Artemisia Gentileschi ,  pittrice italiana di scuola caravaggesca e prima donna della storia a essere ammessa in un’Accademia di Disegno ( Firenze ) visse nella nostra città per oltre vent’anni fino alla sua morte e più che straniera bisognerebbe correttamente considerarla napoletanizzata a tutti gli effetti, come il Ribera e tanti altri pittori che, nati lontano, acquistano da noi la fama in lunghi anni di attività che incidono sensibilmente, a contatto con la realtà figurativa locale, nel variare i caratteri della loro pittura originaria. Ella compare sulla scena artistica napoletana alcuni anni prima del 1630 e grazie alle sue notevoli capacità ricettive e di adattamento all’ambiente artistico che la scuola napoletana portava avanti in quel periodo , in poco tempo cambiò il suo stile  «meridionalizzandosi »,  trasformando  la  sua tavolozza con colori più bruni e al contempo  acquisendo tonalità più squisitamente naturaliste in consonanza con la tradizione locale e  la fisionomia di alcuni personaggi come possiamo certamente vedere osservando la  modella  scelta dell’Annunciazione che rispetto ad altre ragazze del popolo da lei prime dipinte mostra  colori spiccatamente mediterranei ,mentre  i re che si prostrano nell’Adorazione dei Magi sono quanto di più spagnoleggiante si possa immaginare.

La pittrice prese infatti spunti dalla corrente naturalista in auge a Napoli in quegli anni che fece sua frequentando artisti napoletani come Massimo  Stanzione ,Paolo Domenico  Finoglia,  Francesco Guarino ,  Francesco Fracanzano, Bernardo  Cavallino e Giovan Battista  Spinelli  , e grazie ad essi ed al suo eccezionale talento artistico , a Napoli , in un ambiente prodigo di occasioni di lavoro,raggiungendo  la sua piena maturità artistica  ,  incontrò un grande successo, anche se nel suo animo rimase sempre una straniera ( «Io so’ romana!» ) e spesso soffrì per le condizioni di vita a volte disagiate della città:  («in Napoli non ho volontà de più starce, sì per li tumulti di guerre, come ancora il male vivere, et delle cose care».)  La pittrice era infatti nata a Roma l’8 luglio del 1953 e dopo aver soggiornato sia a Firenze che a Genova , dopo un breve periodo di ritorno a Roma, intorno al 1637 si trasferì a  Napoli, dove trascorse gli anni più fervidi della sua attività ed ebbe un notevole successo sia presso i collezionisti ,sia presso i suoi colleghi pittori che ammiravano nella sua arte pittorica sopratutto quel particolare modo di trattare le stoffe ,specie le sete ,con suggestivi riflessi luministici e con quel particolare accostamento cromatico  a lei suggerito da Simon Vouet durante il suo prededente soggiorno romano .

N.B.  Artemisia fu influenzata profondamente  a Napoli , anche dal classicismo bolognese che costituiva  a Napoli una corrente molto importante per la presenza del Domenichino e del Lanfranco al cui fianco la Gentileschi lavorò nel Duomo di Pozzuol.

Figlia del pittore Orazio Gentileschi che fu uno dei più stretti seguaci di Caravaggio e , all’epoca riscuoteva un discreto successo , Artemisia fin da bambina coltivò l’amore per la pittura , un ‘arte rigorosamente all’epoca riservata ai soli uomini e allieva di suo padre , cominciò a dipingere gia in giovanissima eta, quando restata orfana alla sola tenera età di 12 anni  della mamma morta di parto ( Prudenzia di Ottaviano Montoni) da  giovane adolescente si dovette fare  carico della crescita dei suoi  cinque fratelli più piccoli,. Artemisia infatti pur dovendosi occupare dei suoi  fratelli e delle faccende di casa, ben presto si  dimostrò interessata al mestiere del padre, la cui bottega  era adiacente alla loro abitazione e spesso  frequentata da molti  giovani pittori.

N.B. Il padre di Artemisia era all’epoca  considerato un  esponente di primo piano del caravaggismo romano  e molti pittori spesso chiedevano di poter frequentare la sua bottega al fine di apprendere nuove e più moderne tecniche pittoriche .

La casa di Orazio era  assiduamente frequentata da artisti che  oltre a dipingere, erano soliti discutere  discutere delle ultime novità in tema di pittura  e questo permise ad  Artemisia di crescere quindi  in un ambiente fortemente stimolante che la portò ad avvicinarsi  alla pittura osservando  ed ammirando  sopratutto il lavoro del padre .Crebbe così facendo il suo apprendistato  presso la bottega  del padre, che gli trasmise sopratutto  un profondo intesse per lo stile con cui il Caravaggio metteva in atto le sue opere . Era quello il periodo infatti in cui il Caravaggio raggiungeva l’apice del suo successo e la sua pittura andava diffondendosi ovunque. Tutto questo sviluppò ben presto  in lei una grande passione per la  pittura  e a  solo dodici anni, dimostrò al padre  un precoce e spiccato talento pittorico .

N.B. Le  sue  doti non tardarono  presto  a manifestarsi: a soli 17 anni risale infatti  il suo primo bellissimo dipinto che tutti noi conosciamo, intitolato “Susanna e i vecchioni”.

Il padre, intuendo le sue eccezionali doti la ncoraggio molto nella sua scelta di intraprendere la carriera artistica di pittrice e  si prodigò molto per diffondere l’arte di Artemisia, raccontando e scrivendo ai personaggi più influenti del talento di sua figlia.

Ma Artemisia , nonostante le lettere di raccomandazione del padre, essendo una donna , non le venne  permesso nè  di seguire i corsi all’Accademia né di dipingere nudi maschili o femminili.  Ma  ovviamente lei  non si diede  per vinta e si mise , nonostante tutto , alla giovane eta di anni 17,  lo stesso a dipingere nudi osservando il proprio corpo e quello di Fulvio, un giovane pescatore innamorato di lei e ben disposto a farle da modello.

Accadde poi un  giorno che Artemisia fece  la conoscenza del fiorentino Agostino Tassi, fidato amico di famiglia giunto a Roma per eseguire con il padre della giovane una serie di affreschi religiosi e alcune decorazione presso il  Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma.   E accadde anche che Artemisia, dopo lungo insistere  ottenne  dal padre il permesso di prendere lezioni dell’arte della  prospettiva sempre dal Tassi ,un pittore che era anche una sorta di imprenditore degli ambienti artistici romani, capace di convogliare le energie di vaste schiere di artisti in grosse imprese decorative.  La giovane Artemisia iniziò così a frequentare lo studio dell’artista che  oltre ad essere  un bravo pittore era un uomo molto seducente e dopo qualche tempo , attratto dalla giovane Artemisia , incominciò , come vedremo ad innescare una sorta di corteggiamento finito poi male.

La diciottenne Artemisia era lusingata dalle sue attenzioni, ma nonostante i continui tentavi di seduzione , riuscì  comunque almeno inizialmente a respingere i suoi continui tentativi .  Ma il  Tassi attratto dalla ragazza, spinto dal desiderio e dal suo carattere impulsivo ,dopo vari incontri ed una corte insistente  , approfittando un giorno dell’assenza di  Orazio  (impegnato al lavoro sulle impalcature della Loggetta delle muse) , abusò di lei nell’abitazione dei Gentileschi, . Sembra che il Tassi fu aiutato da Cosimo Quorli, furiere della camera apostolica, e da una donna di nome Tuzia, vicina di casa  e compagna inseparabile di Artemisia. che aveva il compito di aiutare Artemisia in assenza del padre ( secondo la versione ufficiale il Tassi si ritrovò in casa con lui e la sua amica Tuzia a cui Artemisia chiese di restare, ma che invece lei  lasciò soli, permettendo così che la violenza fosse perpetrata).

CURIOSITA’ : Agostino Tassi era un artista vanaglorioso, soprannominato lo smargiasso, che secondo molti  oltre che continuamente  vantarsi era solito , litigare e spesso  imbrogliare. Qualcuno sosteneva all’epoca  che fosse stato  addirittura  il mandatario dell’omicidio di sua moglie (che pero era sfuggita all’imboscata)  a Lucca, perché lei gli aveva rubato ottocento ducati. Altre malelingue dicevano che  andava anche  a letto con la cognata e sia stato processato per adulterio e addirittura che le sue sorelle  da lui dirette, si dedicavano a fare le prostitute. Esso insomma non era certo quello che veniva definito all’epoca una persona perbene e  venne nella sua vita accusato di sodomia, furti e debiti.

Artemisia , dopo  questo terribile evento che come vederemo segnò profondamente la sua vita e la sua arte, credendo  alle  continue  promesse di matrimonio fatte dal Tassi , forse s’innamora  di quell’uomo che comunque  lei molto ammirava  artistamente e  in attesa del matrimonio accettò di frequentare intimamente .

N.B. Negli atti del processo Artemisia dichiarò che, dopo il fatto, aveva accondisceso più volte alle richieste di Agostino Tassi ,nella speranza che mantenesse la promessa fatta di sposarla  e non la disonorasse.

Dopo alcuni mesi lei però scoprì poi che che Agostino Tassi era già sposato e capito che questa condizione avrebbe comunque vietato il loro matrimonio , decise di  confidare  tutta la vicenda al padre, che scoperta  la cosa decide a quel punto  di denunciare Agostino Tassi e di intentare nei suoi confronti un processo con l’accusa di  aver violentato la figlia inviando  una querela a papa Paolo V .

CURIOSITA’: In quell’epoca la violenza sessuale non era considerata un reato contro la donna, ma contro l’onore della famiglia e il Tassi, per evitare una condanna, offrì un matrimonio riparatore. Ma ad un anno dalla promessa le nozze non erano ancora avvenute perché il suddetto Tassi era già sposato e non poteva ricorrere di conseguenza ad  “ matrimonio riparatore “. Dopo circa una anno quindi ,  il padre , visto che l’onore di Artemisia e quello della famiglia Gentileschi era comunque compromesso ,  decise  di procedere per vie giudiziarie denunciando il Tassi per stupro ,.Egli in questo modo sperava  di ottenere almeno  una dote in risarcimento del danno subito. ( dalla documentazione si evince che oltre alla violenza, venne imputato al pittore anche il  furto di alcuni quadri ) . 

Ne seguì ,  un processo pubblico molto chiacchierato, che durò parecchi mesi n cui Agostino Tassi confessò di aver abusato di Artemisia e nonostante la presenza di testimoni falsi in sua difesa venne condannato dal tribunale a cinque anni di reclusione  o all’esilio perpetuo da Roma ma  paradossalmente la stessa vittima fu torturata per farle ribadire la verità della propria denuncia.  Risulta infatte dagli atti del processo che Artemisia dovette accettare  di testimoniare sotto tortura, di provare la sua verginità precedente allo stupro, ed essere poi  sottoposta alla sibilla, un supplizio progettato per i pittori, che consisteva nel fasciare loro le dita delle mani con delle funi fino a farle sanguinare.  Tale supplizio avvenuto anch’esso sotto tortura prevedeva lo schiacciamento e lo stritolamento progressivo deille dita  con lacci di cuoio  ed essendo Artemisia una pittrice,, possiamo solo immaginare quanto potesse essere gravoso per lei dover raccontare un fatto simile rischiando di veder compromesse le proprie mani a vita!  

All’epoca intentare un processo del genere voleva dire aggiungere disonore alla vergogna  perché una donna non più vergine e non sposata era considerata una poco di buono, indipendentemente dal fatto che avesse subito violenza o meno e le pesanti condanne morali , oltre  alla crudezza dei metodi inquisitori del Tribunale, di cui è rimasta esauriente documentazione ,  certamente  come vedremo  segnò comunque profondamente la vita e l’ arte di Artemisia .L’iter delle prove fu infatti poi  mostrato pubblicamente e la giovane diventò per l’opinione pubblica una donna disonorata.mentre Tassi  scelse di allontanarsi dalla città ma di fatto rimase, protetto dai potenti committenti.

CURIOSITA’ : Al processo , Tassi dichiarò che il quadro rubato  era stato eseguito da lui ed ancora oggi a distanza di tanti anni c’e qualcuno tra la critica che pensa  addirittura che tutto quanto accaduto sia stata solo tutta una manovra di Orazio Gentileschi per svalutare il collega Agostino , oppure una sottile trama ordita dagli altri pittori contro la giovane per screditarla. Alcuni invece asseriscono che per ” stuprum ” si intendesse il rapporto, anche consenziente, al di fuori del matrimonio e secondo questa suggestiva teoria teoria, Artemisia Gentileschi sarebbe stata consenziente credendo alle promesse del matrimonio e si sarebbe inventata la violenza solo nella speranza di farsi risarcire. La maggior parte della critica però considera la storia  di Artemisia come  veritiera in quanto  né lei né suo padre avrebbero intentato un processo del genere sapendo che sarebbero stati messi al centro di uno  scandalo che poteva certamente compromettera le loro carriere  se non fosse accaduto realmente il fatto.

Dopo il processo il padre riuscì in tutta fretta ( appena un mese ) , a combinare un matrimonio per la figlia con Pierantonio Stiattesi, un pittore fiorentino non molto noto , che determinò il trasferimento a Firenze di Artemisia  dove ebbe finalmente inizio la sua attività artistica da solista .Questo matrimonio ovviamente fu deciso solo per mettere a tacere le voci e riabilitare la giovane agli occhi della società ma non fu  certo sufficiente ad Artemisia per dare  nuova luce alla sua reputazione che rimase macchiata per sempre per la natura libidinosa della vicenda e soprattutto si rilevò determinante per l’equilibrio psicofisico di Gentileschi che fu minati per sempre. Nel corso della sua vita infatti Artemisia dipinse sia ritratti che opere religiose o di soggetto biblico, molti dei quali però spesso violenti e truci   animati da una violenta espressività e forti contrasti in chiaroscuro di impronta caravaggesca che rappresentarono  per lei , vere occasioni per  auto-rappresentarsi in dei veri e propri autoritratti, non soltanto figurativi ma anche psicologici ( Dipinse almeno sette versioni di Giuditta e Oloferne).

N.B. Secondo molti scrittori d’arte alcuni suo quadri sono rappresentano molto del suo vissuto avvenuto in quella tragica vicenda : nella sua prima opera, Susanna e i Vecchioni, c’è chi vede il padre e il suo aggressore, Tassi. Nella Giuditta ed Oloferne, inveca , opera di grande violenza, c’è chi legge il desiderio di vendetta della donna contro il suo stupratore. Mentre nelle sue eroine bibliche, spesso affiancate da amiche ed ancelle,molti vedono  la sua delusione per il tradimento di Tuzia che permise la violenza e l’accusò anche  in tribunale.

Artemisia di tale decisione non perdonò al padre il comportamento tenuto nei confronti suoi  per il matrimonio riparatore a cui fu costretta e nemmeno quello tenuto nei confronti di Agostino Tassi , di cui lei  era comunque innamorata . A malincuore quindi si sposò e decide di lasciare Roma per trasferirsi a Firenze, dove iniziata una sua propria attività artistica ottenne i suoi primi successi ed i primi riconoscimenti della sua arte .

CURIOSITA’ : Artemisia portò con sé a Firenze una lettera scritta dal padre per introdurla presso la corte medicea che portava scritto   “Mi ritrovo una figlia femmina con altri tre maschi e questa femmina, avendola drizzata nella professione della pittura, in tre anni si è talmente appraticata che posso dire che oggi non ci sia pare a lei, avendo per sin adesso fatto opere, che forse principali maestri di questa professione non arrivando al suo sapere.

Artemisia Gentileschi a Firenze fu  quindi accolta da Cosimo II de’ Medici che alla sua corte favoriva la cultura e le arti. Inoltre il Granduca di Toscana ammirava il naturalismo caravaggesco del quale Artemisia era una seguace e con la sua cerchia si aprì alla giovane e talentuosa pittrice che ben  presto ebbe modo di affermare la sua arte.  A  Firenze , infatti grazie anche al buon aiuto dato da suo zio  , Aurelio Lomi, che favorì l’inserimento della nipote nell’ambiente fiorentino la sua fama di brava pittrice  crebbe rapidamente e sopratutto non venne considerata a livello inferiore di un uomo.

Nel frattempo Artemisia, fino ad allora analfabeta, imparò a leggere e a scrivere e diventò così amica di uomini illustri come Galileo Galilei e il bis-nipote del Buonarroti, Michelangelo il Giovane. il quale le commissiona una tela per celebrare il suo illustre antenato e intrattiene con lei una corrispondenza, che lei assolve avendo da poco imparato a scrivere.  Incominciò quindi ad  ottenere  importanti commissioni dalle famiglie fiorentine (Medici compresi)  e grazie a questi ed altri buoni rapporti da lei ntrapresi con personaggi importanti , nel 1616 sarà  poi la prima donna a essere ammessa alla prestigiosa Accademia del Disegno, che era stata fondata circa 50 anni prima dal Granduca Cosimo I , su suggerimento di Giorgio Vasari.

N.B. Di questo periodo fanno parte la Conversione della Maddalena e la Giuditta con la sua ancella di Palazzo Pitti ed una seconda versione della Giuditta che decapita Oloferne, conservata agli Uffizi.

Il matrimonio organizzato dal padre si rivelò ovviamente ben presto nella sua natura di unione combinata e le cose tra i due coniugi non andarono per il meglio , diventando fortemente pesante sopratutto per Artemisia che certo non amava il marito .

Il matrimonio si rivelò infatti   sopratutto utile per il marito, ben contento del successo della moglie che tra l’altro provvedeva al sostentamento della famiglia .   Pierantonio Stiattesi, assunse uno stile di vita sfarzoso e iniziò con il tempo non solo a dissipare il denaro di famiglia ma  addirittura riuscì ad accumulare  sempre più debiti con artigiani e commercianti.  Artemisia, ad un certo punto fu addirittura costretta a chiedere l’aiuto del Granduca Cosimo II de’ Medici per appianare la sanzione di un mancato pagamento.

CURIOSITA’ : La coppia ebbe quattro figli. Il primo fu Giovanni Battista. Poi Cristofano nato l’8 novembre del 1615. Prudenzia nacque il 1º agosto del 1617 e Lisabella il 13 ottobre 1618 che però morì il 9 giugno 1619.

Nel corso di qualche anno però i rapporti tra il marito  e Artemisia si fecero sempre piuù difficili e Artemisia  dopo qualche tempo a Firenze scoprì  anche l’amore, non con il marito ovvviamente  ma con un nobile fiorentino di nome Francesco Maria Maringhi, un alto funzionario e autorevole ufficiale mediceo e dopo essere stata a Genova in compagnia del padre, nel 1621 per un breve periodo, dove ebbe modo di conoscere  alcuni artisti che operavano per la ricca committenza locale tra i quali Van Dyck ,  e Rubens , tornò  poi  a Roma  perseguitata dai debiti del marito  su permesso del Granduca di Toscana come donna indipendente, allontanandosi definitivamente dal marito, e portando con sé la figlia Palmira.

A Roma  ottenne subito alcune commesse perché ormai era diventata un’artista rinomata. Le commissioni però furono limitate ai suoi temi più famosi e conosciuti come quello delle eroine bibliche e ai ritratti ma rimase fuori dalle commissioni più ricche di cicli affrescati e delle grandi pale d’altare per le chiese romane. Qui ebbe comunque la possibilità di conoscere Vouet , raffinando in maniera definitiva la sua arte pittorica .

Si recò allora  tra il 1627 e il 1630  a Venezia dove fu accolta come una grande pittrice per poi trasferirsi definitivamente nel 1630  a Napoli, nel tentativo di   trovare nuove opportunità di lavoro. Da questo momento la città campana diventò la sua residenza ufficiale definitiva e da essa non si allontanò mai più  se si esclude una breve parentesi inglese a Londra, dove raggiunge il padre per assisterlo fino alla sua morte (fu quella  per lei anche l’occasione per collaborare di nuovo artisticamente con lui, dopo tanti anni di distanza ) .

CURIOSITA’ : Artemisia raggiunse il padre a Londra nel 1638 diventato pittore di corte presso Carlo I che  era un collezionista attento, e nella sua collezione possedeva l’Autoritratto in veste di Pittura di Artemisia. L’artista  stava allora lavorando alla decorazione di un soffitto, L’allegoria del Trionfo della Pace e delle Arti nella Casa delle Delizie della regina Enrichetta Maria, a Greenwich.

A Napoli dove lavorò incessantemente fino alla morte avvenuta nel 1652 o 1653 ebbe modo di lavorare con Massimo Stanzione alle pale per il Duomo di Pozzuoli trasmettendo allo stesso la sua accentuata finezza coloristica che proveniva da una cultura pittorica temprata negli anni romani sotto l’influsso del Vouet, e lavorarono  assieme anche all’ importante commissioni delle Storie del Battista per il Buen Retiro, oggi al Prado.

Artemisia a Napoli  fu impegnata per alcuni anni  anche al fianco di artisti famosi quali Giovanni Lanfranco, Cesare Fracanzano, Agostino Beltramo, Francesco Fracanzano , Paolo Domenico Finoglio e lo stesso Massimo Stanzione ,  alla difficile  committenza  ottenuta per il coro ed il presbiterio della Cattedrale di Pozzuoli  dove lei  realizzò tre grandi pale d’altare –  I Santi Procolo e Nicea,-  il Martirio di San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli e l’Adorazione dei Magi.. ( Le pale erano otto in tutto e ben tre furono realizzate da Artemisia ).

N.B. Con Velazquez che incontrò invece nella nostra città nel 1630 lavorò in una comune committenza  per la regina Maria d’Austria.

Oggi nella  nostra città possiamo fortunatamente ammirare molte  opere di Artemisia Gentileschi che rappresentano tutto il suo talento .Essa  ha infatti lasciando nella nostra città molti suoi capolavori.

Il più famoso è certamente” Giuditta ed Olifene ” che possiamo osservare ed ammirare nel Museo di Capodimonte. Come potrete vedere si tratta di un  quadro forte, crudo e violento  eseguito da Artemisia nel 1612 .1613 , che raffigura Giuditta, assistita dalla schiava Abra, che taglia la testa al generale assiro Oloferne che stava assediando la città di Betula.  A differenza di altri autori dell’epoca, Artemisia in questo dipinto rappresenta il momento più cruento,della storia , cioè quello della decapitazione.

 

Un altro dipinto sempre presente al Museo di Capodimonte è “” l’annunciazione” che  fu acquistato dal Real Museo Borbonico nel 1815 . Esso realizzato nel 1630 , rappresenta la prima opera con figure grandi realizzata da Artemisia Gentileschi a Napoli.

 

 

Al Palazzo Zevallos , dipinto nel 1642,  troviamo invece il dipinto  “Sansone e Dalila ” eseguito probabilmente  Artemisia dopo il suo ritorno dall’Inghilterra a Napoli .

 

 

Conservata al Museo di San Martino a Napoli, possiamo invece ammirare la straordinaria ” Adorazione dei Magi ” , che fa  parte di un ciclo realizzato per la Cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra tra  il 1636 e il 1637 su  commissionato del vescovo di Pozzuoli, lo spagnolo Martín de León y Cárdenas , che con tale opera intese ringraziare  la provvidenza divina  che risparmiò Pozzuoli dalla terribile eruzione del Vesuvio avvenuta nel1631.

Lo stesso vescovo spagnolo di Pozzuoli,  Martín de León y Cárdenas commissionò anche   il dipinto riguardante i ” santi Procolo e Nicea ” realizzati nel 1636- 1637 già conservata a Capodimonte ed oggi  rientrata a Pozzuoli. Essa è un’altra opera che fa parte del ciclo realizzato per la Cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra .

 

 

  Ultima delle tre sue opere realizzate tra 1635 e 1637 per la Cattedrale di San Procolo anch’essa fino a poco tempo fa  conservata a Capodimonte ed oggi  rientrata a Pozzuoli, realizzata questa volta da Artemisia  prima di partire per l’Inghilterra per raggiungere il padre Orazio  è il dipinto intitolato ” San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli ” .

N.B.  Le altre tele del ciclo (otto in tutto) furono realizzate da Massimo Stanzione, Giovanni Lanfranco, Cesare Fracanzano, Agostino Beltramo, Francesco Fracanzano e Paolo Domenico Finoglio.

 

 

Dobbiamo poi  spostarci a Sorrento per ritrovare un altro dipinto oggi attribuito ad Artemisia che fino a quando era depositata nel  museo di Capodimonte  era classificata di “autore sconosciuto” tanto che a marzo 1953 ne fu disposta la restituzione al Museo Correale. Solo nell’anno 2000 a seguito di un restauro, i restauratori nella pulitura trovano un teschio definendo così  il quadro una Maddalena penitente opera di  Artemisia Gentileschirealizzata nel 1627- 1629

 

 

Artemisia Gentileschi fu anche una bellissima donna, ed ebbe molti ammiratori. e secondo alcuni storici anche molti amanti anche se  secondo numerose fonti il grande amore in assoluto di Artemisia  fu il musicista Nicholas Lanier con cui condivise  la storia d’amore più  importante della sua vita e al l quale forse è da attribuire la seconda  figlia naturale Francesca (che come la figlia Prudenzia, avuta da Pierantonio, Artemisia educò all’arte e alla libertà).

Artemisia per i suoi tempi fu una donna incredibile che grazie al suo talento artistico, godette di un’indipendenza quasi eccezionale per una donna del suo secolo, diventando un simbolo dell’emancipazione femminile in quanto non solo donna che si è ribellata alla violenza subita, ma  al contempo anche capace di essere un’artista indipendente ed emancipata.Fu infatti una pittrice e donna straordinaria , e certamente per la sua abilità e per il suo coraggio  possiamo definirla di essere stata una donna padrona del suo destino, nel difficile  XVII secolo.

Le sue quotazioni erano molto alte, giungendo ad essere pagata fino a cento scudi per ogni figura dipinta e spesso si imbestialiva per l’abitudine levantina dei committenti, già allora in auge a Napoli, di tirare sul prezzo: «non fo all’usanza di Napoli quando chiedo una cifra, che domandano trenta e po’ danno per quattro, Io so’ romana e perciò voglio procedere sempre alla romana».

Dotata di una carattere indipendente , volitivo e molto forte di tanto in tanto, cosa rara all’epoca per un artista, rifiutava talvolta anche di eseguire un dipinto ordinato da un committente, se questo non incontrava  anche il suo gusto personale. , anche se ad un certo punto della sua vita artistica per  conquistarsi un’ampia fetta di mercato napoletano dovette adattarsi al gusto locale ammorbidendo necessariamente in parte il suo  stile aggressivo dei suoi anni romani,  adottando toni  certamente più pacati .

A Napoli grazie al suo grande talento ebbe un gran successo come artista ottenendo numerose committenze e grandi guadagni  riuscendo in tal modo  da sola , senza alcun aiuto a  sposare  anche le sue figlie, fornendo loro le doti.

La sua vita termina nel 1656 a Napoli, dove, nonostante il successo riscosso in gioventù , muore sola e dimenticata da tutti. Secondo molti i morì durante l’epidemia di peste che colpì Napoli nel 1656, e  fu tumulata presso la Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Napoli, sotto una lapide con inciso Heic Artemisia (Qui giace Artemisia). La sua sepoltura e la lapide sono purtroppo andate perdute.

 

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Il catalogo delle opere di Artemisia Gentileschi ha purtroppo problemi attribuitivi, soprattutto con la produzione artistica del padre. Anche la datazione delle opere non risulta chiara, si riporta di seguito un elenco che si basa sul volume di Judith W. Mann e K. Christiansen, citato in bibliografia:
Susanna e i vecchioni, Collezione Graf von Schönborn, Pommersfelden, 1610
Madonna col Bambino, Galleria Spada, Roma, 1610-11
Giuditta che decapita Oloferne, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1612-13
Danae, The Saint Louis Art Museum, Saint Louis, (Missouri), ca 1612
Minerva, Sopraintendenza alle Gallerie, Firenze, ca 1615
Autoritratto come martire, Collezione privata, ca. 1615
Allegoria dell’Inclinazione, Casa Buonarroti, Firenze, 1615-16
Maddalena penitente, Collezione privata (già Marc A. Seidner Collection, Los Angeles), ca. 1615-16
Conversione della Maddalena, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze, 1615-16
Autoritratto come suonatrice di liuto, Curtis Galleries, Minneapolis, ca 1615-17
Giuditta con la sua ancella, Galleria Palatina, Palazzo Pitti, Firenze, 1618-19
Santa Caterina di Alessandria, Galleria degli Uffizi, Firenze, ca.1618-19
Giaele e Sisara, Szépművészeti Múzeum, Budapest, 1620
Cleopatra, Collezione della Fondazione Cavallini-Sgarbi, Ferrara, ca. 1620
Allegoria della Pittura, Musée de Tessé, Le Mans, 1620-30
Giuditta che decapita Oloferne, Galleria degli Uffizi, Firenze, ca. 1620
Santa Cecilia, Galleria Spada, Roma, ca. 1620
Cleopatra, Collezione Amedeo Morandorri, Milano, 1621-22 (ritenuto da alcuni studiosi opera del padre)
Ritratto di gonfaloniere, Collezioni Comunali d’Arte, Palazzo d’Accursio, Bologna, 1622
Susanna e i vecchioni, The Burghley House Collection, Stamford, Lincolnshire, 1622
Lucrezia, Gerolamo Etro, Milano, ca. 1623-25
Maria Maddalena come Melanconia, Cathedral, Sala del Tesoro, Siviglia, ca 1625
Giuditta con la sua ancella, The Detroit Institute of Arts, ca. 1625-27
Venere dormiente, The Barbara Piasecka Johnson Foundation, Princeton, New Jersey, 1625-30
Ester e Assuero, Metropolitan Museum of Art, New York, ca. 1628-35
Annunciazione, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1630
Corisca e il satiro, Collezione privata, 1630-35
Clio, la Musa della Storia, Palazzo Giuli, Pisa, 1632
Aurora, Collezione privata, Roma
Nascita di San Giovanni Battista, Museo del Prado, Madrid, ca. 1633-35
Cleopatra, Collezione Privata, Roma, ca.1633-35
Lot e le sue figlie, The Toledo Museum of Art, Toledo, Ohio, ca. 1635-38
Davide e Betsabea, Neues Palais, Potsdam, ca 1635
Ratto di Lucrezia, Neues Palais, Potsdam
Davide e Betsabea, Palazzo Pitti, Depositi, Firenze, ca 1635
San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1636-37
Santi Procolo e Nicea, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli, 1636-37
Adorazione dei Magi, Museo di San Martino, Napoli, 1636-37
Davide e Betsabea, The Columbus, Museum of Art, Columbus, Ohio, ca. 1636-38
Autoritratto in veste di Pittura, Kensington Palace, Londra, 1638-39
Venere che abbraccia Cupido, Collezione privata, 1640-50
Un’allegoria della Pace e delle Arti sotto la Corona inglese, Malborough House, Londra, 1638-39 (in collaborazione con Orazio Gentileschi)
Susanna e i vecchioni, Moravska Galerie, Brno, 1649
Madonna e Bambino con rosario, Palazzo El Escorial, Casita del Principe, 1651.

 

 

 

 

 

 

 

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