Tra il 1576 ed il 1579 una congrega di marinai e pescatori del borgo di Santa Lucia , insieme agli abitanti del quartiere , importando un particolare culto dalla Sicilia dedicato alla Madonna della Catena , decisero di dare origine alla costruzione di una chiesa .

Il culto della Madonna della Catena, , ancora oggi molto diffuso in Sicilia, trae origine da una antica  leggenda  siciliana avvenuta nel 1390 ,  nella chiesa Palermitana di Santa Maria del Porto, in cui era coinvolti  tre innocenti condannati erroneamente a morte che  videro rimandata la loro esecuzione a causa di una pioggia battente. Questi dopo questo evento , vennero successivamente e momentaneamente imprigionati nella chiesa di Santa Maria del Porto . In questo luogo sacro , in attesa di un nuovo giorno che li avrebbe portati a morte sicura , disperati e imprecanti ,supplicarono  la Vergine di essere liberati dalle catene. La Madonna esaudì la loro supplica e le catene si sciolsero da sole restituendo agli innocenti la meritata libertà. Per questo evento miracoloso , attestato anche dai miracolati ,  la chiesa venne  in seguito , prima popolarmente e poi anche ufficialmete ribattezzata “della Catena” e la Madonna eletta  come protettrice degli schiavi e dei prigionieri.

L’edificio cinquecentesco venne incominciato ad essere costruito nel 1576, benedetto il 5 settembre 1579 dal cardinale Paolo Burali d’Arezzo, arcivescovo di Napoli  e  finito di essere  definitivamente ultimamato solo alla fine dello stesso  secolo .

 

 

 

 

 

 

 

Il suo interno, con tre cappelle , era inizialmente molto semplice , avendo  un piccolo altare  maggiore in muratura e dei modesti e malridotti arredi liturgici in argento.
Con il passare del tempo la chiesa fu  però lentamente abbellita e, già nel 1648 era illuminata da cupola e finestre e dotata di organo e cantoria.  Vi erano nel settecento anche delle bellissime interne decorazioni in stucco, riguardanti la cupola ed il cupolino ,  frutto dell’opera di Gabriele Barrile, in collaborazione con gli ingegneri Cristoforo Schor e Andrea Canale, mentre  sull’altare maggiore faceva bella mostra un bel dipinto raffigurante la Madonna della Catena, oggi non più esistente.

La chiesa venne poi  completamente rimaneggiata nel XVIII secolo su disegno e progetto di Carmelo Passero. Nell’occasione furono costruiti altri edifici intorno alla chiesa, causando la chiusura delle finestre. Nel 1881 la chiesa venne nuovamente trasformata, questa volta in stile neoclassico, anche se la facciata venne poi ripristinato nel suo aspetto originario (ricavato da documenti e dipinti dell’epoca) durante i restauri degli anni 2005 e 2006, compiuti dall’architetto Antonia Totaro.

La chiesa è oggi famosa sopratutto perchè custodisce dal 1799 ,  le spoglie dell’ammiraglio Francesco Caracciolo, condannato a morte  per impiccagione il 30 giugno dello stesso anno per ordine dell’ammiraglio inglese Horatio Nelson ad un albero della sua nave . Il corpo, dell’eroe della Repubblica napoletana ,  raccolto a mare dove fu gettato dopo la sua esecuzione  nei pressi di Casteld dell’Ovo ,  ,  dai pescatori di Santa Lucia , che lo consideravano uno di loro ,  fu prima deposto nella cripta e poi collocato nel transetto sinistro della chiesa.  Un epitaffio, posto nel 1881, ricorda tali eventi, che sono all’origine della richiesta (più volte richiesta ma mai soddisfatta finora) di dare all’edificio la dignità di monumento nazionale.

Alla memoria dell’Ammiraglio  Francesco Caracciolo , strenuo difensore della Repubblica Napoletana del 1799 ,, impiccato il 20 giugno dello stesso anno all’albero di trinchetto della fregata Minerva ,  è  comunque  oggi dedicato  in città il vicino lugomare di Napoli

Nel suo interno si trova anche la tomba del grande pittore  Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto, considerato dalla critica uno dei maggiori protagonisti della pittura del XVII secolo.

Le gradinate della chiesa sono state anni fa spettatrici di un tragico famoso episodio che sconvolse la città . La protagonista di questo evento fu suo malgrado una bellisima donna che il pittore Vincenzo Migliaro  immortalo’ in un celebre quadrooggi esposto al Museo di San Martino.

La bella Nanninella , venditrice di taralli  e acqua sulfurea, nochè uno  dei piu’noti  personaggi , che gestivano le famose” banche dell’acqua “presenti nel  borgo di Santa Lucia ( l’acquaiola Nannella Esposito ),  venne uccisa una domenica mattina da un pretendente che non potendo averla in sposa le sparo’ un colpo di rivoltella proprio sulla gradinata della chiesa di Santa Maria della Catena .

 

Alla chiesa era legata la festa della catena, che fino agli anni 50 a si svolgeva l’ultima domenica di agosto nel quartiere napoletano del Pallonetto , e durante la quale veniva  poi incendiata sulla spiaggia una barca, intorno a cui erano poi organizzati canti e balli.

Era considerata in città,  la seconda festa  più importante dell’anno dopo quella ovviamente di Piedigrotta ed aveva lo strano nome di ‘ Nzegna ‘, che pare prendesse origine secondo alcuni storici  dalle varie insegne colorate e le bandiere che adornavano le barche , mentre secondo gli abitanti del borgo ( i luciani ) essa prendeva questo nome solo dalla parola ” insegnare ” in dialetto napoletano ( appunto Nzegna ) che in questo caso veniva usato come ammaestramento al mare che se non ben conosciuto poteva essere causa causa di incauti e pericolosi  scherzi del destino a chi lo affrontava ,senza un ‘adeguato precedente addestramento  .

I Luciani erano molto orgogliosi del loro essere marinai e all’epoca di Ferdinando IV erano conosciuti in tutta la città poiché fornivano alla flotta borbonica, il più alto numero di marinai  e provvedevano ad equipaggiare gli uomini migliori.

 

I Luciani erano pertanto dei sudditi molto fedeli al re e la loro  fedeltà era d’altronde molto ricambiata da Ferdinando IV che amava stare tra di loro e travestirsi da pescatore. Egli mischiandosi alla gente, si divertiva a fare pernacchie ai nobili e alla regina Maria Carolina e non era raro vederlo vendere il pesce che aveva appena pescato e mangiare pizze e maccheroni con le mani tra le risate di quel  popolo.

Fra le tante usanze e feste popolari devozionali , quella della Nzegna , fatta dai luciani , che erano i veri protagonisti della festa , veniva  considerata dal re una importante celebrazione marinaresca a cui dare grossa importanza.

La festa , veniva  organizzata dai Luciani per  chiudere ogni anno il loro lucroso mercato dell’acqua e con il consenso del re Lazzarone si diffuse quindi rapidamente in città , riuscendo a sopravvivere fino agli anni 50 del secolo scorso. Fatta in onore della Madonna della Catena , la festa aveva comunque connotati pagani rituali e sociali molto importanti ,

Questa festività infatti aboliva per un giorno la distinzione sociali, tutti e nessuno erano re e regine come tutti erano un solo popolo uniti da una sola lingua: il napoletano.

Durante la gioiosa festa , i Luciani erano soliti indossare un abito nuovo dopo aver gettato nel fuoco il vecchio, e con questi andare poi in giro per la città i insieme ad un gruppo di scugnizzi e un ” Pazzariello ” che attirava l’attenzione .
La mattina, fregiati il capo con un berretto rosso dai colori borbonici , i Luciani del borgo si radunavano  tutti  davanti alla chiesa di Santa Maria della Catena  per ringraziare la la Madonna per poi proseguire in corteo nel nel Borgo di Santa Lucia sotto  Castel dell’Ovo  fra musica, canti e balli locali.

In questo euforico generalizzato clima gaudente ,  chiunque passeggiasse d’estate sulla Riviera di Santa Lucia, rischiava di essere buttato a mare per scherzo tra le risate dei vari spettatori partecipanti alla festa che poi provvedevano a tirarli fuori dall’acqua tuffandosi essi stessi in mare ( qui nacquero i famosi gavettoni  di ogni estate a mare ) .

Ovviamente ai poveri succubi dello scherzo poi veniva offerto , per farli un po riprendere dall’eventuale spavento , un bel bicchiere colmo d’acqua fresca e frizzante di suffregna servita con limone ed  un pizzico di bicarbonato,  servito, per renderla ancora più gustoso dalle dolci mani  delle procaci e sensuali belle luciane.

Il cammino proseguiva poi a Largo di Palazzo ( attuale Piazza Plebiscito )   dove dietro al al Pazzariello si affiancavano una  finta corte mentre un uomo e una donna di una certa età, con abiti regali, interpretavano il il Re Ferdinando e la Regina , sua consorte Maria Carolina ,che salutavano il popolo dalla loro carrozza.
Spesso capitava che i reali i scendessero per le strade e si camuffassero da popolani per assistere divertiti e indisturbati la festa la   come per esempio  Ferdinando che adora queste tradizioni.
Il corteo infine terminava al Molo Beverello   dove un gruppo didi barche addobbate con bandiere e insegne colorate ( da cui Nzegna ) erano pronte  per prendere il largo; i Luciani seguiti dal corteo reale, salivano quindi a questo punto sulle barche   per intraprendere il famoso rito purificatore .nel quale si recitando preghiere al mare e si chiedevano grazie alla Madonna della Catena .Qui capitava spesso che durante il rito , giovani aspiranti pescatori , e  marinai venivano gettati a mare per compiere un bagno purificatore e propiziatore e venire  poi  ripescati in un secondo momento.. Era  una sorta di iniziazione al mare e auna demonizzazione ai suoi possibili rischi e pericoli.

 


CURIOSITA’: Nel 1771 la festa fu preceduta dall’inaugurazione dell’invenzione scientifica della carrozza anfibia nelle acque di Santa Lucia da parte del principe Raimondo de Sangro di Sansevero, che pochi giorni dopo nei primi di agosto di quell’anno si arenò con quel mezzo avveniristico e fu salvato e portato a riva a nuoto proprio dai pescatori e marinai del Pallonetto.

La celebrazione della  mitica festa della Nzegna , dopo l’Unità d’Italia, fu  ovviamente spostata per la sua incarnazione  e matrice borbonica al 15 luglio  in contemporanea alla  famosa Festa del Carmine che sembrò avere la meglio sulla Madonna della Catena.

Come tante  belle cose, anche la  festa Nzegna  , legata al periodo borbonico , venne lentamente eliminata dalla nuova  Unita d’Italia di stampo sabaudo per definitivamente finire negli anni 50 del secolo scorso.

 

  • 1863
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