Tra le località archeologiche vesuviane, seppellite a seguito della drammatica eruzione del 79 d.C., Oplontis è probabilmente quella che offre le più significative testimonianze monumentali di quartiere suburbano pompeiano.
In epoca borbonica, nella moderna città di Torre Annunziata, furono rinvenuti un insieme di edifici riferibili ad un vero e proprio centro urbano periferico, scoperto essere sottoposto amministrativamente alla giurisdizione di Pompei.
Dove sorge oggi la località di Torre annunziata si è scoperto che era presente un luogo sede di famose terme chiamato Oplonti, attribuite al console romano Marco Crasso Frugi (celebrate in tutta Roma) e tutt’intorno ad esse il luogo era caratterizzato dalla presenza di ville ed edifici pubblici, collegati da strade.
Oplonti era dunque un quartiere suburbano di Pompei, ricco di lussuose ville di tipo “urbano”, destinate cioè ad essere residenza di lusso per le famiglie più agiate dedite al piacere e al divertimento, diverse da quelle di tipo “rustico” equivalenti alle attuali fattorie.
La più grande e lussuosa di tutte era senz’altro quella di proprietà di Poppea Sabina, seconda moglie di Nerone.
La villa di Poppea, messa in luce tra il 1964 e il 1984, costituisce il più classico esempio di villa di OTIUM, edificata in prossimità della costa laddove, anche per la salubrità del clima, chi vi risiedeva poteva ritemprare il corpo e lo spirito lontano dalla vita caotica della capitale. Impreziosito da spettacolari decorazioni pittoriche in stile pompeiano e arricchito da pregevoli suppellettili, quali le sculture in marmo bianco, che ne decoravano i giardini e la piscina, l’edificio presenta le caratteristiche tipiche delle residenze patrizie.
Si trattava di una dimora immensa che poteva appartenere solo ad un personaggio di altissimo rango come appunto la moglie di un Imperatore. Più che una villa sembrava trattarsi di una reggia composta di 94 ambienti tra sale di rappresentanza, atri, peristili, giardini, cubicoli, terme e bagni tutti riccamente decorati. La villa è ricca di testimonianze pittoriche in buono stato di conservazione quasi sempre a soggetto naturalistico in cui domina sopratutto il classico color rosso pompeiano.
Famosi sono in tal senso i trenta Pavoni dipinti nelle minuscole camere da letto, i cubicola ed un canestro di fichi coperto da un velo trasparente, facente parte di una parete decorata; il fico era un frutto sacro a Priapo, dio della fecondità virile.
Intorno alla villa vi erano altre strutture satelliti destinate alla vita rustica che erano destinate ad una redditizia attività agricola.
Ma la meraviglia più grande era costituita da una enorme piscina di 60mt per 16 metri circondata da un bellissimo parco lungo il cui bordo erano presenti una serie di busti di marmo oggi perfettamente conservati.
La villa era profonda mediamente quasi un metro e mezzo e si calcola contenesse circa un milione e mezzo di litri di acqua proveniente da una sorgente posta in posizione più elevata.
Oltre a consentire lunghe nuotate ai suoi proprietari, la piscina era destinata ad ospitare naumachie (spettacolo rappresentante una battaglia navale) e altri spettacoli acquatici.