Tempo fa, nei teatri minori, dopo la commediola,era solito far seguire lo spettacolo con  alcuni numeri canzonettistici; e sfortuna volle che una volta alla Fenice mancò il noto macchiettista Ciccillo Mazzola, tanto simpatico al pubblico della Napoli d’altri tempi.

Dietrle quinte cadde il silenzio .

Tra gli organizzatori ci furono momenti di grande panico.

“Come si fa? Come non si fa?”

“Gustà, tu saie paricchi macchiette: vuo’ asci a carità stasera?”

Nacque in questo modo il  comico e attore teatrale italiano più famoso della scena napoletana dei primi del 900 capace di ispirare addirittura il grande Totò.

Molte persone dei nostri tempi attuali  forse neppure conoscono il nome di questo bravissimo attore  del teatro di varietà e del café chantant dei primi due decenni del novecento, eppure lui è stato il comico più famoso della scena napoletana di quel  periodo e l’artefice di quella comicità legata ad una particolare mimica del corpo rese  poi famosissime nei decenni a venire da personaggi come  Totò e Nino Taranto.

Nato Napoli nel 1883, di Gustavo De Marco si racconta nel mondo teatrale che sia stato concepito  nei camerini del Teatro San Ferdinando dai genitori, (entrambi attori) Rodolfo De Marco e Letizia Crispo. E la sua stessa nascita avvenne, nel 1883, durante l’intervallo de “I due sergenti,” un’opera francese di A. Maillard e B. Daubigny.I

Il padre  Rodolfo De Marco, era all’epoca uno dei più vibranti attori della scena dialettale dell’epoca  mentre la madre  Letizia Crispo, era una bravissima interprete teatrale e  Gustavo quindi , geneticamente designato , aveva  nel sangue la febbre dell’arte.

Buon seme non mente; ed il ragazzo ad appena  quindici anni, recitava sulle scene del caratteristico popolare teatro San Ferdinando, per poi divenire da adulto uno dei più acclamati comici del Varieté Italiano.

Commovente a tal proposito uno scritto su Gustavo , fatto da Libero Bovio nel lontano 1909:

lo, l’altra sera, volli recarmi al teatro Nuovo, per rivedere Gustavo De Marco, e riportai un senso di commozione vivissima quando, nel comico del teatro di Varietà, vidi rivivere il forte attore della scena di prosa dialettale. Nel Malandrino di Ferdinando Russo, io, attraverso la squisita interpretazione di Gustavo De Marco, vidi, sentii rivivere Rodolfo De Marco, nel gesto, nella voce, nello sguardo, negli atteggiamenti… E pensai che è questo il grande retaggio che gli attori lasciano ai loro figliuoli: l’arte, febbre divoratrice del sangue, e fiaccola viva dello spirito, che le amarezze non spengono e che i dolore ravvivano. Gustavo De Marco è sopratutto un buon attore, e, se la sua arte talvolta è fatta di transazione, è da attribuirsi al gusto dei nostri pubblici che si inteneriscono più agli esercizi ginnastici che alle manifestazioni più dignitose e più nobili dell’arte…  pure, in questo nuovo genere, che da qualche anno invade il cafè chantant, genere che io non amo né incoraggio, quanta grazia, quanto brio, quanta comicità trasfonde Gustavo De Marco; temperamento sensibile di artista che a ben altri cimenti potrebbe provarsi e che su più spaziosa ribalta vorrei potere ammirare, 

Forse per una deviazione o bizzarria dell’atavismo, dal matrimonio di Letizia Crispo con Rodolfo De Marco ne uscì un macchiettista di varietà, ma un “tipo” originale: eccentrico,              Amico mio, se questa è la tua via percorrila ancora con fortuna e che l’arte ed il galantomismo di Rodolfo De Marco sieno fa tua corazza e fa tua luce. lo non so che applaudirti!

Gustavo divenne comunque l’attore comico più famoso della scena napoletana del periodo, anche grazie sopratutto  al fenomeno delle periodiche .

CURIOSITA’: Le “periodiche” erano riunioni che si tenevano  in case private a scopo d’intrattenimento nelle famiglie di Napoli, alla domenica. Esse in quel periodo erano molto di moda e spesso nelle famiglie piu benestanti si era solito chiamare in questa circostanza  anche una piccola orchestra con qualche macchietta . Gli amici , i conoscenti ed i  i parenti invitati si divertivano  ballando, cantando e  e facendo macchiette. Va da se che i piu invitayi a queste feste ” periodiche ” erano proprio i personaggi che piu facano ridere e quello che riscuoteva piu consensi e applausi era proprio Gustavo De Marco

ll suo caratteristico modo di recitare legato all’arte dei doppi sensi, consisteva in varie macchiette presentate secondo la moda del tempo. Ma, dove eccelleva e trascinava il pubblico al delirio, era nei finali delle sue macchiette. Essi erano costituiti da danze sincronizzate da gesti del corpo e da mosse e smorfie del viso al ritmo di piatti e grancassa, con una perfezione tale da eccitare l’invidia e l’ammirazione di un acrobata di professione.

Alcune macchiette (come “‘il bel Ciccillo”) ispirarono addirittura il grande famoso Totò nel cominciare la sua carriera .

N.B. Ad essere sinceri, anche diversi comici del moderno varietà derivano dal De Marco; il più noto fra tutti, che più ebbe fortuna, e trovate nell’ampliare il “tipo” di altre ingegnosità elettrizzanti, resta ancora Totò.

Antonio De Curtis per sua stessa ammissione ci ha  lasciato scritto nelle sue memorie che proprio imitando la comicità di Gustavo De Marco ha iniziato a muoversi nei primi teatri.

lo conobbi Gustavo De Marco  a Roma, all’Acquario. Ero uno del pubblico, e mi piacque tanto che divenni un suo tifoso, cominciai ad imitarlo.

“Ho cominciato quindi  la mia  carriera proprio imitando quel comico. Perciò non ho frequentato nessuna accademia, nessuna scuola mi ha avuto come discepolo. D’altra parte sarei stato un cattivo scolaro: ho sempre amato crearmi le ‘mosse’ da me. Lo so che dico due cose che sembrano contrarie tra loro. Ma ai capocomici io dovevo presentarmi con qualcosa che già in partenza piacesse al pubblico.  E il pubblico allora amava De Marco: col ripetere o imitare un suo numero, il successo era assicurato . Aggiungo questo perché qualcuno non possa dire che io non sapevo fare qualcosa di personale: quale giovane attore non imita nei suoi primi anni di attività questo o quell’altro suo collega che più gli piace? Tutto consiste nel non restare ancorati all’imitazione. E io volli e seppi uscire dall’imitazione di De Marco e costruire un “tipo” di comico che col passare del tempo divenne solo mio, e che servi al pubblico per identificarmi  per Antonio de Curtis.

Non è vero, perciò, come hanno scritto alcuni critici, che io fino al 40 ricalcavo Gustavo De Marco, facendo la “marionetta disarticolata”. Nel ’25, quando ero il “numero uno” alla Sala Umberto, già le macchiette erano “mie”, nel senso che rivestivo con la mia comicità i fatti che vedevo per strada.

Queste parole, già di per sé testimoni di grande stima, vengono impresse per sempre, se si pensa che a pronunciarle è il grande Totò. L’artista che ancora oggi viene imitato al cinema quanto in teatro. Si perché, sebbene il Principe della risata abbia trovato il suo successo sul grande schermo, non va mai dimenticato che i suoi esordi avvengono sul palcoscenico, e questo avvenne  da giovanissimo proprio imitando il repertorio di Gustavo De Marco  cheall’epoca  si esibiva  al Teatro Jovinelli di Roma, per poi ampliarne ulteriormente la carica comica negli anni a venire.

In ciò risiede se vogliamo la fortuna e la sfortuna di De Marco: se infatti da un lato Totò ha consegnato le sue invenzioni all’immaginario collettivo, d’altra parte ne ha offuscato la memoria, rendendolo di fatto oggi quasi dimenticato.

Sempre lo stesso Totò ci ha lasciato nei suoi racconti scritto che lui rimase estasiato da  giovanissimo, quando aveva appena  14enne, nell’assistere  ad uno spettacolo di De Marco.

Egli rimase talmente affascinato da quell’artista da incominciare da quel momento a imitarne i gesti e le movenze, una volta tornato a casa, nella sua camera.

Addirittura egli utilizzò il nome di De Marco per presentarsi le prime volte in teatro   proprio con un piccolo stratagemma.

Testimonianza di ciò ci viene data sempre da Peppino De Filippo:

“Il mio primo incontro con Totò risale nientemeno che al 1918 o ’19.  Fui attratto da un manifesto che diceva così: Questa sera (a caratteri grandi) il comm. Gustavo De Marco (e sotto, a caratteri piccolissimi) imitato da Totò”.

CURIOSiTA’: A tal proposito bisogna ricordare anche l’invenzione dell”‘uomo-marionetta” (all’epoca detto “comico-zumpo”), anche questa poi riproposta con grande successo da Totò.

Sempre lo stesso Peppino De Filippo. nei suoi ricordi ci ha lasciato una bellissima scrittura attraverso la quale possiamo meglio comprendere Gustavo De Marco nel suo mdo di stare in scena : 

“ Gustavo De Marco , veniva definito una marionetta vivente. Ad un certo punto del suo spettacolo pareva che si snodasse nelle ossa e nelle membra, fino ad assumere atteggiamenti «marionettistici», così paradossali da suscitare nel pubblico i più clamorosi consensi. Ad un determinato momento della sua esibizione, quando il ritmo si faceva più frenetico che mai, qualcuno dalla platea o dal loggione, gli gridava: «Asso ‘e spade…» (asso di spade).  Bene, De Marco si fermava di colpo in tutta la persona assumendo improvvisamente, per quanto possibile, la figura geometrica della carta « asso di spade » che fa parte del «mazzo» di carte da gioco napoletane. Progressivamente, poi, si metteva a girare su se stesso fino a raggiungere un ritmo vertiginoso, tanto da sembrare una trottola”.

Il grande attore comico morì a Napoli nel 1944.

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