Miseno e’ una frazione del comune di Bacoli che deve il suo nome alla leggenda che pone qui, il luogo dove fu seppellito da Ulisse il suo sciagurato compagno di avventura e trombettiere Miseno, gettato in mare e ucciso da un Tritone ( divinita’ marina). L’eroe battezzò quel luogo col nome del suo amato compagno ( Miseno ) in modo che venisse ricordato in eterno.miseno-8
La sua funzione di porto marittimo e militare si affermò già in epoca Cumana. Da esso infatti, con una flotta ben attrezzata, i greci di Cuma dominavano tutto il litorale della Campania e lo stesso Dionisio di Alicarnasso, tiranno di Cuma riconobbe che una delle circostanze che portarono alla potenza navale del territorio cumano fu proprio il possesso del promontorio e del porto di Miseno.

L’importanza del luogo come porto militare si affermò successivamente in epoca romana, dapprima con le opere navali e militari volute da Agrippa durante la guerra civile tra Pompeo ed Ottaviano e poco dopo con la designazione da parte di Augusto di base navale del Tirreno alle dirette dipendenze dell’Imperatore tramite un prefetto.

Tra i prefetti militari a capo della flotta di Miseno si ricordano Tiberius Claudius Anicetus che mandò i suoi sicari ad assassinare Agrippina, madre di Nerone, e Plinio il Vecchio che morì durante l’eruzione del Vesuvio (79 d.C.).
Capo Miseno, il Monte di Procida, le alture di Bacoli e la duna sabbiosa del litorale, venivano a formare con il loro doppio bacino il più bel porto naturale di tutta la costa campana cosi importante ed imponente che tutta la difesa marittima dell’Italia romanica venne ad essere ripartita principalmente tra Miseno e Ravenna.

Nella vicina località di Miliscola sorse un’ importante scuola per soldati romani mentre lungo il suo litorale la ricca nobiltà’ romana costruì numerose ed eleganti ville.
Tra le sontuose ville primeggiava quella del dittatore Caio Mario, poi acquistata da Lucullo, dove morì, nel 37 d.C. l’imperatore Tiberio, ma non si può dimenticare quella di Cornelia, figlia di Scipione l’Africano, mentre quella di Agrippina invece si trovava a Bacoli (vacua = terra incolta e deserta; boaulia = stalla di buoi, venne cosi’ chiamata in ricordo della sosta di Ercole con gli armenti sottratti a Gerione) dove oggi si può anche visitare il suo sepolcro.

Per fornire acqua alle strutture militari dell’enorme porto romano di Miseno i romani pensarono di costruire un gigantesco serbatoio, che era solo il punto terminale di una mastodontica opera capace di integrare l’acquedotto greco della bolla con quello Augusteo che portava a Napoli l’acqua del Serino (in maniera da fornire sia Napoli che la flotta romana stanziata a Miseno ).

Il terminale di questa enorme opera, ultimo punto di arrivo della grande opera idraulica dell’acquedotto del Serino, era nel gigantesco serbatoio della Piscina Mirabilis che fu realizzato in età augustea, e tutto scavato nel banco di tufo.
Lungo m.70, largo m. 25,50, alto m. 15, con una copertura poggiante su 48 pilastri cruciformi, poteva contenere circa 12.600 metri cubi di acqua, che grazie ad alcune ruote idrauliche, sollevavano l’acqua per canalizzarla verso l’abitato e il porto per il rifornimento della flotta misenate.miseno

Nel visitarlo l’impressione e’ che si tratti di un tempio sotterraneo più’ che una cisterna.
Nel V secolo quando la sede dell’Impero si trasferì a Costantinopoli cominciò il lento declino di Miseno.
Insabbiato da un secolare interramento, oggi dell’antico insediamento militare, orgoglio della Cuma Greca e vanto dell’Impero Romano, non resta che uno specchio d’acqua circondato da un basso litorale sabbioso in cui è difficile riconoscere quella che fu la potenza militare di due grandi Imperi. Il luogo appare più simile ad un grosso stagno dove ad ormeggiare sono solo piccole barche di privati e da questo appunto deriva il suo attuale soprannome di ‘Maremorto’.

Triste, strano nome per la piccola Miseno che deve il suo nome alla leggenda omerica che pone in questo luogo il sepolcro del compagno di Ulisse, Miseno , trasformato da Virgilio nel trombettiere di Enea.

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