Napoli è una città aggettivabile in diversi modi: affascinante, misteriosa anche enigmatica, ma , forse, l’aggettivo che meglio la descrive è sublime, in quanto in chi guarda questa città e la osserva attentamente, essa può indurre, per le sue connotazioni di mistero, bellezza e di ineffabilità a uno stato che è allo stesso tempo di meraviglia e di sgomento.

Napoli ha due volti: uno, quello esteriore, baciato dal sole, rinfrescato dalla brezza marina e addolcito dalla musica passionale napoletana; l’altro, quello interno, del ventre, oscuro e caotico, per certi aspetti tribale, dove, per dirla alla Domenico Rea, il Sole “non ha zampe tanto lunghe da calarsi nei vicoli e risuscitarli dalla mezzanotte in cui giacciono a mezzogiorno” ( Domenico Rea, Le due Napoli).

Questo duplice aspetto di Napoli è l’unico che, preso complessivamente, può tentare di descriverla; mentre né l’uno né l’altro aspetto, presi isolatamente, possono farlo perché, altrimenti, risulterebbero menzogneri!
Ci sono e ci sono state diverse voci che hanno conosciuto veramente Napoli e l’hanno cantata. Fra queste, una delle più intime e pure è quella di Enzo Moscato.

Egli ha pricipaalmente espresso sua grande vocazione per la scrittura in ambito  teatrale, ma non sono certo mancati  i casi di scrittura musicale o di narrativa,

Enzo Moscato, a tutti gli effetti considerato oggi uno dei grandi uomini illustri della nostra città, è stato un attore, drammaturgo, e regista che  ha rappresentato il capofila della Nuova Drammaturgia Napoletana. ed italiana.

Egli con oltre 60 opere firmate  in oltre quarant’anni di attività , viene oggi considerato  uno dei principali esponenti della nuova drammaturgia napoletana, nata dopo Eduardo De Filippo che lui ha saputo magnificamente reinterpretate .

Nato a Napoli  il 20 aprile 1948 , nel settecentesco palazzo Scampagnato che si trova nei famosi Quartieri Spagnoli di Napoli, Enzo Moscato era  quindi un napoletano verace, profondamente legato alla sua  terra  e come tanti altri ragazzi che abitavano in quel quartiere   proveniva  da un contesto familiare  povero di possibilità .

Egli da piccolo  risiedeva in un quartiere che godeva di una reputazione negativa e per sua stessa ammissione  uno di quei ragazzi incolti e probabilmente destinato ad essere uno dei tanti esseri emarginati e ghettizzati dalla società civile perchè costretti a vivere in stretti vicoli dove c’è sempre poca luce, degrado e un miscuglio di comportamenti  sbagliati che inneggiano alla criminalità.

Poteva insommma più facilmente trasformarsi in  un anti.-eroe, ma grazie alla cultura si è invece trasformato in un uomo ” sapiente “.

I quarteri spagnoli erano nfatti allora considerati zona pericolosa, malfamata e assolutamente da evitare. Essa era la zona a più alta densità abitativa della città e quella che si portava dietro diversi problemi, tra cui l’abbandono scolastico.

CURIOSITA’:  I Quartieri spagnoli nacquero durante il periodo della dominazione spagnola (parliamo del 1500). Essi  furono  costruiti per acquartierare l’esercito spagnolo di stanza nella Regione, in una posizione strategica vicino al Palazzo del Viceré e di fronte al porto. La posizione  collinare in cui furono costruiti era ideale, non solo perché vicina al Palazzo dove risiedeva il vicerè , ma sopratutto  perché, grazie alla pendenza della collina, i soldati riuscivano a sedare le rivolte popolari facendo colare olio bollente sulle strade.Il luogo appariva come un  dedalo di vicoli e gradoni, dove palazzi e, chiese ed edifici apparivano come una sola cosa che  si stratificano tra loro tra ragnatele di strade avvolti talvolta da poca luce . La loro cattiva fama derivava dal fatto che e mentre i nobili  passeggiavano su Via Toledo, i militari nei Quartieri Spagnoli passavano spesso  il loro tempo libero tra prostitute e gioco d’azzardoL e strade dei Quartieri erano originariamente solo 6, poi si sono espanse verso la collina del Vomero inglobando giardini e conventi. Alla fine del 1800, con l’arrivo del colera, Napoli venne sventrata e ricostruita, gli edifici storici demoliti e sostituiti da quelli nuovi, con case sempre più alte.

Oggi  fortunatamente sono lontani i tempi i cui i Quartieri Spagnoli di Napoli erano considerati una zona pericolosa, e malfamata e assolutamente da evitare.Negli ultimi anni questa zona ha subito una vera e propria trasformazione e numerosi bassi si sono convertiti in bar, trattorie e ristoranti tipici, Gli antichi palazzi sono pieni di bed and breakfast che  spopolano grazie alla presenza quartieri di nemerosi turisti che brulicano in ogni periodo dell’anno.

Era quindi difficile allora vivere e sopratutto crescere con dei buoni valori in quei quartieri dove il contesto sociale marcio rappresentava il luogo dova la criminalità organizzata fondava le sue radici .Esso come tanti altri quartieri della nostra città , rappresentava il fallimento delle istituzioni democratiche ed il posto dove l sistema scuola incapace di imporsi con la cultura all’ignoranza rappresentava   il terreno fertile per  la criminalita organizzata di reclutare nuovi adepti . 

In quei   vicoli stretti dei quartieri spagnoli c’è sempre poca luce. Il sole non riesce a insinuarsi nelle strettoie dei palazzi dove le  persone parlano a voce alta da un balcone all’altro . Essi rapresntano  il dipinto della Napoli popolare, quella  disordinata e caotica, in cui la povertà in passato  diventava quell’ esclusione sociale da cui era  difficile uscire e  ti portiavi addosso fino a quando non arrivavi a capire da ragazzo che la vera unica scuola di vita era  la quotidiana palestra  della delinquenza e della prova di coraggio del vicino di casa più emarginato di te.

Enzo Moscato con il suo esempio , la sua volontà di migliorarsi, di cambiare il proprio destino , di nobilitare il proprio sangue , rappresenta ancora oggi un esempio per tanti ragazzi di questa città che nascendo poveri ed in un contesto incolto possono comunque eccellere nella vita purchè credano nelle loro passioni con caparbia , costanza  e tanta determinazione.

Lui rappresenta per i tanti giovani di questa città quell’ ambizione positiva che dovrebbe essere un’aspirazione costante per ognuno di loro . Quella  importanza di  andare a scuola, studiare e maneggiare  libri, che hanno poi formato   uno dei più grandi  esponenti di spicco della drammaturgia napoletana e italiana

“…. Il mio era il sangue di un ragazzino incolto, proveniente da un contesto povero di possibilità. Poi studiando, andando a scuola, maneggiando i libri, è diventato un sangue “sapiente”. La volontà di migliorarsi, di nobilitare il proprio sangue dovrebbe essere un’aspirazione costante e propria di tutti. In questo la scuola ha un compito fondamentale, di guida per i giovani; anche se, oggi, bisognerebbe, prima, rimettere in piedi un concetto di libertà “docentica e discentica” necessario per ravvivare e far appassionare l’animo dei giovani ragazzi. Insomma, ci vogliono dei buoni maestri…”

Figlio di Francesco Moscato e Concetta Turturiello , Enzo viveva con altri sei fratelli  in una casa piccola, con suo  padre spesso disoccupato, ed una  madre che invece lavorava sempre .La sua era una famiglia  in costante lotta con la povertà, e gli ambienti che ogni giorno frequentava erano quelli viuzze i cui vasci  erano abitati per esigenze dalle persone più povere.

Lo stretto dedalo di vicoli bui dei Quartieri Soagnoli erano insomma la sua palestra di vita  e presto capì che era proprio  in questo luogo che si nascondeva la vera anima napoletana con i suoi odori , i colori , i rumori e sapori della sua tradizionale cucina .

Quell’ambiente che a prima vistra era solo un  sinonimo di povertà , era in effetti una dei pochi luoghi nel mondo in cui il   tessuto urbano nonostante la diffusa globalizzante ovunque presente , continuava a preservare intatti tutti gli elementi della sua lunga e importante storia. portando con sé un alone di fascino e mistero, forse legato a quella malinconia tipica dell’animo partenopeo.  Quei vasci da molti intellettuali considerato  un luogo in cui sarebbe impossibile sopravvivere dignitosamente era invece solo l’emblema della dignità del popolo napoletano, che reagiva alla povertà e si prendeva cura dei pochi metri quadri in cui abitava assieme a troppe persone. E fu proprio tra queste viuzze che egli sviluppò quindi quella  conoscenza dell’anima autentica della propria città e formò in lui quel carattere sensibile che lo ha poi imposto all’attenzione di critica e pubblico come attore, autore ,regista e drammaturgo . Egli infatti  con la  volontà di restituire al teatro la sua intrinseca e originaria natura di luogo “contro”, posto anche fisicamente “fuori” dallo spazio della convenzionalità borghese, ha poi coniato un linguaggio visionario e inventivo, arcaico e modernissimo, fatto di una miscela di dialetto e italiano, lingue straniere con latinismi e termini espressivamente vernacolari.

“Tutto quello che mi porto appresso di cultura napoletana l’ho preso in quei dieci anni che sono stato ai Quartieri”…

Il miglioramento delle condizioni economiche della famiglia  coincise anche  con il trasferimento nel più moderno quartiere Fuorigrotta dove dopo aver frequentato il liceo classico “Antonio Genovesi” di Napoli, si laureò in filosofia all’Università degli Studi di Napoli Federico II, conseguendo l’abilitazione in scienze umane e storia, con una tesi sui rapporti tra i movimenti politici di liberazione sessuale e la psicoanalisi.

Dal 1975 al 1977  incomincio poi ad insegnare filosofia e storia nelle scuole superiori di Napoli e Oristano, ma poiché nel frattempo era nata in lui la passione per il teatro, egli di giorno insegnava filosofia in un liceo di Napoli, e la sera faceva l’artista in teatro .

Con il tempo l’amore per la drammaturgia ebbe il sopravvento e con esso anche i suoi primi successi con le opere teatrali da lui scritte alla fine degli anni Settanta ( Carcioffolà , Scannasurice e Trianon ) fino alla consacrazione ottenuta con la vittoria, nel 1985, del Premio Riccione/Ater per Pièce Noire. 

Da quel momento Enzo Moscato non si è più fermato. Da quel momento la carriera di Moscato prende il via tra drammi, commedie, monologhi, atti unici lirici, rapsodie, frammenti, di cui è autore e interprete in scena, vincendo numerosi altri premi, quali: il Premio IDI 1988, il Premio UBU per il Teatro 1988 e 1994, il Premio della Critica 1991, il Premio I° Oscar della Radio Italiana 1992, il Premio Internazionale di Radiofonia del Festival di Ostankino 1994 e il Premio “Viviani” Benevento Città Spettacolo 2002, il Premio ‘Annibale Ruccello’ Positano 2003, Premio Benevento Città Spettacolo 2009, Premio Napoli Cultura 2013, Premio Ubu alla Carriera 2018, ed il Premio Concetta Barra 2020.

Moscato ha inoltre ricoperto incarichi di direzione artistica per il Teatro Mercadante Stabile di Napoli negli anni 2003-2006, per il Festival Internazionale di Teatro Benevento Città Spettacolo negli anni 2007-2009 , ed ha  tenuto seminari dedicati alla scrittura teatrale presso istituti universitari e centri di ricerca e formazione teatrale in Italia e all’estero.

Tenne corsi per il conseguimento del Master in scrittura teatrale presso l’Universita’ Suor Orsola Benincasa ,  di Napoli negli anni accademici 2005-2006, 2007-2008, 2009-2010 ed in più condusse corsi e laboratori di drammaturgia e scrittura teatrale presso l’Universita’ degli Studi di Salerno o Fisciano e presso il Centro Studi di Napoli sul teatro meridionale, napoletano ed europeo. 

Nel maggio del 2016 partecipò alla tredicesima edizione del FIT – Festival Internacional de Teatro,il maggior evento teatrale dello stato brasiliano di Minas Gerais  con la rappresentazione di due sue opere: Toledo suite e Compleanno. Durante tale tournee brasiliana tenne, sempre a Belo Horizinte una Lectio Magistralis dal titolo “Vocal Desnudamento” presso la Facoltà di Lettere dell’Universita’ Teatrale del Minas Gerais e una conferenza presso l’Academia Mineira de Letras dal titolo “Drama contemporâneo italiano – Degolarratos”, nella quale presentò al pubblico brasiliano i contenuti del suo libro (tradotto in portoghese, col titolo Degolarratos, dalla drammaturga ed attrice d.ssa Anita Mosca. 

Nel 1990 aveva creato la Compagnia Teatrale Enzo Moscato, di cui era direttore artistico, con cui ha realizzato di importanti allestimenti: “Compleanno“, “Ritornanti“, “Modo Minore“, “Raccogliere & Bruciare“, “Ronda degli ammoniti“, “Festa al celeste e nubile santuario“, “Occhi Gettati“. Tenne inoltre  seminari e incontri di approfondimento sul “Teatro di Enzo Moscato” in diversi teatri e università italiane ed europee.

Morto all’età di 75 anni il 13 gennaio 2024 in seguito a una lunga malattia. Enzo Moscato ha lasciato  un immediato e insanabile vuoto nel mondo dello spettacolo italiano.

 

Nel corso della sua lunga carriera,  egli  ha firmato piu’ di 60 opere teatrali realizzando quattro album in cui rivisita il repertonio nmusicale napoletano nelle  vesti di elegante ed autoironico chansonnier,.

 CURIOSITA’: Nella sua opera autobiografica in cui ha riassunto in nuclei narrativi i momenti cardine della sua esistenza , egli  parlando  di Napoli e dei suoi rapporti con sua citta natale  a cui era ,profondamente legato ci racconta in maniera specifica di quei vicoli dei Quartieri Spagnoli, in cui egli era nato e poi per lungo tratto vissuto , Egli nel ricordare  le persone, i fatti, gli avvenimenti, ed i volti che lo avevano  colpito da ragazzino, scrive in uno spazio narrativo una delle più belle descrizioni  relative ai luoghi della sua infanzia .

… Ho ricordato nel libro il mio Palazzo Scampagnato, dove io sono nato, un bel palazzo del ‘700 che tu puoi vedere ancora andando sui Quartieri. Dentro questo palazzone c’erano dei grandi cortili e i famosi bassi. Il basso fu un’invenzione degli spagnoli. Per poter costruire questa città in alto, città popolosissima fra i loro domini, e, dunque, per sfruttare tutto lo spazio possibile, costruirono verso l’alto e crearono questi palazzoni, molto alti per l’epoca, facendo sprofondare questi bassi nel sottosuolo, chiaramente.
Dentro Palazzo Scampagnato, io ricordo, noi bambini andavamo a giocare vicino a delle feritoie che sprofondavano all’infinito nel buio. Poi ho capito che sprofondavano verso il porto. Se tu guardi la città, noti che è così conformata, come se cadesse tutta verso il porto e come se salisse verso l’alto, verso San Martino. Noi sentivamo in queste feritoie, alle quali non potevamo avvicinarci per divieto dei nostri genitori, perché da lì uscivano pericolosi ed enormi ratti, innanzitutto un freddo forte, proveniente dalle viscere della città, ma anche un lontano odore di mare, un lontano rumore di onde. Questo rapporto terra-acqua, che si crea attraverso i cunicoli sotterranei è una delle caratteristiche di Napoli.
Poi col terremoto dell’80 questa situazione si è accentuata ancora di più, perché la città è discesa ancor di più verso il mare. Questo per dire che la conformazione stessa della città è molto ossimorica, molto contrastante e anche io nei miei racconti cerco di rendere una realtà complessa, altrettanto contrastante, fatta di bene e di male, di risate e di malinconia dove il tutto si amalgama nel Tutto….

Questa archeologia  pensata e scritta nel corso di 5 anni, è stata concepita in un arco di tempo abbastanza ampio, ci parla poi anche del suo allontanamento provvisorio da quel luoghi :

…io sono nato in una famiglia dei Quartieri, ma negli anni Sessanta, come molti napoletani, quando la vita migliorò economicamente a guerra finita, mio padre comprò una casa a Fuorigrotta, così noi, come molta altra gente dei Quartieri Spagnoli, andammo ad inurbare il quartiere di Fuorigrotta. Questo momento ha rappresentato per me un punto, una svolta nella mia vita. Lì ho trascorso tutta la mia adolescenza e giovinezza finché non ho deciso, di mia volontà, di ritornare a vivere nei Quartieri, perché qui vi sono le mie radici….

Moscato che definisce la sua raccolta di 15 racconti “parziale e bislacca”, nel suo ’ultimo racconto  ci lascia anche una bella  riflessione storica sul “male/Male” che abbraccia da sempre l’esistenza umana.

“Archeologia del sangue” è il titolo significativo di questo lavoro autobiografico. Ma mi sembra che l’indagine delle proprie origini, del proprio sangue nasconda, in realtà, una ricerca più ampia e complessa, la ricerca del sangue napoletano
Probabilmente sì, è un’archeologia del mio sangue, del sangue della mia famiglia e, in senso lato, della città. Il titolo per me è dapprima un omaggio al grande Michel Foucault e alla sua opera “Archeologia del sapere”. Io vado a scavare nella mia persona, nella mia famiglia e nella mia gente attraverso la narrativa; lui l’ha fatto attraverso la filosofia. Sangue e Sapere non sono disgiunti, sono due S, due componenti dell’essere; anche il sangue deve avere una sua archeologia.
Il mio era il sangue di un ragazzino incolto, proveniente da un contesto povero di possibilità. Poi studiando, andando a scuola, maneggiando i libri, è diventato un sangue “sapiente”. La volontà di migliorarsi, di nobilitare il proprio sangue dovrebbe essere un’aspirazione costante e propria di tutti. In questo la scuola ha un compito fondamentale, di guida per i giovani; anche se, oggi, bisognerebbe, prima, rimettere in piedi un concetto di libertà “docentica e discentica” necessario per ravvivare e far appassionare l’animo dei giovani ragazzi. Insomma, ci vogliono dei buoni maestri».

Moscato era un uomo convinto che l’arte, la letteratura,la scrittura ed il teatro se guidate sapientemente dalla filosofia erano in grado con la loro bellezza di incidere nel poter salvare questo attuale mondo .

«L’essere umano è un essere composito, complicato e non si può parlare semplicemente di male o di bene. C’è anche quello naturalmente. È un rapporto tra forze, tra forze che vanno verso l’alto e forze che tirano verso il basso. L’educazione alla bellezza dovrebbe cominciare da subito; che poi educazione alla bellezza vuol dire educazione al rispetto dell’altro, al rispetto della natura. La bellezza è un concetto vasto: non è solamente ammirare un quadro, una statua; bellezza è anche cultura del passato, senso del presente, capacità di progettare sanamente il futuro. Insomma è una cosa molto complessa la dimensione della bellezza. È chiaro che qui il ricorso alla filosofia si fa potente, e per filosofia non intendo una disciplina ma la riflessione che anticipa ciò che facciamo: è un concetto della vita, un modo di stare al mondo».

Il teatro è un fatto emotivo, il teatro muove emozioni che possono cambiare, farti evolvere o regredire, non è detto che il percorso sia sempre progressivo e rettilineo. Non è sempre un’opera di bene. Ma, voglio dire, il bene che cos’è? Rappresentare non significa dire ciò che è Bene e ciò che è Male. Rappresentare significa mettere in scena l’essere in tutte le sue complicazioni, e in questo il teatro è molto vicino alla filosofia».

Cos’altro dire ?

Con la sua morte Il mondo del teatro piange  non solo la scomparsa di uno dei massimi esponenti della Nuova Drammaturgia Napoletana, ma uno dei grabdi uomini illustri di questa nostra societa. 

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