La nostra città era anticamente divisa in quattro quartieri che si distinguevano con i nomi di Termense , di Palatina , di Montana , e di Nilense .  Ciascuna di esse aveva le sue porte , le sue strade ed i suoi tempi ,ed  un certo numero di edifici pubblici e privati e moltissimi vicoli .

 

La regione Termense , rivolta ad oriente della città , acquistò  tale denominazione dalle Terme , o luoghi pubblici di bagni che in essa si trovavano numerosi . La regione ( o quartiere )  si trovava tra l’attuale San Lorenzo e la conosciuta zona di Forcella e  contava  ben tre porte ; la Marittima , che si trovava probabilmente nei pressi di Portanova , la Bajana , che si trovava presso la fontana di Medusa ( oggi dei serpi ) , ed infine quella Nolana ,non lontana dall’attuale chiesa della Maddalena .

Oltre alla presenza in luogo di numerose grandi terme o  pubblici bagni, in essa si trovava anche un famoso  Ginnasio ed  un maestoso Tempio dedicato ad  Ercole. Per questo motivo , in onore al Tempio di Ercole , la zona venva anche denominata Ercolense oppure Forcillense , dalla greca forcuta lettera Y, chiamata pitagorica , che si trovava scolpita in varie mura dell’abitato  , come embleva della scuola Pitagorica che pare sorgesse proprio in questi luoghi ( alcune dicerie ereditate dalla storia sostenevano  che probabilmente Pitagora avesse qui avuto la sua scuola e la sua casa ).

CURIOSITA’: L’origine del nome “Forcella” risalirebbe quindi secondo una ipotesi molto più mistica , alla presenza , anticamente nel passato   , nel quartiere  , della  Scuola Pitagorica ,  il cui simbolo era la Y , lettera presente anche sullo stemma del seggio di Forcella.

Una   lettera Y , che  secondo i pitagorici era un  simbolo  sacra alle scuole pitagoriche in quanto ,   secondo una loro  interpretazione, rappresenterebbe la metafora della vita. La lettera ricorda, infatti, un albero in cui il tronco simboleggia la fase embrionale dell’esistenza e la biforcazione indicherebbe da un lato  il passaggio dalla fase adolescenziale della vita a quella adulta  e da un altro  rappresenterebbe ,  la ” nascita del tutto ” cioe’ il tronco della vita che si va a dividere, l’albero di Jesse per la religione cristiana da cui tutto ha origine.

Era pertanto per il suo misterioso significato divenuta nel tempo un simbolo esoterico della scissione tra il mondo visibile ed invisibile , tra il bene ed il male che sempre hanno ossessionato l’intera zona. Secondo questa  origine del nome Forcella alla Y pitagorica  l’intero quartiere avrebbe quindi  un carattere mistico.

N,B. Ricordiamoci  che in matematica la Y e’ una incognita e la scuola di Pitagora la considerava un simbolo di augurio e di buona fortuna .

Ma il simbolo  Y è anche l’inconfondibile tratto della strada principale di forcella , che nella sua parte finale si biforca assumendo l’aspetto appunto di una ” forcella “, Questo bivio si trovava in passato anch’esso a ridosso della Porta Ercolanense che come abbiamo già detto occupava l’aerea dell’attuale piazza Calenda .

L’origine dell’ attuale nome Forcella , quindi secondo alcuni potrebbe avere origine invece proprio  dalla  biforcazione  in cui termina la strada principale, che, ad un certo punto del percorso, interessa la via  per dividerla in due ed ha pertanto  una forma simile a una forcella  ( Il bivio , in origine doveva trovarsi appena fuori della porta Ercolanense ) .

CURIOSITA’: la biforcazione della strada evoca anche l’immagine del bivio e quindi della possibilità di scegliere tra due strade e due direzioni diverse ,ognuna con un tipo di esistenza diversa : la prima lunga agiata e felice , ma comune ; la seconda invece , irta di difficoltà e ricca di sofferenze , ma gloriosa ed eroica secondo determinati modelli sociali . Due modelli di vita diversi che hanno da sempre caratterizzato la scelta di vita dei giovani ragazzi del luogo.

A mio parere , poichè , l’intera zona era il vero sito delle terme napolitane , a dare il nome al quartiere furono proprio le sue grandi terme che secondo storiche ricostruzioni oltre alla loro imponenza  e vastità , univano nella costruzione anche una grande elegante perfezione architettonica .Esse si estendevano tra Forcella e l’attuale Via Duomo e caratterizzavano per lunga estensione  l’intera zona. L’intera insula era infatti un lungo susseguirsi di bagni termali dove si riversavano gente di tutte le estrazioni sociali che venivano a rilassarsi con bagni e massaggi o a fare ginnastica , ma anche a dilettarsi nel canto e nella recitazione .

N.B. Le considerevoli rovine scoperte in tutta quella parte di città conosciuta con il nome di Nunziata , Giudea vecchia Maddalena e di Caserti  erano sedi di magnifiche terme .

Nel mezzo delle pubbliche Terme si ergeva anche un superbo e magnifico  Ginnasio destinato all’uso dell’arte ginnastica , dovi i nudi atleti si esercitavano nei giochi che contibuivano da un lato alla robustezza e all’agilità del corpo e da un altro ad approfondire la loro abilità nell’arte della lotta , del pugilato, della corsa del salto , del lancio del disco ed altre discipline .

Intrisa di storia e leggenda , Forcella era infatti ,  un tempo un luogo famosissimo dove vi accorrevano persone da ogni parte del mondo per assistere ai giochi ludici quinquennali che si svolgevano nel suo grandioso ginnasio presente nella zona dell’ attuale Corso Umberto  , vicino all’odierna piazza Nicola Amore .

In questo enorme edificio decorato da grandiosi portici , vaste gallerie, bellissimi viali e spaziosi giardini , divisi in diversi ripartimenti secondo la propria discipina atletica ,  i giovani atleti napoletani praticavano l’educazione del corpo e dello spirito .Qui essi imparavano a maneggiare con destrezza l’arco , la lancia e lo scudo. Gli esercizi praticati nel ginnasio erano quelli classici dell’età greco.romana : salto in lungo. lancio del giavellotto, lancio del disco , corsa e lotta . Quel tipo di lotta , in particolare , che ancora oggi è conosciuta come lotta greco-romana .

Nello stadio e nella palestra si eseguivano le corse , le lotte , ed il pugilato . Nel Cenisterio i lottatori ed i gladiatori venivano aspersi di polvere e nell’Eleoterio si ungevano per facilitare la destrezza e l’agilità del corpo .Nell’Efebeo si addestravano i giovani nell’arte della ginnastica .  Nel Sisto invece discutevano  i filosofi , gli oratori ed i poeti .

CURIOSITA’: Una delle lapidi infisse a ricordo di quell’ antica gloria sulle pareti dei portici del ginnasio è tutt’ora visibile nel complesso dell’Annunziata , accanto alla Ruota degli Esposti , in un androne accanto all’antico portale originale del complesso .

In questo grande edificio si svolgevano  e celebravano , sul modello dei giochi olimpici della Grecia , i Sebastà (giochi simili a quelli olimpici, tenuti in onore di Augusto), cioè delle formidali gare fra atleti provenienti da ogni dove , molti dei quali  formatisi nelle stesso ginnasio napoletano. Il Ginnasio di Forcella formò infatti una generazione di atleti particolarmente venerati dai greci e dai romani per il loro valore ma anche per la loro prestanza fisica . Essi infatti non solo imparavano a maneggiare con destrezza l’arco , la lancia e lo scudo ma rappresentavano per la loro avvenenza fisica il modello dell’eroe classico : fisico scolpito e coraggio da vendere . Il più valoroso di tutti , bello come un dio dell’olimpo , molto amato dai cittadini e dallo stesso imperatore romano che spesso assisteva alle sue gare , si chiamava Melancoma. Egli divenne molto famoso all’epoca  divenendo  nel tempo  per i romani , una vera e propria leggenda .Egli diede molta fama al ginnasio di Forcella e molti accorrevano per assistere alle  gare di lotta  dell’atleta più bello e forte di tutti.  Alla sua morte a recitare l’orazione funebre si scomodò addirittura il grande oratore Dione Crisostomo.

Inseparabile dal Ginnasio e dalle Terme come sempre avveniva nel tempo greco-romano , nellle immediate vicinanze si trovava anche un tempio di Ercole , e una volta identificato  il sito dove era presente l’antico Ginnasio  , non è stato poi  difficile determinare nelle sue vicinanze il luogo dove si doveva trovare questo Tempio . Esso doveva infatti trovarsi in prossimita della porta Ercolanense che  trovandosi nell’attuale piazza Calenda , si apriva in direzione di Ercolano , città che si diceva fosse stata fondata dall’eroe. Si racconta infatti che Ercole dopo aver compiuto la sua decima fatica , fosse passato per le nostre terre durante il lungo viaggio compiuto con la mandria che aveva sottratto al mostruoso Gerione presso la costa merdionale della Spagna nell’isola di Eritia .

Lungo questo  viaggio , da lui effettuato , dopo aver eretto le sue famose colonne sullo stretto di Gibilterra , dopo aver scofiito Gerione , egli , impradonitosi  della  sua mandria , incominciò il difficile ritorno verso la Grecia , costruendo , dalle nostre parti , la via Eraclea , un lunga diga con la quale aveva separato il lago di Lucrino dal mare per farvi transitare la sua mandria che poi avrebbe portato a pascolare sul monte Lucullano .

 

Eracle o Ercole 

Ercole nato da Zeus e la bella regina di Tebe Alcmena è noto in particolare per le “dodici fatiche”: queste indicano come il mito derivasse direttamente da qualche precedente culto solare. Le sue dodici fatiche simboleggiano il passaggio del Sole attraverso le dodici case dello zodiaco. Numerose sono le leggende religiose che hanno Ercole come protagonista.Anch’egli come tutti i figli nati dai tradimenti di Zeus dovette subire le ire vendicative di Era ( Giunone ). La dea era così gelosa del piccolo che , quando egli era ancora nella culla , mandò due enormi serpenti perchè lo soffocassero . Ma quando egli li vide , li affrontò coraggiosamente soffocandoli .

Ercole crebbe forte , coraggioso ed orgoglioso ma era anche  facilmente preda di scatti di rabbia ed  accessi di ira che Era non cessava continiamente di ispirargli , al punto che un giorno giunse addirittura a scagliare una cetra contro il suo maestro che l’aveva rimproverato .  Questo episodio costrise la madre Alemena  ad allontanarlo con dolore dalla reggia per affidarlo a certi pastori che vivevano sui monti . Anzichè rattrissarsi , Ercole ne fu felice : imparò a cacciare , a usare l’arco , a non temere la notte , nè il freddo nè le belve .

Un giorno , nel suo vagare giunse in un punto in cui il sentiero si biforcava ( notate il parallelismo con la  strada principale di forcella , che nella sua parte finale si biforca assumendo l’aspetto appunto di una Y ) dove ad attenderlo c’erano due donne . Una giovane e bella  che rappresentava il PIACERE , indicandogli una via , ricca di verde erba e fiori ,  gli offriva ricchezza e felicità . L’altra invece non giovane bella , che rappresentava la virtù , gli offri invece tra sassi e rovi la gloria immortale.

Scelse ovviamente la gloria che però non fu priva di difficolta , ostacolata come accadeva spesso dalla collera.  Quando andava in collera , Eva gli faceva calare sugli  occhi  una benda avida di sangue . In uno di questi momentidi follia , arrivò addirittura ad uccidere sua moglie e i suoi due figli . Pianse a lungo quando l’ira fu passata , ma il suo delitto aveva sdegnato perfino gli Dei . Per implorare  allora il perdono degli Dei ,ed essere così poi accolto nell’Olimpo , Ercole andò a Delfi dove in quel luogo si trovava una sacerdotessa ( la Pitia ) che ispirata da Apollo leggeva nel futuro .

La Pitia , per avere il perdono degli Dei , consigliò Ercole di  andare nella cittò di Tirinto e mettersi al servizio del re Euristeo ;  suo zio Euristeo per allontanarlo  subito dalla sua città , pur di non vederlo più tornare perchè impaurito dalla sua presenza gli impose dodici fatiche per umani esseri impossibili .

Nelle sue famose dodici fatiche egli nelle prime quattro , uccise un leone che nelle foreste di Nemea sterminava greggi e sbranava pastori , uccise un mostro con sette teste nel lago di Lerna , catturò il gigantesco  cinghiale d’Erimanto che uccideva affrontandoli molti uomini , e  catturò la Cerva di Cerinea ,che  sacra a Diana ,  veloce come il vento correva instancabile  ( Ercole per catturare la cerva dalle corna d’oro e dai zoccoli d’argento la inseguì per un anno intero ).

La quinta fatica fu una delle più difficili . Egli dovette uccidere i mostruosi uccelli con becco , artigli e penne di bronzo , infestavano la regione del lago di Stinfalo .

La seste fatica di Ercole , prevedeva la conquista della cintura di Ippolita , regina delle Amazzoni , le misteriose donne guerriero . Era una cintura meravigliosa , intessuta d’oro e tempestata di gemme . Ercole che aveva raggiunto il paese delle Amazzoni , si presentò alla regina e gentilmente in un primo momento le chiese in dono la cintura . Tanta era la sua bellezza e la sua gloria che Ippolita acconsentì a donargliela ma … a questo punto riapparve la perfida Era . Essa travestita da Amazzone cominciò a gridare che Ercole voleva rapire la regina . Le donne guerriero corsero tutte alle armi alle armi e diedero battaglie . In essa , una delle frecce di Ercole raggiunse e uccise Ippolita : sul corpo della bella regina , l’eroe pianse a lungo .

La settima fatica di Ercole , fu quella di pulire in un solo giorno  le stalle del re Augia . Questi aveva  aveva migliaia di buoi  che pascolavano nei buoi e che, ogni sera ,  tornavano in sterminate stalle che da trenta anni nessuno aveva ripulito . In esse , la sporcizia aveva creato altissimi cumuli abitati da vermi schizosi  e da feroci mosche : dalle stalle usciva un lezzo insoportabile . Ripurirle in un giorno era impresa che avrebbe scoraggiato tutti , ma non Ercole . Scorrevano vicino , due fiumi e l’eroe macigno dopo macigno , formò uno sbarramento , deviando le loro acque facendole così scorrere nelle stalle : la corrente scrostò la sporcizia , ripulendo completamente le stalle.

L’ottava fatica fu la cattura delle cavalle del re Diomede ,dei terribili animali che gettavano fiamme dalle narci e che si nutrivano di carne umana .

La nona fatica fu invece la cattura  del toro di Creta che devasta  i pascoli e decimava le greggi dell’isola .

La decima , fu la cattura dei tori rossi del gigante Gerione , un mostro con due sole gambe , tre busti , tre teste , e sei braccia .

La undicesima avvenne ai confini del mondo , dove in un’isola , quella delle Esperidi ,le bellissime figlie di Atlante e di Espero , vi era un giardino incantato , dove cresceva un melo dai frutti dai frutti d’oro , dono di nozze per Era , la regina degli Dei . A guardia dei preziosi frutti era posto un drago dalle cento teste  di nome Ladone .Il semidio , per prima cosa dovette informarsi sulla strada da prendere conosciuta solo da Nereo , un Dio marino Egli cercò in ogni modo di dissuaderlo assumendo anche svariate forme per spaventarlo . Diventò in rapida successione prima un drago , poi un leone , ed infine un grosso serpente . Eracle , reduce da undici immani fatiche , non era certo a quel punto il tipo da scoraggiarsi tanto facilmebte . Sollevato quindi di peso Nereo , lo convinse con aria minacciosa no solo ad indicargli la strada ma anche a dargli il piccolo suggerimento di non raccogliere con le mani nessun pomo .

Eracle , messosi in cammino , giunse finalmente  ai confini del mondo nel luogo dove il sole ,giunge al tramonto dove incontrò  Atlante , un gigante condannato  a reggere sulle possenti spalle ,   tutto il peso del globo terrestre. Questa punizione gli venne inferta per essersi ribellato a Zeus ed essersi alleato col padre di Zeus, Crono, durante la famosa guerra degli Dei .  Per questo Atlante venne punito dal capo di tutti gli dei.Da lì in poi, la mitologia riprende fedelmente la versione di Atlante che sostiene il peso della terra, tanto che nel libro primo dell’Odissea viene descritto come colui che regge la volta del cielo .

Eracle pensò di mandare lui a cogliere i frutti sacri , sia perchè , essendo altissimo avrebbe scavalcato facilmente il recinto , sia perchè era il padre delle Esperidi , custodi del giardino .

” Non posso aiutarti ” rispose Atlante , Devo reggere il peso del cielo , guai se lo lasciassi andare … e poi c’è quel terribile drago , Ladone , che non mi lascerebbe passare . Eracle a quel punto sistemò subito il drago con una delle sue frecce avvelenate , poi promise ad Atlente di prendere sulle proprie spalle la volta del cielo , mentre lui prendeva i pomi.

Ben contento di levarsi per qualche momento dell’enorme peso , Atlante gli posò il cielo sulle spalle e poco dopo tornò con tre pomi d’oro .

” Lascia che li porti io a Euristeo , ” disse .

Ma l’eroe capì che il gigante non sarebbe più tornato , lasciandolo lì per sempre . Finse quindi di accettare dicendo ” Riprenditi il cielo solo per un attimo , mentre mi metto un cuscino sulle spalle .. non sono cos’ forte come te e mi occorre per reggere il peso più agevolmente ..

Atlante cadde nel tranello . Quando si riprese il cielo , Eracle afferrò i tre pomi e fuggì di corsa .

N.B. Sempre secondo la mitologia , Atlante per non aver voluto ospitare Perseo , venne da questo pietrificato che gli mostrò la testa della medusa, che aveva il potere di trasformare in pietra chiunque. Così Atlante  si trasformò il quella grande catena montuosa, l’Atlante, che si trova in Africa Centrale.

L’ultima fatica fu quella della cattura di Cerbero , il ringhiante cane dalle tre teste che custodiva la porta del regno dei morti .

Non sembrava giusto ad Ercole sottrarre Cerbero al suo padrone , Ade ( Plutone ) , re delle Ombre e fratello di Zeus ( Giove ) . Si recò quindi prima da lui e umilmente gli chiese il permesso di prendere il cane per portarlo ad Euristeo . Ade , che sapeva come l’eroe dovesse essere perdonato rispose ” Fà pure , bada però , dovrai affrontarlo senza nessun aiuto e senza armi .. ”

Ercole dopo averlo ringraziato affrontò quindi a mani nude Cerbero che si difese disperatamente  arrendendosi però quando l’eroe riuscì a serrargli tra le mani la base dei tre colli . Seguì quindi docilmente Ercole , che lo portò da Euristeo : vedendo quel cane , che giungeva dall’inferno stesso , il re gridò pieno di paura ” porta via questo mostro ! E vattene , Ercole una volta pre tutte .

Ercole , compiute le dodici fatiche e ottenuto il perdono degli Dei , lasciò così Tirinto e riprese a vagare per il mondo . Visse tante avventure combattendo mostri , belve e giganti , castigando i malvagi e soccorrendo i deboli .

Tra le tante avventure liberò anche Prometeo che per aver donato agli uomini il fuoco che apparteneva fino a quel momento solo agli Dei che gelosamente custodivano ben protetto nelle visceri della terra ( nell’officina di vulcano , il dio fabbro ), fu duramente punito da Zeus .con un castigo atroce .  Il fuoco divino sarebbe dovuto restare privilegio degli dei e non essere offerto a creature terrene.    Prometeo invece che amava gli esseri umani  cercò di regalare loro il fuoco con il quale avrebbero poi , potuto scaldarsi d’inverno , cuocere la carne , tenere lontane le fiere , illuminare le caverne la notte e fondere metalli per costruire attrezzi per lavorare la terra e costruire armi con cui cacciare e difendersi dalla ferocia delle belve Per questo Zeus era in collera.

Prometeo , rubò quindi una notte il fuoco , dopo aver addormentato con una tazza di vino drogato Vulcano . Nascose in un bastone di ferro cavo qualche scintilla di fuoco e subito corse dagli uomini annunciando loro che recava loro il dono più grande . Poco dopo , tutta la terra brillava di fuochi , attorno i quali gli uomini cantavano felici .
Tutto questo attirò l’attenzione di Zeus che arrabbiatosi tantissimo diede ordine allo stesso Vulcano di catturare Prometeo e incatenarlo su un’alta rupa con infrangibili catene che aveva preparato . Egli da quel giorno non solo rimase legato a vita su vertiginosi precipizi a soffrire in solitudine fame , freddo e sete , ma anche la tortura di una grande aquila che avventandosi su di lui , ogni giorno con gli artgli gli squarciava il ventre divorandogli il fegato col becco adunco .
 La tortura però non finiva qui perchè durante la notte il fegato di Prometeo ricresceva , le ferite si rimarginavano , ed il mattino dopo era di nuovo pronto a subire il martirio.
Tutto questo fino al giorno in cui Ercole  , vide passando per quei luoghi l’aquila straziare Prometeo incatenato , egli mosso a pietà chiese il permesso a suo padre Zeus di abbattere il rapace e spezzare le catene per liberare Prometeo .
Dall’Olimpo Zeus gridò ” sei libero Prometeo “
Ma egli volgendo gli occhi al cielo implorò Zeus di farlo restar su quel monte per sempre perchè in questo modo gli uomini guardandolo si sarebbero ricordati così di lui e del suo regalo .
Fu subito trasformato in una grande e maestosa roccia .
 Zeus , oltre che punire Prometeo , decise di punire anche gli esseri umani regalando loro una donna di nome Pandora .  Si trattava , come vedremo  di una sottile vendetta perché Pandora, resa bellissima da Afrodite è destinata ad arrecare la perdizione al genere umano. La bellissima fanciulla il cui nome significa “tutti i doni”;  custodiva in sé pregi e virtù di ogni sorta, comprese l’astuzia e la curiosità, perché ciascun dio le offrì in dono una qualità. Era gli  aveva insegnato le arti manuali , Apollo  la musica,  e da Ermes purtroppo anche il dono della curiosità .
Efesto ( Vulcano ) secondo i racconti mitologici classici aveva forgiato lui il primo uomo su ordine di Zeus impastandolo con la terra e la pioggia, gli aveva infuso astuzia e timidezza, forza, fierezza e ambizione e l’aveva poi animato col fuoco divino e per punire gli uomini fu costretto da Zeus questa volta a forgiare la bella Pandora a cui rese vita la dea Atena . Essa era un dono divino: bellezza, virtù, abilità, grazia, astuzia, e ingegno caratterizzavano il suo aspetto .

Dopo averla forgiata con simili fattezze , Zeus incaricà Ermes di condurre Pandora dal fratello di Prometeo (che nel frattempo era stato liberato da Eracle  ), Epimeto . Questi, nonostante l’avvertimento del fratello di non accettare doni dagli dei, la accolse, si innamorò, ed infine decise di sposarla . Pandora recava con sé un vaso regalatole da Zeus, che però le aveva ordinato di lasciare sempre chiuso. Tuttavia, spinta dalla curiosità, Pandora disobbedì: aprì il vaso e da esso uscirono tutti i mali che si avventarono furiosi sul mondo: la vecchiaia, la gelosia, la malattia, il dolore, la pazzia ed il vizio si abbatterono sull’umanità. Sul fondo del vaso rimase solo la speranza  , che non fece in tempo ad allontanarsi perché il vaso fu chiuso nuovamente . Aprendo il vaso, Pandora condanna l’umanità a una vita di sofferenze, realizzando così la punizione di Zeus.

 

 

 

Prima di questo momento l’umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli dei, immortali. Dopo l’apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato, cupo ed inospitale, fino a quando Pandora aprì nuovamente il vaso e permise anche alla speranza di liberarsi tra gli uomini.

LA FINE DI ERCOLE
 Ercole un giorno giunse nel reame d’Etola , dove si innamorò perdutamente della figlia del re , la bellissima principessa Deianira che presto divenne sua sposa  . Un giorno, durante una delle sue imprese, Ercole e Deianira dovevano attraversare un fiume tumultuoso. L’eroe lo attraversò, ma lasciò che la moglie fosse traghettata da un centauro battelliere, Nesso, che tentò di rapire Deianira. Ercole allora colpì il centauro con una delle frecce avvelenate col sangue dell’Idra. Il centauro morente si prese la sua vendetta offrendo a Deianira il proprio sangue, e convincendola che esso avrebbe costituito un potentissimo filtro d’amore che avrebbe reso Ercole fedele a lei per sempre. Un giorno Deianira ebbe il sospetto che il suo sposo fosse un po’ troppo interessato ad un’altra donna. Così, dette ad Ercole una camicia su cui aveva sparso un po’ del sangue del centauro morente. Ovviamente il sangue era un potente veleno, dato che era stato contaminato dal sangue dell’Idra. Quando Ercole indossò la camicia avvelenata, si compì la vendetta del centauro: cominciò ad essere preda di dolori lancinanti e sentì le carni bruciargli in modo talmente insopportabile da preferire la morte. Ma nessun mortale poteva ucciderlo, ed Ercole decise di darsi la morte da sé, facendosi bruciare vivo su una pira funeraria. Giove, impietosito dalla sorte del suo figlio prediletto, scese dal cielo e lo prese con sé nell’Olimpo, ponendo fine alla sua agonia.

Il Tempio di Ercole sorgeva nella nostra città , come già detto nell’attuale area del quartiere di Forcella  e con maggior precisione precisione secondo molti su un vicolo , anch’esso anticamente detto Ercolanense e poi dei tarallari , sul luogo della chiesa di Sant’Agrippina a Forcella oppure secondo altri nei pressi della chiesa di Santa Maria Ercoles ( poi intitolata a Sant’Eligio dei Ferrari ) e volgeva per vico dei chiavettieri e delle colonne a Forcella , il quale , senza dubbio, acquistò un tal nome dagli avanzi di alcune antiche colonne qui rinvenute, appartenute prima al tempio.

Il Tempio di Ercole , era molto  famoso nell’antichità per l’imponenza delle sue strutture, tanto da essere ricordato come il tempio delle quaranta colonne. Il magnifico tempio poi crollato in seguito ad un terribile terremoto ,  era del genere chiamato perptero esastilo , di forma colossale , con maestosa scalinata, vestibolo , cella , portico e con doppio giro d’ale, che determinavano il numero di trenta e più colonnedi verde antico

CURIOSITA’: Nei secoli passati e fino alla seconda metà dell’Ottocento nel cavarsi le fondamenta di nuovi edifici sono stati ritrovati nel quartiere di Forcella , antiche vestigia di  colonne di marmo verde alte 20 palmi per lo più rimaste poi interrate appartenenti secondo molti storici all’antico Tempio di Ercole . L’edificio dava il nome a tutta la regione limitrofa denominata “Regione Herculanensis” e nella quale erano presenti anche l’ippodromo, lo stadio, le terme, il ginnasio ed il gineceo.

Forcella quindi come avete avuto modo di constatare è un  quartiere con  origini molto antiche risalente a circa 2000 anni fa  . Non c’è pietra , in questo quartiere che non racconti il passato . Un passato ricco di suggestioni anche esoteriche come quello legato all’incantesimo che il sommo poeta e mago  Virgilio  , considerato dai napoletani il primo vero santo protettore della città , mise in atto per liberare Forcella dai rettili che la infestavano .Secondo una leggenda egli infatti dopo aver catturato una serpe enorme e velenosissima , l’avrebbe prima uccisa e poi sotterrata sotto due netri di terra . Da quel momonto come per incanto i rettili smisero di terrorizzare i napoletani del luogo.

Ovviamente di questa storia il cui unico testimone è rimasto il vico della serpe , se ne impradonì poi la chiesa che per affermare il proprio credo religioso e offuscare quello di Virgilio , affermò in maniera postuma ,  che a liberare la città dai serpenti fu la Madonna e quindi si adoperò per costruire nel luogo del prodigio una chiesa che venne dedicata a Maria . Un altro esempio di come la chiesa nel corso dei secoli si sia impradonita dei miti e delle leggende pagane per accreditarsi e guadagnare nuovi consensi.

Il quartiere  come avrete modo di  notare recandovi sul luogo , e ammirare alcuni suoi antichi palazzi storici ha origini molto antiche e molto nobili . Una grande parte degli edifici che oggi vediamo presenti poggiano sopra reliquie di antichi basamenti laterizi o sopra avanzi di terme , come spesso si è avuto modo di accertare quando nello scavare le fondamenta di molte abitazioni e di alcune chiese si sono costantemente rinvenuti ampi avanzi di concamerazioni sotterranee, di stufe , di serbatoi , di nicchie , di fornaci, oltre un numero considerevole di grossi massi riquadrati , di basi , di cornicioni, pezzi ci colonne e grandi architravi .  Fu proprio qui, inoltre, che note famiglie aristocratiche come gli Orsini, i Carafa, i Caracciolo e la stessa regina Giovanna II vantavano splendide dimore. 

A riprova della sua antica età, in piazza Calenda,  si erge il cosiddetto cippo a Forcella , una struttura circolare di pietra dell’antica Neapolis (molto probabilmente i resti della porta Herculanensis o dell’antica cinta muraria). Il Cippo è  stato ritrovato durante i lavori del Risanamento  e da qui è nato uno dei detti più famosi per i napoletani: “sta’ cosa s’arricorda o’ cipp’ a Furcella”, espressione che serve a indicare che una cosa è molto vecchia.

La  lunga e affascinante storia di Forcella ha visto poi il quartiere essere una delle tre giudecche di Napoli ,  prima che gli Spagnoli, nel 1510, cacciassero tutti gli Ebrei dal loro regno ed ha visto sorgere nel tempo il secolare ospedale Ascalesi e la Real Casa dell’Annunziata , il primo centro di assistenza e cura per i bambini abbandonati .

CURIOSITA’ : Napoli ha un legame indissolubile con questo luogo, perché da qui nasce il cognome più diffuso nel capoluogo partenopeo, ovvero  Esposito . Su via dell’Annunziata, a sinistra dell’arco cinquecentesco d’ingresso, è ancora visibile – benché oggi chiuso – il pertugio attraverso il quale venivano introdotti nella  ruota gli  ” Esposti “, cioè i neonati che le madri abbandonavano, per miseria o perché illegittimi.

Nello stesso quartiere è presente anche quello che resta dopo tante trasformazioni dell’antico Castel Capuano ( il primo in città ) , il Teatro Trianon , il Pio Monte della Misericordia , il Museo del Tesoro di San Gennaro , e la stessa Cattedrale  insieme a tante altre chiese come quella di San Giorgio Maggiore, Sant’Agrippino, Sant’Agostino alla Zecca) e Santa Maria Egiziaca (uno degli esempi migliori dell’architettura barocca napoletana con le opere di importanti artisti tra cui Luca Giordano ) .Quest’ultimo ’edificio con annesso monastero fu fondato nel 1342 per volere della regina Sancha d’Aragona, che volle una struttura che accogliesse le prostitute pentite.

N.B . Il palco dell’antico Teatro Trianon fondato nel 1911  è stato calcato dai personaggi più famosi del secolo scorso: Eduardo Scarpetta, De Filippo, Totò, Viviani e Roberto De Simone.

Oggi purtroppo il luogo è tristemente famoso sopratutto perchè diventato lo scenario di molti episosodi della famosa serie Gomorra e molti turisti si aggirano tra i suoi antichi vicoli e vasci solo alla ricerca di luoghi da riconoscere perchè oggetto della macchina da presa della serie televisiva senza neanche immaginare invece solo lontanamente tra quali gioielli essi si ritrovano . Basta solo dirvi che in uno di questi vicoli , anticamente detto Lampadius , ed oggi corrispondente all’attuale vico della Pace , si svolgevano le gare più famose della Napoli greca dedicate alla dea sirena Partenope . Si trattava delle famose corse  lampadiche,  delle corse cioè che avvenivano con  le fiaccole accese e in cui i partecipanti dovevano correre di notte tra due ali di folla stringendo sempre nel pugno la  fiaccola accesa senza mai farla spegnere . Percorrendo i stretti vicoli e le strade  della città , giovani  atleti completamente nudi , dovevano raggiungere il sepolcro innalzato a Partenope che si trovava in un punto , in corrispondenza del porto dove oggi sorge la Basilica di San Giovanni Maggiore .  La difficoltà ovviamente consisteva nel non far spegnere la fiaccola , e la palma del vicitore spettava al primo corridore che arrivava al traguardo con la fiaccola ancora accesa.

A proposito di serie televisive vale la pena ricordarvi a tal proposito che le strette vie di Forcella sono  state  anche lo scenariodel primo episodio di Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica, in cui Adelina (Sophia Loren) per evitare la prigione per spaccio di sigarette di contrabbando continua a farsi mettere incinta dal marito (Marcello Mastroianni). Il film si ispirò ad un fatto realmente accaduto che fu anche  oggetto di un’interrogazione parlamentare.

Ad accogliervi oggi nel quartiere , entrando da via Duomo , è presente a Piazza Crocelle ai Mannesi il grande volto di ” Gennaro ”  omaggio al santo Patrono napoletano firmato dall’artista  Jorit Agoch . L’opera di  street art  ha restituito alla città una versione contemporanea del  volto di San Gennaro , ispirata, come lo stesso artista ha dichiarato, ad un amico dello stesso, un giovane operaio. Il tratto di Jorit, ispirato ai modelli caravaggeschi, è immediatamente riconoscibile grazie allo studio del ritratto fotografico e dall’incisione del “rito pittorico”, sua firma e simbolo di appartenenza alla “Human Tribe” fondata sul principio assoluto dell’eguaglianza. A seguito del particolare fermento religioso popolare incitato dall’opera, per la prima volta nella storia dell’arte urbana, l’opera ha ricevuto una benedizione dal parroco della Chiesa di San Giorgio Maggiore.

Per concludere ci piace ricordarvi che il qurtiere Forcella  vanta alcune delle le pizzerie più conosciute a Napoli come l Antica pizzeria da Michele  ( un mito per chiunque arrivi a Napoli )  e la pizzeria  Trianon da Ciro ,  Mentre in via Giudecca Vecchia c’è l’Antica pizzeria le Figliole  che rappresente  il tempio della pizza fritta .

Concludiamo invece ricordandovi quanto successo  nel 1943 quando durante i lavori per la rimozione delle macerie della chiesa di Santa Maria del Carmine ai Mannesi, sventrata e distrutta in seguito ai bombardamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale .

In quell’occasione venne portato alla luce l’antico complesso termale di San Carminiello ai Mannesi che copre un’area di circa 700 mq.

I resti del  grosso edificio d’età romana  collocabile cronologicamente fra la fine del I sec. a.C. ed il II sec. d . sono quelli di una grande casa privata  di  età imperiale  che  dopo il terremoto del 62 e l’eruzione del 79 d.C., fu poi convertita in grande complesso termale di cui  sono state identificate le condutture idrauliche, alcune vasche in marmo ed un mitreo in cui è rappresentato  il dio Mitra nell’atto di sacrificare un toro.

Ed eccoci di fronte ad un ‘altra grande divinità presente a Napoli nel passato .

Il mitreo di San Carminiello ai Mannesi come tutti i  mitrei era di dimensioni modeste e ridotte . Essi  non avevano nulla in comune con i maestosi tempi e altari dedicati ad altre divinità.  Erano caverne naturali somiglianti ad una grotta nel quale sarebbe nato appunto il Dio Mitra.
Mithra era una divinità di origine indiana e persiana, venerato dagli antichi persiani il cui culto era una delle religioni più diffuse nell’antichità che fu importato nell’antica Roma dalle truppe romane impiegate ad oriente.
Era un culto destinato ai soli uomini ed ebbe una grande diffusione a  Roma ( Nerone e Commodo ne erano grandi  devoti) divenendo nel mondo militare il culto di forza dei soldati romani  incoraggiato addirittura dagli stessi  Imperatori.

Il suo culto ad un certo punto fu così diffuso che lo si ritrovava in tutte le classi sociali, passando dagli schiavi, ai commercianti e finanche ai più alti funzionari di governo. Divenne un culto imperiale talmente potente e consolidato che probabilmente se Costantino non avesse scelto di adottare il Cristianesimo, il mondo occidentale potrebbe oggi essere diventato mitriaco.
I  luoghi di culto dove si venerava il Dio Mitra erano chiamati mitrei.
Mitra sarebbe  secondo il suo culto , nato in una grotta il 25 dicembre e al termine del suo operato con l’aiuto del sole, sarebbe poi assurto in cielo a 33 anni, da dove continuerebbe  a proteggere gli esseri umani.
Vi ricorda niente tutto questo ?

Nei Mitrei durante la funzione rituali o celebrazioni era necessaria la presenza di un curatore intermediario poichè la dottrina prevedeva che la conoscenza del massimo mistero prevedeva il concorso di una presenza ( come lo spirito santo che pervade il sacerdote cristiano al momento della comunione) ed in una stanza specifica del Mitreo si teneva solitamente un banchetto rituale che era a base di vino, acqua e pane secondo uno schema molto simile a quello dell’eucarestia dei primi cristiani.

 

 

 

 

 

 


Il Mitreo si trovava quindi dove ora  si trova la piccola chiesa del 500,  di Santa Maria del Carmine ai Mannesi  che precedentemente inglobava una preesistente chiesa eretta in  periodo Medioevale. Il toponimo della chiesa (ai Mannesi ) derivava dal nome che caratterizzava tutta l’intera zona. Esso era dovuto agli artigiani falegnami che qui vi lavoravano, riparando o costruendo carri ( I falegnami erano detti mennesi dal latino “manuensis”,  cioè che lavoravano con le mani, artigiani).
La chiesetta sorgeva  in Vicolo San Carminiello ai Mannesi, cosi chiamato proprio perché percorrendo quella stradina si arrivava ad una chiesetta in cui tutto era minuto e di dimensioni modeste al punto di ispirare tenerezza.
Poichè il vasto ritrovamento archeologico interessava l’intera area allora occupata dalla chiesa il sito archeologico prese di conseguenza il nome di San Carminiello ai Mannesi.

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