La Chiesa di San Potito si trova nei pressi del Museo Archeologico Nazionale in Via Salvatore Tommasi.

La sua storia , insieme a quella del vicino convento iniziò in Via Anticaglia per volontà  del vescovo San Severo e solo successivamente fu poi trasferita nell’attuale sede. La causa fu l’inadeguata struttura del precedente monastero nel garantire una stretta clausura alle monache che vi dimoravano ( monache basiliane, divenute poi benedettine ) ,  che come accaduto in altri monasteri si era resa necessaria dopo l’avvenuta riforma tridentina  .

Dopo un acceso scontro tra le consorelle che vide infine il trasferimento di molte di esse in altri monasteri , fu deciso da parte delle rimaste monache di acquistare , fuori la vecchia porta di Santa Maria di Costantinopoli  , in una zona chiamata ” la costagliola ” da Vincenzo Capece , un ampio palazzo con giardino .

N.B. : il vescovo Severo fece costruire i monasteri di San Martino  e di San Potito martire . Quest’ultimo ,  la cui costruzione risale  agli ultimi anni del secolo IV o ai primissimi del secolo V, è molto probabilmente uno dei primi monasteri sorti in Italia proprio nel periodo in cui la Chiesa, dopo l’era dei martiri, poteva professare liberamente la fede cristiana.

CURIOSITA’: Nel 1615 le monache, con l’autorizzazione del papa Paolo V, vendettero al principe di Avellino, don Camillo Caracciolo, che voleva ampliare il suo palazzo,  il loro monastero per 13.000 ducati e comperarono sulla Costigliola un deliziosissimo palazzo con giardino e lo adibirono a convento. Successivamente vi costruirono il monastero e, più tardi, anche la chiesa, intitolati a San Potito  .

Nel Seicento tutte le aree verdi vicine al centro della città, divenne meta ambita per la fondazione di monasteri, chiese e conventi che richiamarono intorno a loro un numero sempre più crescente di abitanti  trasformando  in assoluto l’ intera zona.  Insieme alla capillare presenza di Ordini ecclesiastici  , grazie anche alla mancanza  di controlli  governativi avvenne quindi  in quel periodo  un totale  sfruttamento intensivo dei suoli che cancellerà nel tempo ogni residuo spazio pubblico libero. Sui terreni non occupati dalle fabbriche religiose, si concentrò sopratutto  l’interesse della borghesia meno ‘possidente’, quella, per intenderci, che non poteva ambire alle proprietà in via Toledo, consentite solo ai patrimoni aristocratici in auge. . Il territorio da quel momento  cominciò sempre più a popolarsi e venne suddiviso in quattro diverse masserie assumendo sempre di più le caratteristiche di un borgo.

Una intera zona , chiamata  “la Costigliola  ” posta appena fuori dalle mura , venne quindi popolata di monasteri femminili e maschili mentre un’intera area che si estendeva fino alla” Infrascata “(oggi  S. Rosa ) venne utilizzato come territorio di caccia ai numerosi conigli che popolavano la zona . In essa venne costruita una residenza di caccia aragonese, detta la Conigliera , voluta da re Alfonso II d’Aragona  ( oggi  inglobata nel  palazzo nobiliare Muscettola di Leporano  del XVI secolo ) che venne considerato difettoso perchè mancante di giochi d’acqua e con poca aria ( per le cattive condizioni della zona ) . Il palazzo passò alla morte del re aragonese ai principi di Leporano .

La chiesa di San Potito venne quindi costruita ex novo dall’architetto Pietre De Marino nel 1615 e annessa al palazzo adattato a monastero  a cui fu aggiunto un bellissimo chiostro molto panoramico sia verso San Martino che verso il mare .  Nel secolo successivo iniziò una lunga fase di restauro, ad opera dell’architetto Giovan Battista Broggia, che terminò nel 1780.

CURIOSITA’ : Il monastero dedicato a San Potito , costruito nel luogo oggi denominato “Largo proprio di Avellino”  , accolse in questo monastero  per disposizione del vescovo Severo le monache basiliane . In un secondo momento , all’inizio del sec. VII,  il monastero cambiò  poi la regola di San Basilio per quella di S. Benedetto, e rimase in quel sito fino alla fine del secolo XVI, mantenendo sempre vivo il culto in onore di San Potito.


Nel  “decennio francese”, come avvenne in altri monasteri , l’ordine venne soppresso e le monache costrtte a  trasfersi  in San Gregorio Armeno .  La chiesa venne spogliata di alcune opere d’arte e il monastero trasformato in caserma .
Successivamente, al ritorno nel regno dei Borbone la chiesa venne affidata alla Congrega degli Ufficiali dei  Bianchi,  cioè una potente organizzazione religiosa legata al controllo amministrativo dei beni della chiesa . Dopo l’unità d’Italia  il monastero venne convertito in caserma dei Carabinieri.
La facciata,  posta in un cortile rettangolare è raggiungibile grazie alla scalinata costruita nel 1867 Essa  venne realizzata in pietra e mattoni, e suddivisa in due ordini.  La prima accede ad un portico sopra il quale poggia il coro delle monache mentra il secondo, presenta tre finestroni incorniciati da paraste.

L’interno, a navata unica con tre cappelle per lato, possiede un bellissimo  altare del Settecento e, alle pareti varie opere pittoriche di grandi artisti dell’epoca come Giacinto Diano, Nicolò De Simone, Andrea Vaccaro e  Luca Giordano  (la Madonna del Rosario )
Nella seconda cappella di sinistra è stata realizzata una pregevole decorazione in stucco. raffigurante San Gaetano da Thiene ed un gruppo di angoletti, probabilmente realizzata ,  come indicato da un’iscrizione sul pavimento, nel 1880  da  un certo D. Caponello ( nome indicato sul Libro della Regola tenuto in mano da uno degli angeli).
Nella sacrestia sono invece posti alcune bellissimi quadri di Pacecco De Rosa,  ed un altro quadro raffigurante la Vergine e Santi con Sacramenti tra le anime del purgatorio, attribuito invece a Domenico Mondo.

CURIOSITA’: Il monastero attualmente occupato dalla caserma dei Carabinieri ” Salvo D’Acquiso ” , accoglieva sopratutto fanciulle appartenenti a famiglie dei nobili del seggio di Montagna .

 

STORIA DI SAN POTITO

San Potito in età  adolescente, apparteneva ad una ricca famiglia pagana  che viveva nella città di Sardica. Convertitosi ad appena 13 anni al cristianesimo , ben presto per amore di cristo, egli decise di  abbandonare  tutto, la casa ed i genitori per  recarsi in giro  ad annunziare Gesù . Secondo racconti biblici egli ebbe nel suo peregrinare  un duro scontro contro il demonio.

Il diavolo , assunte  le sembianze di Gesù, lo indusse inizialmente solo  a ritornare nella sicurezza della casa paterna, ma il piccolo con la preghiera riusci  a superare la tentazione diabolica. Non soddisfatto  il diavolo si tramutò quindi  per spaventarlo in un toro ruggente e furioso e a tal proposito si  racconta che  Potito , per nulla spaventato riuscì a questo punto con un semplice segno di croce ad immobilizzare immobilizzare il toro . Il diavolo rimase a quel punto per ore bloccato da Potito che decise di  liberarlo  soltanto dopo aver ottenuto il giuramento secondo cui non avrebbe più lottato contro di lui .
Il demonio, da quel momento non perseguitò piu lui personalmente il futuro santo , ma lo fece tramite l’ imperatore Antonino e il l suo luogotenente Gelasi che  incominciarono a perseguitare Potito dapprima minacciandolo e poi arrecandogli numerose sofferenze .

Giunta infatti all’Imperatore pagano , la voce che in giro vi era sulle sue terre un cattolico che diffondeva miracoli e grandi consensi portando alla conversione cristiana molte persone , egli non mancò  ben presto di minacciarlo e perseguitarlo .

La goccia che fece traboccare il vaso avvenne quando Potito si recò nella città di Valeria,  e andò a sedersi proprio davanti alla porta della casa della lebbrosa Quiriaca, moglie del senatore Agatone; qui l’eunuco Giacinto, udendo le meraviglie e i miracoli compiuti dal Dio di Potito, lo invitò ad entrare in casa per guarire la padrona dal morbo della lebbra. Potito, introdotto al cospetto della matrona, allacciò con l’ammalata  un lungo discorso  alla fine del quale non solo guarisce Quiriaca, ma ottenne dalla stessa anche  la sua conversione, la conversione della famiglia e quella di mezza città.

Dopo questo episodio il nome del santo incominciò a diffondersi ovunque ed una leggenda vuole che a servirsi del santo fu lo stesso Imperatore .

Si racconta infatti che il diavolo , oramai intenzionato a liberarsi del pericolo nemico Potito , si era  intanto  impossessato della figlia dell’imperatore Antonino, e  avrebbe  liberato la stessa solo se ad ordinarglielo fosse stato il solo  Potito .

A nulla servirono le preghiere che Antonino rivolse ad Apollo, a Giove  e ad  Arpa (  una divinità pagana presente solo nella “Passio” di S. Potito )  ; il diavolo ribatteva che solo Potito poteva scacciarlo.  L’imperatore Ffu allora  costretto a mandare il preside Gelasio con dei soldati a cercare Potito. Lo trovano sul monte, attorniato e protetto da fiere selvatiche e dopo averlo catturato  venne condotto alla presenza dell’imperatore e di sua figli a Roma. Il giovane santo, appena vide l’indemoniata, le diede uno schiaffo operandovi un autentico esorcismo. L’imperatore rimane però nella convinzione che furono i suoi dèi e non il Dio di Potito a liberare la figlia dal maligno. Tra i due nascque  così una polemica con lunghi discorsi; Potito rimproverò apertamente  l’imperatore e questi in cambio lo fece   imprigionare e tenre in galere fino al momento in cui lui non abbandonasse la propria religione . Il martire finse di accettare, ma quando  poi venne  introdotto nel tempio pagano e  condotto alla presenza degli dèi di Antonino, con la preghiera, si racconta che ottenne da Dio il crollo degli idoli.

L’imperatore, vistosi burlato da un ragazzo, lo fece rinchiudere in un carcere con una pesante catena al collo, ma subito un angelo venne  a confortarlo. gli stessi carnefici attestano che lo vedono passeggiare nella prigione con gli angeli .I

Il  padre, di Potito (  Hylas) , di credo pagano, tenta di indurre suo figlio all’apostasia ( alla rinuncia e alla critica della propria  religione ) ma  Potito, incrollabile nella fede di cristo, rifiuta l’ordine paterno e, rinchiuso in prigione, viene sorvegliato da un custode. Successivamente Hylas cerca di convincere Potito facendogli sapere che morirà, se non desiste dalla posizione assunta. L’imperatore Antonino ha infatti decretato la morte per chi non abiura il cristianesimo e non sacrifica agli dèi. Hylas in tutti i modi si sforzava di salvare suo figlio, ma né i tormenti del martirio né le lusinghe riuscirono a piegare l’eroico ragazzo. Alla fine è il papà che, disarmato dalla fortezza spirituale del figlio, si converte al cristianesimo.

Potito venne  quindi condotto nell’anfiteatro e dato in pasto ai leoni ,ma essi di fronte a lui divennero docili e  non lo toccano neppure . Venne quindi a questo punto  gettato  nell’olio bollente e anche questa volta egli  ne uscì indenne. Allora l’imperatore, pieno di rabbia, diede a questo punto l’ ordine che gli fossero  tagliuzzate tutte le membra ma i carnefici non ci riuscirono  e  alcuni di essi addirittura si  tagliarono le proprie membra. Antonino poi comandò   che si aguzzasse un ferro e che gli fosse conficcato sulla sommità del capo fino alla base .

Le preghiere di Potito rivolte a Gesù ottengono che nel ferro si trovi infilzato l’imperatore, che ne sarà liberato solo quando sua figlia, Agnis, verrà battezzata. Antonino, ostinato puù che mai, fa tagliare la lingua di Potito, ma questi continua a lodare Dio ed avverte l’imperatore che l’unico modo per farlo perire è quello di tagliargli la testa. L’ordine della decapitazione che venne  dato, doveva però  essere eseguito dove voleva  il martire: in Apulia, presso il fiume Calaggio, tra due sperdute “mansiones” romane, e cioè tra Sentianum e Iunianum dell’antica via Herculia, che ad Equotuticum conduceva a Venosa. Fu in quel luogo infatti che a San Potito venne poi tagliate la testa .

Curiosita’ :  Notate  il fatto che nella Daunia antica vi fosse un importante centro, la città di Arpi, e che, ancora oggi, in provincia di Benevento, esistono i comuni di Arpaia e di Arpaise

Ancora una leggenda narra che un mulattiere di  Tricarico un giorno  si dirigeva verso Ascoli Satriano, sul tratturo Palmo-Palazzo d’Ascoli-Foggia e il torrente Carapelle. Nella sua carovana vi era un asino che stanco per il lungo viaggio e per il pesante carico che trasportava, affondò nei fanghi della mefite da dove non poté in alcun modo essere tirato fuori. Il mulattiere spostò il carico di merci sulla soma di un’altra bestia e, senza perdere tempo, soppresse il povero asino sul posto. Da buon commerciante, ebbe cura di scuoiarlo per vendere la sua pelle. Prima di rimettersi in cammino, rivolse una preghiera a San Potito, che si diceva martirizzato in quella località. Percorso un tratto di strada, il mulattiere sentì i ragli lamentosi del suo asino. Impressionato dal fenomeno tornò indietro e vide la bestia scuoiata venirgli incontro. Felice del recupero della bestia, le rimise addosso la pelle ma al rovescio. L’asino, così conciato, lo guidò nuovamente sulla mefite, dove era risorto miracolosamente. Tornato in quel posto il mulattiere, convinto di trovarsi di fronte a un evento straordinario, prese a scavare, pregando, tra i fanghi della mefite, dai quali affiorò il corpo intatto di un adolescente. Certo di aver scoperto il corpo di San Potito, il mulattiere compose degnamente le sacre spoglie e per commemorare l’evento prodigioso, gli ascolani presero a recarsi in pellegrinaggio sul luogo del martirio del loro Santo.

Le sue reliquie sono ancora oggi custodite a Tricarico, nella cattedrale di Santa Maria Assunta. 

Oggi Venerato come  santo e martire dalla chiesa cattolica San Potito  è il patrono principale di Tricarico e della diocesi omonima  . La sua memoria liturgica cade il 14 gennaio  e il santo viene festeggiato non solo il il 14 gennaio, ma anche  dal 18 al 20 agosto per consentire a chi non può assistere alla celebrazione di gennaio. Il busto del santo in queste circostanze  viene portato in processione per le vie del paese e poi riportato in cattedrale e nella piazza di fianco ad essa si brucia il cosiddetto “ciuccio”.

San Potito è anche il patrono principale di  Ascoli Satriano e della diocesi di Cerignola -Ascoli- Satriano .   E’ infatti presente Ascoli Satriano una chiesa intitolata al santo, mentre  nell’ex cattedrale della città è conservato un busto di San Potito in argento che conserva una sua ulna .

 

 

 

 

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