Massimo Stanzione nacque nel 1585, a Orta di Atella o secondo alcuni a Frattamaggiore da una famiglia con un buon livello sociale, economico e culturale.

Sulla vita di Massimo Stanzione le notizie non sono molte, sono poco precise e qualche volta contraddittorie: si formò artisticamente a Napoli divenendo allievo della scuola di Fabrizio Santafede (pittore napoletano di vent’anni più anziano) e di Battistello Caracciolo.

Si trasferì poi a Roma per arricchire il suo stile e seguire pittori come Michelangelo Merisi da Caravaggio, Guido Reni, Artemisia Gentileschi, Annibale Carracci e Simon Vouet.

In particolare egli subì molto l’influenza di Guido Reni all’epoca considerato uno dei maggiori artisti del momento.

Con la Gentileschi si instaurò un importante sodalizio lavorativo basato sull’amicizia e sulla stima reciproca che si rivelò anche molto significativo nella crescita artistica dello Stanzione.

Con il suo ritorno a Napoli, iniziò una grande attività artistica, diventando ben presto, con le giuste amicizie l’artista più richiesto dalla Chiesa, dalla nobiltà e dalla ricca borghesia contrapponendosi al suo grande antagonista Josefe de Ribera, che firmava i suoi quadri come lo Spagnoletto o anche Valenzianus.

Affrescò la volta dell’altare maggiore in Gesù nuovo e sempre con mirabile tecnica lavorò a S. Paolo maggiore e alla Certosa di S. Martino.

Nella Certosa di S. Martino, fondata nel XIV sec, al suo interno lavorarono i migliori artisti napoletani del 600, scultori e architetti come Cosimo Fanzago e pittori come Josepe de Ribera, ma anche Battistello Caracciolo, Simon Vouete i giovani Luca Giordano, Francesco Solimena e Mattia Preti.

Stanzione eseguì una “Pietà“, una “Deposizione“(sopra il portale) e nella cappella di destra una “Madonna col bambino“.

Nella volta eseguì affreschi raffiguranti “Discesa al Limbo” e “Virtù cardinali“, nella parete dell’abside “L’ultima cena“, e nella sala capitolare una “Natività“.

Nel 1635/37 lavorò nel Duomo di Pozzuoli con Artemisia Gentileschi, divenuta sua grande amica ai tempi del soggiorno romano, che per l’occasione lo raggiunse a Napoli.

Massimo Stanzione fu uno dei più importanti pittori della scuola napoletana del Seicento e dominò, col pittore napoletano-spagnolo Jusepe de Ribera, suo grande rivale artistico, la scena pittorica a Napoli in quel periodo.

Fu l’inventore di una pittura sacra dalle dimensioni domestiche e rassicuranti, di un linguaggio domestico calmo e pacato in contrasto con la esasperata drammaticità del suo antagonista, Giuseppe de Ribera.

I suoi lavori più importanti sono riconosciuti nelle grandi pale d’altare così come nei cicli di affreschi per le chiese napoletane. Della sua produzione si possono ricordare in questo senso gli affreschi e le tele per la cappella di San Mauro e per la cappella del Battista nella Certosa di San Martino a Napoli.

Inoltre si ricorda un dipinto raffigurante San Patroba che predica ai fedeli di Pozzuoli, realizzato per la Cattedrale di Pozzuoli intorno al 1650, ed il ciclo di affreschi per la basilica di San Paolo Maggiore sempre a Napoli.

Altra notevole opera dello Stanzione è il grande Sacrificio di Bacco che oggi si trova al Prado di Madrid insieme ad altri diversi dipinti sulla Vita di San Giovanni Battista.

Sue opere si ritrovano a Buenos Aires, alla Trafalgar Galleries di Londra e a S. Francisco, e in molte collezioni private.

La potenza del colore e il naturalismo dello Stanzione hanno avuto una grande influenza su altri artisti locali dei periodi successivi: su tutti Francesco Solimena.

I suoi dipinti e affreschi più noti sono nella Certosa di S. Martino, nel museo nazionale di Capodimonte, nel Palazzo reale di Napoli, e sulle volte della chiesa del Gesù Nuovo.

Nel 1621 Papa Gregorio XV gli conferì il titolo di cavaliere dello Speron d’oro che in Spagna gli diede il titolo di Cavaliere Massimo.

Nel 1627 invece ricevette da Papa Urbano VIII la carica di Cavaliere del Gesù per meriti artistici.

Dove sia morto l’artista non si sa con certezza, se in una sua dimora all’Ascensione o in un’altra sua abitazione alla Carità. Appare comunque evidente che, come accadde per altri pittori napoletani morti nello stesso anno, le cause sono da ricercare nell’epidemia della peste del 1656 che flagellò l’intera città di Napoli.

Massimo Stanzione – Susanna und die beiden Alten, 1630

Atella era una antica città osco-sannitica, conquistata poi dai Romani famosa per le “fabulae Atellane”, commedie farsesche e licenziose, recitate nella lingua della antica popolazione indigena, e poi, ovviamente, in latino, con maschere e personaggi fissi, come Maccus, cui si fa risalire Pulcinella.

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