Elvira Donnarumma nata a Napoli il 18 marzo 1883 Iniziò a cantare giovanissima nei locali di Napoli,quando lei aveva appena  nove anni esibendosi per caso in un teatrino estivo sul mare di Posillipo, per cantarvi alcune canzonette di successo.Appena un anno dopo, a soli dieci  anni già eseguiva in un teatrino di Mergellina la nenia ” E Cerase ” di Vincenzo Valente ispirandosi al modello della soubrette Emilia Persico che allora furoreggiava sulle tavole dei cafés-chantants napoletani; passò poi al Petrella, un teatrino popolare nella zona del Porto, figurando nei numeri di varietà che seguivano lo spettacolo dell’Opera dei pupi.

NB. In questo piccolo teatro popolare la piccola Elvira talvolta recitava nelle farse di Pulcinella con suo padre, Alfonso,che di giormo faceva  sarto  e la sera l’attore ma con scarso successo.

Impresario e istituzione del Petrella è don Carmine Roma, che si permette il lusso di licenziare la bambina-cantante per punirla a causa di un’assenza per malattia.

La pallida, esile fanciulla licenziata al Petrella, cantò poi nella birreria Incoronata e nel 1894 già occupava un ruolo fisso nel regolare programma, al Gran Circo delle Varietà, con la presentazione di “piccola canzonettista”.

Fu in questa  circostanza che venne subito notata dalla critica e da competenti esperti musicaliE da loro venne giudicata … come un vero giovane talento .E non sbagliavano : poiché quella ragazzina, figlia di un modesto, sconosciuto attore napoletano, che risiede  nei quartieri popolari di Pendino e Porto, sara’ poi destinata a calcare le scene non solo dei piccoli teatri di periferia in drammi drammoni, farse e commediole dell’epoca , ma sarà’ l’insuperabile interprete destinata ad entusiasmare le platee più disparate e importanti dell’epoca , nonché l’interesse di scrittori, poeti, e famosi giornalisti come Matilde Serao .

Quella giovane ragazza cantava e interpretava  le canzoni, e, con esse, i sentimenti e le passioni del popolo, come non l’aveva  mai fatto nessuno prima.Venne quindi scritturata dai fratelli Resi, impresari del café-chantant Eden, dove da sola ma anche in coppia con Davide Tatangelo, incomincio ad esibirsi in numeri che suscitarono persino l’ammirazione della Duse che, una sera, al teatro La Fenice di Napoli le lanciò una rosa.Elvira non era affatto una donna bellissima ,

Minuta, non bella, ma con due occhi che parlano al cuore. come scrisse di lei Libero Bovio, Elvira era di bassa statura , pienotta e certamente non dotata di un grande sex appeal, ma nonostante il suo aspetto nettamente in contrasto con l’esile figura di vamp che il fenomeno del divismo andava in quel periodo a diffondersi,, riuscì comunque a conquistare molti ammiratori con il suo fascino d’artista e divenne in poco tempo una delle cantanti più richieste e scritturati di quei tempi ed uno degli artisti che suscitò l’interesse di poeti , somme attrici come la Duse, pittori celebri come Mancini e Migliaro. e scrittori come Di Giacomo che scrive per lei i versi di ’E ccerase,musicata da Vincenzo Valente .

N.B. Dei due  occhi «luminosi, irrequieti e ridenti, della “capinera “che  scintillano sotto la fronte ricciuta» (come la descisse poi Libero Bovio ), insisteranno quanti ne descriveranno, a futura memoria.

N.B. Quando la piccola Elvira porto’ alla ribalta questa canzone il risultato fu un grande successo di pubblico ma sopratutto un delirante entusiasmo da parte di critici dello spettacolo e questo ovviamente divenne per Elvira , il passaporto per la celebrità.Da quel momento Elvira Donnarumma , un artista dalla voce non potente ma pastosa, non bella , ma dotata di una carica sensuale particolare, divenne  la cantatrice ufficiale della canzone napoletana, l’ambasciatrice del sentimento e della passione di Napoli su tutte le ribalte italiane.Le sue intrpretazioni migliori spaziavano dal genere brioso, ricco di umori popolareschi, a quello melodico, a quello violento del bozzettismo drammatico.Ottenne attestati di stima da parte di molti personaggi pubblici e del mondo dello spettacolo, come la famosa Eleonora Duse., soprannominata la divina, e considerata all’epoca l una delle più grandi di tutti i tempi,

Fra le canzoni brillanti scritte per Elvira Donnarumma  si ricordano: Quanno mammeta t’ha fatto di Califano e Gambardella, Miette ‘na mana cca! di Califano e Tutta mia di Califano e Valente.

CURIOSITA’: A Napoli, in quel periodo nelle audizioni di Piedigrotta, nei modesti locali della periferia o in quei tipici ricevimenti settimanali che si tenevano nei salotti della piccola borghesia erano sopratutto due artisti che si facevano notare .Entrambi non erano certo noti per la lo loro bellezza ma solo per la loro bravura .Il primo era un giovanotto grassottello e bassino, la seconda una ragazzina dal fisico insignificante, ma con grandissimi occhi parlanti ed espressivi: uno era Gennaro Pasquariello e l’altro Elvira Donnarumma.

Pasquariello, il suo finto fidanzato, ma, per molti versi e per diversi anni, “l’altra metà”, nei manifesti e negli spettacoli.

La sua già avviata carriera, comunque, decollò a Roma, al Teatro Olimpia, dove il suo nome apparve in cartellone e un pubblico entusiasta decretò il successo delle sue esibizioni.

Da Roma dove conquistò’ la sua piena affermazione turistica , proseguì’ poi la sua vita artistica nel resto d’Italia, dove di successo in successo continuò a cantare ancora per oltre vent’anni contesa dai più importanti impresari della penisola.

A celebrarla come  indiscussa protagonista dell’epoca  furono luoghi allora famosi in citta come l’Eden, la Fenice, il Reai Politeama, il Reai Mercadante, ed  il Bellini, mentre a poetare per lei nelle più vibranti passionali melodie si alternarono uomini del calibro di Salvatore  Di Giacomo, Russo, Bovio, Capurro, Murolo, Falcon, E.A. Mario, Nicolardi , Vincenzo Valente, Mario Costa, Ricciardi. Errico De Leva, Rodolfo Falvo. Di Capua, Cosentino, Nutile, Gambardella.e  Buongiovanni.

I luoghi che la resero celebre furono comunque  i café-chantant e i teatri di varietà come la Birreria dell’Incoronata nella sua città natale, della quale divenne poi il gestore.

N.B. Tra le tante nuove stelle della canzone che lanciò nel suo locale vi fu Ersilia Sampieri., al secolo Ersilia Amorosi, la prima diva del cafè chantant.

II periodo di declino cominciò dopo la prima guerra mondiale. Nel 1920, quando la Donnarumma aveva appena trentaquattro anni, alTeatro Miramar di Napoli agli applausi si accompagnò l’ingrato commento: “E brava’a vicchiarella!”.Nel 1921 fece un’apparizione nel film Santa Lucia lontana e fece coppia in quel periodo con il cantante Mario Mari per formare un numero alternato.Negli ultimi tempi, ridotta a partecipare alle “canzoni sceneggiate” nel periferico Trianon, fu nuovamente colpita da un antico male e dovètte abbandonare le scene.Nel 1932 si ritirò nella sua  modesta casetta al Corso Garibaldi dove  era solita ricevere le visite degli ospiti e dei cantautori in cerca di fortuna.

Nell’arco dei suoi anni da un punto di vista sentimentale ebbe due o tre uomini: Alberto Montagna, un giovane maestro di pianoforte e compositore di canzoni che presto morì di tisi, un medico, che le fu  vicino per molto tempo come compagno e guida, e, infine, verso gli ultimi anni, un uomo molto più giovane di lei, che quasi segretamente la sposò.

La grande Elvira Donnarumma, afflitta dal suo male e distrutta da una cirrosi epatica ,mori l’anno dopo, a poco più di cinquant’anni, il 22 maggio 1933, e con lei si congedo’ da questo mondo , una deliziosa, insuperabile interprete che destò’ per oltre quarant’anni circa l’entusiasmo delle platee più disparate e l’interesse di scrittori, poeti, giornalisti, somme attrici come la Duse, scrittrici famose come la Serao, e pittori celebri come Mancini e Migliaro.

L’ultimo saluto di una intera citta allagrande artista avvenne al suo funerale  in piazza delle Mura Greche , A porgereub applauso alla sua  ’ultima “rappresentazione” era presente luna folla strabocchevole di gente del popolo e tanti poeti, letterati, attori , musicisti e compositoridell’epoca  che Libero Bovio rappresentò nel suo discorso;«È tutto un popolo, Elvira, tutto un popolo, lacrimoso e commosso, che segue la tua bara. È Napoli, ferita in un sentimento che è gioia e religione al tempo istesso: nell’amore del canto. Tu, più e meglio di ogni altro, della mia gente rendevi la sorridente malinconia, la racchiusa tristezza, il rassegnato dolore. La tua arte era lacrima e sorriso. Tutta Napoli ti luceva nei piccoli occhi luminosi che ancora ieri ti imbrillantavano il volto ingiallito. È commemorazione e celebrazione a un tempo: passa, stavolta, in gramaglie, è vero, ma passa nella sua ultima giornata di trionfo, in una grande giornata di sole, la canzone di Napoli».

Elvira se ne va a cantare in cielo, a soli cinquant’anni, in una notte di maggio, il mese delle sue belle canzoni.  «Possedeva una irresistibile arma di conquista: la simpatia. Motteggiatrice e caustica, spassosa e fremente, orgogliosa e ribelle, controllava con l’intelligenza prodigiosa il divino e pericoloso dono dell’istinto. S’era creata una voce, una piccola cultura, una bizzarra bellezza. Era ostinata e tenace. Nata di umile gente, non volle rassegnarsi al destino: tutta l’anima le cantava nel piccolo corpo infermo, ed ella volle essere la Cantatrice di Napoli. Prima di lei, Emilia Persico, alla quale Elvira contese e strappò il piccolo ramo di lauro; dopo di lei, una gloria di nostalgie e di ricordi. Nient’altro».Ai piedi della bara, pallido e sgomento, singhiozza Pasquariello, «l’ultimo custode di un mondo sacro al nostro sogno; gli sta accanto Maldacea, ma il grande comico stavolta non ride: agita le mani tremanti ed invoca il tuo nome. Chiamali a nome, rispondono tutti. Sono qui i tuoi poeti, i tuoi musicisti, quelli che tu più amavi».È ancora Bovio a promuovere il 10 giugno, pochi giorni dopo la morte di Elvira, uno spettacolo commemorativo al Politeama. Il grande teatro di Monte di Dio non riesce a contenere l’immensa folla di ammiratori della povera artista. . «Un profondo silenzio, una commozione indicibile si diffuse nel magnifico teatro durante l’esecuzione della rapsodia delle più belle canzoni che la Donnarumma portò al trionfo, con il fascino della sua arte magnifica», scrisse in copertina il compilatore del fascicolo di Piedigrotta della Canzonetta.Dirigeva l’orchestra il giovane maestro Giuseppe Anepeta, al programma partecipano Armando Falconi, Raffaele e Luisella Viviani, Eduardo, Titina e Peppino De Filippo, Vincenzo Scarpetta, Tecla Scarano. Francesco Corbinci. E ovviamente Pasquariello, il più grande amico-nemico della “capinera”, salutato da autentiche ovazioni al finale di Brinneso, versi di Bovio, musica di Nicola Valente

.Don Liberato, che le voleva un gran bene, trasferì poi  l’incanto della poesia nella descrizione della vita di Elvira.«Adorava le rose e il sole: non aspettava che la primavera. E allora cantava. Cantava sola sola, con la testina nascosta tra i ferri del balconcello fiorito, e con gli occhi illuminati da uno strano desiderio, da una vaga speranza che le colorava per poco il volto gialliccio».Chi sa e ha voglia, può provare a simulare l’ascolto di una voce lontana: «Tu staie malata ‘e cante, tu staie murenne, ‘e cante…».Dieci anni prima Bovio aveva scritto Chiove, che Salvatore Papaccio aveva cantato per la prima volta, accompagnato al pianoforte da Evemero Nardella, durante uno spettacolo al San Carlo organizzato dal quotidiano Il Giorno. Ma certe canzoni non hanno età. Elvira, benché malata, non aveva mai smesso di cantare, nemmeno dopo che il male l’aveva aggredita con violenza mentre era al Trianon con la compagnia di sceneggiate di Girard, a sfidare Fumo e compagni che lì giocano in casa.Ferdinando Russo nel ricordarla non esita successivamente a definirla tra «le più provette interpreti del canto napoletano», capace di far sentire attraverso il suo canto «tutta la bellezza del suolo e del cuore napoletani».

Ma  una delle più belle immagini di  Elvira ci giungono dalla lettera di un anonimo ammiratore che l’artista ricevette ( alcuni ritengono che l’autore sia E.A. Mario):

«Gentile signorina, voi riuscite a compiere il più grande prodigio che una donna possa compiere: far dimenticare che è bella, per far ricordare che è grande. Il concetto non vi paia nietzescheano, né l’espressione vi apparisca povera. Io voglio dire che la vostra arte è così magnifica, fatta di così sottili sfumature d’interpretazione, di così poderose qualità d’artista, che se voi invece di cantare canzoni, recitaste sulla scena di prosa, sareste la rivale di Eleonora Duse; se calcaste le scene del San Carlo rinnovereste i fasti della Bellincioni; se scriveste i versi delle canzoni che cantate, sareste la D’Annunzio della musa partenopea. Ma voi cantate canzoni, le scegliete con gusto sicuro, con intuito preciso, le vivificate, le immortalate e siete la diva delle nostre composizioni. Ave, grandissima Elvira».

Ancora oggi considerata una delle più celebri interpreti della canzone napoletana, la grande Elvira Donnarumma Incise dischi per le etichette discografiche Pathè, Phonotype, Favorite e Voce del Padrone.

 

 

 

 

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