere. Quando il bimbo fu pronto ,Zeus tagliò di nuovo la pelle e lo tirò fuori .L’ insolita levatrice di questo parto fu Ermes ed appena nato comiciò a piangere e strillare talmente tanto da creare un gran baccano . Questo fu il motivo per cui Zeus decise di chiamarlo Bacco .
Era , quindi , aveva si avuto , la sua tremenda e feroce vendette su Semele ma non sul bimbo nato che fu da Zeus , subito dopo nato inviato tramite Ermes , per sottrarlo alla vendetta della moglie , presso la sorella e il cognato di Semele che lo allevarono come fosse una bambina, per despistare Era. Come richiesto , da Zeus , i due zii , Ino e Atamante , vestirono Bacco , durante i suoi primi anni di vita con abiti da bambina . Il piccolo di questa cosa ne fu alquanto confuso . Egli infatti non capiva perchè i genitori adottivi lo chiamassero con un nome maschile in privato e con uno femminile in pubblico .
Alla fine pensò che fosse così per tutti i bambini .
Questo camuffamento non gli evitò comunque la vendetta di Era, che dopo averli individuati ,fece impazzire i suoi genitori adottivi che cercarono di ucciderlo. Ancora una volta Dioniso fu però salvato dalla morte da Zeus, che lo trasformò velocemente in una capra e lo portò sul monte Nisa, un mitico luogo divino abitato dalle Ninfe, che lo allevarono in una grotta.
Le cose non andarono meglio però per i suoi gentori adottivi e per i loroi figli. La Dea infatti inflitto ad Atamante e Ino una forma di grave pazzia portò loro ad essere protagonisti di una vera e propria tragedia .
Atamante pensando che suo figlio maggiore Learco , fosse un cervo , lo uccise con arco e frecce mentre Ino , pensando che il figlio più giovane , Melicerte , avesse bisogno di un bagno caldo , lo annegò in una tinozza piena di acqua bollente . Accortisi poi , in un secondo momento di quello che avevano fatto , disperati , si gettarono dalla cima di un colle e morirono sfracellati .
Dionisio però grazie al tempestivo intervento di Zeus si salvò ancora una volta e affidato come detto , alle ninfe , venne di nuovo trasformato in un bambino .
Tutta questa storia fu comunque molto importante per Dionisio che imparò innanzitutto come la pazzia poteva essere un arma , ma aveva anche imparato ad amare le capre che infatti divennero uno dei suoi animali sacri , ma sopratutto aveva imparato che non ci si può nascondere semplicemente mettendosi degli abiti diversi .Più tardi infatti diventò il dio di tutti quelli che si sentono confusi riguardo il proprio sesso , perchè sapeva cosa voleva dire .
CURIOSITA’: Il capro era nelle feste di Dioniso, la vittima preferita dal dio. Il sacrificio di questo animale era quasi sempre presente nei suoi riti orgiastici in quanto egli era il suo animale sacro per eccellenza . Questo era dovuto non solo al fatto che i capri mangiassero con avidità i tralci della vite ma certamente anche alla sua ben nota lascivia e sfrenatezza sessuale .
Zeus per convicere le ninfe a crescere sotto la loro protezione e la pericolosa vendetta di Eea , Dionisio , concesse loro l’immortalità e da quel momento il giovane ragazzo divenne il figlio di Zeus che viveva sul Nisa , abbreviato in Dio di Nisa , che alla fine divenne il suo nuovo nome Dionisio .
Dionisio , da quel momento crebbe sul Monte Nisa con le ninfe come matrigne e i satiri come patrigni . Qui il suo tutore Sileno, metà uomo e metà cavallo , lo mise a conoscenza dei suoi segreti della natura e gli insegnò a produrre nettare spremendo tutto quello che proveniva da qualsiasi pianta .
Un giorno , mentre egli era in giro per i boschi con il suo migliore amico , un giovane satiro di nome Ampelo , egli vide un tralcio rampicante mai visto prima , avvolto intorno ad un grosso rammo di un albero che si alzava per almeno sei metri sopra le loro teste.
Il tralcio attirò molto l’attenzione di Dionisio che cercò senza riuscirci di scalare il tronco d’albero . A questo punto Ampelo , per accontentare l’amico , nonostante il volere non favorevole di Dionisio , cominciò ad arrampicarsi sul troco e ben presto si ritrovò a cavalcioni di un ramo . Cominciò quindi a staccare il rampicante, lasciando cadere una delle estremità verso Dionisio che appena lo colse dovette purtroppo poi assistere alla caduta dall’albero dell’amico che battè la testa sulla roccia e morì.
Per Dionisio , la morte di Ampelo fu un dolore enorme , pianse per giorni interi . Egli provava tristezza e rabbia e si sentiva colpevole della morte dell’amico .
Nel fratempo , sul rampicante che l’amico gli aveva raccolto , c’era del sangue che assorbito dalla pianta , aveva fatto spuntare grappoli di piccoli frutti di colore rosso scuro dai quali in onore di Ampelo ,decise di estrarre il nettare più buono che egli avesse mai fatto.
Si mise quindi all’opera e incominciò a produrre un nettare rosso che egli chiamò vino .
La pianta di vite , causa della morte dell’amico ,contemporaneamente incominciò a crescere a ritmo incredibile invadendo tutto il bosco e producendo tantissimipiccoli frutti.
CURIOSITA’ : secondo alcuni racconti , il giovane satiro Ampelo fu il primo amore di Dioniso e a far crescere le viti durono le Moire che a seguito della supplica inviata loro dallo stesso Dionisio , concessero ad Ampelo una seconda vita in forma di tralcio di vite.
Dionisio guardandola ne fu molto soddisfatto . Era felice che il mondo si potesse riempire di viti in onore di Ampelo.
Dopo aver riempito del nuono nettare la sua fiasca, Dionisio , tornato alla sua caverna , mostrò la sua nuova bevanda alle sue matrigne ninfe che una volta assaggiatolo , lo trovarono talmente buono da cominciare da berlo in grandi quantità . Ne bennero talmente tanto da incominciare ad ubricarsi . Stessa cosa successe anche con i satiri , accorsi sul luogo perche richiamati dal gran ridere delle ninfe .
Dopo un po , nessuno riusciva più a pensare in modo sensato , vedere o camminare diritto , ma tutti apparivano comunque divertiti . Ben presto l’intera montagna si trasformò in una festa colossale, con canti e danze.
Da quel momento in poi Dionidio divenne il Dio del Vino e la notizia di questa deliziosa bevanda si sparse velocemente in giro per il mondo .
Le ninfe ed i satiri viaggiarono in lungo ed in largo , vestite con pelli animali e con in testa una corona di edera o quercia o abete , decantavano a chiunque volesse ascoltare la magnificenza del vino e del Dio che lo aveva inventato .
Successivamente , come vedremo , accompagneranno anche il Dio Dionisio nei suoi viaggi in giro per il mondo .
Dionisio divenne quindi presto anche molto famoso e molti comuni mortali cominciarono , sempre più frequentemente ad affluire sul Monte Nisa ogni sera , dove bevendo troppo non solo si ubriacavano ma si divertivano danzando al ritmo di frenetica musica fatta da zampogne, tamburi e cembali, fino ad entrare in uno stato estatico , dove per celebrare il Dio Dionisio si lasciavano poi andare ai piu fantasiosi giochi erotici .
Essi, danzando ad un ritmo frenetico , e bevendo vino in maniera esagerata , perdendo il controllo di se stessi , entravano nella dimensione delle emozioni e dell’irrazionalità che li portava puntualmente , ad unirsi tutti insieme , per celebrare il culto di Dionisio ,in ver e propri finali orgiastici. .La celebrazione di Dioniso era infatti detta ‘orgia’ del Dio.
L’orgia arrivava al culmine nel momento in cui si faceva a pezzi e mangiava cruda la carne cruda di un animale sacrificale, ritenuto un’incarnazione del Dio. Si trattava di un atto di comunione grazie al quale Dioniso entrava nel celebrante.
Queste estasiastiche feste che Dionisio organizzava ogni sera per il suo culto , portarono a fargli avere numerosi seguaci che iniziarono a chiamarsi Baccanti . Tra i più fanatici di questi seguaci vi era un gruppo di donne chiamate Menadi che oltre a partecipare in maniera ativa all’epilogo orgiastico spesso mettevano a rischio la propria vita, giocando con la morte, tramite la manipolazione di serpenti che per questo motivo divennero poi un altro animale che finì per rivestire un ruolo fondamentale nel culto di Dioniso. Il serpente veniva considerata una bestia ambigua, doppia: sanguinaria e divina e per questo spesso collegato con la sfera della morte e rappresentavano un binomio vita-morte che è segno di ambiguità, della doppia natura di Dioniso.
N.B. In epoca più tarda il culto di Dioniso pretendeva che le Menadi adoperassero serpenti non velenosi, quale barbaro ornamento della loro acconciatura di Baccanti.
Nell’iconografia classica le menadi vengono raffigurate come l’oggetto del desiderio dei satiri tra le braccia dei quali vengono spesso raffigurate.
Le Baccanti vengono anche nominate nella leggenda di Orfeo ed Euridice: Orfeo, dopo aver perso per la seconda volta Euridice, vaga per i boschi, dove incontra proprio un gruppo di Baccanti, che invitano Orfeo a festeggiare insieme a loro. Ma Orfeo, dopo la morte di Euridice non vuole più compagnie femminili, e le Baccanti, offese, lo uccidono. Così Orfeo può scendere agli Inferi e riunirsi alla sua amata Euridice.
CURIOSITA’: Lo stesso Dionisio partecipava spesso alle sue fantastiche feste orgiastiche e mostrando una non bene identificata natura maschile o femminile, si accoppiava in maniera ambigua talvolta con esseri maschili e talvolta con esseri femminili. La leggenda infatti , lo vuole sia amante del centauro Chirone , dal quale apprende le arti del canto e della danza, e le alle regole iniziatiche dei futuri riti bacchici , sia amante di Afrodite dal cui amore si narra sarebbe nato Priapo. Per questo motivo Dioniso incarna e rappresenta quella parte dell’uomo che nel suo istinto primordiale è presente in ogni essere vivente. E’ cioè quella parte dell’uomo originaria e insopprimibile, che può riemergere ed esplodere in maniera violenta se repressa e non elaborata correttamente.
Nel rito orgiastico a scatenare stati d’eccitazione psicologica erano il suono del flauto e sopratutto del timpano, una sorta di piccolo tamburo, costituito da un cerchio di legno, sul quale era distesa una pelle di toro, uno degli animali simbolo del dio. I timpani erano ovviamente suonati dalle Baccanti che li innalzavano sopra il capo, e con il loro continuo ritmo continuo provocavano una sorta di droga sonora capace di indurre nel tempo i fedeli atraverso in trance .
A Dionisio adesso per essere un vero Dio , mancava solo che in ogni città ci fosse un Tempio dedicato al suo culto .
Ed ebbe per farsi costruire questo primo Tempio dedicato, l’infelice idea di cominciare con la città a lui piu vicino in quel momemto governata da un re di nome Licurgo .
Egli era un re violento e cattivo . Di lui si diceva che gli piaceva frustare animali indifesi come cani , cavalli e qualsiasi altra creatura incontrasse sul proprio cammino. Aveva con se , una frusta speciale lunga tre metri fatta di pelle nera intrecciata con spine di ferro e schegge di vetro e se non gli capitavano un giorno sotto la mani animali, egli a volte solo per divertimento , frustava i suoi schiavi ed eventuali suoi sudditi che gli si presentavano davanti al trono con qualche richiesta .
Dionisio , pur avendo sentito alcune voci non positive su Licurgo decise ugualmente di recarsi dal re e incominciò a dirigersi con tutto il suo esercito composto da ninfe e satire verso la città governata dal re .
L’allegro gruppo incominciò quindi a marciare in un’allegra processione offrendo per strada a chiunque loro incontrassero , grappoli di uva , piantine di vite e bicchieri di vino . Mentre camminavano cantavano e intonavano festosi canti intorno a dionisio cche non mancavano di annunciare come il Dio del vino e dei festeggiamenti .
Dionisio si presentò quindi al palazzo del re vestito come solito con la sua costosa tunica rosso porpora con posato sul capo una corona di foglie di vite e con uno scettro speciale chiamato tirso , con una pigna sulla sommità . Si annunciò come il Dio del vino e non fece altro che chiedere al re di far apprender alla sua gente l’arte della coltivazione delle vite e della produzione del vino . Promise inoltre a Licurgo la prosperità del suo regno laddove egli acconsentisse ad erigere un Tempio in suo onore .
Tutto sommato quindi Dionisio chiese a Licurgo solo di divenire il Dio protettore della sua città , ma la risposta del re fu delle più feroci , incominciando a frustare tutto e tutti con la sua speciale frusta mentre le sue guardie di palazzo facendosi avanti circondarono le ninfe ed i satri per arrestarli tutti .
Dionisio riuscì fortunatamente a scappare e inseguito dai soldati quando stava quasi per essere catturato si tuffo da un’altura nell’Oceano .
Fu qui salvato dalla ninfa del mare Teti che una volta curatigli le ferite , lo esortò a vendicarsi di di Licurgo . Reatisi di nuovo dal re , minacciò lo stesso di esaudire non solo le sue richieste , ma anche liberare tutte le ninfe e satiri che lui teneva prigionieri .
Minacciò Licurgo di far divenire il suo regno sterile grazie al fatto che egli non avrebbe fatto crescere e maturare nesun fiore e nessun frutto .
Al rifiuto del re , Dionisio questa volta provvide a far diventare momentaneamente pazzo il re che immediatamente si piegò in due dal dolore e scambiò suo figlio Driado per un tronco di vite i cui tralci che si contorcevano .Strappo quindi un’ascia dalla guardia più vicina e provvide a tagliare la colonna di tralci . Solo in un secondo momento si accorse che quello a cui aveva dato piu fendenti non era altro che il figlio che aveva quindi ucciso .
Ordino ai suoi umomini di ucciderlo ma questi stavolta ebbero paura del nuovo Dio e lo lasciarono andare . Prima di lasciare il palazzo invito tutti a lasciare liberi tutti i suoi seguaci e destituire il re , pena l’insecchimento delle loro terre e la sofferenza dell’intero regno .
Nei giorni seguenti tutto il territorio incominciò ad avvizzire . Nella città e nei campi le piante appassirono . I frutti marcirono ed il pane si coprì di muffa L’acqua nei pozzi divenne calda e putrida . I contadini non riuscivano a coltivare più niente e gli abitanti dopo un po non avevano di che sfamare i propri familiari
Alla fine dopo due settimane , le guardie reali invasero il palazzo e catturarono Licurgo . Lo trascinarono urlante e protestante nella piazza della città e gli legarono ciascun arto ad un cavallo che poi frustarono sulla groppa . I quattro cavalli scattarono al galoppo in quattro direzioni diverse.
Dopo questo orribile delitto , gli abitanti liberarono i seguaci di Dionisio e immediatamente le piante ripresero a crescere e i fiori a sbocciare . Le viti ricoprirono i muri del palazzo , caricandosi di succosi grappoli d’uva.
I cittadini a quel punto non solo impararono a produrre il vino ma cominciarono anche a costruire un Tempio dedicato a Dionisio .
Dionisio , ottenuta la sua vittoria , si mise quindi in marcia per far erigere altri tempi in suo onore in altre città . In ogni luogo dive andava distribuiva vono e diffondeva l’arte di produrre il vino .
Molte città accolsero con grande gioia Dionisio ed il suo esercito di baccanti e molte di prodigaro a rendergli onore impegnandosi a costruire un Tempio a lui dedicato . Ovunque andava portava gioia ed allegria ed i pochi re che non apprezzarono il nuovo Dio fecero tutti una brutta fine .
Tra questi il re di Tebe Penteo , che venne letteralmente fatto a pezzi per essersi senza permesso , spinto a spiare come non credente ad una festa orgiastica dove non era stao invitato . Scoperto venne trucidato dai seguaci del Dio
Ad Argo, manifestò la propria potenza in modo analogo facendo impazzire le figlie di re Preto e tutte le donne del paese che divorarono i propri nati.
Nelle isole dell’Egeo, noleggiata una nave diretta a Nasso , venne poi fatto da questi prigioniero . Essi rivelatisi poi di essere pirati , intendevano venderlo come schiavo in Asia, ma egli si salvò tramutando in vite l’albero maestro della nave e sé stesso in leone, popolando nel contempo la nave di fantasmi e di animali feroci che si muovevano al suono di flauti;.I marinai, sconvolti, si gettarono in mare ma il dio li salvò trasformandoli in delfini: pur consapevoli che non avrebbero più riacquistato la forma umana, i giovani compresero anche che il dio aveva voluto concedere loro la possibilità di riscattarsi, e così dedicarono il resto della loro vita a salvare i naufraghi. Per essersi dimostrato più buono degli altri pirati, Acete , il timoniere, non subì metamorfosi, divenendo sacerdote del dio.
Sbarcato nell’isola di Nasso , Il dio incontrò la giovane Arianna abbandonata in questo luogo da Teseo.
Arianna , figlia del re ateniese Egeo , si era follemente innamorata di Teseo e per questo motivo , decise di aiutarlo ad uccidere il famoso Minotauro . Grazie ai preziosi consigli di Dedalo a cui Arianna aveva chiesto aiuto , Teseo dopo aver aspettato che il Minotauro si addormentasse , uso’ la sua spada per staccare un corno con il quale poi trapasso’ la belva. Uscito dal labirinto , poi salpo’ con Arianna , che poi abbandonò dormiente , sull’isola deserta di Nasso.
Il motivo di tale abbandono e’ rimasto controverso ; si dice che l’eroe si fosse invaghito di un’altra o che si sentisse in imbarazzo a ritornare in patria con la figlia del nemico , oppure che venne semplicemente intimorito da Dionisio ( futuro marito di Arianna ) che in sogno gli intimo’ di lasciarla in quell’isola per poi raggiungerà e farla sua sposa.
Arianna , rimasta sola , inizio’ a piangere , finche’ apparve al suo cospetto il Dio Dionisio che per consolarla le dono ‘ una meravigliosa corona d’oro , opera di Efesto che venne poi alla sua morte , mutata dal dio in una costellazione splendente . : la costellazione della corona .
Come avuto modo di capire Dionisio dopo aver incontrato Arianna , abbandonata nell’isola di Nasso decise di farla sua sposa.
Sposato Arianna ,riprese di nuovo il mare allo scopo di diffondere il culto del vino ed insegnare all’uomo come farselo da soli . Insegnò loro a coltivare le viti e l’arte della vendemmia .
Era intanto fece un ultimo tentativo per ucciderlo . Dopo averlo isolato dalla sua chiera di seguaci lo fece impazzire ed egli in preda alla frenesia vagò con il tutore Sileno e un gruppo di satiri e baccanti fino in Egitto, dove si batté con i Titani, restituendo ad Ammone lo scettro che questi gli avevano rubato; in seguito si diresse in oriente, verso l’India, sconfiggendo numerosi avversari lungo il suo cammino (tra cui il re di Damasco, che scorticò vivo) e fondando numerose città. Al suo ritorno gli si opposero le Amazzoni che egli aveva già precedentemente respinto fino ad Efeso, ma vennero sbaragliate dal Dio e dal suo seguito.
Quando fece ritorno dall’india, Cibele o Rea lo liberò della follia e lo purificò degli assassini commessi in stato di ebbrezza e gli insegnò i misteri e i riti di iniziazione, per cui divenne il sacerdote della grande Dea e Dio lui stesso.
Durante queste sue peregrinazioni Dioniso insegnò agli abitanti delle regioni che percorreva l’arte della coltivazione della vite e pose al tempo stesso le basi della vita civile. Poco diffuso nella Grecia omerica, il culto di Dioniso si rafforzò in epoca ellenistica, e a Roma assunse gli aspetti più sfrenati e orgiastici, tanto che nel 186 a.C. il Senato dovette proibire le celebrazioni dei Baccanali. Il culto fu comunque continuato dalle sette mistiche che celebravano i misteri di Dioniso.
A Delfi, Apollo cedeva il proprio santuario a Dioniso per i tre mesi invernali. Lì, le feste in suo onore avevano sempre una natura orgiastica ma erano limitate a una rappresentanza ufficiale di donne provenienti dalle diverse città della Grecia e venivano celebrate ogni due anni.
Dioniso non veniva soppresso, bensì riconosciuto, moderato e istituzionalizzato. A Delfi, le celebranti diedero inizio anche a una sacra danza annuale con la scoperta rituale e il risveglio del piccolo Dioniso.
Gli accessori caratteristici dell’abbigliamento ritualistico del culto di Dioniso erano il tirso, la nebride e la mitra .
Anche gli animali avevano un ruolo particolarmente importante nel suo culto. Sacri gli erano il capro, il toro, la pantera, il leone, il serpente e l’asino. Le piante a lui care sono la vite, l’edera, il pino, il fico e il mirto ; gli strumenti musicali con cui viene rappresentato nelle immagini iconografiche sono flauti, nacchere e cimbali .
Spesso Dionisio si manifestava ai suoi fedeli anche con aspetto taurino visto che il toro fra i popoli antichi fu considerato come il simbolo della fecondità e della forza generatrice ma insieme ai suoi seguaci anche con la pelle di pantera . Questo animale grazie alla sua bellezza e alla stazza della sua taglia, era stato consacrata a Dioniso ed il carro nuziale su cui salì dopo le nozze con Arianna era appunto trainato da sei pantere.
Essendo “Signore degli animali selvatici” spesso appare nell’iconografia anche fiancheggiato da due leoni che appaiono addomesticati ed in suo potere ,grazie al suo gesto di imporre le sue mani sollevate sopra gli animali.
La cavalcatura solita di Dionisio era sul dorso di un asino che anch’egli quindi divenne un animale sacro al dio anche grazie alla sua forza fallica legata alla fecondità e alla potenza generatrice della natura. L’asino poi, come il capro, era divoratore di piante predilette da Dioniso, vite e anche fico. Come sempre, tuttavia, nel ciclo della rinascita e nel segno dell’ambiguità dionisiaca, la vita coincide con la morte e, non a caso, l’asino farà parte integrante anche del simbolismo funerario degli antichi.
Nel mondo dionisiaco accanto al vino e alla vite che sono i simboli che maggiormante rappresentano il Dio , troviamo anche l’edera ( I suoi devoti si facevano tatuare sul corpo foglie d’edera ) con cui era avvolto il l tirso , il pino che con la sua pigna incorona il tirso e con la sua resina serve alla conservazione e a temperare il gusto del vino , il fico divenuto simbolo della vita sessuale perchè sul suo legno si intagliavano i “falli” ed infine il mirto poichè per desiderio dei signori dell’Ade, Dioniso avrebbe lasciato nell’oltretomba il mirto in sostituzione della madre Semele, che egli sottrasse al regno dei morti ( così veniva motivata la credenza che il mirto appartenesse al dio e alle ombre degli inferi ).
Nella mitologia e nel culto di Dioniso vita e morte si intrecciano. La tomba del Dio si trovava nel santuario di Apollo a Delfi, dove veniva adorato ogni anno come il fanciullo risvegliato. Egli era cosiderato un dio adulto che moriva, un dio che trascorreva un certo tempo nell’oltretomba, e un dio neonato
Egli veniva onorato anche come il fanciullo divino e divenne il Dio di tutte quelle persone che si sentivano sessualmnte ” diverse ” dall’ordinario o che si sentivano nel loro modo di vivere un po’ come “pesci fuor d’acqua”, troppo emotivi, troppo sensibili o troppo sognatori e pertanto vivevano in maniera inadatta la propria vita .
Ancora oggi quando ci si riferisce ad una persona con atteggiamenti da “sognatore” e perdita di contatto con la realtà , in quello che viene dalla società di oggi identificato come ” l’eterno adolescente ” ad essere chiamato in causa è la fgura di Dionisio . Con esso si identifica solitamente sotto l’aspetto psicologico , un tipo di persona intensa ed emotiva, che si lascia prendere completamente dalla passione del momento, dimenticando impegni, incarichi o appuntamenti. Di conseguenza, non sembra potersi impegnare stabilmente né in rapporti duraturi, né tantomeno con impegni lavorativi concreti. Come il dio Dioniso, chi sviluppa questo archetipo di solito vaga da un posto all’altro, attirando le donne, sconvolgendo la loro vita e poi andando via. Attratto da qualsiasi cosa renda più intensa l’esperienza, non rimane indifferente alle sostanze allucinogene e nel migliore dei casi si lascia trasportare dalla musica. Fintanto che questa rimane una fase adolescenziale non c’è problema, quando però diventa uno stile di vita stabile, abbiamo a che fare con l’eterno adolescente che non vuole assumersi responsabilità nella vita.
Il rapporto di Dionisio con l’oltretomba lo si deve al fatto che egli decise di scendere nel regno dei morti per riportare in vita la madre e riguarda una delle storie più note e particolari che circondano la figura di Dionisio .
Si tratta del rapporto omosessuale avuto dal giovane Dionisio con Prosimmo , un uomo che lo condusse in un lungo viaggio fino alle porte di Ade sulla costa dell’ Argolide nei pressi di Lerna (e considerato da tutti un pozzo infinito senza possibilità alcuna d’uscita) . Questi come ricompensa per averlo accompagnato gli chiese di farsi amare come una donna: Dioniso accettò, gli chiese solo di aspettare che avesse portato in salvo Semele dalle grinfie della morte. Al suo ritorno dagli inferi però Dioniso scoprì che il pastore era morto prima ch’egli potesse onorare il suo impegno. Direttosi al tumulo che conteneva le spoglie mortali di Prosimno, Dioniso s’impegnò a soddisfarne almeno l’ombra: da un ramo di ulivo ( o di fico ) creò un Phallos di legno e vi si sedette sopra. Infine pose la figura dell’amico tra le stelle del cielo.
Questo racconto sopravvissuto solamente grazie a fonti cristiane, il cui obiettivo primario era quello di screditare moralmente tutta la religione pagana precedente serve se non altro a capire e dare spiegazione ad alcuni tra gli oggetti segreti che venivano rivelati durante i misteri dionisiaci.
Come avete potuto capire dunque Dioniso è un Dio, di sesso maschile ma di indole femminile, istintivo e passionale, assolutamente irrazionale e pulsionale. Anche per Lui, come per il padre Zeus, le donne giocano un ruolo fondamentale, tant’è che le sue seguaci sono prevalentemente donne.
La madre morì quando Dioniso era ancora un feto, e lui crebbe circondato da nutrici e madri adottive, e in seguito discese nell’Ade per cercare sua madre. Nell’ambito della mitologia greca, Dioniso è l’unico dio che salva e risana (anziché dominare e violentare) le donne che rappresentano precedenti divinità, detronizzate perché il popolo che le venerava è stato sconfitto.
Dioniso infatti discese nell’Ade per riportare in vita la madre Semele. Poi, insieme, ascesero all’Olimpo, dove lei divenne immortale. Semele era stata adorata nei tempi pre-ellenici come una dea associata alla luna e alla terra; lo stesso dicasi di Arianna, che Dioniso ebbe in sposa.
Arianna, figlia di Minosse, che era stata abbandonata sull’isola di Nasso da Teseo, si sarebbe sicuramente uccisa per la disperazione, se Dioniso non l’avesse salvata facendola sua sposa e per intercessione di Dioniso, Zeus la rese poi immortale . Ella fu adorata a Cipro come una mortale ingiustamente perseguitata che grazie a Dioniso era stata nuovamente deificata.
Le Dionìsie Rurali si svolgevano nei borghi (demi) attici intorno ad Atene, ed alla splendida processione prendeva parte tutto il coro degli efèbi. Vi si rappresentavano opere già allestite nelle grandi Dionìsie precedenti. ( alcuni demi (Kollytòs, Pireo) giunsero però a rivaleggiare con Atene e ad ospitare opere prime, ad esempio di Euripide)
Le Lenee si svolgevano nella brutta stagione ed avevano quindi una risonanza solo locale, priva dello sfarzo delle Grandi Dionìsie. Comprendevano una processione di carri, rappresentazioni tragiche e soprattutto comiche; mentre infatti vi partecipavano i maggiori commediografi, per la tragedia si rappresentavano opere di autori giovani o ancora poco noti.
Le Antesterie non comprendevano rappresentazioni teatrali. Duravano tre giorni tra febbraio e marzo, e costituivano una tipica festa primaverile di desacralizzazione del vino nuovo. Il primo giorno, l’undici del mese di Antesterione, si aprivano i vasi del vino nuovo. Il dodici, giorno “dei chòes”, si distribuiva il vino in chòes, brocche spesso miniaturistiche e adatte a bimbi. Vi era un pubblico banchetto e chi finiva il suo vino per primo, ne vinceva un otre. Il simulacro di Dioniso veniva portato in processione dal Lenàion al Ceramico di Atene e viceversa, accompagnato da un ricco corteggio. Il sacrificio ed il rito della ierogamia erano tesi ad assicurare la fertilità: la ierogamia era letteralmente il matrimonio celebrato o tra due divinità oppure tra una divinità e un essere umano; nel caso delle Antesterie, Dioniso si univa alla moglie di uno dei magistrati di Atene, l’arconte re. Alla fine delle Antesterie si fugava il clima di impurità creato da demoni e defunti (che si credeva vagassero per la terra in questi giorni) al grido ripetuto thyraze kêres, oukét’Anthestèria (‘fuori, dèmoni, sono finite le Antesterie’).
Durante la festa dei fiori (le Antesterie), che segnava l’inizio della primavera nel Mediterraneo, si portava il vino nuovo con una cerimonia davanti a una grande maschera di Dioniso.
Gli occhi della maschera guardavano direttamente il fedele, per il quale il Dio in persona era presente nella maschera.
La maschera ha una ruolo importante nel dionisismo e durante alcune celebrazioni i fedeli indossavano una maschera bianca, come simbolo del Dio, dell’infinito, del principio e fine di tutte le cose .
La maschera di Dionisio nel corso della storia è diventata qualcosa di misterioso e portatore di ignoti messaggi in quanto nel passato esse erano venerate come “epifanie” del dio stesso, e non come semplici suoi simboli. L’uomo che indossava una simile maschera, in un certo senso, indossava il dio, e non solo in apparenza, assumendo le sue fantastiche sembianze del volto, ma anche nella sostanza, immedesimando il proprio spirito con quello di Dioniso. L’adepto che compiva questo camuffamento diventava, per così dire, un essere ‘altro’ da se stesso. Chi indossava la maschera, dunque, diventava “altro”.
Ed essere “altro” in campo dionisiaco era sinonimo di ” tutto ” , significava quindi divenire uguale alla “totalità”: totalità che in questo caso è coincidentia oppositorum,cioè unione dei contrari.
La maschera stessa, di per sé, contiene una polarità di significati opposti: è “presenza”, perché considerata epifania di Dioniso, ma allo stesso tempo è “assenza”, perché ha le orbite vuote, e aspetta di essere indossata da qualcuno. E questo qualcuno diventa Dioniso, pur rimanendo se stesso, e, anche se UNO, rispecchia in sé i MOLTI.
C’è un mito orfico in cui Dioniso ci appare bambino che, con la faccia tutta impiastricciata di gesso (una sorta di maschera bianca), si guarda allo specchio e non riconosce più la sua stessa figura, considerandosi “altro” da sé. Che cosa significa questo mito?
Esso ci dice che il dio bambino, guardando la sua faccia bianca in uno specchio, non vede più se stesso, ma il Tutto. Ed ecco perché nel celebre affresco della Villa dei Misteri a Pompei è raffigurato un adepto che guarda in una coppa di vino, nella quale è riflessa l’enigmatica espressione di una maschera dionisiaca: in quella coppa c’è il Tutto.
Il dionisismo, dunque, è la ricerca di una divina armonia con l’universo, il tentativo di abolire le differenze fra animale e uomo e fra uomo e dio. Tappa forzata, però, e straziante, è l’annullamento dei contrari: la maschera costituisce l’arché e il tèlos, il “principio” e il “fine”, di questo cammino di misteriosa trasformazione; e lo sguardo inquietante delle sue orbite vuote apre l’adepto a prospettive oscure e luminose, comunque sovrumane.
Sempre a Pompei a proposito di immagini riflesse vi ricordiamo che si può ammirare anche un affascinante affresco di Narciso che si specchia nell’acqua e ammira la propria immagine . L’opera è emersa alle spalle di dove è stata scoperta l’immagine di Leda e il cigno e fa parte dell’atrio di una magnifica e lussuosa abitazione ricca di suggestive immagini che hanno resistito al tempo. Nell’ingresso possiamo ammirare il beneaugurante dio Priapo , nella stanza da letto il sensuale affresco di Leda e il cigno, e alle sue spalle uno splendido affresco del mito di Narciso.
Il dipinto si trova nell’atrio della lussuosa casa, a fianco di figure di menadi e satiri che, in una sorta di corteggio dionisiaco, accompagnano i visitatori all’interno della parte pubblica della casa.
Narciso è raffigurato secondo l’iconografia classica, nell’atto di specchiarsi nell’acqua, rapito dalla sua immagine.
Narciso era un bellissimo ragazzo figlio del fiume Cefiso e della ninfa Liriope; Egli completamente disinteressato all’amore, preferiva trascorrere il tempo nelle foreste, andando a caccia. Si innamorò perdutamente di lui la bellissima Eco , ninfa della montagna ma Narciso non se ne curò e la ninfa si consumò per questo amore impossibile.
Così si rinchiuse in una caverna ai piedi della montagna dove Narciso era solito andare a caccia, econ la sua bella voce continuò a chiamare per giorni e notti il suo amato. Egli pur sentendo Eco , non la raggiunse mai e della ninfa nel l tempo, rimasero solo le ossa e la voce, che continuò a vivere sulla montagna.
La dea Nemesi che aveva assistito a tutta la toria decise allora di punire Narciso per la sua crudele indifferenza e lo fece innamorare della propria immagine riflessa in uno specchio d’acqua; nel vano tentativo di afferrare l’immagine che credeva essere di persona vera, un giorno si sporse di più, finché perse l’equilibrio, cadde e le acque si rinchiusero sopra di lui. Si trasformò così in un fiore bellissimo e profumato : il narciso .
Narcisismo e bellezza erano anche due attributi che certo non mancavano ad Afrodite , dea della bellezza e dell’amore che secondo quanto raccontatoci da Omero pare fosse figlia di Zeus e della ninfa Dione anche se la versione più diffusa dice invece che fosse nata dalle spume del mare dell’isola di Cipro fecondate dal pene di Uranio che Crono aveva evirato nella sua ribellione . Da quel membro , a contatto con il mare, si formò una bianca spuma da cui nacque la fanciulla divina, che appena uscita dalle acque ,fu trasportata da Zefiro sulle onde del mare nell’isola di Cipro dove venne accolta dalle tre Ore , le Dee delle stagioni che provvidero a coprirla con un meraviglioso vestito di velo bianco . Dopo averle poi adornata il collo con una collana d’oro e posto sul capo una sottile corona in oro , provvidero ad portarla all’Olimpo , dove tutti gli Dei , folgorati da tanta bellezza, incominciarono presto a sbavare ….. Essi, completamente affascinati dalla bellezza di Afrodite , litigando e sgomitando tra loro incominciarono a corteggiarla in modo sfacciato , offrendole vari doni in cambio della sua mano .Essa era indubbiamente la più bella tra le Dee, con il suo fascino irresistibile ed attraente incarnava e rappresentava come nesun’altra donna l’Amore.
CURIOSITA’ : Nata in primavera , in un periodo quindi dove la natura rigogliosa e pura sboccia e tutto fiorisce e rinasce incontaminato e perfetto ,Afrodite era vista nell’antichità come portatrice di fertilità, e spesso rappresentata come nel famoso dipinto di Botticelli,( la Nascita di Venere) con un viso etereo, dei lunghi boccoli biondi che le percorrono tutta la schiena, ed un espressione di serafica e celestiale dolcezza. A lei erano sacre molte piante, come la rosa, il mirto, il melo ed il papavero, e diversi animali, come la lepre, la colomba, il delfino, il cigno ed il passero .
Poseidone , Apollo ed Ares entrarono quindi come avete capito tra loro in competizione ( lo stesso Zues non mancava di qualche erotico pensiero … ma era inibito da Era ) e facevano a gara per avere in sposa Afrodite . Atena ed Era , capirono subito che da quel momento la loro supremazia sarebbe stata messa in forse da una ben pericolosa rivale. Con un pizzico di gelosia ,esse notarono che nessuno riusciva a resistere al suo potere: tutti, uomini e animali, persino le piante a primavera obbedivano al suo dolce richiamo , ma da donne sagge non potevano permettere che l’intero consiglio degli Dei finiva nel totale caos per una donna .
Afrodite si doveva sposare immediatamente o a causa sua le discussioni non sarebbero mai finite sull’Olimpo
A porre fine a tutto questo provvide Era , la moglie di Zeus , che vestendosi della sua autorità di dea del matrimonio, decise che a sposare Afrodite , fosse suo figlio Efesto .
La cosa creò molto stupore tra i contendenti . Efesto era il più brutto degli dei. Pur essendo figlio della bellissima Era e del grande Zueus, nacque così brutto che sua madre ,appena nato vedendolo emise un grido di orrore e terrorizzata dall’orribile aspetto del proprio figlio ,lo scagliò giù dall’Olimpo con tutta l’energia che aveva in corpo . Il poverino , dopo una caduta durata un giorno intero , finì in mare , dove le ninfe , pietose , lo raccolsero e lo allevarono nell’isola di Lemmo , che essendo vulcanica ardeva di fuochi .Efesto fu subito attratto dal bel colore della fiamma sin da bambino si dedicò con applicazione all’arte di fabbro .Aveva un’officina nel cratere dell’Etna , dove con l’aiuto dei Ciclopi , dei giganti con un solo occhio , fabbricava armi e ornamenti per gli dei . Per se creava invece oggetti straordinari come per esempio dei tavoli con tre gambe che si spostavano da soli e persinodelle ancelle tutte in oro che si muovevano come se fossero vive e alle quali spesso si appoggiava quando era stanco ( non dimentichiamo che era zoppo e come tale si stancava facilmente quando rstava a lungo in piedi ).
N.B. non dimentichiamo che secondo la mitologia greca Efesto fu lui , su ordine di Zeus , a creare prima l’uomo e poi la donna ( Pandora ).
Efesto era continuamente tormentato dal fatto che sua madre lo avesse rifiutato e addirittura buttato via e per vendicarsi per tutto questo , un giorno ad Era in regalo una bellissima sedia tutta in oro e magnificamente scolpita. Sembrava a tutti un regalo meraviglioso e perfettamente adatto ad una donna del suo rango , ma in realtà era una specie di trappola.
Appena Era , infatti vi prese posto lanciò subito un grido : immediatamente la dea si trovò legata alla sedia da mille invisibili fili che non la facevano più muovere . Inutilmente tutti gli dei si impegnarono intorno a lei nel tentativo di liberarla ma ben presto tutti vennero alla soluzione che solo il costruttore poteva conoscere il segreto di quella sedia infernale .
Zues , allora mandò a chiamare Efesto chiedendogli gentilmente di liberare sua madre . Il fabbro divino si fece ovviamente un pò pregare e decise di accettare di liberare la madre solo se gli fosse concesso , come gli spettava , un posto tra gli Dei nell’Olimpo. Egli era si brutto , ma del tutto simile a loro ed in quanto figlio di Zeus ed Era ne aveva tutti i diritti.
Zeus , anche per sdebitarsi del torto fatto dalla moglie accettò, Era fu così libera e per farsi perdonare offrì poi come vedremo , successivamente ad Efesto Venere in sposa . Efesto molto soddisfatto per come erano andate le cose ottenne un posto tra gli Dei e la facolta di potersi trattenere sull ‘Olimpo ( anche se poi nell’Olimpo si fermò poco perchè si trovava meglio tra i Ciclopidi ) . Almeno inizialmente si trovò bene sull ‘Olimpo perchè fu ben accolto dagli altri Dei e iniziò quindi a costruire palazzi ed oggetti utili a tutti gli dei come il tridente di Poseidone, il carro del sole, spade, elmi ed altro. Col tempo dimenticò anche il torto subito dalla madre e si affezionò a lei, e proprio perché la difese durante un litigio con Zeus , si ritrovò di nuovo scaraventato giù dall’Olimpo su Lemmo, però questa volta per mano del padre. In seguito stanco per essere deriso per la sua goffaggine e per i continui tradimenti di Venere, decise di lasciare per sempre l’Olimpo e di rifugiarsi nelle viscere del monte Etna. Qui aiutato dai Ciclopi continuò la sua abilità di lavorare qualsiasi oggetto.
Il deforme Efesto quindi , come dicevamo , fu scelto dalla madre ,forse per ricompensarlo dell’amore che lei non aveva saputo dato al figlio ,come sposo per la più bella delle donne. Tutti gli altri Dei , ovviamente ci rimasero male . Tutti infatti volevano sposare Afrodite e nessuno di loro si capacitava come costui , zoppo e deforme potesse avere in sposa una donna così bella, ma presto dovettero ammettere che Era aveva ragione . Se a sposare infatti Afrodite fosse stato uno di loro , gli altri non avrebbero mai smesso di azzuffarsi e di sentirsi offesi . Ma se Afrodite avesse sposato Efesto , nessuno poteva essere geloso di lui . Egli era uno scherzo della natura e aveva una faccia deforme e gambe malandate. Per di più , se Afrodite fosse stata costretta ad un matrimonio infelice , ognuno di loro avrebbe avuto parecchie chance di diventare il suo amante segreto .
E così fu … Afrodite sposò Efesto ma girava il più possibile alla larga dal marito a cui era puntualmente infedele .Non ebbe mai figli con Efesto ma in compenso ebbe un sacco di figli con altri …. già di sposare Efesto, da una relazione con il principe troiano Anchise, generò il grande Enea (Afrodite per tale motivo divenne protettrice dei Troiani durante la guerra con i Greci, anche se non poté evitare né la disfatta di Troia né la morte di Paride al quale aveva promesso in sposa Elena ).
Subito dopo sposata comincio una relazione con il Dio della guerra Ares da cui nacque Eros , dio dell’amore ( il famoso Cupido ) che come sapete , con le sue frecce era capace di far innamorare uomini e donne , solo colpendoli .Alla sua nascita , Zeus , sapendo che avrebbe combinato motli guai , ordinò ad Afrodite di toglierlo di mezzo . Ma lei disobbendo a Zeus, lo nascose in un bosco , dove venne allattato da animali selvatici.
CURIOSITA’ :I Romani ebbero il corrispondente di Eros in Cupido. Essi lo descrissero come un ragazzino malizioso e capriccioso che colpiva all’improvviso facendo continuamente vittime. Talvolta aveva gli occhi bendati, per indicare che l’amore è cieco e non vede i difetti della persona amata (di solito viene rappresentato con alle sue spalle due alette) .
Intorno alla sua figura vi è la bellisima favola di Amore e Psiche che ci viene narrata da Apuleio nel suo romanzo L’Asino d’oro. Essa pur sotto metafora, dimostra la stretta unione fra Amore e Anima.
La favola narra di una giovane bellissima fanciulla di nome Psiche che tutti ammiravano ma nessuno chiedeva in sposa perchè in quanto troppo bella metteva paura.
La storia di Afrodite , che bellissima era stata data in sposa ad Efesto e poi proprio perchè così bella era ovviamente molto desiderata e corteggiata da altri uomini , portava gli uomini a diffidare delle donne ” particolarmente ” belle . Esse erano continuamente soggette a tentazioni da parte di altri uomini e c oeme Afrodite aveva tradito Efesto con Ares , questo poteva ovviamente capitare a chiunque sposasse una donna bellissima
Sposare una donna bella all’epoca veniva considerato quindi come avere una spada continuamente sospesa sul capo .
CURIOSITA’ :Avere la spada sospesa sul capo trova spesso un suo riferimento a Damocle . Egli era un uomo che viveva alla corte del tiranno Dionigi I di Siracusa . Continuamente egli , vivendo a corte dell’amico Dionigi , sosteneva pubblicamente che questi fosse un uomo molto fortunato poiché deteneva un grande potere. Il tiranno gli propose dunque di sostituirsi a lui per un giorno, così da poter godere della stessa fortuna, e Damocle ovviamente acconsentì. Durante il banchetto serale Damocle iniziò a gustare i privilegi del potere e solo a fine serata notò, sopra la sua testa, la presenza di una spada sospesa al soffitto mediante un sottile crine di cavallo . Dionigi voleva che Damocle comprendesse che la posizione dei potenti li esponeva sempre a pericoli e attentati. Immediatamente perse tutto il piacere del banchetto e chiese a Dionigi di cessare l’esperimento di cambio .
Ritornando alla nostra bella Psiche , il padre visto l’avviarvi di un immeritato zitellaggio della sua amata e bella figliola decise di consultare addirittura l’oracolo.
Consultato dal padre a tal proposito l’oracolo , questi consigliò di agghindarla come per un matrimonio e di condurla poi su una montagna isolata . La cosa fece subito irritare Afrodite .La dea pensando che ella volesse sposarsi ad un Dio e potesse poi con la sua bellezza contendergli il trono di donna più bella dell’Olimpo , decise di punire quella fanciulla che aveva la sfacciataggine di essere bella come lei con un brutto scherzo . Chiamò quindi suo figlio Eros e gli chiese di far sposare Psiche al più brutto degli uomini.Quando però Eros vide Psiche se ne innamorò perdutamente e decise di portarla in un meraviglioso palazzo ,dove andava poi a trovarla tutte le notti. Nessuno e tantomeno Afrodite dovevano sapere chi fosse il misterioso sposo di Psiche e per tale motivo egli chiese a Psiche di non guardarlo mai in faccia . Ella promise ma tutte le mattine , allo spuntare del Sole , il suo sposo spariva e lei restava sola e triste . Le sue sorelle , che erano sempre state invidiose della sua bellezza , le suggerirono così di rompere il patto .Instillarono in lei il dubbio che forse era il più brutto degli uomini e che non voleva farsi vedere perche orribile come un mostro . Cosi una notte , Psiche , tormentata com’era da mille dubbi , accese una lampada e si avvicinò allo sposo che dormiva .
Con sorpresa scoprì che il suo sposo era il bellissimo Eros , il dio dell’amore e presa da entusiasmo fece però cadere in quel momento una goccia d’olio caldo dalla lampada sulla spalla di Eros , che si svegliò. Egli a quel punto spiegò immediatamente le ali e volò via . Da quel momento , la povera fanciulla soffrì mille pene , tormentata crudelmente da Afrodite , ma alla fine rirovò Eros , che la prese tra le braccia e la portò con se tra gli immortali.
CURIOSITA’ : Con Ares Afrodite ebbe anche altri figli oltre ad Eros . Dalla loro unione nacquero Anteros (personificazione dell’amore corrisposto), Demo (Terrore), Fobo (Paura ), Armonia ed infine Imene, il Dio delle nozze, in onore del quale giovani e giovinette cantavano inni durante le cerimonie solenni dello sposalizio.
Con la sua bellezza divina Afrodite nonostante rappresentava la Dea dell’amore, della sensualità e della lussuria, , non possedeva affatto , come vedremo , le qualità di una donna romantica , dolce e sopratutto fedele . Viene infatti descritta nella mitologia classica come una creatura infedele e lussuriosa, vanitosa, irritabile e permalosa. Essa era certamente la più bella donna del creato e lei ne era perfettamente consapevole , pertanto era anche gelosa, passionale, e facile all’ira ed alla vendetta, soprattutto nei confronti di coloro che pretendevano di strapparle i suoi amanti , o anche solo di volerli condividere .
Afrodite fu uficilamente l’amante di Ares che comunque non mancò di tradire con il bellissimo Adone, un cacciatore che morì a causa delle profonde ferite riportate in seguito all’aggressione di un grosso e feroce cinghiale. Sulle sue spoglie Afrodite recitò un incantesimo ordinando che queste tornassero in vita ogni primavera con le sembianze di un anemone, il fiore dall’intenso colore porporino.
La storia avuta da Afrodite con Adone, un giovane di rara bellezza , suscitò ovviamente la gelosia del suo amante Ares che, scagliandosi contro il giovane sotto forma di cinghiale, lo uccise.
N.B. Ares era un Dio particolarmente infurioso e bellicoso , spavaldo , arrogante e dotato di una particolare forza bruta Il suo culto nella nostra città era presente nella Fratia degli Aristei che si trovava nei pressi di Castel Capuano
Adone scese nelle tenebre dell’Oltretomba, dove la stessa Persefone si innamorò di lui. Afrodite, però, con preghiere insistenti, ottenne da Zeus che il giovane fosse richiamato alla vita. Di fronte all’opposizione di Persefone intervenne la musa Calliope, la quale stabilì che Adone trascorresse parte dell’anno presso Afrodite e parte presso Persefone. Ma una volta terminata la permanenza di Adone presso Afrodite, questa non volle cedere il giovane. Zeus allora divise l’anno in tre parti: Adone per quattro mesi sarebbe stato libero di vagare sulla Terra, per quattro mesi sarebbe stato nel regno dei morti presso Persefone, e per i restanti quattro mesi presso Afrodite. Così, come Proserpina, anche Adone simboleggiò l’alternanrsi delle stagioni.
Ares (Marte nella religione e cultura romana), era il dio della guerra, del sangue e della lotta. Fratellastro della dea Atena, entrambi erano gli Dei della guerra, ma con una precisa distinzione: Ares prediligeva della guerra gli aspetti più sanguinari e violenti, Atena invece della guerra intesa come strategia e scaltrezza .
Ares nato in Tracia da Zeus ed Era , viveva in un tempio protetto dalle Amazzoni, e andava in battaglia indossando un’armatura di bronzo ed impugnando una lancia. Spesso in battaglia era accompagnato da temibili presenze, come il demone del frastuono e lo spirito della battaglia e dell’omicidio. Altri dei suoi compagni di lotta erano il Terrore, Deimos, la Paura, Fobos, e la Discordia Eris (o Epis); talvolta erano anche presenti Polemos (in greco significa guerra) ed anche sua figlia Alalà, personificazione dell’urlo di battaglia. Animali a lui sacri erano l’avvoltoio, il cinghiale, il cane, il gufo ed il picchio. Suoi simboli erano invece, erano l’armatura bronzea e la quadriga, trainata da cavalli immortali con finimenti dorati.
CURIOSITA’ : La leggenda certamente più famosa riguardante Ares è quella, riguarda il momento in cui egli fu sorpreso, insieme all’amante Afrodite, durante uno dei loro incontri amorosi, dal dio del sole Helios. Quest’ultimo riferì ciò che aveva visto al deforme marito di Afrodite, il dio del fuoco Efesto, il quale decise di tendere una trappola alla moglie infedele ed al suo amante. Forgiata una rete dorata, Efesto li intrappolò, bloccandoli, nell’atto dell’unione. Non ancora soddisfatto, il dio del fuoco andò a chiamare gli altri dei e dee dell’Olimpo: le dee si rifiutarono di accrescere ulteriormente la vergogna dei due amanti, mentre gli dei accorsero nella camera di Efesto a sbeffeggiare i due intrappolati. Per intercessione di Poseidone, infine, Zeus liberò i due dei dalla catena dorata. Ares, per la grande vergogna, fuggì nella sua terra natia, la Tracia.
Orfeo , giunto dinanzi a Plutone ( Ade ) si mise nuovamente a suonare , Il dio degli inferi commosso dalla sua melodia , e non volendo privare il mondo della sua musica acconsentì a restituirgli la sua amata che lo avrebbe seguito ma al patto di non voltarsi mai a guardarla fino all’ uscita . Ma quando l’uscita era oramai vicina e si vedeva il tenue bagliore della luce del sole , temendo che Euridice fosse rimasta indietro ed avesse perso la strada , Orfeo purtroppo si girò e perse di conseguenza per sempre l’amata sposa.Il patto era stato infranto .
Il povero Orfeo disperato e piangente tornò alla selve della Tracia dove inutilmente continuò a cantare il suo dolore . Ovunque lui andasse , lo seguivano languore e malinconia ; nè egli aveva occhi per le altre fanciulle . Pensava sempre e soltanto alla sua Euridice . Ciò parve una sfida alle donne baccanti della Tracia che amavano solo chi faceva baldoria con loro . Un giorno esasperate dal contegno di Orfeo , lo aggredirono e lo uccisero .
Noi comunque non crediamo che questa importante fratia sia legata ad Aristeo . Siamo invece convinti che in essa vi si particava il culto di Ares, il Dio della guerra . Egli essendo molto forte, era anche molto bello ed ebbe di conseguenza molte amanti e svariati figli. Le più importanti furono: Afrodite, da cui ebbe Eros, Anteros, Armonia, Fobos, Deimos, Priapo ed altri, dalla regina di Atene Agraulo ebbe Alcippe, dall’eroina Atalanta ebbe Partenopeo, un eroe, dalla Musa Calliope ebbe Eagro, un dio fluviale, da Pirene ebbe Cicno (che fu ucciso da Eracle), Licaone e Diomede di Tracia, dalla regina delle Amazzoni Otrera ebbe 5 figlie, tra cui Pentesilea e Melanippe, ed infine dalla vestale Rea Silvia ebbe i due leggendari fondatori di Roma, Romolo e Remo.
Il culto di Ares era principalmente celebrato a Sparta, città particolarmente devota all’arte della guerra e della lotta. In questa città era presente una possente statua del dio. La splendida e lussuriosa Afrodite ebbe comunque altre numerose relazioni sentimentali con dei e mortali. Oltre al gia citato bellissimo Adone , ella ebbe come vi abbiamo accennato anche una relazione con Anchise , il principe troiano dalla cui unione nacque Enea. Per questo motivo i Romani la venerarono come loro protettrice, considerandola una loro progenitrice.
CURIOSITA’ : L’incondizionato aiuto portato da Afrodite ai Troiani per tutta la durata della guerra , si ricollega con la leggenda del pomo d’oro della Discordia concesso alla Dea piú bella.
Tutto accadde per un mancato invito ad un matrimnio . Quando infatti sul monte Pelio , si celebrava il matrimonio della nereide Teti con Peleo, re dei Mirmidoni , erano stati invitati allo stesso tutti gli dei , tranne Eris, la dea della discordia che per questo affronto era molto arrabbiata . Decise allora per vendicarsi, di far cadere dall’alto sulla mensa una magnifica mela d’oro con su scritto “alla più bella”.
Era subito l’arraffò, ma Afrodite e Atena la reclamarono con grida. Zeus allora ordinò che l’arbitro della questione fosse il più bello degli uomini,che in quel periodo pare fosse Paride, figlio di Priamo, re di Troia, che in quel momento si trovava sul monte Ida.
Hermes , fu quindi incaricato da Zeus di condusse le tre dee contendenti sul monte Ida e spiegò le circostanze a Paride.Egli doveva giudicare chi tra le tre dee era la più meritevole di avere il pomo.
Paride non sapeva quale di esse scegliere poiché erano tutt’e tre belle. Le tre dee, allora, gli fecero una promessa a testa: Atena gli avrebbe dato la sapienza e l’invincibilità in combattimento , Era lo lusingò invece con il possesso di un vastissimo regno ( il dominio dell’Asia) e Afrodite con l’amore della donna più bella del mondo come sposa( Elena ). Nonostante le allettanti proposte , il giovane Paride consegnò il pomo e la palma della vittoria ad Afrodite, e questo giudizio ebbe conseguenze funeste perché da esso derivò la guerra di Troia.
Ovviamente nella guerra di Troia , Atena ed Era che erano furiose con Paride, perchè gli aveva preferito in bellezza Afrodite , parteggiarono e spesso aiutarono i greci , mentre invece Afrodite parteggiò e spesso aiutò i Troiani.
Afrodite anche se in qualche modo venne collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, non fu mai la Dea dell’unione coniugale, quale fu invece Era. Lei rappresenta l’amore passionale ed indossava sotto la tunica ( il famoso cinto magico ) , una particolare cintura magica capace di rendere irresistibile chiunque lo possedesse, e quindi far innamorare chiunquetu volessi .Per spostarsi , guidava un cocchio d’oro tirato da uno stormo di colombe bianche, passeri e grossi cigni ( una sua rappresentazione la possiamo ammirare attraverso uno splendido capolavoro dell’800 in porcellana presente nel nostro Museo di Capodimonte) . I suoi animali preferiti erano il coniglio e l’oca ( spesso viene raffigurata mentra cavalca all’amazzone una grossa oca ).La sua pietra sacra era la perla (essa proveniva dal mare proprio come lei ).
Afrodite ha incarnato per secoli per gli uomini ma anche per le donne ,il principio del piacere sessuale fine a sé stesso Lei come dea e donna amava per il piacere di amare, a differenza di molte altre donne che amavano invece solo per compensare un vuoto, o per “sistemarsi” o per procreare. Ella sceglieva ad uno ad uno i suoi amanti, non subendo mai le altrui scelte. Con i suo cinto magico, che indossa per sedurre chiunque lei sceglieva di amare, chiunque voleva e gli piaceva facendo dono della sua bellezza e del suo amore, senza altri scopi se non l’amore stesso. Afrodite utilizzava l’erotismo come strumento di seduzione che che doveva prima di tutto gratificare Lei.
CURIOSITA’: Il patriarcato ebbe tra i suoi tanti risultati anche la scissione del femminile in due parti: la madre e la vergine, dove non sembrava esserci molto spazio per la funzione sessuale se non per riprodursi .
Il sesso poteva essere vissuta dalla donna solo all’interno del matrimonio, allo scopo di riprodursi, oppure prima del matrimonio o fuori da esso, con tutte le conseguenze che questo comportava .
Afrodite veniva spesso rappresentata con uno specchio in mano. Lei si specchia e si piace, indipendentemente dall’altrui giudizio e contro ogni morale collettiva voleva sopratutto invitare le donne di epoche passate a scoprire sè stesse riflesse in ciò che si ama, per poi ancor più amare sé stessi, la vita, e l’amore.
Gli antichi greci lo avevano capito e come vedremo dopo , osservando alcuni affreschi ritrovati a Pompei , essi avevano un completo diverso rapporto con il sesso . All’epoca la libertà sessuale era sicuramente maggiore rispetto ai nostri tabù moderni e Afrodite rappresentava l’espressione massima della potenza dell’amore.
A dimostrare quanto gli antichi Greci davano importanza ad Afrodite e la sessualità che essa rappresentava , sorsero nel tempo molti miti in cui la dea addirittura si vendicava contro coloro che disprezzavano l’amore .
Uno su tutti fu il mito di Pigmalione , re di Cipro nonchè abile scultore. Egli per la sua passione scultorea non aveva tempo né voglia di pensare all’amoree al matrimonio. Afrodite se ne accorse e volle vendicarsi. Lo fece così innamorare di una statua d’avorio da lui stesso scolpita che raffigurava una fanciulla bellissima. Da quel giorno, il disgraziato non ebbe più pace: passava giorno e notte a contemplare la figura scolpita, ad accarezzarla, a dirle soavi parole d’amore, e di ardente passione …. ma nonostante tutte le sue espansioni, la statua restava lì muta, fredda ed insensibile.
Pigmalione credeva d’impazzire e supplicava umilmente Afrodite se volesse in qualche modo aiutarlo. Afrodite godeva di quella vendetta, ma poi si commosse e, toccando con le sue divine mani la statua, le diede la vita. La fanciulla scese allora dal piedistallo e si avvicinò a Pigmalione col sorriso. Lo scultore la sposò e dalla loro unione nacque un figlio, Pafo.
In epoca tarda il nome di Afrodite subirà un cambiamento e si fece una chiara distinzione tra tra Afrodite Pandemo (ovvero l’Afrodite terrena ,protettrice anche di amori volgari), Afrodite Urania (l’Afrodite marina, protettrice delle navigazioni e dei naviganti) e l’Afrodite Pontia (ovvero colei che ha potere su tutta la natura ed era considerata la Dea dell’amore celeste, datrice di ogni benedizione.
Il culto di Afrodite nella nostra antica città era fra i più antichi praticati e secondo molti era addirittura presente come Afrodite Leucothea, la Dea che concedeva una felice navigazione, addirittura prima della fondazione di Neapolis. Una sua bella rappresentazione la possiamo ammirare in una sala del nostro bellissimo Museo Archeologico Nazionale . Si tratta di una statua che come vedrete non è esposta come tutte le altre frontalmente come qualsiasi altro reperto, bensì di spalle.
Naturalmente non è un caso se la statua è esposta in questo modo. Il suo nome è già un indizio: ‘Callipigia’ che in greco significa ‘dalle belle natiche’ . Si tratta infatti di quello da tutti definito ‘il più bel fondoschiena dell’antichità’ ed uno dei migliori esempi dell’ideale di bellezza femminile della civiltà classica.
Ovviamente il fondoschiena è quello di Afrodite e dopo averlo osservato vi sarà , sono certo , ben chiaro il motivo per cui quest’opera d’arte è insolitamente esposta di schiena anziché frontalmente.Le natiche della dea della bellezza Venere, sono un gran capolavoro che merita sicuramente un primo piano. La bellezza morbida delle forme e la rifinitura estremamente curata della pietra che riproduce in maniera così realistica e perfetto la parte inferiore del lato B della Dea ha reso leggendaria la Venere Callipigia ,apprezzata e indicata da molti come uno dei più erotici capolavori della storia dell’arte ellenica.
La storia di questo capolavoro dell’arte antica è in parte ignota. Sappiamo che la statua è stata rinvenuta nei pressi della Domus Aurea e che risale all’età adrianea, quindi al II sec.d.C.; si tratta di una copia romana da un originale greco del II sec.a.C., sebbene l’iconografia risalga al IV sec.a.C. Nel 1594 fu acquistata dalla famiglia Farnese, di cui abbellì il palazzo meglio noto come Villa della Farnesina. La statua fu esposta al centro della ‘Sala dei Filosofi’ e formava un gruppo di tre statue insieme alle due Veneri accovacciate, anch’esse in esposizione al MANN. Nella ‘Sala dei Filosofi’ erano esposti ritratti di filosofi e letterati, ed è curiosa la collocazione che i Farnese scelsero per la Venere Callipigia che, essendo posizionata al centro della sala, sembrava essere osservata dai filosofi e dai letterati i cui ritratti la circondavano. Nel 1786, insieme a gran parte della famosa Collezione Farnese, fu trasferita a Napol ed esposta nel 1792 al Museo di Capodimonte . Solo nel 1802 fu trasferita al Palazzo degli Studi, oggi Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e inizialmente posta nella collezione segreta per la sua spiccata sensualità.
CURIOSITA’ : La statua della Venere Callipigia è uno dei più belli esempi di scultura greca che sono arrivati fino a noi.Essa realizzata in epoca romana durante l’impero di Adriano, fu ritrovata priva di testa nella Domus Aurea. Essa fu aggiunta in un primo momento dalla famiglia Farnese quando l’acquistarono. Al definitivo restauro dell’opera che avvenne successivamente al trasferimento a Napoli, fu incaricato Carlo Albacini che provvide in particolare alla sostituzione della testa, e al ripristino delle spalle, del braccio sinistro con parte del lembo del peplo, della mano destra e del polpaccio destro. Il restauro, molto ben fatto, ha lasciato alla statua il suo stile ellenistico.
La dea è raffigurata nell’atto dell’anasyrma, ovvero mentre scopre i fianchi e il fondoschiena sollevando il peplo, e volge lo sguardo all’indietro per ammirarli con consapevole malizia ( probabilmente la dea viene colta nel momento in cui si accinge a fare un bagno, e solleva l’abito ).
Per la sfacciata posa resa ancor più realistica dallo stile esecutivo tipico del tempo, pur sempre ammirata e custodita gelosamente, fu per un certo periodo oggetto di censura e quindi custodita nella collezione segreta dei Farnese lontano da occhi indiscreti.
Gli stessi occhi indiscreti che per anni sono stati i soli a poter visionare il famoso ” Gabinetto segreto ” dove sono state raccolte sculture ed oggetti “osceni”, ad alto tasso erotico e pornografico , ritrovati durante gli scavi archeologi di Pompei ed Ercolano . Essi al momento della scoperta vennero immediatamente occultati alla vista tramite teloni o rinchiusi in magazzini senza alcuna possibilità di accedervi da parte del pubblico, ma aperti solo su esplicita richiesta degli studiosi .
Ad imbarazzare I vari esploratori dei siti archeologici esplorati era sopratutto il grande simbolismo fallico che caratterizzava buona parte delle sculture e di alcuni affreschi.
Il fallo veniva infatti spesso accentuato con evidenza in molti oggetti ed addirittura chiari temi sessuali erano pure presenti in alcuni articoli casalininghi o comunque di uso domestico comune .
Specchi in bronzo, vasi attici a figure rosse, campanelli, candelieri, flaconi per profumo, statue , affreschi ed altri numerosi reperti scabrosi si accumularono in misura sempre maggiore tra lo stupore persino degli stessi addetti ai lavori .Erano reperti che alla loro scoperta scandalizzarono parecchio la società dell’epoca e per lungo tempo furono quindi tenuti ben nascosti al pubblico e solo gli archeologi , dietro formale richiesta potevano accedere alla loro visione .Si trattava per l’epoca di uno shock culturale troppo forte e l’imbarazzo di esporli mise in considerevole crisi il mondo archeologico : ; ad esempio un affresco murale raffigurante il Dio Priapo , dio sessuale per eccellenza e con il pene eccezionalmente dotato sia per dimensioni che per lunghezza, venne ricoperto addirittura con l’intonaco ( quest’ultimo è venuto via soltanto nel 1998 a causa di una serie di abbondanti precipitazioni ).
Il rinvenimento sempre più copioso di oggetti “osceni”, portò alla decisione di dedicare a questi particolari reperti una loro sala riservata ( gabinetto segreto ) nel famoso nascente Museo Ercolanense di Portici , per poi essere in fase successiva trasferiti al Museo Archeologico di Napoli dove al momento continuano a trovarsi e poter essere visualizzati.
CURIOSITA’. Nel 1819, quando il re Francesco I delle Due Sicilie visitò la mostra dedicata a Pompei presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli in compagnia della moglie e della figlia, rimase talmente imbarazzato per le opere di contenuto così esplicitamente sessuale da decidere di far raccogliere tutto all’interno di stanze apposite ( appunto il gabinetto segreto ), e diede disposizione che al ” gabinetto segreto “potessero avere accesso all’ingresso solo unicamente le persone di matura età e di conosciuta morale”,
L’incredibile scoperta di un’arte erotica , durante gli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano così fortemente voluta da Carlo I di Borbone , portò presto tutti a ritenere Pompei in passato un luogo di sesso , libertinaggio e perdizione dedito alla più sordida e dissoluta impudicizia per cui da Dio meritò , come Sodoma , il castigo del fuoco , ma ben presto capirono che Pompei non era tanto diversa da altre città romane dove la libertà sessuale era sicuramente maggiore rispetto ai nostri tabù moderni, e i luoghi del piacere non erano assolutamente ritenuti scabrosi, anzi, le prostitute, svolgevano un ruolo fondamentale nella società, consentendo agli uomini la loro libertà e alle donne di poter rimanere oneste e virtuose secondo il mos maiorum.
La prostituzione infatti per la società romana dell’epoca non era un crimine e le meretrici svolgevano abbastanza liberamente la loro professione, vendendosi nelle strade, trivia, oppure alle dipendenze di un lenone, uno sfruttatore di prostitute, in osterie o bordelli. Addirittura il calendario romano prevedeva una festa dedicata alle prostitute che avveniva il 23 aprile ed una festa per i prostituti maschi che avveniva invece il 25 aprile .
La presenza di tali reperti ed immagini indicava solo che gli usi e costumi della civiltà Romana erano molto più liberali rispetto alla maggior parte delle culture dei nostri giorni , e molti di quegli oggetti che a noi oggi sembrano esclusivamente immaginario erotiche erano invece anche simboli richiamanti alla fertilità, o scaramantici talismani portafortuna.
I falli eretti e sopratutto quelli di grandi dimensioni avevano un valore propiziatorio della fertilità e rappresentavano dei potenti talismani portafortuna e beneauguranti. Ad esso si attribuiva il potere di allontanare il male e veniva considerato un simbolo di fecondità ,augurio e prosperità . Per tale motivo , per proteggere dal male la casa e attirare verso di essa invece la buona sorte , venivano spesso venivano esposti o affissi sul muro nell’atrio dell’abitazione .
Il fallo era quindi particolarmente presente nelle Domus romane . Un esempio su tutte è per esempio la famosa casa dei Vetti . Essa di proprietà di due mercanti arricchiti , meglio rappresenta il lusso degli ultimi decenni di vita della citta’, caratterizzata da fantastiche decorazioni perfettamente conservate delle mura che appaiono nobilitati da soggetti mitologici ed eroici con ricorrenti fregi di Amorini e Psichi .
All’ ingresso della bella abitazione , oltrepassato il vestibolo , si nota e incuriosisce un’oscena figura di Priapo che poggia il suo enorme fallo sul piatto di una bilancia , mentre sull’altro piatto , poggia una borsa di monete ,quasi a simboleggiare il prezzo da pagare per la protezione .
Questa figura era stata messa all’ingresso della casa con lo scopo ben preciso di allontanare il malocchio degli invidiosi e dei gelosi della ricchezza dei Vetti .
I due proprietari Aulo Vettio Restiuto e Aulo Vettio Conviva , fecero di questa abitazione una vera e propria lussuosa abitazione privata che dopo due secoli di scavi continua a rimanere forse , nella sua ricca e completa decorazione parietale la piu’ bella casa romana che il tempo ci ha restituito .
CURIOSITA’: Nel mondo Romano il membro virile era considerato un potente amuleto capace di proteggere dal male e ancora oggi , sopratutto dalle nostre parti non è raro osservare persone che contro il malocchio sono soliti toccarsi i genitali in senso scaramantico .
L’attuale corno , simbolo per eccellenza della scaramanzia napoletana, non è altro che la stilizzazione del fallo del dio grecoromano Priapo, custode dei campi, protettore dal malocchio e dio della prosperità della casa e della pesca. Esso viene ” regalato ” come antidoto contro il malocchio , inteso come un “portabene” che esorcizza il male e le negatività e spesso viene sostituito alle porte o ai balconi da cascate di peperoncini rossi, che con i loro semi piccanti hanno la funzione simbolica di allontanare le malelingue.
I tintinnabulum (campanelli eolici), sculture in bronzo rappresentanti animali o divinità erano elementi alquanto comuni nella decorazione delle case. Ovunque, sono stati ritrovate sculture di grandi peni in erezione, con tutta probabilità da intendere quindi come simboli di fertilità e fortuna.
Gli oggetti oggi esposti nel nostro Museo Archeologico , toccano tutte le sfere della sessualità antica, e mostrano quanto libero fosse il sesso ed il piacere sessuale nell’antica Roma che come vedrete dalle immagini seguenti veniva vissuta senza ipocrisie e falsi bigottismi, nella piena libera espressione della gioia del vivere come sosteneva il buon Epicuro .
N.B. A Pompei , come a Roma , e come in tutto il mondo romano, seppur molto diffusa, la prostituzione era comunque considerata infamante al pari del mestiere di attore o di chi praticava l’usura .Coloro che decidevano di esercitare questa professione cadevano quindi comunque nella vergogna sociale , e venivano private della maggior parte dei propri diritti civili inclusa la facoltà di testimoniare di fronte a un giudice . Esse venivano relegate alla condizione di infamia , persone cioè totalmente mancanti di qualsivoglia posizione sociale e deprivate della maggior parte delle protezioni concesse a chi possedeva i requisiti di cittadinanza dal diritto romano .
I nomi più comuni con i quali esse venivano indicate erano sopratutto quelli di meretrix e lupa. Il primo deriva dal verbo merere, che indicava un guadagno dietro una prestazione; la meretrix non era una prostituta qualunque, ma una cortigiana esperta nell’ars amatoria, nella musica, nella danza e nel canto: una vera intrattenitrice spesso con un nome esotico, greco o orientale. ( ricordiamo sempre infatti che chi esercitava era una schiava che spesso veniva da terre lontane o una donna di ceto umile ).
Il secondo invece, quello cioè di “lupa” , era sopratutto riferito ad una prostituta di bassa categoria, e da qui deriva la parola lupanare (luogo delle lupae). Esisteva però anche la fornicatrix, colei che si prostituiva sotto i ponti (fornices); la bustuaria, che si prostituiva presso i cimiteri dove c’erano i busti in marmo dei defunti; e la circulatrix, che passeggiava ricercando i clienti.
N.B. Solitamente, il ceto sociale dei clienti era medio; i romani più ricchi potevano liberamente disporre di schiavi e schiave che avevano nelle loro domus e volendo potevano ricevere le prostitute scelte direttamente in casa propria .
Esistevano prevalente 3 classi di prostitute :
Le prime chiamate ” Pornai ” erano la classe inferiore di donne che commerciava il proprio corpo, allo stesso modo dei colleghi uomini, i Pornoi. Esse erano quelle donne spesso costrette a questo mestiere da una grave condizione sociale che non lasciava scampo ad altra soluzione (schiave o cittadini senza diritti). Erano quelle in genere , per la maggioe parte impiegate nei bordelli al servizio di un protettore, che le gestiva in modo professionale come un mestiere equiparato a tanti altri. La paga della sua prestazione era di un “obolo” ( nell’antica Roma divennero gli Sprintria ) che corrispondeva a un sesto di una dracma, e che costituiva un prezzo accessibile a tutti. Durante la Grecia classica le Pornai erano quasi sempre donne “barbare”, che giungevano in condizioni di schiavitù ad Atene, mentre durante la Grecia ellenistica poteva trattarsi anche di giovani ripudiate dalla famiglia e costrette a prostituirsi per sopravvivere.
CURIOSITA’ :Le Spintriae erano dei particolari gettoni romani, usati in genere per pagamenti all’interno di un lupanare, e su di essi vi erano di solito raffigurate inequivocabili scene erotiche. Essi i erano utilizzati per pagare le prestazioni sessuali delle prostitute e di norma venivano coniati in ottone o bronzo con le dimensioni di una moneta da 50 centesimi di euro. Su un lato vi era la rappresentazione di scene in 15 diverse forme di coito o fellatio, mentre sull’altro i numeri da I a XVI. In alcune spintriae si trova a volte impressa la lettera “A”, probabilmente ad indicare il costo delle prestazioni in assi. Molti di questi particolari gettoni vengono spesso rinvenuti nel corso degli scavi archeologici, soprattutto nelle vicinanze dei Lupanari.
La seconda classe di prostitute erano quelle ” libere ” cioè senza alcun protettore , Esse erano quindi quelle donne che erano riuscite a liberarsi dalle case di tolleranza, e potevano quindi esercitare la prostituzione in strada, liberamente, sempre versando i tributi allo stato . La loro condizione era immediatamente superiore a quella di “schiave sessuali” come le pornai, ma era comunque infima, e non a caso condividevano il nome con le donne impiegate nei bordelli. Esse per attrarre in strada clienti visto che che non potevano esporsi nude come facevano le colleghe dei lupanari, indossavano dei sandali speciali che, nella suola, recavano la scritta: ΑΚΟΛΟΥΘΕΙ – Seguimi
Un esplicito invito a fruire delle prestazioni in luoghi appartati.
CURIOSITA’: Era abbastanza comune nell’antichità scrivere sotto la suola delle scarpe ed i Greci sotto le suole scrivevano il nome dell’oggetto dei propri desideri. Le prostitute greche, sapendo che la pubblicità era l’anima del commercio, incidevano la suola delle loro scarpe a mò di timbro, in modo che rimanesse impressa sulla strada da loro percorsa la frase “SEGUI I MIEI PASSI”.
La terza classe di prostitute erano le ” Etere” , cioè la classe più elevata che si dedicava anche alla prostituzione, paragonabili per molti aspetti alle ” Geische giapponesi ” o alle prestigiose cortigiani veneziane del Rinascimento. Esse erano donne coltissime, che costituivano spesso compagne abituali dei ricchi uomini greci (fra loro si ricordano Socrate, Pericle e Alessandro Magno, fra gli altri), che erano gli unici a poter sostenere le ricchissime parcelle che queste richiedevano, anche solo per la loro compagnia. Le Etere avevano infatti dei costi salatissimi che potavano arrivare anche a 30 mine ( una mina corrispondeva a 100 Dracme ) . Tenete presente che 3000 Dracme era il salario di un dipendente pubblico con 8 anni di servizio, era di circa 3000 Dracme .
Le Etere in privato, erano solite indossavano abiti sgargianti e pregiati in seta trasparente. Le prostitute di bassa estrazione sociale, invece tendevano a mostrarsi quasi del tutto nude di fronte al proprio cliente. Essa doveva dare subito all’occhio, per attirare clienti e vestivano quindi con abiti succinti e trasparenti, trucco marcato e capelli tinti con colori sgargianti come il rosso o il biondo .
CURIOSITA’: Tra i tanti graffiti ritrovati sulle mura di Pompei, vi sono anche quelli di molte prostitute che esprimevano giudizi sui loro clienti oppure facevano pubblicità enfatizzando le loro specialità e il prezzo.
A Pompei durante gli scavi , fino ad oggi sono stati riconosciuti oltre trenta bordelli, alcuni erano molto modesti, altri erano posti nei piani superiori delle cauponae (alloggio),I che erano degli esercizi aperti al pubblico e destinati alla ristorazione (la piu famosa cauponae, era quella di Sempronia Asellina ) , altri ancora erano appositamente costruiti e organizzati per questo tipo di attività. Spesso come vi abbiamo accennato le prostitute lavoravano in questi luoghi per un ruffiano, il quale aveva il compito di procurare loro la clientela. Molte di loro erano schiave o ex schiave. e purtroppo in quanto tali erano spesso costrette a svolgere questo mestiere .
CURIOSITA’: I luoghi dell’epoca dedicati al piacere sessuale , quelli che oggi noi chiameremmo bordelli o case chiuse , erano chiamati Lupanari (dal latino lupa = prostituta), e per la maggior parte erano degli ambienti composti da una singola camera situata nel retro di una locanda. Le stanze (cellae meretriciae) erano generalmente spoglie, infatti vi era situato sempre un letto (spesso in muratura) provvisto di materasso resistente. L’unico ornamento delle camere erano le pitture murali a sfondo erotico che decoravano l’ingresso. Sulla porta della camera vi era scritto il nome della prostituta al suo interno e il tariffario; inoltre, qualora la stanza fosse stata momentaneamente occupata, veniva posizionato un cartello sulla porta che invitava il cliente successivo ad attendere il proprio turnoI lupanari erano frequentati maggiormente dalla plebe (ma sono accertate anche presenze di patrizi). Tutti i lupanari erano personalizzati da una particolare lanterna e dagli organi maschili scolpiti, ben visibili, mentre gli interni erano caratterizzati da un desolante squallore, da un ambiente insalubre e sporco e spesso affumicato dal fumo delle lanterne. Generalmente questi luoghi non erano situati lungo le vie principali della città, ma in strade secondarie vicino a luoghi pubblici particolarmente affollati come le Terme.
Una prostituta, in alcuni casi, poteva mettersi in proprio e affittare una camera per il lavoro. In altri casi, invece, una prostituta poteva convivere con una ruffiana o lena (da cui deriva il termine lenocinio) o mettersi in affari sotto la gestione diretta di sua madre. Questi accordi suggeriscono che le prostitute spesso nascevano come donne libere, ma, a causa di gravi problemi economici, sceglievano lpoi a via del meretricio. Nonostante ciò, molte delle prostitute furono schiave o ex schiave. Essendo quindi donne schiavizzate o liberte, è difficile determinare se la scelta di questo mestiere fosse o meno scelto liberamente