Il Palazzo del Principe Caracciolo di Avellino, si trova nel  “centro antico” della città di Napoli, in quel luogo oggi vittiva della malamovida  organizzata e qualche tempo fa  dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità ,

L’edificio pur essendo  tutelato come tanti altri del luogo , dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, versa tutt’ oggi ancora in un vergognoso stato di degrado , nonostanta la fondazione  Morra Greco per l’ Arte Contemporanea in essa presente abbia da tempo  ritenuto opportuno procedere ad un attento restauro del Palazzo .

Il tutto è dovuto alla nuova scoperta di un meraviglioso apparato decorativo realizzato alla fine del XVII sec. da Giacomo Del Po , che è  venuto alla luce nel corso di alcuni saggi ricognitivi  condotti per dar luogo alla ristrutturazione dell’edificio. Contrariamente a quanto avvenuto in altri edifici del centro storico dove tali decorativi affreschi non sono stati tenuti in nessun conto da gente ignorante di malaffare che si sono impadroniti di antichi immobili per trasformarli in moderni bed and breakfast ,oggi considerato in città  il nuovo bussiness della malavita organizzata, i vincoli normativi e quelli legati alla presenza di un interessante, seppur molto degradato apparato decorativo, nonché le esigenze di riuso funzionale, hanno  fino ad ora rappresentano il tema  limite realizzativo del progetto di restauro .

In definitiva, il Palazzo , oltre che dimora per collezioni d’arte contemporanea è divenuta “museo di se stesso”  e quindi preda di numerose e limitanti pratiche  che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, deve necessariamente attuare . La lungaggine di un ministero che come regola adotta quella  del “Addò vede e addò ceca.”  (dove vede e dove è cieco) , favorendo l’atteggiamento di chi vede solo quello che  intende vedere, favorendo quindi  qualcuno a discapito degli altri ,ha portato di fatto a non svolgere ad oggi nessun tipo di restauro .

Capito perche uomini senza coscienza e nessuna cultura storica non denunciano la presenza di magnifici affreschi alla sovraintendenza per i beni culturali di Napoli e distruggendo tutto il nostro centro storico  pensando  solo al loro bussiniss economico ?

Tanto nessuno controlla !!!!

Il nostro bel palazzo Caracciolo di Avellino è situato in largo Avellino, al civico numero 4, in quella piazzetta che un tempo  era una proprietà privata e  venne  realizzata insieme ai lavori di ricostruzione del palazzo, voluti dai Caracciolo, principi di Avellino.

N.B. Un tempo, di fronte alla costruzione, si trovava anche il monastero di San Potito che, per decisione di Paolo V, venne abbattuto intorno al 1610.

Inizialmente si trattava di un palazzo prettamente medievale, progettato dall’architetto Giacomo de Santis che lo eresse sul finire del XIV secolo come residenza della famiglia Gambacorta, che lo fece divenire  sede di importanti incontri culturali, durante i quali si riunivano medici, letterati, teologi e avvocati.

CURIOSITA’. Di proprietà del palzzo vi era anche  il convento di fronte dalle suore di San Potito, inizialmente acquisito per farne un unico organismo edilizio col palazzo trasformando il preesistente chiostro del convento in una piazza pubblica ma di fatto al servizio del suo palazzo: perciò si chiama Largo proprio di Avellino.
In questo intento vennero  realizzati i due cavalcavia che scavalcavano il decumano ai due accessi al largo per collegare il palazzo originario con le due ali dell’ex convento.

La successione delle eredità arriva, probabilmente, fino alla per persona di Lucrezia, moglie di Giovanni de Rossi e Beatrice. Quando infatti quest’ultima sposò Giovanbattista Caracciolo, la proprietà del palazzo fu divisa tra la famiglia de Rossi e quella dei Principi di Avellino.

CURIOSITA ‘ :  La sorella di Beatrice, Porzia, era la madre di Torquato tasso che, nella seconda metà del XVI secolo, frequentò per qualche anno l’edificio.

L’edificio diviso in due parti tra la famiglia  De Rossi e i Caracciolo di Avellino, vide poi gli eredi delle due proprietà realizzare vari interventi di restauro.

Il primo venne realizzato nel 1522 dai De Rossi,  che viste le pressioni del Sedile di Montagna, fu costretto ad  eliminare un ponte  pedonale che collegava la struttura a delle case di proprietà di un certo Folliero. In cambio, i De Rossi chiesero ed ottennero  dal sedile la concesssione  di abbassare il livello stradale di Vicolo San Petrillo, dove si trovava una piccola chiesa dedicata a San Pietro  fondata dai de Ferrari e di essere autorizzato a poter affittare a degli studenti alcuni ambienti (prima di allora era proibito ad essi alloggiare in città).

Dopo la morte dei De Rossi, l’edificio passò in parte a Torquato Tasso (poiché questi era figlio di Porzia De Rossi) e a Domizio Caracciolo, duca di Atripalda per la parte dei Caracciolo, che a sua volta lasciò la propria parte al nipote, principe di Avellino.

N.B. È opportuno ricordare che tra il Tasso e il principe ci fu una vertenza sulla proprietà, che così venne totalmente acquistata dal principe. 

Dopo varie vicissitudini legali dovute alla ripartizione dell’immobile, l’intera proprietà passo nel 1596 alla famiglia Caracciolo che, nella persona di Camillo, oltre alla unificazione delle due proprietà , avviò restauri e abbellimenti (conclusi nel 1616, come ricordato da un’epigrafe collocata nella parete sinistra dell’atrio), che comportarono con l’aggiunta di altri corpi di fabbrica la  totale perdita della originaria struttura .
Dopo essersi salvato da un tentato incendio durante i tumulti conseguiti alla  rivolta di Masaniello (XVII secolo), nella seconda metà dell’Ottocento divenne, fino al 1889, sede dell’Istituto Pontano. L’edificio fu poi in seguito  di nuovo restaurato ma questa volta solo per diventare condominio .

L’edificio oggi disposto su 6 livelli, di cui uno sotto la quota stradale, e quattro livelli fuori terra oltre un sottotetto, versa purtroppo in una generale  condizione di diffuso degrado , sia sui prospetti sia negli ambienti interni, anche perché negli anni i locali sono stati destinati a funzioni diverse da quella originaria (  anche come scuola ).

Gli affreschi presenti nella maggior parte delle stanze dell’edificio al primo piano sono stati quasi totalmente coperti da scialbi interventi a base di calce,intervallati da uno strato di sottocarta e pitture a smalto in corrispondenza dei lambris. L’edificio seppure presenta un quadro fessurativo abbastanza diffuso sia nelle murature sia nelle volte, conserva nonostante tutto il suo aspetto di  pregevole esempio di architettura rinascimentale e barocca all’interno delle mura della città.

N.B. L’edificio ha ospitato l’amante della regina Giovanna II di Napoli (Giovanni Caracciolo).

Dal  2003, il Palazzo è divenuto sede  ufficiale della Fondazione Morra Greco e dal 2006 ospita, al piano seminterrato, al piano terra e al primo, un intenso programma di mostre e conferenze.

CURIOSITA ‘ : Una  testimonianza storica della importante presenza nel territorio della della famiglia Caracciolo , lo si puo vedere anche e sopratutto nel centro storico di Avellino , dove ancora oggi esiste un palazzo situato in Corso Umberto I,  impropriamente definito  nel gergo comune “Casina del Principe”. Esso nonostante i secoli trascorsi  conserva ancora oggi il suo fascino artistico, semplice ed elegante e quell’alone di mistero che invoglia lo spettatore a scoprirne i minuziosi dettagli

Il bel Palazzo , risalente  con buona probabilità alla fine del Cinquecento, fu realizzato per volontà del principe Camillo Caracciolo,  sotto la supervisione dell’Ingegnere Filippo Buonocore, uno dei più celebri del Regno di Napoli, come luogo d’accesso ad un sontuoso parco retrostante, attualmente coincidente con il quartiere Rione Parco che, ricco di alberi, piante e fiori esotici, era il luogo ideale per la caccia e lo svago. La fauna che infatti vi viveva al suo interno consentiva una ricca ed una più abbondante cacciagione e la sua estensione arrivava fino a comprendere il territorio dell’attuale frazione Picarelli.

N.B.  L’ingresso al parco avveniva attraverso il Casino di Caccia, situato dopo il ponte di S. Paolo: in esso vi erano un gran numero di stalle ed ampie stanze destinate ad accogliere gli ospiti illustri. Disponeva di locali ipogei (ninfei) impreziositi da mascheroni, conchiglie ed altri soggetti marini, che ornavano vasche alimentate da acque che ristoravano gli ospiti dopo le fatiche della caccia. Il Parco, descritto popolato di cervi e daini, si estendeva dalla collina dei Cappuccini sino alla Scrofeta ed alla Puntarola.

CURIOSITA’:  La  struttura, che venne completata del tutto tra il 1720 ed il 1730,  rappresentò solo l’evoluzione di un piccolo edificio che in passato la  Principessa Antonia Spinola , consorte di Marino III Caracciolo, fece realizzare  “fuori il Largo”, della città a causa della fatiscenza  del castello di Porta Puglia ,  ormai ritenuto non più idoneo ad ospitare la famiglia feudataria, che elesse perciò il nuovo edificio denominato “Casino Spinola”( volgarmente detta “Palazzotto”), come sede residenziale e di esercizio del proprio potere feudale. Il nuovo palazzo aveva annesso anche un giardino ed ospitò nel 1735, il 4 e 5 gennaio, “in pompa magna” il Re Carlo III di Borbone, che si apprestava a visitare il Regno appena ottenuto.

L’edificazione della nuova residenza gentilizia dei feudatari di Avellino , nel centro storico della città  , ebbe, ovviamente, ripercussioni sull’assetto urbanistico di Avellino, spostandone il baricentro dall’area dell’Avellino medioevale, all’area gravitante attorno al Palazzo Caracciolo, quindi, gli odierni Piazza della Libertà ed Corso Vittorio Emanuele II.

Oggi l’edificio seppure in passato  fu riconvertita in taverna e pubblica locanda albergo per i viaggiatori che vi  facevano sosta provenienti da Napoli e diretti a est, verso Foggia, Bari o altre località pugliesi, conserva nella sua faccita uniforme  intatto  il suo fascino artistico, semplice ,  elegante  e sobrio.  Esso  conserva al piano terra quattro portoni in simmetria, i quali immettono ai locali terranei illuminati direttamente da altrettante aperture ogivali. Al primo piano una serie di balconi in ferro battuto testimonia i pregi e la raffinatezza artistica di quello che fu il Casino principesco sin dalla sua origine.

Una fontana posta all’interno della corte, di forma semicircolare, reca motivi marini a forma di conchiglie. Il giardino, ricco di lussureggiante vegetazione nella collina retrostante, era raggiungibile da due porte poste accanto alla fonte. Completano la costruzione due portoni che servivano da accesso alle scuderie e ai depositi.

Fortunatamente il  Comune, per la somma di 24000 ducati acquistò  poi l’edificio, in modo da poter disporre di una sede per diversi uffici pubblici, quali l’Intendenza provinciale , i Tribunali civile e correzionale, la Corte delle Assise e la Tesoreria. Ciò, da un lato spiega la denominazione della struttura come “Palazzo dei Tribunali”,

Nel l 1839, il comune stesso  procedette alla creazione di un piano ulteriore, a spese dell’Amministrazione Provinciale. Tale ultima amministrazione, nel 1987, ne entrò definitivamente in possesso, facendo effettuare un profondo restauro e stabilendovi la sede a partire dal 1995

.Oggi,il palazzo  è anche sede dell’Ordine dei Commercialisti di Avellino, della scuola di musica “W. Kandinsky” e di numerose realtà associative, quali Info Irpinia, Avionica, ARCI e Pro Loco Avellino.

 

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