«Come un disegnatore, mi ripromettevo di dare al pubblico un’impressione immediata schizzando il tipo, segnandolo rapidamente, rendendone i tratti salienti. Da ciò l’origine della parola macchietta, che è propria dell’arte figurativa: schizzo frettoloso, che renda con poche pennellate un luogo o una persona in modo da darne un’impressione efficace con la massima spontaneità caricaturale.»
Nicola Maldacea , nato a Napoli il 29 ottobre 1870, e’ stato uno dei più grandi e famosi attori comici del teatro napoletano ed italiano nel periodo compreso fra l’Ottocento e il Novecento.
Nato da madre napoletana ( Concetta De Vincentiis) e padre originario di Cosenza, Nicola , unico maschio di tre figli ,ebbe idue sorelle,(Evelina ed Ermelinda )
Il padre, era un maestro elementare che insegnava presso la scuola annessa al liceo-ginnasio P. Giannone, dove poi studio’ anche lo stesso Nicola , ma era sopratutto un grande appassionato di teatro filodrammatico e talvolta recitava con compagnie professionali per integrare il suo misero stipendio spesso pesantemente decurtato da un’accanita e sfortunata frequentazione del gioco del lotto.
Destinato anche per gli studi intrapresi a esercitare la professione di maestro , Nicola , dal sangue paterno aveva ereditato anche la passione per il teatro e purtroppo come dopo vedremo, anche quella per il vizio per il gioco, che lo mando’ in malora sul finire della sua vita.
Questa sua passione per il teatro lo porto’ , contestualmente all’attività scolastica a frequentare una vera e propria scuola di dizione e recitazione nella quale presto mise in evidenza le sue grandi doti di attore .
Incomincio quindi a recitare con piccole compagnie in vari teatrini dell’hinterland napoletano fino a debuttare giovanissimo come canzonettista nei vari locali del varieta’ e del cafe’ – chantant napoletano .
Ebbe comunque modo di mettersi in evidenza sopratutto in quelle “ periodiche “ che come tutti sappiamo erano dei trattenimenti che si tenevano nelle famiglie borghesi di Napoli, alla domenica.
CURIOSITA’ : In questi ricevimenti chiamati periodiche si ricevevano gli amici, i parenti, e un’orchestrina attraverso la quale si ballava e si cantava . Spesso in queste riunioni il pubblico familiare veniva intrattenuto con numeri canori, lettura di versi, e scenette varie per le quali si era solto chiamare un macchiettista che veniva particolarmente apprezzato se era bravo anche nel far ridere.
Le periodiche, di fatto, nel vivace ambiente teatrale cittadino, erano per i giovani attori un banco di prova dove, oltre a guadagnare qualche soldo, cominciavano a farsi conoscere e individuavano e si costruivano un proprio repertorio.
Nicola aveva a tal proposito sviluppato una sua particolare forma d’arte che venne definita “ macchietta “ e che con il passare del tempo divenne una forma teatrale tipicamente napoletana.
Egli partendo dalle sue specifiche doti di cantante-attore e con l’aiuto di scrittori e musicisti che lo dotarono di un ampio repertorio, seppe creare un genere particolarmente a lui congeniale ( la macchietta ) che fece di lui, per lunghi anni, un divo a livello nazionale.
N.B Il termine “macchietta” di cui Nicola Maldacea se ne attribuì l’invenzione, e l’etimologia è di origine pittorica e deriverebbe da macchia, nel senso di schizzo, colorato e colorito, che tratteggia rapidamente un personaggio, una figurina.
Maldacea specializzato nel genere teatrale della macchietta, di cui fu pioniere assoluto nel breve spazio di una canzone, recitata più che cantata, riusciva a “ disegnare “ un personaggio .
A tal proposito Viviani diede al fenomeno una delle più belle definizioni :
Le macchiette “letterarie” erano “mimi” autoraccontati e tipizzati con precisione fotografica e un tantino caricaturale, in una forma intermedia tra il monologo ottocentesco e la canzonetta.
I versi del poeta e l’accompagnamento musicale, fusi e arricchiti dall’interpretazione, disegnavano un carattere, un tipo …
La musica non aveva che funzione di commento, semmai accentuando ad un punto d’arrivo ritmicamente dato, il valore di una battuta per l’effetto finale del componimentino.
Ritornando alle “periodiche “, bisogna sottolineare che fu proprio in una di queste occasioni, ed esattamente in casa del deputato P. Billi, che le potenziali capacità del Maldacea colpirono un musicista ben noto a Napoli, V. Valente, il quale gli offrì la possibilità di utilizzare tre canzoni “leggere” da lui musicate su versi di Salvatire Di Giacomo: Canzone amirosa, Statte Peppì, Dimane t’ o dico.
A questo primo nucleo repertoriale egli successivamente aggiunse una parodia dell’Otello , un duetto comico, e ancora altre canzoni comiche evidenziando una sua collocazione “mista”, come cantante-attore comico .
A quel punto dopo neppure un anno di attività pubblica, Nicola nel 1889, era abbastanza conosciuto da risvegliare l’interessata attenzione di un certo signor Speranza, un “seratante” (venditore privato di biglietti cui l’amministrazione dei teatri affidava un certo numero di posti da piazzare) del Partenope, la cui segnalazione gli procurò una scrittura nella compagnia di Davide Petito, fratello del celebre Pulcinella Antonio Petito .
A breve, fu poi contattato da Gennaro. Pantalena, famoso attore di Scarpetta, che ogni tanto faceva compagnia per suo conto; e con Pantalena egli debuttò al Teatro Nuovo, il 13 sett. 1890.
Durante la permanenza nella compagnia Pantalena, Maldacea ricoprì ruoli comici da attore giovane in un buon repertorio dialettale; ma il ruolo che lo lanciò fu quello del Marchesino Chiappino in Santarella ( ennesima trasposizione di Mam’zelle Nitouche, di Hervé F. Ronger), uno dei grandi successi di Scarpetta n che avvenne nel corso di una tournée a Palermo dove continuava a prodursi, fra un atto e l’altro, nel suo repertorio di canzoni.
Egli in poco tempo divenne a Palermo il beniamino dell’alta società locale, e di conseguenza passò a recitare nei palazzi nobiliari, compiendo un salto di qualità rispetto alle borghesi periodiche.
Di nuovo a Napoli, nei primi mesi del 1891 Pantalena, ritornato nella compagnia Scarpetta, propose il nome del Maldacea , che il grande capocomico utilizzò per qualche tempo, in prova e senza paga.
Insiema alla compagna di Scarpetta partì poi in tournée per Roma, e al ritorno lo stesso Scarpetta lo impegnò poi a Napoli promettendogli una paga giornaliera di 7 lire, ma senza la firma di alcun contratto.
Fu durante questo periodo che egli venne contattato dalla direzione del café chantant salone Margherita, da meno di un anno inaugurato a Napoli, nel sotterraneo della galleria Umberto I, sul modello di consimili attrazioni parigine.
Al salone Margherita, dove venne scritturato come “chanteur comique napolitain” per 400 lire al mese egli esordì il 28 maggio 1891,
Gli impresarie e proprietari del salone Mergherita ,G. Marino ed E. Caprioli, erano molto bravi a riconoscere dei talentuosi attori e ben presto ritennero che il ruolo di semplice canzonettista seppur interpretato in maniera brillante era comunque riduttivo per Nicola e decisero di affidardi alla sua abilità per divertire il pubblico .
Maldacea era infatti specializzato nel genere teatrale della macchietta, di cui fu uno dei pionieri assoluti e notato che il pubblico si divertiva molto nel riconoscere la macchietta da lui rappresentata con un’interpretazione satirica adatta alla caricatura dei personaggi trattati,non esitò ad affidargli il principale ruolo di ogni serata negli anni fra il 1890 e il 1920. Egli in quel periodo era il divo che chiudeva lo spettacolo insieme con le prime donne che simboleggiarono la belle époque come Lina Cavalieri o la Belle Otero.
Maldacea era il duettista preferito da soubrettes nazionali e internazionali (Emilia Persico, Amina Vargas, Eugénie Fougère, la Tortejada, Lucy Nanon, e soprattutto con la napoletana Amelia Faraone), guidò anche proprie compagnie, ma la sua celebrità era strettamente legata al café chantant e non sopravvisse a lungo alla scomparsa, dopo la guerra mondiale, della temperie sociale e culturale che l’aveva prodotta.
Tanti furono i personaggi rappresentanti da Maldacea quanti furono coloro i quali scrissero per lui: Salvatore Di Giacomo, Trilussa, Rocco Galdieri E. Murolo, E. Nicolardi , G. Capurro e tanti altri scrissero per lui e talvolta senza firmarsi.
A musicare le sue esibizioni teatrali furono invece ci furono maestri come Salvatore Gambardella, M. Costa, G. Di Gregorio, E. Di Capua e principalmente il grande Valente. Essi come come di tanti altri ,vollero affidare all’abilità di Maldacea.
I loro testi ed ogni canzone per parecchi anni furono un redditizio successo, ma anche, almeno da parte degli autori napoletani, uno dei modi che rese possibile salvare il dialetto napoletano in un periodo che si temeva di vederlo scomparire nel gran calderone nazionale.
Maldacea ovviamente divenne all’epoca famosissimo , Egli seppe creare un genere particolarmente congeniale alla realtà dell’epoca con la sua macchietta, che fece di lui, per lunghi anni, uno dei personaggi più conosciuti in città ,
Il maldacea con il suo fisico robusto e rotondo , il naso piccolo, le labbra sottili ed una una voce non forte nel canto, ma capace di un dialetto elegante, si esivbiva ogni sera al Salone Margherita macinando un enorme repertorio teatrale scritto da autori diversi e con un’infinità di titoli.
N.B. Il letterato Ferdinando Russo che instaurò un grande sodalizio artistico con Maldacea scrisse per lui addirittura piuù di cinquanta canzoni satiriche ispirati a fatti di cronaca.
Assolutamente verace e autentico, e dotatto di una voce notevole egli sul palcoscenico curava molto il trucco con nasi finti e parrucche ed un abbigliamento, talvolta femminile ma mai eccessivamente caricaturale, Egli in maniera satirica ,istrionica , furbesca e ammiccante recitava con grazia i suoi personaggi con malizia ma senza mai trascendere troppo nella volgarità . Era abilissimo nell’alludere senza dire, e molto bravo a cadere nel doppio senso relativo alla caricatura di alcuni soggetti .
Nicola recitava e cantava in una sorta di monologo musicato servendosi al contempo di doppi sensi, umorismo, paradossi e piccole volgarità al fine di divertire il pubblico, alleggerire il peso della vita e sulla stessa far riflettere.
N.B. Diversi sono i personaggi interessati dalla sua satira di macchietta : ecclesiastici, nobili, madre apprensive, vecchi maldicenti, guappi, cornuti, camorristi e tanti altri. Fra le sue macchiette più famose ricordiamo: La cocotte intelligente, Il balbuziente, O Rusecatore, Il collettivista e O Jettatore.
Il suo successo fu immediato e dilagò presto oltre Napoli e anche oltre la tradizionale direttiva dell’Italia meridionale, prima a Roma poi anche al Nord; nei cafés chantants che si erano via via aperti in tutto il Paese,
A tal proposito, bisogna dire che su di lui la critica fu spesso favorevole e largamente positiva. Così lo descriveva la Gazzetta Musicale di Milano edita da Ricordi nel dicembre 1903:]
«La macchietta non è cosa facile: richiede un grande spirito d’osservazione e d’intuito, una giusta misura ed una perfetta dizione. Maldacea sul palcoscenico è un cinematografo vivente: è il caricatuista e la caricatura. […] Il tipo unicamente vero per la riproduzione della macchietta, […] la voce, la scena, lo studio meticolosamente preciso nell’imitare, nei più minuti particolari, il personaggio che incarna; una rapidità prodigiosa nel cambiare truccatura, abiti accessori: insimma egli è un trasformista uso Fregoli , un dicitore compito.»
Nicola Maldacea , come avete potuto intuire fu un attore teatrale del cafè chantant che guadagnò molto denaro ai suoi tempi ma purtroppo spese nella sua vita anche molto danaro a in quel vizio del gioco che aveva rovinato il padre.
La fortuna dell’attore napoletano quindi non durò fino alla fine dei suoi giorni. Intorno agli anni 30 del ‘900, caduto in un evidente oblio e in miseria, per colpa della ludopatia, cercò di farsi spazio anche al cinema, ricoprendo però piccoli ruoli in pellicole tra le quali “Il feroce Saladino” (regia M. Bonnard, 1937), “Kean” (G. Brignone, 1940), “Miseria e nobiltà” (C. D’Errico, 1941).
Il suo potenziale comico più autentico, con il sopraggiungere degli eventi bellici era divenuto obsoleto . Egli al di là del doppio senso licenzioso, era troppo legato alle figure di un mondo divenuto inattuale; tuttavia il genere “macchietta “modificato e aggiornato – transitò nelle varie forme di intrattenimento che derivarono dal café chantant (varietà, avanspettacolo, rivista, fino alla radio e alla televisione).
Più avanti negli anni ,fu costretto addirittura a lavorare nelle piccole piazze della provincia meridionale che così poco aveva frequentato da giovane; nel 1933 in seguito ad un incidente, si diffise la falsa notizia della sua morte a Catania, che dopo una reale brutta malattia, lo riportò alla memoria di un pubblico che lo aveva quasi scordato.
Il quotidiano napoletano Roma pubblicò a puntate le sue Memorie dettate al giornalista F. Verdinois (secondo altre versioni a G. Petriccione), edite nel 1933 con il titolo Memorie di Maldacea: vita, morte e resurrezione di un lazzaro del XX secolo dal napoletano Bideri, che pubblicò anche una scelta molto ampia delle sue macchiette, .
Il grande Nicola Maldacea morì a Roma il 5 marzo del 1945, senza risate né denari. Il comune di Napoli effettuò la traslazione dei suoi resti da Roma alcimitero di Poggioreale dove si trovano ancora oggi in un viale, nei pressi della Congrega dei professori di Belle Arti.
Una sua biografia è stata pubblicata nel volume In scena en travesti di Andrea Jelardi, con prefazione della critica del balletto Vittoria Ottolenghi che scrive di lui:
«Non c’è dubbio che Nicola Maldacea sia stato uno dei più grandi interpreti en travesti dello spettacolo italiano poiché nelle macchiette in cui vestiva abiti femminili riusciva a rendere alla perfezione il personaggio, dandone non solo una caratterizzazione esteriore, ma soprattutto un’interpretazione psicologica e caratteriale. Di questa sua vocazione – straordinaria e di grande modernità per l’epoca in cui visse – avrei voluto si trattasse ampiamente nell’Enciclopedia dello Spettacolo, ma all’epoca in cui io stessa collaborai alla realizzazione di tale monumentale opera, del grande artista si ricordavano solo in pochi e fu oltremodo difficile sia approfondire l’argomento che reperire le relative immagini.»
La sua memoria è in parte combattuta e celebrata grazie alla memoria di macchiettisti contemporanei come Vittorio Marsiglia e pochi altri amanti del genere,