Un tempo la Campania , prima dell’avvento dei greci era abitata nelle zone interne  , dal Sannio all’Irpinia e dal Casertano al territorio Salernitano  da popolazioni autoctone composta da  genti  dediche sopratutto all’agricoltura e alla pastorizia .Esse  si nutrivano di legumi, frutta, castagne , pane di farro non lievitato , formaggi ( sia di pecora che di capra ) e carni proveniente dalla loro cacciagione .

 Una fonte primaria di sopravvivenza , oltre che i loro prodotti della terra era rappresentata dagli allevamenti suini ma sopratutto ovini che si concentrarono per lo più ai confini con il Molise e con la Puglia  ; ne è testimonianza l’antica città sannita e poi romana di Saepinum nel Molise , florida per il commercio  degli ovini e punto di passaggio obbligato   della transumanza.

Erano queste tutte popolazioni autoctone ( Oschi, Irpini e Ausoni ) che non avendo grandi arti nella guerra , vennero presto tutte sottomesse dai potenti Sanniti, ad eccezione del territorio di Capua in cui si insediarono gli Etruschi che si andavano espandendo verso sud.

Lungo la costa erano invece presenti alcune popolazioni autoctone che  vivevano prevalentemente nelle grotte tufacee  del lungo litorale che pur vivendo prevalentemente di sola pesca , erano comunque di tanto in tanto , anch’esse esposte al pericolo di attacchi da parte di popolazioni che dall’entroterra  si spingevano verso il mare .

L’unico punto sicuro si trovava nell’isolotto di Macharis/Megalia (l’attuale Castel dell’Ovo) che occupato da navigatori, di ritorno dall’impresa della conquista del Vello d’Oro avevano raggruppato un piccolo borgo chiamato Faleno che aveva un suo piccolo porto ed una sua torre ( la celebre Torre di Falero che posta accanto al porto di epoca greca  viene ripetutamente menzionata da diversi autori greci e latini). 

 

Intorno al 470 a.C. accadde poi che alcuni coloni greci provenienti da Rodi ,  vennero , al fine di crearvi scali di appoggio per il commercio marittimo , a  stabilizzarsi lungo le coste creando  una colonia commerciale sull’isolotto di Megaride e sul monte Echia ; si trattava di mercanti e viaggiatori che avevano bisogno di un punto di appoggio per le loro lunghe imprese marinare e commerciali . Costruirono semplici abitazioni ,piccoli templi adibiti al culto  e nessuna cinta muraria visto che la morfologia della costa svolgeva una naturale funzione protettiva .

Tra questi e i preesistenti abitanti delle zone litoranee  ( chiamati Opici ), vi fu certo una lunga fase di incontro e scontro di culti , credenze , conoscenze  civiltà ed abitudini alimentari su cui incisero anche influenze etrusche e sannitiche. In particolare essi trovarono, perchè  praticato dalle genti del posto , un particolare culto ,legato ad una sirena che secondo i loro racconti era venuto a morire in questi luoghi .

 

 

 

La sirena si chiamava Partenope e faceva parte della leggendaria triade di sirene ( Leucosia, Ligea e Partenope ) , esseri mitologici con la testa di donna ed il corpo di uccello ( in seguito rappresentati metà donne e metà pesce ) che, tra la punta di Campanella e Capri , dagli scogli detti Galli tendevano i loro agguati ai naviganti , affascinandoli col loro canto e facendoli quindi naufragare.

Piu’ tardi intorno alla metà del VII secolo a.c. furono poi dei coloni greci provenienti da Eubea a fondare prima  Cuma, e poi una  città che chiamarono Partenope , nell’aerea a valle di Pizzofalcone , sulle sponde di un fiume chiamato Sebeto oggi scomparso. In questo luogo i Cumani trovarono più diffuso che mai il culto  quello di sirena, che diede il nome alla citta’: PARTHENOPE ( secondo la leggenda fu proprio Apollo , nel suo Tempio innalzato a Cuma , a consigliare ai Cumani di costruire attorno al sepolcro di Partenope la nuova città ).

Le tre sirene conosciute come Ligea ( dalla voce bianca ) , Leucosia ( la bianca ) e Parthenope ( la vergine ) , secondo Omero ( Odissea canto XII ) abitavano l’Arcipelago ‘Sirenusse ‘, oggi denominato ‘Li Galli ‘che si trova a largo di Positano .
Questo piccolo arcipelago costituito da tre  isole ( Gallo lungo ,La Rotonda , Strabone ) furono donate  da Federico II di Svevia  nel 1225 al monastero di Positano denominandole ” tres Sirenas quae dicitur Gallus “.
Il nome ‘Li Galli ‘ deriva dal fatto che nell’arte figurata greca , le sirene venivano immaginate meta’ donne e meta’ uccello e l’accostamento piu’ immediato che si puo’ fare con le sirene ‘ pennute ‘ e’quello della gallina o del gallo : da qui il nome di Galli ancora oggi utilizzato .
Queste isole rappresentavano nella mitologia greca un grosso punto di ostacolo e pericolo per le imbarcazioni che navigavano in quelle acque poiche’ spesso per le anomale correnti finivano per schiantarsi  naufragando contro questo arcipelago . Per i marinai invece il vero pericolo era il canto ammaliatore di questa  tre sirene che con il fascino della loro bellezza attiravano verso di loro gli uomini per poi abbandonarli morti sugli scogli .

Secondo molti di essi  il canto di queste sirene pare che rilevasse tutti i segreti della conoscenza e tutto cio’ che sarebbe avvenuto in ogni tempo ed in ogni luogo della terra ma nello stesso momento privasse i marinai del senno , dell’intelletto e dell’orientamento provocando cosi’ terribili impatti delle navi contro le scogliere .
I resti degli uomini che non avevano resistito al loro richiamo e che si erano lasciati morire sugli scogli , venivano raccolti dalle sirene che li adagiavano delicatamente a riva .
Ulisse , nell’Odissea , venne messo in guardia dalla maga  Circe dalla incantevole pericolosa voce delle sirene ma non volle nonostante tutto rinunciare di godersi del loro ammaliante canto . Una volte tappate le orecchie dei compagni con dei grumi di cera , si fece saldamente legare all’albero maestro della nave e ordino’ ai suoi uomini di non slegarlo per nessun motivo , neanche sotto sua supplica .

 

 

Ulisse con questo stratagemma , similmente agli Argonauti ,riuscì’ a sfuggire alle sirene e a passare indenne oltre la loro isola contrapponendo al loro canto quello di Orfeo. Sconfitte  da Ulisse e da  Orfeo e  affrante per non aver saputo ammaliare con il loro canto l’eroe Ulisse ( che aveva dato ascolto ai consigli di Circe ), si gettarono suicidandosi  dall’isola ( i Galli o Capri ) .
I loro cadaveri vennero trasportati dalle onde in vari punti del golfo .
Il corpo di Ligeia andando alla deriva delle correnti del golfo fini tra le rocce di Punta Campanella mentre quello di Leucosia cullato dalle onde del mare giunse fino al golfo di Salerno dove diede luogo a Punta Licosa
Parthenope invece si areno’, trasportato dalle onde ,  sulla riva dell’isolotto di Megaride dove fu ritrovato dagli abitanti del posto .Secondo altre versioni il suo corpo esanime fu invece ritrovato nell’area oggi occupata dal Teatro San Carlo e dal Maschio Angioino , che nell’antichità era una insenatura naturale.

 

 

Gli abitanti del luogo  che ritrovarono il corpo della bella sirena ,con gli occhi chiusi ed i lunghi capelli adagiati sull’acqua ,convinti che questa fosse una creatura divina, la seppellirono in un tumulo poco distante dal lido e le innalzarono un piccolo altare  che in un secondo momento fu trasformato  in un grandioso sepolcro ( un vero e proprio Tempio )  e incominciarono   a venerarla  ed onorarla  come protettrice della citta’ .

Partenope divenne così la protettrice del luogo , venerata dal popolo e onorata con sacrifici e fiaccolate sul mare . Ogni anno per celebrarla , si organizzavano davanti alla sua tomba , la festa delle Lampadoforie , fatta di fantastici giochi ginnici al termine dei quali in suo onore si praticava una  rituale corsa notturna con le fiaccole . La festa terminava  con libagioni e sacrifici di buoi.

CURIOSITA’ :   Nelle famose corse  lampadiche ,  i partecipanti dovevano correre di notte tra due ali di folla stringendo nel pugno una fiaccola accesa . Percorrendo i stretti vicoli e le strade  della città , gli atleti dovevano raggiungere il sepolcro innalzato a Partenope che si trovava in un punto ancora non meglio precisato in corrispondenza del porto .  La difficoltà ovviamente consisteva nel non far spegnere la fiaccola , e la palma del vincitore spettava al primo corridore che arrivava al traguardo con la fiaccola ancora accesa.

 L’ubicazione del sepolcro di Partenope non è mai stata stabilità con certezza ,ed ancora oggi divide storici, antropologi ,archeologie letterati .

Il primo luogo che venne da tutti ipotizzato fu quello che  si ritiene sorgesse nella zona portuale , presso la foce del Sebeto, ai piedi del Castel dell’Ovo, sull’isolotto di Megaride ( quando questo era ancora unito alla terraferma ) e per la precisione nelle fondamenta dell’attuale chiesa di Santa Lucia a Mare che è stata innalzata  sulla struttura di una primitiva basilica Paleocristiana .

In questo luogo , molto tempo prima che si arenasse la sirena , secondo antichi greci già esisteva un antico porto con una famosa torre  . Si tratta della mitica Torre di Falero ,  punto di osservazione di un antico porto greco che pare fosse il vero punto di approdo della povera Partenope sbattuta dal mare.

Eumelo Falero , fu il mitico eroe greco Ateniese ( arciere ) compagno di Giasone , che partecipò insieme ad altri protagonisi alla spedizione degli Argonauti alla volta della conquista del Vello d’Oro, cioè del Vello ( mantello ) magico dell’ariete Crisomallo , che secondo la leggenda aveva il potere di guarire le ferite .

Egli , reduce dalla vittoriosa impresa , decise di continuare il suo viaggio nel Mediterraneo sbarcando , intorno al 1225 a.C. ai piedi dell’attuale collina di Pizzofalcone . In questo luogo con i suoi fedelissimi uomini , abituati a solcare i mari e a fondare città , costruirono , in quell’area poi denominata Megaride , un piccolo borgo fatto di semplici abitazioni che affacciando su una piccola insenatura costituirono forse il primo antico porto della nostra città.

Quindi prima della Dea Sirena , arrivò sulle nostre coste  un eroe Argonauta e la città si chiamava Phaleros e non Partenope e la mitica Torre non era altro che un monumento dedicato al fondatore della città , eretta nel punto dove , possiamo presumere egli prese terra .

Il secondo luogo invece ipotizza il sepolcro trovarsi nell’ altura di Pizzofalcone , in Via Nicotera dove in un’antica necropoli son state  rinvenute alcune strane tombe scavate nei banchi di  tufo .

Il terzo  luogo oggetto di studi ed ipotesi trova invece collocata la tomba di Partenope , nella Basilica di San Giovanni Maggiore .

Una quarta  ipotesi colloca invece il sepolcro nel sito più alto all’epoca della città e quindi a Sant’Aniello a Caponapoli , in cima alla via del Sole , presso l’antico Tempio della Fortuna .

Una quinta affascinante ipotesi parla del sottosuolo del Teatro San Carlo .

Lasciando per qualche momento da parte mitologia e leggende ,alla ricerca di qualcosa di piu concreto riguardo Partenope  ,un’altra storia meno fantastica ed un tantino piu’ reale , racconta di  un condottiero greco di nome Eumelo Favelo ( re di Fera  in Tessaglia)  che pare giunse sulle nostre coste perchè animata dalla  ricerca di una famosa terra di cui aveva sentito parlare , di particolare bellezza e fertilita’.
Egli armato di una grossa flotta , e partendo dalla città di  Calcide presente nell’isola di Eubea navigo’ dritto verso il litorale napoletano per fondarvi una colonia .
Giunto nei pressi della costiera partenopea , ad un passo della sua meta , verso Punta Campanella ,fu pero’ purtroppo colpito da una terribile tempesta che distrusse gran parte delle imbarcazioni  ed uccise molti uomini . Nella tragedia  perse la vita anche sua figlia , la principessa Partenope . Il suo corpo fu sepolto sulla nuova terra ed intorno ad esso edificato un magnifico sepolcro . Di conseguenza in onore della principessa l’insediamento nascente fu chiamato Parthenope.

A Partenope figlia di Eumelo fa riferimento  anche un’epigrafe di epoca medievale presente nella chiesa di Sant’Eligio

Comunque sia la leggendaria figura di  Parthenope rappresenta ancora oggi l’incarnazione di Napoli, della sua magia e del  mistero che domina la citta’.

Quando infatti ,  nuovi abitanti  greci sbarcati  sulle nostre coste per fondare la città di Cuma , decisero spinti dai continui attacchi etruschi di fondare un primo nucleo urbano ( Parthenope ) sulle sponde del fiume Sebeto , nell’area a valle di Pizzofalcone , essi trovarono il sepolcro ed il culto di Partenope ( qualsiasi cosa essa fosse ) e  non lo cancellarono ma lo coltivarono a tal punto da farlo vivere per secoli  ( la sirena compariva anche effigiata su alcune monete di epoca greca ) e attorno  al suo sepolcro  la citta’ con il tempo eresse le sue formidabili e maestose mura. ( che hanno poi con il tempo scoraggiato e fatto desistere dall’attaccarle personaggi come Annibale e Pirro )

 

Parthenope , ingrandendosi , divenne lentamente un’ importante citta’ dove era completamente rispettato il modo di vivere dei greci ed il loro modo di fare risentendo fortemente  dell’influenza di Atene , delle proprie consuetudini , delle proprie tradizioni , dei propri riti e e dei tanti meravigliosi miti con i quali erano soliti spiegarsi gli eventi naturali e l’origine dei frutti della terra. Ci furono infatti grandi traffici commerciali tra le due citta’ e questi continui contatti favorirono e portarono certamente grandi vantaggi in crescita culturale ,civile e militare con l’importazione di nuove armi.

 

Nei due secoli successivi ,Parthenope ,  pesantemente minacciata dai vicini  Etruschi  Sanniti non ebbe grande sviluppo urbanistico.  Ricordiamo infatti che mentre i greci occupavano tutta la costa , gli etruschi occuparono  tutta l’entroterra campana avendo in Capua la loro capitale ed estendendosi dietro al Vesuvio fino a Fratte e Pontecagnano ( Salerno ).

Nel 524 a.c., gli Etruschi assalirono Cuma , non riuscendo ad espugnarla ma la loro pressione fu comunque un forte vincolo allo sviluppo  di Cuma che perse la roccaforte di Partenope .Pare secondo alcuni studiosi che la perdita di Partenope  divenuta da piccolo e tranquillo borgo ,una prospera e popolosa città , fece un tantino ingelosire la stessa Cuma ,che spaventata dal suo enorme sviluppo non si prodigò più di tanto nel difenderla , preferendo quindi perderla e vederla distrutta .

I Cumani e gli Etruschi ,animati dalle stesse ambizioni di dominio e di crescita per anni furono in guerra e dopo tante battaglie gli Etruschi furono definitivamente battuti in un epico scontro a mare che sancì la definitiva supremazia greca sul territorio campano .Fu una data storica ed importante ( 474 a.C.) poichè i cumani  , alleati con il tiranno di Siracusa Serone , vincendo questa  battaglia contro gli etruschi  ripresero il tranquillo dominio della zona e decidendo  di espandersi iniziarono ad  edificare una nuova più grande città per avere il pieno controllo di tutto il golfo e dei suoi traffici.

Fondarono quindi  a poca distanza da  quel vecchio  primo impianto urbanistico a suo tempo perso  , Palepoli , dal lato opposto del fiume ,nella zona pianeggiante , un’altra citta’, che fu chiamata Neapolis , ” la città nuova . La piccola  Partenope , che si ergeva sulla collina di Pizzofalcone , divenne così di conseguenza la città vecchia cioè  Palepolis ( un semplice sobborgo della nuova grande città ).

Si tratto’ in effetti di una nuova zona urbana , a poca distanza dalla prima costituendo con questa una sola polis ( il cui confine era il fiume Sebeto ).

I coloni greci, portarono con loro antiche abitudini culinarie provenienti dalla Magna Grecia che mescolate a quelle locali , crearono i presupposti di quella cucina mediterranea ancora oggi molto considerata nel mondo .

La loro alimentazione molto semplice era fatta a base di verdure , pesce e varie forme di pane di orzo o di farro . Usavano mandorle , carciofi ,sedano e melagrano e ad alcuni di essi oltre che un valore nutritivo riconoscevano anche un valore terapeutico . Al prezzemolo per esempio attribuivano virtù diuretiche e antidolorifiche capaci di lenire i dolori mestruali , al sedano invece attribuivano poteri antidepressivi e proprietà afrodisiache . Essi consumavano già il vino e l’olio e incominciarono a piantare nel nostro territorio le prime piante di ulivo fino ad allora non coltivato dalle popolazioni locali .

La pianta di ulivo con l’olio che da essa derivava era infatti molto considerata in Grecia e a sottolinearne l’importanza portarono con loro antichi racconti  mitologici . Uno di questi narrava di una sfida tenutasi tra Poseidone ed Atena per aggiudicarsi la protezione della città di Atene .Il Dio del mare per aggiudicarsi la gara colpì con il suo tridente  una roccia e da lì apparve a tutti un cavallo.La Dea della saggezza rispose invece piantando il primo ulivo . La giuria composta dagli Dei dell’intero Olimpo assegnò la vittoria ad Atena  per i benefici che l’olio avrebbe apportato all’umanità.

Anche il vino era considerato un dono divino , concesso agli uomini dal Dio Bacco- Dioniso e molti molte uva che noi oggi apprezziamo della nostra terra ,sono di origine greca ( Aglianico , Greco di Tufo,  Fiano, Falanghina , Biancolella, Piedirosso). 

Il cibo infatti era solitamente disposto su una sorta di dischi di pane durissimo di farro o di orzo che normalmente restava ai servi insieme a qualche avanzo di pasto.

Conoscevano inoltre già la pasta e chiamavano laganon un impasto fatto  di acqua e farina da stendere e tagliare a strisce 

 La carne invece non veniva più  di tanto mangiata in quanto destinata ad essere consumata solo in occasione di sacrifici offerti agli Dei per festività , propiziazioni e ringraziamenti.

Il periodo greco duro’ circa 350 anni , poi arrivo’ quello romano che duro’ circa sette secoli , durante il quale i napoletani conservano tutto il carattere greco , in particolare ateniese ,mantenendo dei greci , la civilta’ , e la raffinatezza , essendo comunque considerati greci.

CURIOSITA’: I romani furono molto affascinati dalla bellezza dei luoghi e dallacultura greca che vi dominava e ben presto Neapolis divenne un importante e prestigiosa  città romana .

Il suo declino coincise con quello della fine dell’Impero Romano d ‘Occidente .L’ultimo imperatore romano , Romolo Augustolo , espropriato della sua autorità fu infatti esiliato dove poi morì, da Odoacre , nella splendida villa del patrizio Lucullo ( dove oggi si trova  Castel dell’ Ovo  ).

La vita di Neapolis era improntata sopratutto al ben vivere ,a cio’ portata dall’ambiente circostante e dal clima , e indirizzata in tal senso dalla filosofia epicurea che dominava.
Esistevano due scuole epicuree ( Posillipo ed Ercolano ) e l’atteggiamento comune delle due scuole era quella di  intendere la filosofia come una sorte di terapia dell’animo ed una via attraverso la quale raggiungere la felicità e risolvere importanti questioni esistenziali.

La vita secondo Epicuro andava vissuta senza timore degli dei e della morte  ed aveva come fine ultimo quello della felicità  alla quale vi si giungeva attraverso l’allontanamento del male ed il dolore che andva combattutto con una stabile ricerca del piacere e dell’amicizia . 

Neapolis era infusa di questa filosofia Epicurea e veniva  detta  dagli antichi romani come città ” otiosa e docta “, in quanto i  napoletani concepivano l’esistenza come tesa alla ricerca del piacere sia del corpo che dello spirito, al risparmio di energie per tutelare la propria liberta’ dagli stress della vita quotidiana.

 La filosofia Epicurea dominava  in città in tutte le attivita’ ludiche e del tempo libero.

In questa città regnava il culto della felicità ,  che  era considerato  da tutti un bene primario e naturale .

I romani conquistati dal fascino di tale impostazione di vita , scelsero Neapolis come luogo di educazione , formazione e perfezionamento per i figli della loro classe dirigente , attratti anche dalla natura lussureggiante e dal clima temperato

I patrizi stregati dalla bellezza dei luoghi scelsero la città ed i suoi dintorni come luogo di soggiorno e di relax costruendo famose terme e lussuose ville nella città e nei suoi dintorni . La costa in quel periodo era ricca di ville  tra cui particolarmente famose perchè enormi erano  quella di Lucullo e quella di Vedio Pollione .Nei dintorni invece costruirono favolose residenze estivi molti  noti famosi personaggi  come  L’ Imperatore Tiberio a Capri , Bruto a Nisida , Pompeo , Cicerone ,Agrippina e Cesare a Baia.

I Romani comunque per ottenere il controllo di Neapolis e dell ‘intera Campania ,che per la fertilità delle terre non ebbero dubbi a soprannominare ” Campania felix “, dovettero scontrarsi più volte con i Sanniti , un popolo che non fu subito facile assoggettare e sconfiggere in quanto fieri e militarmente preparati . Essi dovettero combattere i Sanniti con alterne vicende dal 343 al 290 ( le tre guerre sannitiche )subendo anche nel 321 , la famosa umiliazione delle Forche Caudine.  

CURIOSITA’: I romani , con la terza guerra punica conquistarono l’importante città di Sepinum e ne fecero il più importante centro di pagamento del Dazio delle pecore , oltre ad incrementare la produzione sannita di formaggi pecorini .

Neapolis divenne con il tempo quindi un importante e prestigiosa  città romana . I romani venivano a Neapolis a riposarsi dalle fatiche di Roma , mutando le vesti in quelle greche e interessandosi alle manifestazioni culturali e spettacolari ( Claudio e Nerone vennero per prodursi in esibizioni filodrammatiche e canore nel teatro situato lungo i decumani ).

Nel teatro i cui resti sono oggi visitabili  entrando insolitamente da una piccola abitazione (vascio ) che si trova in Vico Cinquesanti , presso Piazza San Gaetano nel centro storico , potevano sedere molte migliaia di spettatori ( circa 6000) , essendo lungo oltre cento metri .

In esso  si rappresentavano drammi satirici , tragedie e commedie tra le quali ebbe particolare successo una scritta  dall’ Imperatore Claudio che fu anche premiata:.

Esso era molto famoso a Roma ed i suoi artisti locali come  i mimi , i danzatori e gli istrioni napoletani ,erano molto considerati ottenedo talmente una tale fama  da essere addirittura chiamati dagli imperatori  a Roma per esibirsi .
Accanto al teatro scoperto , era situato l’ Odeon , il teatro coperto , di dimensioni piu’ridotte dove si svolgevano la maggior parte dei spettacoli per evitare la dispersione di voci e suoni .
Tra i protagonisti dei teatri napoletani e’ rimasto nella storia l’ Imperatore Nerone : questi , appassionato di canto, era convinto di avere una bellissima voce e una tecnica di canto di fine bellezza da voler esibirsi pubblicamente .
L’ imperatore reputava il popolo romano inadeguato per poter apprezzare le sue doti.( in realta’ non voleva esporsi troppo in Roma convinto che i giudizi nei suoi confronti sarebbero stati troppo severi ) e così prima  partire per la Grecia dove si doveva esibire nei giochi Olimpici di Atene , decise di  esibirsi davanti a un pubblico più raffinato come quello di Napoli che  di antica dominazione greca era certamente dotato  di  una maggiore sensibilità ed  in grado  di apprezzare quindi al meglio le sue eccezionali doti canore.
Non fidandosi completamente decise comunque di assoldare una folla  di persone  che vennero  appositamente pagate per osannarlo e applaudirlo ( una vera e propria claque). La sera dell’ esibizione il teatro era gremito in ogni ordine di posto e quando l’ imperatore giunse con la sua lettiga , un coro di cento vergini e di altrettanti maschietti intonò uno dei canti da lui composto scatenando un vero delirio.

Durante le sue frequenti esibizioni in questo teatro , nessun spettatore poteva lasciare il teatro prima della fine dello spettacoli per cui erano costretti ad assistere alla performance dell” imperatore che talvolta sul palcoscenico instancabile,nei momenti di pausa mangiava pubblicamente dinanzi alla folla costretta ad osservare.
Fu tale la vanita’ dell’ imperatore che volle addirittura esibirsi nel teatro scoperto , inadatto per la sua grandezza ; egli nonostante le difficolta’ riscosse comunque un grande successo grazie anche ad un pubblico accondiscendente ( quando si esibì Nerone quasi tutti erano schiavi portati da Roma a Napoli per applaudirgli…) che volle accoglierlo al suo ritorno a Napoli con gli onori dedicati soltanto agli eroi dei giochi sacri di antica grava memoria.
Durante una sua manifestazione canora, la città fu attraversata da una scossa di terremoto. Nerone per calmare il pubblico affermò che gli dèi, affascinati da cotale bravura, gli applaudivano estasiati ….

 

La tradizione greca fu a lungo conservata , costumi, tradizioni greche e lingua poterono sopravvivere e gli uomini di cultura ebbero una grande predilizione per Neapolis e per il suo ellenismo , riempendo di opere d’arte e libri greci le loro ville disseminate nella citta’. La più famosa fu quella di Vedio Pollione , amico di Augusto , che passò poi in eredità allo stesso imperatore .

Publio Vedio Polione era uno degli uomini più ricchi di quei tempi che provenendo da una famiglia di facoltosi liberti di Benevento , riuscì a raggiungere il rango di equestre e ad assumere , benchè solo cavaliere , il governo dell’Asia , considerata una delle più ricche provincie romane . Non molto amato da Cicerone che lo definì uno degli uomini più iniqui mai visti e nemmeno dallo stesso Imperatore che non lo aveva in grande simpatia , costruì con i proventi derivati dalla sua attività in Asia , una villa  tanto grande che Ovidio la paragono’ ad una citta’ mentre Plunio Seneca e Svetonio la descrissero particolarmente lussuosa , con piscine e vasche dove venivano allevate murene che si cibavano di schiavi infedeli e ribelli .
La sua costruzione risale al I secolo a. C. e si estendeva  dal promontorio di Trentaremi alla Gaiola e fu lasciata da Publio Vedio  Pollione in eredita’ all’ Imperatore Augusto .
Con Augusto la gia’ splendida villa del ricco  Pollione prese il nome di Pausilypum , cioe’ lo stesso nome dato dai greci all’intera collina (l’intera collina ,si chiamava Pausilypon e alludeva alla sua funzione di luogo di riposo ( “fine degli affanni “).

Il primitivo nucleo fu quindi ampliato ancora di più ed adeguato alle nuove esigenze di residenza augustea , dando vita ad un complesso di varie strutture di  Otium , distribuite scenograficamente dalla collina fino al mare . 

 

Durante l ‘impero romano si ebbe quindi  una voluta esaltazione dei caratteri ellenici della città che mantenne l’uso della lingua greca come utilizzata da Nerone in visita a Neapolis raggiungendo  il suo apice in epoca augustea per la presenza di poeti e scrittori come Virgilio , Lucrezio, Stazio, Papinio etc.
L’amenita’ dei luoghi , il clima mite , le fonti idrotermali , le tradizioni greche , fecero si che la zona diventasse la piu’ lussuosa e celebre del mondo romano. Possedere una villa  a Baia, considerata all’epoca il luogo più bello del mondo ed il più ambito per passarvi l’estate , era considerato per i patrizi romani, un segno di grande  prestigio e  affermazione sociale .

Neapolis , fu  scelta dall’aristocrazia romana per erigervi lussuose ville sul mare con ampie terrazze per godere delle bellezze paesaggistiche , portici per passeggiate lungo la costa ,esedre e strutture di riposo sulla riva ,porticcioli privati, vasche peschiere per il costoso hobby della piscicoltura di specie ittiche rare e ostriaria per l’allevamento di frutti di mare , il tutto in un incredibile gara di sfarzo e ricchezza.

Una località particolarmente ambita fu quella dei Campi flegrei .Famoso per il suo  clima mite, la bellezza del paesaggio, il verde delle sue colline e le sue acque termali,  tutto il litorale e le colline circostanti furono luogo di insediamento di sontuose ville di patrizi romani  e famosi personaggi come  Agrippina, Annibale, Cesare, Nerone, Cicerone, Lucullo, Caio Mario, Augusto, Caligola, Pompeo, Domiziano e tanti altri possedettero qui sfarzose ville . In poco tempo tutta la zona venne frequentata dai personaggi più in vista della capitale e questi luoghi diventarono di conseguenza occasioni di incontri politici e di affari oltre che di cultura, lussi e lussuria. La vicina città di Puteoli  , sotto i romani , divenne uno dei porti più importanti del Mediterraneo, secondo nel I secolo a.C. solo ad Alessandria d’Egitto.

Fu un porto cosmopolita, vero crocevia di razze, costumi, lingue e tradizioni, approdo obbligato di quanti percorrevano le rotte marittime e commerciali del Mediterraneo ( identificata come vera culla della civiltà ) .Essa fu un importante porto marittimo già in epoca Cumana dove con una flotta ben attrezzata i greci di Cuma dominavano tutto il litorale della Campania. Ma la sua vera importanza come porto marittimo commerciale e militare lo si ebbe in epoca romana dapprima con le opere navali e militari volute da Agrippa durante la guerra civile tra Pompeo ed Ottaviano e poco dopo con la designazione da parte di Augusto di base navale del Tirreno alle dirette dipendenze dell’Imperatore. Nerone la elevò al rango di colonia nel 63 d. C. mentre Vespasiano, invece, come segno di ringraziamento per l’appoggio ricevuto nella lotta contro il rivale Vitellio, fece costruire alcuni splendidi monumenti come l’Anfiteatro Flavio ( così denominato per distinguerlo da quello più antico di età augustea) ed il Sarapeum o Tempio di Serapide.

 

A tal proposito bisogna dire che tale nome erroneamente attribuitogli deriva solo dal ritrovamento all’interno di esso, durante lo scavo, di una statua del dio egiziano Serapis.

Fu quindi erroneamente ritenuto un “tempio” mentre si tratta in realtà solo di un Macellum, ovvero di un mercato pubblico della città.
Oggi il Tempio, invaso dalle acque termo minerali che scaturiscono dal sottosuolo è reso celebre dal fenomeno del bradisismo che può essere letto sulle sue colonne che puntualmente vengono sommerse o riemergono in sincronia con gli avvenimenti geologici.
Le tre colonne in marmo cipollino presentano evidenti tracce di fori praticati dai litodomi che testimoniano l’alterno movimento bradisismico della zona.

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Purtroppo le tracce dell’ antico porto di Dicearchia ( come prima veniva chamata Pozzuoli ), sono andate quasi completamente perdute a causa della sovrapposizione delle costruzioni di epoca medievale e dei continui sconvolgimenti bradisismici della zona.

L’antico porto di età augustale fu distrutto da una violenta mareggiata ai tempi di Adriano e nonostante una serie di avviati restauri, i vari tentativi fallirono miseramente condannate dai continui fenomeni bradisismici ed oggi uno dei porti più importanti dell’antichità giace sepolto sotto la sabbia e il mare.
Possiamo comunque localizzare il sito dell’antico centro greco nell’isoletta del Castello, una piccola collina, meglio conosciuta come Rione Terra. 

 

A Pozzuoli avevano sede anche l’anfiteatro Flavio che ricorda particolarmente il Colosseo sia per la sua impostazione architettonica che per la scelta dei materiali poichè fu  realizzato ad opera dei medesimi architetti.

Esso  poteva contenere circa 20.000 spettatori edera finalizzato ad ospitare eventi per la popolazione puteolana attraverso la messa in scena di spettacoli e combattimenti ricchi di scenografie, così come è testimoniato dalla grande fossa centrale e dal complesso sistema di sollevamento delle gabbie con le belve.

Come il Colosseo e come altri anfiteatri di epoca romana , anche quello puteolano fece da sfondo alle persecuzioni cristiane . Nel 305 d.c. vi furono condotti i martiri Procolo e Gennaro , divenuti poi patrono delle citta’ di Pozzuoli e di Napoli , la cui esecuzione fu in realtà’ eseguita presso la solfatara .

Sotto la persecuzione di Diocleziano, furono esposti nell’arena ben sette martiri cristiani: i beneventani Gennaro, Festo e Desiderio, il misenate Sosso, e i puteolani Procolo, Eutiche e Acuzio.

Secondo scritti dell’epoca , nell’aprile 305 d.C. i martiri: Gennaro, Festo, Desiderio e Sossio vennero condannati ad essere sbranati nell’Anfiteatro. Il giorno dopo, tuttavia, per l’assenza del governatore stesso oppure, secondo altri, perché si era accorto che il popolo dimostrava simpatia verso i condannati e quindi per evitare disordini, il supplizio fu sospeso.

Secondo la tradizione invece, il supplizio fu mutato per l’avvenimento di un miracolo, infatti, le fiere si inginocchiarono al cospetto dei quattro condannati, dopo una benedizione fatta da Gennaro. Furono poi decapitati nei pressi della Solfatara insieme ai puteolani Procolo, Eutiche e Aucuzio.

 

 

 

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Un altro grande  Anfiteatro di epoca romana era presente nella  città di Capua.  Esso era il secondo per dimensioni dopo il colosseo ed era molto famoso per essere la sede della prima vera scuola dei gladiatori composta solo da schiavi di grande statura e forza che venivano addestrati per dare vita a spettacoli cruenti , dove solo chi vinceva aveva possibilità di sopravvivere .

 

 

 

 

 

 

Essa nel II sec. d. C. divenne la  scuola gladiatoria più importante del mondo romano insieme a quella di Roma e di Pompei. Di proprietà del lanista Lentulo Batiato divenne ancor più nota grazie alla vicenda di  Spartaco , il gladiatore trace costretto a combattere all’interno dell’Anfiteatro Campano contro belve feroci e contro altri gladiatori com’era duffuso in quell’epoca per divertire popolo e aristocrazia .

 

Spartaco , esasperato dalle inumane condizioni che Lentulo riservava a lui e agli altri gladiatori di sua proprietà decise di ribellarsi e nel 73 a. C. , proprio all’Anfiteatro capuano , guidò la rivolta degli schiavi durante la quale altri 70 gladiatori lo seguirono .

 

 

 

 

 

 

 

Ad essi si unirono ben presto numerosi schiavi fuggiti da altre zone fino a costituire un vero e proprio esercito di alcune migliaia di validi condottieri ( centocinquantamila ) che infissero una serie di cocenti sconfitte all’esercito romano fino al 71 a. C. . quando Marco Licinio Grasso affrontando i ribelli in campo aperto riuscì purtroppo finalmente a sconfiggere i ribelli punendoli con una delle più atroci carneficine che la stria ricordi .

Con Spartaco morirono circa 60 000 schiavi; 6000 schiavi superstiti furono fatti prigionieri e crocifissi lungo la  via Appia , da Capua a Roma in un macabro spettacolo . 

 

Il Castello Aragonese che domina il golfo di Pozzuoli custodisce le opere provenienti dagli scavi, del rione Terra a Pozzuoli e numerosi calchi in gesso di sculture greche ritrovati a Baia. Già esistente in epoca aragonese, esso fu ampliato dal viceré spagnolo don Pedro de Toledo, dopo l’eruzione del Monte Nuovo nel 1538.
Il castello è ora stato adibito a Museo Archeologico ed ospita i reperti del sacello degli Augustali a Miseno, i frammenti del monumento equestre di bronzo di Domiziano-Nerva, nonchè la stupenda scenografia del Ninfeo marittimo di Punta Epitaffio, e tante pregevoli statue ritrovate .

Per meglio organizzare la difesa marittima dell’Italia romanica , nel 37 a.C. fu realizzato nella località di Miseno , il Portus Julius su idea dello stratega Marco Vipsanio Agrippa,  un canale artificiale che collegava  il Lago di Lucrino  con il Lago d’Averno e  ,mediante una diga artificiale che tagliava la via Herculanean anche lo stesso con il mare  , per realizzarvi una grandiosa struttura portuale adibita ad arsenale della flotta di Miseno. In tal modo il lago d’Averno costituì il bacino interno del porto mentre il lago di Lucrino in comunicazione con il mare costituì il bacino esterno e tutta l’area fu trasformata per l’occasione in un enorme cantiere navale.

Tutta la difesa marittima dell’Italia romanica venne cosi’ ad essere principalmente concentrata sul porto di Miseno e nella vicina località di Miliscola sorse un’ importante scuola per soldati romani.
Tra i prefetti militari a capo della flotta di Miseno si ricordano Tiberius Claudius Anicetus che mandò i suoi sicari ad assassinare Agrippina, madre di Nerone, e Plinio il Vecchio che morì durante l’eruzione del Vesuvio (79 d.C.).

L’ improvviso erompere del vulcano Nuovo ( 1538 ) ha cambiato purtroppo radicalmente il paesaggio ed oggi degli antichi insediamenti romani non restano altro che pietre sparse, sommerse nelle acque del mare o seppellite nelle vicine campagne .

La creazione del monte nuovo inghiottì inoltre il piccolo villaggio di Tripergole che si trovava sulla sponda del lago e trasformò radicalmente l’intera zona.

Resta a noi la Piscina Mirabilis, ultima grande opera idraulica dell’acquedotto del Serino, un gigantesco serbatoio, il cui scopo era quello di fornire acqua alle strutture militari dell’enorme porto romano di Miseno. Nel visitarlo l’impressione è che si tratti di un tempio sotterraneo più che una cisterna.

 

Il lento movimento bradisismico ha con il tempo fatto affondare nel mare i moli di Portus Julius di cui ancora oggi possiamo ammirare tra Baia e Pozzuoli sotto la superficie del mare, tracce delle sue imponenti strutture portuali che è possibile visitare con guide turistiche tramite escursioni con battello dal fondo trasparente.

 

E’ così possibile osservare resti di ville sommerse, colonne, reperti archeologici, fauna marina e fenomeni vulcanici sottomarini stando comodamente seduti sotto il livello del mare.

Tra le ville  in città   primeggiava quella del dittatore Caio Mario, poi acquistata da Lucullo, dove morì, nel 37 d.C., l’imperatore Tiberio, ma non si può dimenticare quella di Cornelia, figlia di Scipione l’Africano.

Di  particolare grandezza era l’intero complesso della splendida , ed enorme villa , conosciuta  come Oppidum lucullianum che passo’ alla storia per lo sfarzo delle sue dimore e dei suoi giardini e  dei ricchi banchetti che imbastiva, definiti ancora oggi ” Luculliani “.

La sfarzosa ed imponente villa apparteneva al patrizio romano Lucio Licinio Lucullo. Egli si trasferì in questo luogo a vita privata dopo aver combattuto come generale in Asia ottenendo grandi successi  e conquistando molti territori ma sopratutto grandi ricchezze. Dopo la vittoria su Mitridate, rimase infatti in Asia per un tempo sufficiente a riscuotere solo  tributi accumulando grandi ricchezze.

Generale e uomo politico romano partecipo’ con Scilla alla guerra sociale , divenne console e conquisto’ vasti territori in Asia. Ottenne grandi ricchezze e successi militari , si ritiro’ poi a vita privata a seguito dell’ammutinamento dei suoi eserciti e dei contrasti con Giulio Cesare e passo’ quindi alla storia per lo sfarzo delle sue dimore e dei suoi giardini e dei ricchi banchetti .
La splendida villa del Patrizio romano , il Castrum Lucullanum secondo antica tradizione occupava tutta l’area del Monte Echia fino alla parte pianeggiante e si estendeva fino a Pizzofalcone  comprendendo anche il  il taglio della collina oggi scavalcato dal ponte di Chiaia , che pare fosse stato da lui fatto eseguire per rendere piu’ sicura la dimora .Molte propaggini della enorme proprietà si estendevano verso il mare allungandosi fino a comprendere l’isolotto di Megaride.

Oltre a vasti giardini in cui si dice avesse impiantato la prima pianta di pesche in città ( da lui importata importata dall’Oriente ) e  vari luoghi di delizia , vi erano presenti sterminate ed enormi vasche per la itticoltura che egli alimentava con acqua grazie ad un canale fatto da lui scavare  che si dipartiva con una deviazione ,dall’ultimo tratto dell’acquedotto della bolla , prima che questi trovasse sbocco nella piscina Mirabilis , destinata all’approvvigionamento delle truppe militari a Miseno

Alla morte di Lucullo furono nominati curatori dei suoi beni Cicerone e Catone ma nei secoli la ricca dimora fu saccheggiata da vandali e Ostrogoti che la ridussero un rudere ; della celebre dimora purtroppo oggi non rimane che qualche tronco di colonna o disseminati ruderi .

I celebri banchetti ” Luculliani “erano famosi in tutto l’Impero Romano e questo ha sempre destato grosso interesse riguardo il cibo che veniva usato e preparato  e che i romani prediligevano .

A venirci in aiuto in questo caso è stata sicuramente ( purtroppo ) la famosa eruzione del 79 d. C. avvenuta a Pompei che coprendo l’intera zona sotto una spessa coltre di cenere solidificata, ci ha consentito , non solo di avere dettagliate testimonianza della vita quotidiana degli antichi romani , ma ci ha sopratutto consentito di sapere come essi si nutrivano .Dai resti , infatti di cibi carbonizzati ( legumi ,grano, aglio, cipolla, fichi, uva passita, datteri, pinoli, noccioli di pesche, pagnotte, frutti di mare, ) e dalle immagini dei meravigliosi affreschi e dei mosaici che raffigurano cesti di frutta , fichi , melograni , uva ,  , pollame , pesce e  polpi , oggi sappiamo con certezza che l’alimentazione della gente comune era prevalentemente fatta a base di verdura , frutta, formaggio , uova e pane

Grazie a Plinio il vecchio sappiamo che un alimento basilare era, almeno in un primo periodo  il pane fatto con il farro ( da cui la parola antica farrina che oggi nell’italiano farina indica il ricavato della macinazione di qualunque cereale ) da cui si ricavavano dure focacce non lievitate . Il grano , che conferiva al pane , maggiore qualità e leggerezza , giunse solo dall’Africa alla fine del V secolo ed il suo rifornimento avveniva con le navi frumentarie ed  il principale  porto di arrivo delle rotte granarie era proprio Pozzuoli.

Il pane realizzato con impasto più scadente ed economico ,veniva spesso distribuito gratuitamente ai poveri , mentre quello di prima qualità , confezionato con farina di frumento macinata molto sottile e riservato alle famiglie più ricche , venivano , prima di essere infornate, marchiate con il sigillo della famiglia cui erano destinate .Esso poteva avere forma allungata , rotonda o quadrata , con incisione a croce per dividerlo in quattro parti ed era generalmente cotto al forno ( panis furnaceus ) .Si realizzava anche un apposito pane per i soldati e per i marinai.

Il lievito veniva in genere preparato una sola volta all’anno , dopo la vendemmia  , con il mosto d’uva unito all’impasto di farina e acqua .Ogni panificio aveva una o più macine di pietra manovrate da schiavi. 

Il pane più costoso  e raffinato era l’Artolaganus , che si confezionava con miele, vino , latte, pepe e canditi ( ricorda il nostro panettone ) mentre quello più calorico era il panis adipatus ,fatto con lardoe pancetta ( il nostro casatiello ).

Nella campagne venivano comunque utilizzate anche altri cereali per produrre il pane ( farna di orzo, segala ghiande e castagne ) e oltre che essere cotto al forno veniva in genere cotto anche in casa sotto una campana ,sotto la cenere o sulla parte esterna di un vaso o pietra arroventati .

Il prodotto ancora in uso più vicino al garum romano è la colatura d’alici tipica di Cetara, ed è forse una reminiscenza del gusto agrodolce tipico della cucina di Apicio e degli antichi romani l’uso di condire diversi piatti salati con l’uva passa, come nella pizza di scarole, o le braciole al ragù. Dal latino ex Apicio potrebbe provenire il termine scapece, un modo tipico di preparare le zucchine con aceto e menta.

Anche l’impiego del grano nella pastiera, dolce tipico di Pasqua, potrebbe avere un valore simbolico legato ai culti di Cerere ed ai riti pagani di fertilità celebrati nel periodo dell’equinozio di primavera. Il vocabolo greco στρόγγυλος, stróngylos, che significa “di forma tondeggiante” potrebbe aver dato l’origine al nome degli struffoli natalizi. Ed il nome della pizza, infine, deriva probabilmente da pinsa, participio passato del verbo latino pinsere che vuol dire schiacciare.

Greci e romani ebbero in comune dei , tempi e luoghi di Napolicome il nostro centro storico .

Il modo con il quale fu costruita l’ antica Neapolis era lo stesso con cui venivano costruite le varie città romane dove le strade  principali erano ugualmente chiamate ” decumanus ” o Platee . Esse erano costruite ad imitazione degli accampamenti romani ed avevano sempre una porta ad ognuna delle due estremità. Le vie trasversali ai decumani erano chiamate ” cardines ” o Stenopoi  .

La sua architettura urbanistica era  simile ad un grande quadrato compreso tra le attuali via Foria e Corso Umberto che veniva attraversato da tre grandi strade principali tutte con la medesima precisa larghezza ( 5 mt. e 92 cm.) disposte in maniera parallela da est verso ovest e  tutte rigorosamente  distanti 200 metri una dall’ altra .

I decumani ( i decumanus dei romani e plateai dei  greci ) erano tre  : il maggiore , il superiore e l’inferiore .Questi erano intersecati ad angolo retto (disposte da Nord a Sud ) da diverse stradine secondarie e minori dette Cardini ( cardines dei romani e stenopoi dei greci ) che corrispondono ai tanti  stretti vicoli del centro storico di oggi.

L’incrocio tra questi assi dava come risultato le insulae, larghe trentacinque metri e lunghe centottantacinque metri  ( antenate degli odierni isolati ). Ognuno di questi decumani era poi dedicato alle tre principali divinità venerate a Napoli :  Apollo , i Dioscuri e Cerere . Il decumano superiore era consacrata ad Apollo , quello mediano  ( detto il maggiore )  ai Dioscuri e quello inferiore a Demetra .

Il centro dei  tre Decumani era il luogo che costituiva il cuore  della vita cittadina politica , religiosa e commerciale di quei tempi .Per lungo tempo il luogo ebbe il nome di Piazza Augustale o di Mercato vecchio , poiche’ sotto il porticato della piazza vi si trovavano botteghe di commercianti e cittadini provenienti da ogni parte in preda a frenetiche contrattazioni . Il luogo era il vero cuore della vecchia Neapolis , animato e frequentato da greci, romani ,siriani , alessandrini ,egiziani tutti misti tra loro con l’ unico intento di realizzare un buon affare. Si ritiene che l’area fosse divisa in due Fori : quella superiore dedicata a funzioni politiche e civili , comprendenti anche il Tempio dei Dioscuri, il Teatro e l’Odeon , e quello inferiore , definito poi nel medioevo ” mercato vecchio “, destinato invece agli affari e ai commerci .

 

Esso rappresentava quindi , il  centro nevralgico dei vari incroci ,   il “forum”, ossia la piazza principale della città, che oggi corrisponde a piazza San Gaetano , in cui si apriva un grande spiazzo ornato di portici che rappresentava il centro civile e sacro della città. Questa area che rappresentava l’Agorò greca , poi divenuta in epoca romana il Foro , era limitata a est dal cardine di via Duomo , ad ovest dal Tempio dei Dioscuri , a nord dal Teatro e dall’Odeon e a sud da un santuario dedicato a Demetra e un altro dedicato agli augustali . L’ingresso orientale al foro vi era un arco dove accanto ad esso su un alto piedistallo si trovava una statua di Partenope .

Nel Forum o Agorà ,  si riuniva l’assemblea dei cittadini per discutere le sorti della città  e decidere sulle questioni di maggiore importanza ; qui si eleggevano i magistrati , tra i quali alcuni formavano il collegio sacerdotale della Laucerlachia che si occupava di celebrare riti e misteri.

Su di esso si affacciavano importanti edifici pubblici come l’Aerarium , ovvero il tesoro pubblico , e il carcere cittadino che pare potessero  essere ubicati nello spazio ora occupato dalla chiesa dei Girolamini  mentre invece sul luogo dove ore sorge la Basilica di San Lorenzo si trovava invece una grandiosa sala preceduta da un atrio e divisa in tre navate , nella quale i napoletani trattavano i loro affari pubblicie privati ; in fondo alla navata centrale , in posizione rialzata , si trovava invece il tribunale , al di sotto del quale si trovava un carcere semisotterraneo in cui erano trattenuti coloro che dovevano essere giudicati . La Curia , invece , in cui si riuniva il consiglio cittadino presieduto dagli Arconti sorgeva in una posizione contigua alla Basilica

 

Sotto l’area conventuale della Basilica di San Lorenzo , durante scavi archeologici effettuati negli anni 50 ,  si è giunti alla scoperta di un vasto complesso di ambienti sviluppati su due piani , nei quali si è potuto riconoscere l’antico mercato cittadino , il Macellum con le sue tabernae.

 

 

 

Sul lato meridionale del Foro , nel sito su cui è stata poi costruita  la chiesa di San Gregorio Armeno , si trovava  invece il Santuario  di Demetra che era costituito da due templi . uno dedicato a Cerere , la Demetra attica , patrona dei misteri Eleusini e l’altroa Proserpina , la greca Persefone , figlia di Demetra e regina dell’Oltretomba . 

 

Ancora più a sud , verso la chiesa di San Gennaro all’Olmo vi era invece il sacrario eretto in epoca Imperiale dedicato al culto dell’Imperatore romano . Esso denominato Caesareum , era amministrato dal collegio degli Augustali , che esercitavano funzioni sia civili che sacedotali . Da questo , la regione di Nido ( o del Nilo ) , assunse anche il nome di Regio Augustalis , e il Decumano di via Tribunale fu detto Via Augustalis . 

Verso occidente si trovava invece nel foro , il maestoso Tempio  d’ordine corizio dei Dioscuri , di  cui oggi solo due colonne ornano la facciata della chiesa di San Paolo Maggiore .  Esso era uno dei più sontuosi edifici dell’antica Napoli ed era sostenuto da sei colonne nella sua facciata anteriore e due laterali . 

 

Accanto al Tempio dei Dioscuri  si trovava anche il  Teatro e l’Odeon della città dove come vi abbiamo già detto amava  esibirsi  nel canto l’imperatore Nerone , ed un pò piu avanti , si trovava anche il Tempio di Diana, che si ergeva sul luogo della chiesa di Santa Maria Maggiore , accanto al campanile della Pietrasanta dove  sorgeva anche  un piccolo santuario dedicato al Dio Pan .

Dal lato opposto invece , a poco distanza dal foro , si trovava il Tempio di Apollo che era presente nel sito  dove oggi si trova la basilica di Santa restituta ( oggi inglobata nel Duomo ) e che aveva di fronte ad esso in quel luogo  oggi chiamato piazzetta Riario Sforza , un gran cavallo di bronzo che era considerato sacro al Dio del mare .Il suo corpo fu poi impiegato nella costruzione delle campane della cattedrale mentre la sua testa è invece esposta al museo nazionale .

Non molto distante da questo Tempio si trovava sul sito della chiesa dei Santi Apostoli un altro tempio , forse dedicato ad Esculapio , figlio di Apollo e Dio della Medicina , o a Dionisio , o a Mercurio , messaggero degli dei e protettore dei viandanti e dei mercanti , ma anche di ladri e imbroglioni , purchè dotati di vivace indegno . 

Nella vicina zona di Forcella era invece presente un magnifico Tempio dedicato ad Ercole , noto alla storia come il tempio delle quaranta colonne di colore verde antico  . Esso fu molto  famoso nell’antichità per l’imponenza delle sue strutture  e per la sua forma colossale .

Il magnifico tempio ,crollato  in seguito ad un terribile terremoto ,venne prontamente riedificato per la sua  importante monumentalità su volere dell’allora Imperatore romano Tito che si prodigò molto anche per aiutare la città colpita duramente dal terremoto di probabile origine vulcanica  a cui era poi eguito  un incendio lavico. La città  come ringraziamento all’Imperatore , istituiti in onore di Augusto dei fantastici giochi  denominati anticamente I” Sebastá ” , che si svolgevano ogni 5 anni , ( per questo vennero nominanti Isolimpici) , attraverso cui Napoli per almeno  tre secoli, divenne un punto di attrazione per atleti e artisti originari di Roma, dell’Italia meridionale e di tutte le province orientali dell’Impero romano.

Il regolamento di questi giochi  comprendeva gare ginniche ,  ippiche, una corsa acrobatica, una corsa di fanciulli e, per la prima volta, anche una corsa di fanciulle, e per ribadire lo stretto ed armonico nesso tra bellezza fisica e valenza intellettuale, essi furono anche integrati con competizioni di musica , letteratura e rappresentazioni drammatiche .

Napoli ebbe ,come  unica città d’occidente, il privilegio di celebrare i giochi italici in onore di Roma e di Augusto, nel momento in cui erano vietati in occidente ,  non  tanto per la   personale predilezione dell’imperatore o a ragioni di opportunità politica, quanto piuttosto alla sua intatta grecità: nel generale decadimento dell’ellenismo della Magna Grecia e della Sicilia, Neapolis, ancora greca di lingua, di istituzioni, di culti e di costume di vita, poteva essere considerata, nella prima età dell’impero, la metropoli dell’ellenismo d’occidente”.

Il luogo dove si svolgevano questi giochi e si allenavano gli atleti si trovava nell’attuale Piazza Duomo ed i suoi resti sono venuti alla luce  in seguito agli scavi della nuova stazione metropolitana Duomo in Piazza Nicola Amore . Dopo approfondite ricerche si è giunti alla conclusione che lo spazio delimitato dal portico possa essere una pista di atletica, mentre l’ippodromo sembra essere dislocato verso il mare, alla attuale Via Nolana. La pista di atletica coinciderebbe con l’attuale Corso Umberto.

Greci e romani avevano in comune anche il mare che sia per  i romani , così come pure per i greci , era fonte di ricchezza , prestigio e benessere  . 

Gli affari dovettero  andare veramente a gonfie vele , anche perchè la nuova città che dominava dall’alto il porto , imponeva a tutte le navi mercantili i dazi d’ingresso nel porto .

Per lungo tempo gli studiosi si erano posti il dilemma di dove fosse collocato con precisione il famoso porto di Neapolis .Oggi grazie agli scavi effettuati in occasione della realizzazione della linea 1 della Metropolitana e della sua fermata in Piazza Municipio , anno  finalmente scoperto che esso era ubicato in una lunga insenatura che si insinuava tra l’attuale Piazza Municipio e la collina del Maschio Angioino .

Sono stati ritrovati in questi scavi imbarcazioni e attrezzature tipiche di un porto che le indagini archeologiche dicono era attivo già dal VI. V secolo a.C. che restò in funzione per oltre mille anni  fino al V secolo d.C. quando andò in disuso con la crisi dell’Impero romano .
Sono riemersi dalla terra circa 200 reperti, derivati dalle antiche attivita’ commerciali : balsamari , monete , ceramiche, suole in cuoio di sandali romani , pentole in terracotta , anfore , pali lignei, cime, banchine , attrezzi da marinaio ,aghi in legno per cucire le reti, calzature , borse di cuoio,  ancore etc.

 

Ad oggi sono state ritrovate già ben quattro antiche imbarcazioni romane che erano probabilmente ormeggiate in quel porto definito dai documenti dell’epoca Portus Vulpunum che non va confuso con l’altro più piccolo di dimensioni , denominato Portus de Arcina che si trovava nell’area del molo piccolo.

Ai tempi degli antichi romani , questo grande bacino portuale  era affollato  da grandi navi da carico , piccoli battelli , bastimenti da pesca ed anche da sottili galeee ed i romani per rendere più capiente  questo scalo marittimo abbassarono il livello del fondale marino per regolarizzare il profilo dell’insenatura , affiancando all’area portuale , secondo costume dell’epoca ben due impianti termali in opus reticolatum  , per permettere a  chi sbarcava a Napoli , dopo un lungo viaggio un pò di relax .

La spiaggia all’ epoca arrivava dalle parti della futura università , nell’odierno rettifilo , e tale è rimasta fino all’inizio del 400  fino a quando numerosi fenomeni di insabbiamento dovuti al moto ondoso e ai detriti lasciati dai torrenti che fluivano dalle colline dei camaldoli e capodimonte  portarono ad accumulo di terreno ed  un progressivo interramento della baia  che modificarono la linea della costa e portarono  all’ impaludamento del porto . Nel sesto secolo poi quello che era l’antico porto fu coperto dal cemento della strada ; a quel punto il mare invece di essere pieno di pesci , era carico di tesori abbandonati.

 

ARTICOLO DI ANTONIO CIVETTA
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