La Cappella Reale della Reggia di Portici  risale al 1739 e a vederla somiglia più ad un teatro di corte che ad una cappella  . Essa infatti in origine  nacque come Teatro di Corte presso la villa del Conte di Palena., un edificio adiacente alla Reggia  Dieci anni dopo, il cattolico  Carlo di Borbone sentendo la mancanza  nella  Reggia  di un  luogo di culto ordinò poi che il teatro fosse convertito in cappella, ( pare che il disappunto espresso da Carlo al Canevari per aver dato allo svago la precedenza sulla pratica religiosa abbia determinato la trasformazione del teatro in cappella )..

La Cappella Reale venne  quindi edificata nel 1739 in seguito alla riconversione del Teatrino di Corte ad opera di Fernandino Fuga, ed  una volta  consacrata fu  dedicata all’Immacolata Concezione, protettrice della Spagna, che, insieme a San Gennaro avrebbe dovuto “proteggere” la Corte dalla furia del Vesuvio. Ovviamente i reali per dar vita a una cappella degna del loro nome si prodigarono nel chiamare i più grandi artisti del tempo; parteciparono infatti a questa costruzione artisti   come Giacomo Ceci, che diede vita alla  statua bronzea dell’Immacolata, e  il Vanvitelli, creatore dei disegni dei 4 candelabri della Cappella. Nel suo  interno , la struttura  a pianta ottagonale.racchiude  sculture settecentesche degli artisti Manuel Pacheco e Andrea Violani oltre a tele di Scuola Napoletana e della Bottega di Solimena fra cui un Ecce Homo ed un Cristo sulla via del Golgota. Gli affreschi della Cappella sono ad opera di Giuseppe Bonito, massimo pittore di genere Rococò dell’Italia meridionale.

La cappella è un vero e proprio gioiello ed ha un enorme valenza storica, artistica e religiosa. Regine, principesse, artisti; illustrissimi sono i personaggi che, in visita alla corte borbonica, si sono soffermati nella chiesa per pregare la Madonna. Tra i più importanti possiamo nominare: la regina Maria Isabella infanta di Spagna, morta a Portici nel 1848 (moglie di Francesco I, re del Regno delle Due Sicilie), Maria Amalia delle Due Sicilie (principessa di Napoli e Sicilia ed in seguito regina di Francia dal 1830 al 1848), Maria Sofia di Baviera (ultima regina del regno delle Due Sicilie),  Carolina Bonaparte (sorella dell’imperatore Napoleone) , Amadeus Mozart, che si esibì alla corte dei Borboni sul  piccolo organo  oggi  ancora presente nella Cappella ed  ancora utilizzato per il rito della messa ed infine  Papa Pio IX, che nel 1849 a causa delle rivolte interne alla città eterna, fu costretto a fuggire da Roma e fu ospite del re Ferdinando II. Il 4 settembre, egli attraccò a bordo della nave “Tancredi”, al molo del Granatello dove fu accolto da una folla in festa, dai rintocchi delle campane e da numerose cannonate sparate in suo onore. Accompagnato dal re Ferdinando II, con la carrozza di gran gala , il Papa giunse a palazzo reale e si recò direttamente nella Cappella. Da allora il Palazzo Reale divenne Palazzo Pontificio e la Cappella, Cappella Pontificia. ,Durante la sua permanenza a Portici, il Pontefice pubblicò due importanti documenti, un’amnistia e l’enciclica “Nostis et nobiscum”

 

Dal punto di vista architettonico, è di notevole impatto all’ingresso della Cappella il  bel sportale principale, che dona  alla cappella  un aspetto monumentale .Il ricco portale realizzato nel 1750 dal marmoraio Giovanni Atticciati, e’sormontato da una ricca decorazione in marmo di Agostino Corsini con due angeli che danno fiato alle trombe e sorreggono il grande stemma centrale . Questi rappresentano certamente l’elemento artisticamente più rilevante del portale e sembrano con la loro tromba quasi a voler chiamare i fedeli alle sacre funzioni..Le due Fame ( angeli ) furono eseguite dallo scultore bolognese Agostino Corsini, il cui intervento nella Cappella è ampiamente documentato a partire dal 1756.

Lo spazio interno risente nella sua insolita planimetria del suo vecchio  aspetto teatrale ; e’ infatti il risultato della fusione tra un ottagono ed un rettangolo , destinati in principio ad ospitare , rispettivamente gli spettatori e il palcoscenico.

Nei lati dell’ottagono, disposti lungo l’asse trasversale, vi sono i due altari minori, con due dipinti ad olio che rappresentano “L’estasi di S. Antonio di Padova”, a destra, e “La morte di S. Francesco Saverio”, a sinistra.

Negli altri quattro lati dell’ottagono, in nicchie di marmo rosso,  si trovano a sinistra e a destra dell’ingresso , quattro statue realizzate dallo scultore Giovanni Violani raffiguranti San Carlo Borromeo e Sant’Amalia , protettori dei regnanti , e ai lati del presbiterio Santa Rosalia , patrona di Palermo e San Gennaro , patrono di Napoli . Queste ultime due sculture rappresentano un chiaro riferimento alle due città più importanti del Regno borbonico.

Il presbiterio , cui si accede dopo pochi scalini , costituiva l’antico palcoscenico , come testimonia la presenza dei palchetti laterali destinati alla corte.

Sull’altare maggiore , troviamo invece una complessa struttura architettura realizzata con pilastri e quattro colonne di marmo africano provenienti dal teatro antico di Ercolano insieme a tre angeli realizzati dallo scultore Agostino Corsini, che inquadrano al centro dell’altare maggiore la statua della vergine Immacolata Concezione in bronzo dorato mentre calpesta un serpente ,simbolo del male ,sopra di un globo celeste sorretto da puttini.L’ altare sormontato da questo baldacchino in marmo verde  con il architrave ed i  suoi capitelli  dorati appare agli occhi del visitatore in tutta la sua magnificenza.

Ai lati dell’altare maggiore vi sono due pregevoli candelabri in bronzo, eseguiti probabilmente su disegno del Vanvitelli, al quale erano stati richiesti personalmente dalla regina Maria Amalia.

Opera dello scultore Agostino Corsini, sono anche  le coppie di puttini danzanti, situati sulle cornici in marmo rosso delle due porte laterali.

Completa l’arredo in fondo a destra dell’altare il piccolo l’organo di corte  di Tommaso De Martino dove il giovanissimo Mozart ancora quattordicenne , giunto a Napoli insieme al padre Leopold diede prova del suo genio dinanzi ai sovrani ed alla corte riunita a Portici per l’evento .

Tra i presenti , vedendo le mani  dell’enfant prodige scorrere veloci sui tasti incominciò   a serpeggiare la voce , secondo proverbiale scaramanzia napoletana che  ad attribuire ad Amadeus la sua bravura e le sue doti fosse quell’anello posto sul dito che egli portava sempre con se …

 

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