La cappella non custodisce soltanto le reliquie ed il sangue di San Gennaro, ma è sicuramente anche un gioiello di arte e architettura di livello mondiale che racchiude marmi, affreschi, dipinti dei migliori artisti dell’epoca e del movimento barocco napoletano.
Fu progettata dal frate Francesco Grimaldi e la sua costruzione fu ultimata nel 1646.
Per costruirla si rese necessario la demolizione di tre cappelle gentilizie della navata destra del Duomo .
La storia della fondazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro ebbe inizio nel gennaio del 1527, quando, nel corso di una terribile pestilenza, gli Eletti della città di Napoli fecero il voto di erigere una nuova costruzione per custodire le reliquie del Santo Patrono, in origine conservate negli ambienti angusti e difficilmente accessibili della torre situata alla sinistra della facciata.
I napoletani promisero al santo che in cambio della grazia gli avrebbero costruito una nuova cappella, più grande. E per sottolineare che la cappella non sarebbe stata né della Chiesa né dello Stato ma di tutti i cittadini di Napoli, sottoscrissero un atto ufficiale davanti ad un notaio il 13 gennaio 1527.
Nel 1601 fu fondata la Deputazione della Real Cappella del Tesoro, alla quale venne affidato l’incarico di organizzare la costruzione e la fondazione della nuova struttura. Inaugurazione che avvenne il 16 dicembre 1646, giorno in cui le reliquie furono trasferite nella nuova sede.
La Deputazione del Tesoro di S. Gennaro, ( che conserva le chiavi della nicchia ) da secoli e’ composta da nobili e illustri personaggi napoletani con a capo il sindaco della città ; si tratta di un organo laico che dal 600 custodisce le reliquie e l’inestimabile patrimonio di San Gennaro .
Le reliquie hanno avuto una storia abbastanza travagliata prima di trovare la collocazione attuale: prima Marciano, poi Benevento, fino a raggiungere il Monastero di Montevergine. Qui, nel 1480 furono ritrovate e nel 1497 portate nella cattedrale e poste nell’ipogeo della cattedrale, detto Succorpo, dove ancora oggi sono conservate le ampolle col sangue.
Il sangue del Santo, è custodito in due ampolle di vetro di forma diversa, rinchiuse in una doppia teca. Quella interna, probabilmente di epoca angioina mentre l’altra, più recente, risale al Seicento .
Oltre alle ossa, custodite nel Succorpo, gli altri resti del Santo sono custoditi nella Cappella del Tesoro in due artistici reliquiari.
Il busto del santo , costruito a grandezza naturale, rappresenta un capolavoro dell’oreficeria trecentesca; poggia su una base in argento dove davanti vediamo rappresentata la Decollazione del Santo, e sul retro, invece, il suo Martirio sullo sfondo di quello che dovrebbe essere l’anfiteatro di Pozzuoli.
Il busto vero e proprio, invece, è stato modellato da argentieri francesi (Etienne Godefroyd, Guillame de Verdelay e Millet d’Auxerre) su commissione di Carlo II d’Angiò ed è cavo per poter contenere le ossa del capo del Santo.
San Gennaro è rappresentato con un volto giovanile, con i capelli che si raccolgono sotto ad una calotta di argento fissata con viti, posta per proteggere le ossa del cranio. Il busto veste con la casula a collo alto, decorata da rosette, ornamenti smaltati, stemmi angioini e pietre preziose. ( l’ Argento con il tempo tende ad ingiallirsi pertanto il santo viene affettuosamente chiamato ” faccia gialla “) .
La cappella è molto grande ed è un chiaro e rappresentativo esempio di architettura barocca, con pianta centrale a croce greca , il cui ingresso e’sormontato da una incisione in latino dedicata al santo :”A San Gennaro, al cittadino salvatore della patria, Napoli, salvata dalla fame, dalla guerra, dalla peste e dal fuoco del Vesuvio per virtù del suo sangue prodigioso, consacra”.
Tra due enormi colonne di marmo nero venato di bianco e verde, spicca un maestoso cancello di ottone progettato da Cosimo Fanzago, compiuto solo nel 1665 per l’intervento dell’ottonaro Gennaro Monte, a cui si deve anche il busto bifronte di San Gennaro che sormonta il cancello. Il cancello ha la particolarita’ di essere ” musicale ” (provate a suonare con una piccola moneta e noterete la sua capacita’ di emettere suoni ) .
All’esterno nelle due edicole sono poste due grandi statue di San Pietro e San Paolo di Giuliano Finelli.
L’interno della cappella mostra una variegata rassegna della migliore arte barocca napoletana. Ha sette altari, quarantadue colonne di broccatello, e diciannove statue bronzee di santi patroni.
Nella parete dietro l’altare, troviamo una nicchia con cassaforte e sportelli d’argento donati dal vicerè Pietro d’Aragona per volere di re Carlo II nel 1603, in cui sono custoditi il busto in argento dorato e la reliquia del sangue.
Sempre dietro l’altare, in alto, è posta la statua in bronzo di San Gennaro, realizzata da Giuliano Finelli che nel 1654 sostituì quella di Tommaso Montani, sistemata in cima alla guglia di Piazzetta Riario Sforza.
Il pavimento policromo, con tasselli di marmo bianco, grigio e broccatello, fu disegnato da Fanzago. L’altare maggiore fu progettato da Solimena: è di porfido con puttini di argento sui lati, eseguiti da Nicola de Turris.
Nella parte frontale, il paliotto d’argento, un capolavoro dell’argenteria napoletana del XVII secolo, realizzato dall’orafo Giandomenico Vinaccia nel 1698 su disegno di Dionisio Lazzari. Su di esso è raffigurato l’arrivo delle reliquie del Santo a Napoli nel 1497: l’Arcivesovo Alessandro Carafa si trova a cavallo e regge il cofanetto delle reliquie con San Gennaro che, dall’alto, protegge la città, simbolicamente rappresentata dalla sirena Partenope e dal fiume Sebeto e, sulla sinistra, dal Vesuvio in eruzione. La peste, la fame e la guerra fuggono davanti alle reliquie in arrivo, mentre l’eresia è schiacciata dal cavallo dell’arcivescovo.
Sono di grande effetto le numerose statue in bronzo o argento dei santi compatroni che arricchiscono l’intera cappella.
All’interno della Cappella si trovano infatti ben 51 statue in bronzo o argento :
la prima fu quella di San Tommaso d’Aquino, dichiarato compatrono nel 1605, l’ultima è stata quella di Santa Rita, che è del 1928; raffigurano di San Tommaso, Sant’Agnello, San Severo, Sant’Agrippino, Sant’Eufebio, Sant’Andrea Avellino, San Giacomo della Marca, Santa Patrizia, San Francesco di Paola, San Domenico e San Biagio (poi trasformato in San Nicola), Santa Teresa d’Avila e Sant’Antonio, San Filippo Neri, San Gaetano, Sant’Aspreno.
Tutti gli affreschi alle pareti furono eseguiti dal bolognese Domenico Zampieri, detto il Dominichino, che, a causa della morte improvvisa non riuscì a decorare anche la cupola.
Della decorazione della cupola si occupò allora Giovanni Lanfranco che nel 1643 dipinse il Paradiso, costituito da una serie di figure in cerchi concentrici verso l’altro.
Il Lanfranco aveva un contratto in cui veniva pagato a figure , motivo per cui ne fece davvero tante ….
Sull’altare di destra è conservato un dipinto di Giuseppe Ribera, detto lo Spagnoletto, realizzato a olio su rame nel 1647 e raffigurante San Gennaro che esce illeso dalla fornace di Nola. Sull’altare di sinistra, invece, il Dominichino dipinse la Decollazione di San Gennaro .
Nella cappella alla sinistra del vestibolo, la volta fu decorata a stucchi da Andrea Falcone e Giambattista Adamo. Gli affreschi, invece, iniziati da Luca Giordano, furono completati da Giacomo Farelli. Sull’altare Massimo Stanzione dipinse su rame l’Ossessa liberata, opera che avrebbe dovuto sostituire quella incompiuta del Domenichino.
Nella sala capitolare dei prelati della cappella è custodito un San Gennaro opera di Francesco Solimena risalente al 10702, ma anche due cimeli bellici: una bandiera strappata ai turchi nella battaglia di Belgrado nel 1717 e donata al Tesoro da Carlo VI e un’altra bandiera presa da Carlo di Borbone agli austriaci nella battaglia di Velletri del 174 .
La cappella del Tesoro dipende direttamente dalla Santa Sede; ne è delegato pontificio l’arcivescovo di Napoli.
Per il culto è officiata da un collegio di dodici prelati, mentre per la parte amministrativa dipende dal Ministero dell’Interno della Repubblica Italiana ed è retta da una deputazione laica di dodici membri, di cui è presidente il sindaco di Napoli pro tempore, secondo una disposizione del 1811 di Gioacchino Murat.
La città, che vanta sulla cappella diritto di patronato perpetuo sancito da Urbano VIII nel 1635, concede annualmente sovvenzioni economiche per culto al santo patrono.

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