Quando qualche anno fa , appena laureato in medicina ,varcai per la prima volta l’ingresso del reparto di ostetricia e ginecologia dell ‘Ospedale Incurabili , ricordo che fui preso da una grande emozione . Il mio intento era quello di fare del praticantato nella branca specialistica che avevo scelto tra tante e poichè ero già pervaso sin da allora dal grosso amore per la storia della mia città , volevo iniziare la mia attività professionale proprio da quel luogo ricco di storia che aveva visto protagonisti grande medici del passato .Volevo imparare l’arte del fare il medico nello stesso posto dove si erano formati personaggi famosi come Antonio Cardarelli ,Domenico Cirillo ,Domenico Cotugno, Bruno Amantea, Michele Troja , Gianfipippo Ingrassia ,Marco Aurelio Sementini , Leopoldo Chiari ,Giuseppe Moscati e tanti altri.
Conoscevo già la storia del grande complesso degli incurabili e della sua splendida spezieria ed ero terribilmente attratto da quel luogo ricco di fascino e antiche tradizioni . Ricordo oggi come ieri di essere rimasto fermo a guardarmi intorno estasiato , impietrito , felice ma anche un po impaurito perchè sentivo il peso di quei grandi medici ed il loro valore . Misurarmi con loro era una bella sfida e la paura di non essere alla loro altezza un po mi intimoriva . I loro fantasmi erano un bel peso ma anche una grande spinta verso l’arte del far meglio e mai come in quel momento mi sono sentito orgoglioso di appartenere alla categoria medica . Ero solo ricco di tante nozioni teoriche ed avevo scelto , per esercitare la parte pratica lo stesso ospedale che avevano scelto Cardarelli e Moscati .Intorno a me le stesse mura di allora anche se un pò decadenti e le stesse stanze dove centinaia di pazienti venivano curati dai migliori medici di sempre alla cui memoria sono stati dedicati i maggiori nosocomi della nostra città.
In quel momento giurai a me stesso e a tutti quei fantasmi che mi sarei impegnato al massimo per meritarmi quel titolo di medico cercando di esercitare la professione con lo stesso spirito dei grandi maestri cercando di stare con quanta più umanità possibile accanto ai malati e alle persone sofferenti .
Il luogo mi apparve incredibilmente bello e suggestivo e colto da una grande emozione , solo allora capii perchè il grande Antonio Cardarelli arrivò addirittura ad escogitare un piccolo imbroglio pur di entrare in quell’ospedale . Dovete infatti sapere che egli era da poco laureato, quando fu bandito un concorso per assistente medico all’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Era questo allora l’ospedale più grande del Regno delle due Sicilie che raccoglieva pazienti da tutte le parti dello Stato e non solo. Tutta la patologia più seria affluiva in questo ospedale.
I medici che vi operavano erano dei veri maestri che accoglievano studenti ai quali insegnavano la medicina pratica al letto del malato. Inoltre vi era la consuetudine che tutti i medici, periodicamente si riunissero attorno al letto del malato più interessante a discutere il caso collegialmente. Entrare in quell’ospedale significava entrare nel regno della medicina.
Cardarelli non aveva ancora i requisiti per concorrere, ma venuto a sapere dell’assenza di un candidato che aveva il cognome simile al suo , si presentò al suo posto. e sostenne l’esame . Il suo colloquio fu talmente brillante da impressionare la commissione e risultare primo assoluto su quasi 200 candidati. Il suo compito, a giudizio unanime della commissione, fu il migliore di tutti quelli presentati. Il tema era sulla scabbia che, all’epoca, era ritenuta una malattia legata all’alterazione degli umori. Nel suo compito egli confutò la tesi corrente dimostrandone la natura parassitaria da poco scoperta dal Renucci nell’ospedale San Luigi di Parigi. All’apertura delle buste dimostrò di essere lui l’autore e poichè all’epoca esisteva ancora un pò di meritocrazia nel mondo medico , la commissione lo confermò nella vincita del concorso .
La pioggia di ricorsi fu ovviamente impressionante e il caso assunse dimensioni nazionali nel momento in cui, anche di fronte all’evidente violazione delle regole del candidato, la Commissione si ostinò nel difendere la propria scelta. Si scomodò persino il Ministro della Pubblica Istruzione, al quale il presidente della Commissione rispose: “O entra Cardarelli, o ne usciremo tutti noi” .
Una volta poi messo piede nell’Ospedale ,incomincio’ da quel momento inarrestabile, la sua fantastica carriera professionale .
Si racconta che era talmente bravo da riuscire a diagnosticare qualsiasi patologia allora conosciuta . Era dotato di un grande intuito clinico che gli consentiva di effettuare diagnosi rapide e infallibili effettuando un solo primo sguardo all’ammalato Gli bastava infatti dare un’occhiata fugace ad un paziente per individuare con certezza il male di cui soffriva. Questa sua dote taumaturgica straordinaria, unitamente alle sue competenze, alla stima incondizionata dei potenti che a lui affidavano la propria salute e alla stima che gli tributava il popolo ( che il medico spesso visitava e curava gratis ) , fecero di lui una leggenda medica vivente : divenne in poco tempo il clinico più famoso in città ed in Italia al punto tale da portarlo ad avere celebri pazienti come Papa Leone XIII , Giuseppe Garibaldi , i sovrani Vittorio Emanuele II e Umberto I , Giuseppe Verdi . Bovio , Crispi , Benedetto Croce e tante altre personalità dell’epoca, non lesinando comunque di prestare assistenza anche alla gente più umile che lui stesso andava spesso a visitare nei quartiei più popolari..
Intorno alla sua figura divenuta leggenda sono nate nel tempo una serie di aneddoti. Si racconta per esempio che, trovandosi in treno, preannunciò un malore ad una giovane sposa che viaggiava nel suo scompartimento, oppure che fece diagnosi di tubercolosi ad un cantante semplicemente ascoltandolo cantare durante un concerto mentre era seduto tra il pubblico al Teatro San Carlo .Che addirittura salvo’ la vita ad un pescatore facendo diagnosi di aneurisma dell’aorta semplicemente ascoltando il suo urlare un po rauco in riva al mare mentre egli passava da quelle parti con la sua carrozza.
Molti suoi colleghi che non gradivano la sua aura di santone , invidiosi della fama e della stima unanime di cui godeva il grande clinico, spesso guardavano con scherno le sue diagnosi e a tal proposito si racconta che alcuni di loro per prenderlo in giro e metterlo alla prova , gli organizzarono un terribile trabocchetto.
Inviarono da Cardarelli come finto malato un loro complice che si fingeva gravemente malato. Il loro scopo ovviamente era quello di farlo esporre a pronunciare una diagnosi del tutto infondata per poi sbugiardarlo e ridicolizzarlo pubblicamente. Cardarelli visitò il paziente e tra il grande stupore dei colleghi sentenziò la nefasta diagnosi di una grave nefrite cronica, che se non adeguatamente trattata lo avrebbe condotto rapidamente alla morte. Gli prescrisse anche una adeguata terapia che ovviamente lui non si prodigo’ ad effettuare. Quando i colleghi divertiti gli rivelarono di avergli presentato una persona sana ( almeno cosi’ credevano ) , incominciarono a prenderlo in giro e a criticarlo apertamente .
Egli non si scompose minimamente. Il finto ammalato morì infatti sette giorni dopo con diagnosi di nefrite cronica.
Alle iniziali burle dei colleghi dovette poi alla morte dell’ improvvisato paziente per nefrite , seguire il silenzio piu’ assoluto da parte di tutti i colleghi
L’applicazione della sua abilità diagnostica, oltre che a procurargli invidia e dispute con i maggiori luminari della medicina in Europa, faceva spesso inneggiare il popolino al miracolo, alimentando così la sua fama, le leggende e gli aneddoti che inevitabilmente nascevano attorno alla sua figura.
Si incomincio’ a raccontare in giro che per diagnosticare mali gravissimi in persone all’apparenza sane a lui bastava un solo sguardo e che egli individuava con estrema facilità l’aneurisma aortico, facendo solo pronunciare la lettera ‘a’ agli ammalati.
Ad Elvira Donnarumma , una cantante dell’epoca molto nota visitandola le diagnostico’ un cancro epatico e pronunciandosi le fece una prognosi avventata di un rimanente solo anno di vita . Due anni dopo la cantante si esibiva ancora in teatro e quando una sera i due si incontrarono, in occasione di uno spettacolo dove Cardarelli si era recato ad ascoltarla egli non mancò di porre alla cantante le sue scuse per averle annunciato la morte entro l’anno, al loro primo incontro. Elvira Donnarumma sarebbe invece morta solo nel 1933, ma per un tumore al fegato.
Fece invece scalpore il caso legato al Papa Leone XIII. I dottori del Vaticano, solitamente noti per essere selezionati tra i migliori al mondo, avevano sentenziato che i problemi di salute del Papa derivavano da una pleurite essudativa. Cardarelli , unico tra i medici interpellati , non visitando il Papa, ma solo leggendo il bollettino medico, si fece un’idea diversa: tumore mortale alla pleura.
La sua intuizione fu raccolta e pubblicata con l’inganno, sottoforma di intervista mai concessa, da un allievo di Cardarelli che faceva anche il giornalista. La notizia dell’imminente morte del Papa suscitò le ire del Vaticano, e l’ansia di tutti i fedeli. Cardarelli si ritrovò al centro di un’enorme bufera, per aver solo confessato le proprie impressioni ad un suo allievo. Fatto sta che Leone XIII morì, e sebbene non vi sia autopsia che lo certifichi,( ai papi era proibito fare autopsia ) morì molto probabilmente di tumore alla pleura, visto che gli imbalsamatori che si occuparono di quel corpo, confermarono l’intuizione del dottore.
Tra i tanti aneddoti sulla sua persona ne circolava uno particolarmente curioso tra i vari studenti universitari : ad un paziente dell’ospedale cui aveva fatto diagnosi, infausta, di tumore del fegato e su questo tema aveva tenuto la lezione ai suoi allievi, un suo collega, in perenne contestazìone con lui , aveva invece diagnosticato, la sifilide epatica e in questo senso si era espresso con i suoi allievi a lezione. Fra i due gruppi di studenti cominciarono le discussioni che divennero polemiche quando investirono i due docenti che ,rimanendo ognuno della propria opinione, si sfidarono sulla giustezza della diagnosi: colui che avesse sbagliato la diagnosi sarebbe andato via dall’ospedale. Le diagnosi erano entrambe infauste e il paziente che stava male in breve morì. A tutti i pazienti deceduti in Ospedale veniva praticata l’autopsia e quel giorno in sala settaria vi era una gran folla di studenti che assistevano e quando l’anatomo patologo estrasse il fegato tumorale gli allievi del Cardarelli tutti si sollevarono in un fragoroso applauso. Il collega lasciò l’ospedale e l’insegnamento e ritornò al suo paese a fare il medico condotto.
L ‘ospedale degli Incurabili ,che ancora oggi vediamo , fu costruito nel luogo che al tempo era considerato una collina sacra. Era infatti il luogo dove secoli prima , sotto il Tempio di Tyche ( la dea fortuna ) si trovava la tomba di Partenope ed in seguito l’Agropoli di Neapolis ma sopratutto era il luogo dove nel VI secolo l’eremita frate Aniello ( futuro santo ) fondo’ accanto ad una chiesa a lui dedicata un ospizio per gli infermi che possiamo considerare il primo vero ospedale di Napoli .Era inoltre lo stesso luogo dove erano stati seppelliti i corpi di Partenope , di Sant’Aniello ( nella sua chiesa ) e di Santa Patrizia .
La collina era pertanto considerata una luogo sacro dove ci si recava in religioso silenzio a pregare nella chiesa di Sant’Aniello e nei numerosi monasteri e conventi che lentamente affollarono la zona e divenne ben presto per la sua sacralità , un importante punto di riferimento per coloro che ammalati chiedevano miracoli e cure .
Fu proprio questo il motivo che portarono a scegliere questo luogo quale sede dove costruire il nuovo ospedale da parte di Maria Longo insieme ad altre nobildonne napoletane .
Maria Laurenzia Longo era una gentildonna spagnola , originaria della Catalogna . Venne a Napoli nel 1506 con il marito Giovanni Lonc ( italianizzato in Longo ) , un giurista al seguito di Ferdinando II di’ Aragona. In quello stesso anno Ferdinando istitui’ il Consiglio Collaterale e vi chiamo’ reggente Giovanni Lonc , che pero’ mori’ solo due anni dopo lasciando la moglie Maria Laurenzia gravemente compromessa nella sua attivita’ motoria: l’ aveva colpita una paralisi a seguito di un veleno che una serva le aveva somministrato per vendicarsi di un rimprovero.
Maria Laurenzia , donna di grande fede , aveva 47 anni quando volle recarsi al santuario di Loreto . Qui ai piedi della vergine imploro’ la grazia della guarigione , non tanto per se , ma per i tre figli che dovevano sopportare il peso della sua infermita’. Nel pregare promise che se fosse guarita avrebbe dedicato il resto della vita ad assistere gli infermi . Le preghiere della donna furono ascoltate : ritorno’ a Napoli camminando sulle sue gambe e inizio’ il suo apostolato in vari ospedali cittadini. Inizialmente si dedico’ per sette anni ad alleviare le pene di pazienti ricoverati in diversi ospedali napoletani : San Giacomo degli Spagnoli , Fatebenefratelli ( detto della Pace) , il Pellegrini e il San Niccolo’ alla Dogana ( nei presi del Maschio Angioino) .La sua opera era molto apprezzata , ma ella sentiva di dover fare molto di piu’ . Ne parlo’ con il padre spirituale , Gaetano da Thiene ( i napoletani lo elessero tra i tanti protettori della citta’ in segno di gratitudine per aver fatto cessare l’ epidemia di peste del 1656, mori’ in procinto di santita’ ) che le consiglio’ la fondazione di un nuovo ospedale per i malati ” incurabili”
Maturata quindi l’idea e la necessità che in città era necessario la costruzione di un ospedale più grande e sopratutto situato in un posto migliore incominciò si prodigo’ aiutata sopratutto dalla sua grande amica Maria Ayerba ,( duchessa di Termoli ) e da altri generosi finanziatori a raccogliere fondi per dare luce al suo progetto. Incominciò acquistando col suo patrimonio , alcune case con giardino che si trovavano nella zona di Sant’ Aniello , considerata la piu’ salubre della citta’ , tant’e ‘ che a Napoli vi era il detto ” coppole pe’ cappello e casa a Sant’ Aniello ” cioe’ : accontentarsi di una coppola invece del cappello , ma avere una casa a Sant’Aniello .
A tal proposito cita un vecchio manoscritto : …In questo luogo cosi’ ameno ogni giorno in tempo di estate specialmente le persone civili e i letterati andavano il dopopranzo a trattenersi per le fresche auree che vi si respiravano e per la deliziosa veduta delle vicine colline di Capodimonte e di tutto il borgo dei Vergini, della sanita’e della Stella .
Ottenuta la bolla pontificia , Maria Longo dette inizio ai lavori e dopo circa due anni riuscì finalmente a coronare il suo sogno costruendo sulla collina sacra di Caponapoli il nuovo nosocomio che inizialmente assunse il nome di Santa Maria del popolo degli incurabili.
Il nuovo Ospedale poichè inizialmente si impegno’ a cercare di curare la sifilide ( lue), una malattia a trasmissione sessuale , all’epoca ritenuta incurabile e mortale venne poi in seguito appunto chiamato Ospedale degli ‘ incurabili’ .Questo nuovo Ospedale vide subito le sue corsie affollarsi di malati ed in pochi decenni dal momento della sua costruzione divenne subito un importante punto di riferimento per l’intero regno al punto di avere alla fine del XVII secolo oltre 1600 posti letto.
Tra le numerose attivita’ di assistenza si trovava , presso l’Ospedale degli incurabili , la ” casa di Tonia “, un centro di accoglienza per donne incinte abbandonate e ragazze madri in difficolta’ .
Ad affiancare Maria Longo nella sua opera caritevole di assistenza agli infermi ci furono altre dame spagnole e napoletane come Vittoria Colonna , Caterina Cybo, Maria Carafa ( che fondo’ anche il vicino monastero della Sapienza ) e la stessa viceregina Maria Zuniga , la quale ogni venerdì insieme ad un folto numero di altre nobili donne si recava all’Ospedale per visitare e servire i malati ( un usanza che sara’ mantenuta viva nel tempo da tutte le altre viceregine che le succederanno ).
La sempre più pressante richiesta di un numero crescente di ricoveri , richiese dopo qualche tempo la necessità di aprire nuove sale e la gestione dell’ istituto cominciò presto a diventare onerosa . Maria Longo dette fondo a tutto il suo patrimonio e presto rimase senza un soldo . Non le resto’ che scendere per le vie di Napoli a chiedere la carita’ per i suoi malati . Sebbene il popolo rispondeva con grande slancio , i sodi non bastavano e Maria continuava ad elemosinare .
Fortunatamente giunse a Napoli , un uomo ricchissimo , assai devoto e di gran cuore , Lorenzo Battaglini , il quale sentito che Maria Longo raccoglieva soldi per mandare avanti l’ ospedale , volle visitare il luogo e un volta resosi conto della pia opera e di come venivano assistiti gli infermi , senza indugio rilascio’ una grossa somma benefica di denaro intestato a Maria Longo . Con tale cospicua sovvenzione e con altre che arrivarono ( specie da Maria Ayerba d’Aragona duchessa di Termoli ) fu possibile ampliare i padiglioni , assicurare gli infermi ai migliori medici e assisterli con scrupolosa premura.
L’ospedale successivamente fu eretto a beneficio ecclesiastico e gestito da una congregazione di personaggi tra cui un rappresentante del re .
La Longo fu rettore dell’ospedale per dieci anni.
Accanto all’ ospedale , vi era una grande voragine che chiamavano ‘piscina’, qui gli ammalati che erano deceduti venivano gettati alla rinfusa .
Questa enorme fossa comune , a causa del cattivo odore che da essa proveniva comprometteva gravemente la salubruta’ dell’ aria con conseguente pericolo di infezioni .
Si decise cosi’ di costruire lontano dall’ ospedale un nuovo cimitero ad uso esclusivo che sorse nella zona di San Antonio Abate su disegno di Ferdinando Fuga ( cimitero delle 366 fosse ).
Maria Longo intanto insieme alla sua amica Maria Ayerba , fece costruire accanto all’ ospedale un monastero per le donne impudiche ( ex prostitute ) che volevano redimersi e avvicinarsi alla fede di Dio che chiamò delle ” Convertite ” , anche se tutte le chiameranno delle ” Pentite “.
Maria Longo , non solo le sottrasse alla strada ma trovò per loro anche un congruo impiego impiegandole per l’ assistenza agli infermi ed in special modo per gli affetti da sifilide . Esse , collaborando con medici, cerusici ( barbieri ) sacerdoti e qualche nobile dama , regolate da regole rigidissime , si pigliavano cura dei poveri malati affetti dalla spesso inguaribile sifilide alleviando le loro sofferenze ( queste suore diciamo povere ed ex meretrici e le vicine monache di Regina Coeli , nobili e ricche non andavano molto d’accordo e mantenendo un sempre aperto contenzioso , spesso litigavano ferocemente tra di loro ( le cronache di allora riportano qualche ” tumulto ” tra monache ).
Sempre infaticabile , fece poi costruire un secondo convento per le religiose dedite alla vita claustrale e infine fondo’ un ordine di suore francescane che passate sotto la guida dei cappuccini darà poi vita al primo monastero femminile di quest’ordine , intitolato a Santa Maria di Gerusalemme che venne soprannominato ‘ delle trentatre’ , perche’ con una bolla papale , il Pontefice aveva concesso alla Longo di elevare il numero delle monache a trentatre’, ( e non potevano essere di numero superiore per nessun motivo ) in omaggio agli anni di vita terrena di Gesu’ .
Nel 1538 la direzione delle monache passo ai frati cappuccini di cui le religiose adottarono le costituzioni ed assunsero il nome ( a Napoli le chiamarono le suore cappuccinelle ) .
II legame della Longo ed i cappuccini venne sancito dalla bolla Papale.
Maria Longo passo’ i suoi ultimi anni nel monastero delle trentatre’ e solo nel 1539 , dopo un malore , abbandono’ la carica di abbadessa che ricopriva dalla sua fondazione . Mori’ nel 1542.
Oltre a Maria Longo e alle sue suore nell’assistenza ai malati , vanno certamente menzionate anche le Suore della Carità che giunsero agli incurabili nei primi dell’ottocento insieme alla sua fondatrice Jeanne Antide Thouret , proclamata poi santa nel 1934 .Essa fu molto amata dal popolo per il suo continuo prodigarsi per i tanti poveri che in condizioni terribili versavano in città , lavorando come infermiera ma anche come insegnante sia in ospedale che tra i vicoli ed i tanti bassi .
I medici che negli anni hanno poi calcato i reparti di questo illustre ospedale hanno veramente fatto la storia della medicina in città.
Tra i tanti mi piace citare e ricordare a tutti Gianfilippo Ingrassia .Egli fu uno dei protagonisti della scienza medica del 500 a Napoli che cerco’ di dare dignita’ e prestigio alla categoria medica cercando con autorevolezza di distaccare la professione medica dal già’ allora radicato scopo di vedere il malato come sola fonte di lucro
Era un periodo quello in cui il medico ancora esercitava spesso la sua attività portandosi dietro il vecchio retaggio medioevale filosofico teorico e talvolta astrologico che per secoli aveva contraddistinto la categoria permettendo ai cosidetti cerusici spesso di intervenire al loro posto .
Cerusico è un termine con cui per molti secoli si indicò il chirurgo ma che nell’alto medioevo venne affidato ai barbieri che spesso intervenivano al posto dei chirurghi . La chirurgia infatti in quel periodo venne spesso relegata nelle mani di figure professionali dotati di grande esperienza pratica che mostravano grande manualità ed il cerusico certamente esperto nell’arte del salasso spesso interveniva al posto del medico sostituendosi ad esso.
Il barbiere quindi una volta era anche un mezzo medico che oltre a occuparsi di barba e capelli tirava denti e praticava il salasso cioè “Sagnava” .
Fino al secolo scorso la “sagnatura” , cioè tirare il sangue a chi ne aveva bisogno era una pratica molto usata sopratutto per chi voleva abbassare la pressione alta ma che veniva usata anche per le varie infiammazioni e persino per le neoplasie . In questi casi, infatti poichè si pensava che il tumore non fosse altro che sangue pazzo , la gente ricorreva al barbiere( cerusico ) per farsi “sagnare”, cioè per per farsi togliere “il sangue pazzo”.
I medici mancando di grandi nozioni in campo medico e visti i pochi rimedi a disposizione per curare le malattie non impedirono a questi cerusici di svolgere queste antiche pratiche finendo per tollerarli. Anzi, ad un certo punto incominciarono a collaborare con loro per eseguire piccole operazioni chirurgiche a domicilio dei pazienti. Il poco edificante salasso era affidato ai barbieri, ma la scelta della vena da incidere, la quantità del sangue da togliere e la scelta del giorno e dell’ora nei quali eseguirlo, toccava al medico che decideva esaminando attentamente la posizione delle stelle.Il barbiere in questa occasione indossava una casacca corta da artigiano, mentre il medico portava il camice lungo da dottore.
Gianfilippo Ingrassia , un medico di origine siciliana venuto a Napoli al seguito del vicere’ Ferrante Gonzaga ( come medico personale di famiglia) fu il primo a contestare la pratica di lasciare campo libero ai barbieri ( cerusici ) e a propagandare una diversa medicina in cui teoria e pratica dovevano unirsi ( al pari della medicina e chirurgia ).
Pur battendosi per una nuova etica medica fu un grande scienzato classificando malattie come il morbillo, la rosolia e la scarlattina. Scopri’ un ossicino dell’orecchio chiamato ” staffa ” e formulo’ una ancora attuale ipotesi sul funzionamento dell’udito.
Un altro illustre medico ( ma stavolta di origini pugliesi ) degli Incurabili che ebbe molto a cuore gli aspetti etici della professione medica fu Michele Troya . Egli fondo’ la prima cattedra sulle malattie urinarie e invento’ il catetere flessibile in gomma
.Altro famoso e bravo medico fu Bruno Amantea, un chirurgo di origini calabresi , che divenne primario sia dell’Ospedale degli incurabili che dell’Ospedale dei Pellegrini .
Fu molto amato a Napoli per la sua bravura e la sua innata umilta’ che lo vide protagonista tra le gente piu povera . La sua abitazione fu infatti sempre aperta tutte le ore del giorno ai malati piu’ indigenti sempre accolti con un amichevole sorriso senza mai chiedere nulla in cambio .
Ai suoi funerali , i suoi pazienti , ricambieranno con il tributo piu’ sentito . Una enorme folla composta da migliaia di persone in lacrime riempirono via Foria e per rendere imperitura la sua memoria decisero in maniera spontanea durante le sue esequie di raccogliere fondi per la costruzione di una cappella da dedicargli . Ma i soldi raccolti furono talmente tanti che si decise di costruire invece una chiesa . Nacque così Santa Maria delle grazie , in Largo delle pigne ( oggi tristemente chiamato Piazza Cavour).
Un autentico mostro sacro della medicina nel seicento fu il professore di origini calabresi , Marco Aurelio Severino che laureatosi presso la prestigiosa scuola di Salerno fini per dirigere con merito la cattedra di anatomia e chirurgia degli Incurabili ed anche dei Regi Studi ( universita’). Egli sostenne con fermezza , sconvolgendo quelle che erano le allora convinzioni mediche che il processo patologico se non manifestava subito fenomeni di regressioni con la terapia medica , andava immediatamente aggredito chirurgicamente .
All’ epoca non era esistente una vera e propria anestesia e nemmeno un antibiotico degno di chiamarsi tale , per cui il rischio di morire durante l’operazione o subito dopo , per le sue complicanze infettive era molto alto ed i medici per evitare di essere coinvolti nella morte del paziente , avevano prevalentemente un atteggiamento di tipo attendistico .
Di fronte alla malattia si assumeva prevalentemente un comportamento prudente usando terapie leggere ( unguenti , creme , empiastri ) che non facessero peggiorare sopratutto la sintomatologia . I medici in questo modo temporeggiavano , facendo in modo che nell’attesa magari poi il processo patologico migliorasse più o meno in maniera spontanea.
Ovviamente fu molto ostacolato dai suoi colleghi ( la cui chirurgia egli definiva ” dolce ed effeminata ) e dopo una serie di denunce fini per essere messo sotto accusa dal Tribunale dell’Inquisizione e condannata a due anni di carcere ( reato di irreligiosita’e reati gravi contro la fede e la morale comune).
Una volta scarcerato , ritornato ‘ finalmente nel suo Ospedale degli Incurabili e sopratutto nella sua sala operatoria , incomincio’ per lui un’ incredibile ascesa professionale che lo porto’ ad essere conosciuto e stimato in tutta Europa . Ricevette numerosi inviti a trasferirsi all’estero a dirigere cattedre emerite cattedre ed intrattenne numerosi rapporti amichevoli e professionali con i maggiori esponenti della medicina tradizionale di allora che non mancarono di encomiarlo.
Morirà di peste , quando scoppiato il terribile flagello del 1656 le autorita’ locali , quando era oramai troppo tardi , gli affidarono l’ ingrato compito di organizzare una commissione sanitaria capace di fronteggiate l’emergenza . Egli accorreva dovunque il bisogno lo chiamasse , entrando in case con persone infette e negli ospedali più intasati di malati .Non si tiro’ mai indietro e nel vano tentativo di scoprire la natura del male , non manco’ di praticare un’autopsia a due cadaveri appestati . Il suo corpo , oramai senza vita , stroncato anch’esso dal terribile male , venne trasportato dai suoi allievi a spalla nella chiesa di San Biagio dei Librai dove fu sepolto
Altro famoso docente degli Incurabili presso la cattedra di Fisiologia e Ostetricia ( ma anche inizialmente medico di fiducia della regina Maria Carolina d’Austria ) fu Domenico Cirillo , che nato a Grumo Nevano nel 1739 interpreto’ meglio di tanti altri il vero compito di ogni medico . Si prodigo’ moltissimo nella lotta , in favore della giustizia sociale , del progresso civile , dell’evoluzione dell’essere umano e la lotta contro l’ignoranza .Egli era un uomo con una profonda visione liberale dell’essere umano e solo questa sua radicata idea spiega la sua adesione ai principi della rivoluzione giacobina ,il grande sogno di liberta’, fraternita’ uguaglianza che stava sconvolgendo mezza Europa .
Cirillo infatti accetto’ l’invito di far parte insieme all’amico Mari Pagano della nuova commissione legislativa messa in atto dal nuova nascente repubblica napoletana.
Firmo’ ( e con esso anche la sua futura morte) un decreto che disponeva l’ordine di sequestro delle proprieta’ dei Borbone , aboli’ la tassa sul pesce e istitui’ un fondo di assistenza popolare ( cassa di soccorso e carita’) nel quale tra l’altro verso’ tutti i suoi beni . Con la tragica caduta della repubblica ed il ritorno a Napoli di Ferdinando IV , Cirillo fu arrestato e rinchiuso prima nella stiva del vascello da guerra San Sebastian e poi trasferito nelle terrificanti carceri sotterranee di Castel Nuovo ( fossa del coccodrillo).
Anche lui infatti fu vittima del tradimento del patto stretto tra il comandante delle truppe borboniche e i repubblicani . Il cardinale Ruffo aveva infatti firmato un concordato che concedeva ai sconfitti di potersi imbarcare per la Francia , ma Ferdinando e sopratutto la regina , forti dell’appoggio inglese , non avevano tenuto fede all’impegno preso e avevano fatto arrestare tutti.
Fu condannato a morte e subito dopo la sua esecuzione che avvenne in Piazza del Mercato le sue spoglie furono gettate insieme a quella del suo caro amico Nicola Pacifico e a quelle di altri illustri uomini del tempo come Mario Pagano , Ettore Carafa , Giorgio Pignatelli , Vincenzo Russo e la povera Luisa Sanfelice , senza alcun riguardo ,alla rinfusa nell’ipogeo della vicina chiesa del Carmine Maggiore .
Fu uno sterminio che privo’ Napoli delle sue menti migliori sotto la manna del boia . Le truppe sandefiste nello stesso giorno ebbero ordine di saccheggiare il suo studio e la sua casa dove prima distrussero tutto il possibile e poi la incendiarono .La sua ricchissima biblioteca ed i suoi preziosi manoscritti ‘ ( con numerose lettere scritte da Isaac Newton ) andarono così perduti.
Nel museo di San Martino troviamo un suo ritratto realizzato dalla pittrice Angella Kauffman.
Un medico che veramente merita di essere citato è senza dubbio anche il grande Domenico Cotugno , ( re personale di Ferdinando IV di borbone e medico di corte ) che fu uno dei piu’ celebri medici vissuti in citta’ tra il settecento e l’ ottocento in città rimasto a noi famoso per essere stato protagonista assoluto delle prime profilassi antitubercolari.
Proveniente da una famiglia pugliese umile e veramente povera soffrì da piccolo veramente la fame . Riuscito a laurearsi nella storica scuola medica salernitana divenne nel tempo un autorevole professore in fatto di medicina , chirurgia e anatomia . Fu il primo in antitesi a tutti i suoi colleghi ( convinti che la malattia fosse una forma ereditaria) a sostenere che la tubercolosi fosse una malattia infettiva e di contagio.Descrisse inoltre per primo la presenza di liquido nel timpano dell’orecchio e scrisse un dettagliato volume sulla sciatica.
Direttore dell’Ospedale degli incurabili e rettore dell’Universita , sposo’ la vedova del duca Francesco di Bagnara , donna Ippolito Ruffo che apparteneva a una delle piu’ antiche e illustri famiglie napoletane .
A seguito di questo suo matrimonio fisso’ la sua residenza nel palazzo Bagnara di Piazza Dante ma ne’ la prestigiosa dimora nè la sua fama di grande clinico valsero a mitigare lo scalpore destato dall’unione tra i due che avevano circa 20 anni di differenza , tanto che la nobilta’ smise di frequentare i salotti di casa Ruffo , forse anche a causa delle modeste origini di Cotugno e di una oscura fama che lo accompagnava . Egli infatti veniva talvolta guardato con sospetto perche’ si pensava avesse doti segrete e legami con forze oscure soprannaturali . Al suo nome e’ legato anche il palazzo Zapata in Piazza Trieste e Trento da lui acquistato .
Di lui si racconta che non riceveva mai denaro da coloro che andavano a consultarlo in casa sua e che per ogni visita invece effettuata presso il suo ambulatorio prendeva come compenso tre piastre in argento.
Divenne a Napoli molto famoso e veniva chiamato di conseguenza da personaggi molto in vista dell’epoca perr visite o consulti . Si racconta a tal proposito che a lui si rivolse anche l’allora ambasciatore spagnolo a Napoli perche’ divenuto paralitico ad un arto. Cotugno scommise con lui che dopo la cura prescritta , sarebbe perfettamente guarito. Lo scetticismo dell’ambasciatore non porto’ lo stesso ad effettuare per l’intero periodo la cura prescritta e solo dopo il lungo insistere di Cotugno , costui una volta effettuata la terapia per intero riuscì’ finalmente a guarire riacquistando l’uso del braccio.
A guarigione avvenuta il grande clinico gli disse : Vedete bene ch’io non era un asino d’ignoranza , ma voi un mulo di testardaggine . Addio signor ambasciatore , voi non avete piu’ bisogno di me ne’ di altri. Voi siete guarito.
L’ambasciatore gli mando come compenso mille piastre ( circa 5000 franchi ) , ma Cotugno gli scrisse : Signor Ambasciatore , io fo pagar le mie visite tre piastre ognuna. Sessanta visite importano 180 piastre ; vi ritorno la differenza , non avendo due prezzi.
La piastra e’ stata la moneta principale del Regno di Napoli ed era di argento. Tutte le monete venivano coniate in oro , argento e rame presso la Regia Zecca a Sant’Agostino Maggiore a Napoli.
All’avvento di Carlo di Borbone al trono di Napoli nel 1734 , l’unita monetarie di base era il ducato . Il ducato ( in oro ) si divideva in 10 carlini ( in argento ) Ogni Carlino si divideva in 10 grana ( argento ) , ciascun grana ( detto anche soldo ) si divideva in in 2 tornesi o 12 cavalli . ( ogni tornese in 6 cavalli . Il cavallo veniva anche chiamato callo ed era in rame.
Furono poi coniate in argento la piastra e la mezza piastra . Intermedio c’era il tari’ ( argento ) che valeva 5 grana .
Ogni piastra valeva 12 carlini o 120 grana.
Questo sarebbe stato il loro valore in euro oggi :
ducato = 50 €
Carlino= 5€
Grana =0.50 €
Tornese= 0.25€
Cavallo = 0,05€
Si trovavano Ducati da 3 – 15-e 30
.Nel Regno delle due sicilie il costo della vita era piu’ basso rispetto a quello di altri stati :
Una giornata lavorativa di un contadino era pagata mediamente 15-20 grana , quello di un operaio generico dai 20 ai 40 grana , quelli specializzati 55 grana circa , un impiegato statale percepiva 15 Ducati al mese ( ma non vi erano imposte sulle persone fisiche ).
Un rotolo di pane costava 6 grana ( 900 grammi di pane circa . Lo stesso quantitativo di maccheroni 8 grana , e invece circa 1 kg di carne bovina 16- 17 grana . Un litro di vino 3 grana , tre pizze 2 grana.
Pensate per capire il valore del danaro di allora ,che l’ impresa di Garibaldi da documenti emersi negli archivi della massoneria inglese mai pubblicati ebbe dalla stessa un finanziamento occulto di 10 mila piastre = 3 milioni di lire .
Un’altro grande medico che ha svolto grossa parte della sua professione tra queste mura portando un notevole miglioramento delle tecniche strumentali nell’arte medico-chirurgiche è stato sicuramente il grande medico Leopoldo Chiari . Nato a Ripacandida in Basilicata egli fu avviato da piccolo alla vita religiosa nel seminario di Melfi ma attratto dalla Medicina a 22 anni , nonostante i genitori fossero contrari lasciò gli abiti religiosi e con pochissimi ducati in tasca , si trasferì a Napoli per intraprendere gli studi in Medicina . Attratto dall’Anatomia e dalle metodiche chirurgiche portò un notevole contributo al miglioramento delle tecniche anche strumentali nell’arte medico-chirurgica che lo fece molto apprezzare all’epoca portandolo in breve tempo ad essere considerato una vera eccellenza in campo medico e grazie anche alla sua geniale invenzione di alcuni strumenti chirurgici divenne famoso anche oltre i confini nazionali . Divenuto in città , un’autorità in campo medico , appena trentenne , fu chiamato alla Cattedra di Chirurgia Teoretica e poi a quella di Ostetricia dell’Ateneo napoletano ed infine a quello di Direttore dell’Istituto di Anatomia Patologica nell’Ospedale degli Incurabili . Morto a 59 anni , come inventore di diversi ferri chirurgici è ancora oggi riconosciuto come uno dei precursori della moderna chirurgia e universalmente riconosciuto come ” il principe dei chirurghi ”
Altro eccellente chirurgo , primario prima dell’Ospedale Pellegrini e successivamente degli Incurabili fu il medico nativo di Pietrapertosa Aniello Coluzzi che legò il suo nome alla particolare abilità con cui effettuava interventi di estrazione dei calcoli dalla vescica . Considerato uno dei chirurghi più audaci dell’epoca fu fonte di vero insegnamento per molti suoi allievi . Dalla sua scuola nacquero operatori illustri come Ottavio Morisani , grande figura dell’Ostetricia Italiana ed il chirurgo Giuseppe Mazziotti.
Non possiamo chiudere queste carrellate di grandi medici senza citare forse il più grande di tutti ( certamente sotto l’aspetto umano ) che per il suo modo di intendere l’arte medica dovrebbe essere di esempio per i giovani futuri medici .Originario di Benevento ,Giuseppe Moscati ,esercitò la sua attività di medico ,ricercatore e docente universitario, a Napoli dove poi mori’ giovanissimo a soli 46 anni il 12 aprile 1927 .
A 23 anni, quindi, dopo una brillante laurea, inizia la sua faticosa carriera di medico e di apostolo della fede, unendo la scienza profonda ad una fede operosa. Con umiltà e dedizione comincia il suo cammino di medico. La sua missione inizia con l’organizzare l’ospedalizzazione dei colpiti di rabbia. Durante l’eruzione del Vesuvio nel 1906 un suo intervento molto coraggioso salva i ricoverati nell’ospedale di Torre del Greco.
La grande dedizione per gli ammalati non sottrae comunque il tempo di Giuseppe per lo studio e la ricerca medica. Egli alternava comunque la cura dei malati all’aggiornamento professionale: la curiosità di capire le origini del male, e l’instancabile voglia di indagare divennero in lui una esigenza imprescindibile.
Nel 1911 riceve la libera docenza in Chimica Fisiologica su proposta del professor Antonio Cardarelli, il quale da sempre nutriva grande stima per la preparazione del giovane medico.
Diviene di seguito Socio della Reale Accademia Medico-chirurgica e direttore dell’Istituto di Anatomia Patologica.
Divenne celebre e ricercatissimo nell’ambiente partenopeo quando era ancora giovanissimo e ben presto conquistò una fama di portata nazionale ed internazionale per le sue ricerche originali, i risultati delle quali vengono da lui pubblicati in varie riviste scientifiche italiane ed estere.
Per concentrarsi sul lavoro in ospedale e restare accanto agli infermi ai quali erano molto legati, nel 1917 rinuncio’ all’insegnamento e alla cattedra universitaria lasciandola all’amico professore Gaetano Quagliariello.
Una sua tipica giornata in questo periodo consisteva nell’alzarsi presto tutte le mattine per recarsi a visitare gratuitamente gli indigenti dei quartieri spagnoli di Napoli, prima di prendere servizio in ospedale per il lavoro quotidiano; la sua intensa giornata proseguiva poi nel pomeriggio visitando i malati nel suo studio privato in via Cisterna dell’Olio al numero 10. Egli non chiedeva compenso a chi aveva veramente bisogno di assistenza e li aiuto’ addirittura, a spese sue, senza farsi accorgere, mettendo banconote tra i fogli delle ricette.
Ai poveri non chiese mai un compenso e spesso lasciava loro i soldi per le medicine che ordinava. Quando, con sofferenza, era costretto a pronunciare una prognosi infausta, qualunque, fosse il livello economico della casa, non accettava onorario.
Divenne presto famoso per sua umiltà e competenza e chiunque all’epoca desiderava averlo al capezzale di un proprio caro. Tutta Napoli chiedeva il suo parere e lui correva : saliva le scale dei gentilizi palazzi e scendeva nei più umili tuguri.
Terminata la guerra il consiglio d’amministrazione dell’ospedale Incurabili lo nomina primario e nel 1922 consegue la Libera Docenza in Clinica Medica generale.
A soli 46 anni, dopo un improvviso malore, spira sulla poltrona di casa sua. E’ il 12 aprile 1927. La notizia della sua morte si diffonde rapidamente, riassunta nelle parole della gente <<è morto il medico santo>>.
Sepolto dapprima nel Cimitero di Poggioreale il 16 novembre 1930 il corpo viene poi traslato presso la Chiesa del Gesù Nuovo, dove tutt’ora riposa sotto l’altare della cappella della Visitazione, così detta per la famosa pala dipinta da Massimo Stanzione.
Davanti alla cappella è presente una grande statua di bronzo del medico con un lungo camice ed uno stetoscopio al collo mentre più avanti, all’interno della bella chiesa e’ stato ricreato nell’ala destra una suggestiva rappresentazione degli ambienti dove lui teneva studio.
Giuseppe Moscati è stato proclamato Beato da papa Paolo VI il 16 novembre 1975, e Santo il 25 ottobre 1987 da Giovanni Paolo II. La sua festa liturgica ricorre il 16 novembre.
Giuseppe Moscati dimostrò come medico innanzitutto e come uomo poi, una sensibilità acuta per le sofferenze fisiche altrui.
Con lui si manifestò appieno quella umanizzazione della medicina che, proprio negli anni in cui egli si trovò a operare, sembrava risentire invece di un’eccessiva scientificità, che comportava un certo distacco della figura del medico dal paziente, quasi come se fosse più importante “risolvere la malattia” piuttosto che occuparsi del malato in sé.
Ancora oggi, una pubblicazione scientifica, purtroppo, ha il solo interesse di far crescere il proprio ego e la propria immagine al solo scopo di intraprendere una gloriosa carriera e un augurale posizione economica e sociale.
La sua umanizzazione anticipò quel rapporto auspicabile tra il medico competente ed il paziente sofferente. Un paziente che ignorante del proprio stato di malattie diviene dipendente assoluto dell’ onestà scientifica del medico a cui si e’ rivolto.
Il suo insegnamento e’ di monito nei confronti di colui capace di pretendere soldi ( a volte tanti ) di fronte ad un malato affetto da cancro o altra malattia terminale, magari perché provvisti di titolo accademico riconosciuto da universita’ sempre più politicizzate pronte ad appoggiare quello che porta più voti e sempre meno disposte alla meritocrazia.
Università già da memore tempo malate croniche dall’inguaribile ” Baronia ” che almeno una volta era affidata a professori competenti, mentre oggi invece…
Il danaro nel mondo medico domina sul famoso giuramento di Ippocrate e l’unica nostra vera speranza sono riposte nei nostri giovani.
Bisogna che tutti i futuri medici studino e ricordino Giuseppe Moscati , che dovrebbe essere esempio di Scienza, di Fede e di Bontà.
Moscati, infatti , anticipò con il suo comportamento quello che è oggi considerata nell’esercizio della medicina la condizione necessaria ed essenziale per occuparsi del malato, inteso non più come semplice portatore di una malattia da guarire, ma come persona che soffre e a cui bisogna perciò riconoscere pari dignità nella sua sfera fisica e in quella emotiva spirituale, con una presa in carico totale dei suoi bisogni.
Moscati vede nei suoi pazienti il Cristo sofferente, lo ama e lo serve in essi. È questo slancio di amore generoso che lo spinge a prodigarsi senza sosta per chi soffre, a non attendere che i malati vadano a lui, ma a cercarli nei quartieri più poveri ed abbandonati della città, a curarli gratuitamente, anzi, a soccorrerli con i suoi propri guadagni.
Giuseppe Moscati è stato proclamato per questa sua purezza di spirito, Beato da papa Paolo VI il 16 novembre 1975.
Si dice, ma questo è un fatto reale e documentato, che un ragazzo affetto da un male incurabile giacesse ormai in fin di vita sul lettino dell’Ospedale del Policlinico di Napoli, quand’ecco di sera, mentre tutti riposavano presentarsi dinanzi a lui un medico vestito con un camice lungo fino ai piedi, una vecchia campanella bianca, con occhialetti rotondi e baffetti, capelli in ordine e brizzolati, proprio come nella nostra immagine…il medico gli si avvicina, trascinando un vecchio carrello di legno per le terapie…. apre una fiala di un farmaco portentoso e gliela pratica in vena, accarezza il paziente e scompare… L’indomani il ragazzo, miracolosamente non presenta più lesioni; le lastre, la TAC, gli accertamenti di laboratorio sono come per incanto completamente nella norma…ma stavolta non sono stati scambiati gli accertamenti! I medici non riescono a capire, ma il giovanotto spiega che la notte precedente un medico di turno, di notte, gli ha praticato la terapia e che, probabilmente, questa è stata la ragione di una guarigione così repentina! Anzi, per meglio dire, descrive quel medico anziano e col sorriso bonario sulle labbra che gli aveva fatto pure una carezza!
Non è possibile! I medici non si danno pace: la descrizione corrisponde a quella del compianto e defunto prof. Giuseppe Moscati, morto per lo meno 30 anni prima!!
La notizia fa il giro del mondo ed arriva alle persone giuste: i fatti vengono confermati e così il collega il 25 Ottobre 1987 viene proclamato Santo da S.S. Giovanni Paolo II.
La sua festa liturgica ricorre il 16 novembre.
Ovviamente i medici di cui vi ho parlato non sono stati i soli protagonisti dello storico ospedale che purtroppo oggi vede sempre più suoi memorabili reparti chiudere i suoi battenti ( vedi ostetricia e ginecologia ). Certamente è difficile non citare illustri camici bianchi come quello di Mariano Semmola , Antonino D’Antona ,Michele Pietravalle e Angelo Pezzullo impegnatisi tra l’altro con grande impegno sopratutto in campo politico , e quelli meno famosi di Carlo Curzio e Francesco Laccetti.
Quelli prima descritti sono solo quelli a cui sono emotivamente solo più legato e questo non significa che gli altri siano stati meno bravi o più importanti .
Chiedendo scusa a tutte le anime dei grandi medici che non ho menzionato spero solo che essi ci aiutino nel non vedere il nostro grande ospedale chiudere definitivamente i suoi battenti e vedere in tal modo vanificaro tutta la gran fatica della Maria Longo e di conseguenza farla rivolgere nella sua tomba .
Il nostro grande ospedale merita di continuare ad essere il simbolo della carità e dell’assistenza sanitaria in città. Il complesso, di epoca rinascimentale, ricco di tradizioni culturali, scientifiche e religiose merita di continuare ad esistere . Oltre a custodire tesori di inestimabile valore, come la storica farmacia realizzata da Bartolomeo Vecchione , l’antico presidio degli Incurabili rappresenta una rara testimonianza di un’opera umanitaria e sanitaria che nel corso dei secoli ha prestato cure e dato sollievo a migliaia di ammalati in città. Pensate solo che alla fine del XVII secolo l’ospedale disponeva di ben 1600 posti letto con un’ottima organizzazione anche di servizi collaterali, come farmacie, macello, cucina, forno e biblioteca.
Molti ordini ecclesiastici nonché eminenti personalità religiose hanno qui prestato la loro opera nel corso dei secoli come San Luigi Gonzaga, Sant’Alfonso de’ Liguori.
Qui nacquero il Collegio Medico Cerusico, la Scuola Medica Napoletana, che si sviluppò ad opera di Gabriele Tedeschi, l’anatomia patologica grazie a Giovanni Antonelli e Luciano Armanni ed eccellenti reparti di medicina, chirurgia, oftalmologia ed ostetricia .In questo luogo venne creata la prima scuola di ostetriche e addirittura una sala per le donne incinte .Venne addirittura creata ( anticipando i tempi ) la possibilità di partorire anonimamente con un velo che messo davanti alla gravida permetteva di proteggere l’identità della donna , e quindi di seguito affidare il neonato all’Ospedale.
Lo storico ospedale sta per cedere le armi o meglio i bisturi ad un fantomatico Ospedale del mare che stenta a partire ma io spero solo di non assistere anche al suo totale abbandono nella città del degrado . Spero almeno che le nostre istituzioni riescano a salvaguardare la sua grandiosa raccolta di opere d’arte che conserva; la sua chiesa e la sua preziosa cappella presente nel cortile ,ricca di preziosi affreschi impreziositi dal bellissimo altare realizzato da Dioniso Lazzari e la ” la Madonna col bambino ” di Giovanni di Nola .
Accanto a sculture di Lorenzo Vaccaro , affreschi di Paolo De Matteis e pitture di Camillo Spalluccia e’ presente una particolare impressionante statua in cero plastica denominata ” la scandalosa”.
Essa serviva da monito per le tante ragazze che allora si dedicavano alla prostituzione e rischiavano , vittime della sifilide di essere ricoverate agli Incurabili . La scultura mostra infatti le devastazioni provocate dalla malattia sul corpo di una giovane donna .
In questa cappella si riuniva la compagnia dei Bianchi inizialmente composta da laici e religiosi e rappresento’ per lungo tempo un importante cenacolo culturale e politico dove si riunivano molti aristocratici napoletani dell’epoca . Poiché nulla si veniva a sapere del contenuto delle riunioni settimanali che vi si tenevano , le autorita’ spagnole temendo l’organizzazione di una congiura contro il governo ordino’nel 1583 di sciogliere questo tipo di incontri . Successivamente decreto’ che vi potevano partecipare solo gli ecclesiastici.
Gli incappucciati uomini della confratenita hanno accompagnato nel corso dei tempi oltre 4000 condannati alla pena capitale verso il patibolo e di ognuno di essi hanno conservato oggetti e registrato ogni cosa nei loro archivi .
La compagnia nacque infatti sopratutto con la missione di accompagnare i condannati a morte nel loro ultimo viaggio verso il patibolo e confortarli nei loro ultimi momenti . Attraverso i suoi affiliati li confortava continuamente , raccoglieva le loro ultime volontà , garantiva degna sepoltura al loro corpo , assisteva le famiglie in lutto e organizzava messe di suffragio in loro memoria .
Nell’archivio di questa antica confraternita sono dunque presenti importanti documenti che ci fanno rivivere , seppure con dolore , alcuni grandi eventi della storia cittadina come la triste famosa strage del 1799 quando i bianchi accompagnarono al patibolo i patrioti della rivoluzione napoletana . Uno sterminio che privo’ Napoli delle sue menti migliori sotto la manna del boia . Gli eroi della liberta’ napoletana condannati a morire durono : Il medico Domenico Cirillo , Eleonora Pimental Fonseca , Gennaro Serra di Cassano,Mario Pagano, Ettore Carafa , Giorgio Pignatelli , Vincenzo Russo , la povera Luisa Sanfelice e tanti altri .
Maria d’Ayerba, rimane una delle figure più importanti nella storia del complesso degli incurabili in quanto fu ad essa che la fondatrice Maria Longo, affidò la conduzione dell’ospedale dopo il suo ritiro in convento.
La chiesa a navata unica , abbandonata da decenni era bellissima con dodici altari laterali , e magnifici affreschi sulla cupola di Belisario Corenzio .Gli altari erano sormontati da dipinti, oggi custoditi presso la Farmacia degli Incurabili, realizzati da Marco Pino, Carlo Sellitto e Francesco De Mura. Sul primo altare a destra, rimane la cornice in marmo in cui era posta la tela di Battistello Caracciolo, raffigurante Il Cristo portacroce, oggi al Museo di Capodimonte.
Nel suo interno, ai lati dell’altare , la nobile Ayerba fece costruire due stupendi monumenti funebri per il marito ( Andrea di Capua ) ed il figlio Ferdinando entrambi opera di Merliano da Nola dove poi alla sua morte si fece seppellire dietro l’altare tra i due.
Rimangono invece le decorazioni settecentesche in stucco e alcune tracce degli affreschi realizzati da Belisario Corenzio tra il 1609 e il 1610. Lungo la navata, inoltre, rimangono epigrafi e tombe dedicate a medici e ad altri protagonisti della storia dell’ospedale.
L’ antica spezieria ( farmacia ) è oggi l’unica di quel periodo rimasta intatta in Europa e rappresenta un vero pezzo di storia del settecento napoletano , un autentico capolavoro barocco-roccocò.
Essa si erge maestosa al centro del grande cortile degli Incurabili come una villa che si affaccia nel suo giardino.
Il doppio scalone in piperno conduce alla loggia dove troviamo poi dei bellissimi portali sormontati da vasi e mascheroni diabolici.
Questo bellissimo tempio della scienza venne costruito su disegno di Antonio Domenico Vaccaro . Il suo interno invece lo si deve all’ ingegnere Bartolomeo Vecchione che incarico’ le migliori maestranze dell’epoca per realizzare il capolavoro che oggi possiamo ammirare.
Donato e Giuseppe Massa , cioe’ gli stessi del chiostro di Santa Chiara sono gli autori del pavimento in cotto e smalto . Agostino Fucito si occupo’ invece dell’ imponente arredo in legno che possiamo ammirare. Sua opera infatti e’ l’imponente bancone in un unico pezzo di radica di noce dove si vendevano i prodotti ed le due spettacolari alzate di farmacia in legno dorato , ognuna con 66 nicchie dove vasi , vasetti ed ampolle conservano ancora residui di antichi prodotti farmaceutici.
Numerose raffigurazioni e simboli particolari lungo le pareti rappresentano evidenti segni di un trascorso alchenico massonico della struttura.
Tra i misteriosi messaggi dei grandiosi intagli dorati possiamo infatti notare agli angoli della Gran Sala raffigurati i volti degli scienziati massoni del tempo.Il dipinto di Pietro Bardellino e’ posto non a caso dinanzi al busto di colui che finanzio’ la costruzione della farmacia ( il governatore degli Incurabili Antonio Magiocca.
Il soffitto diviso in due cupole da una trave avvolta da un drappo in stucco ornato con putti mostra anche un imponente bellissimo dipinto .
Nel chiostro grande , caratterizzato da un secolare e gigantesco albero di canfora si trova l’orto medico che veniva usato dagli speziali dell’Ospedale.
Il chiostro piccolo dove si trovano dei deliziosi affreschi di scuola fiamminga e’ invece un importante luogo storico in quanto e’ il posto dove nacque l’importante accademia degli oziosi e sopratutto e’ il luogo dove si organizzo’ la famosa rivolta giacobina.