Non tutti sanno che Capodimonte ed i Camaldoli sono niente altro che due diversi crateri e molti non sanno che che tra i due vi è un vasto cratere intermedio che corrisponde a quella collina denominata monte Donzelle, le cui pareti sono in gran parte composte di pomici e di sostanze incoerenti.
L’aspetto di questi luoghi è caratterizzato da profondi valloni, scavati dalle acque scorrenti, e dalla presenza dell’eremo dei Camaldoli, da cui deriva la toponomastica dell’area. A sud ovest di questo cratere vi è quello di Soccava e ad ovest quello di Pianura,
Dai due crateri di Soccavo e Pianura, è stato estratto dalle numerose grotte poi divenute cave, dalla roccia, quel materiale conosciuto come piperno che ha svolto un ruolo di marcata egemonia come pietra da costruzione e ornamento nell’architettura di Napoli. Lo si può notare ad ogni angolo della città antica, nei chiostri delle più belle chiese e sulle facciate degli antichi palazzi.
Per la sua consistenza lapidea e la resistenza all’usura degli agenti atmosferici è una roccia che è stata infatti usata come rivestimento di costruzioni (per esempio al Maschio Angioino, all’ingresso Parco Virgiliano e nelle strutture della chiesa del Gesù Nuovo) e per la realizzazione di portali di palazzi del centro storico (come il chiostro di San Marcellino, il Cortile delle Statue dell’Università Federico II e la balaustra interna dell’ospedale della Pace
N.B.Il piperno, possiamo dirlo con certezza ha svolto un ruolo di marcata egemonia come pietra da costruzione e ornamentale nell’architettura di Napoli.
Questo incredile materiale si trova e si trovava nella parte inferiore della montagna, mentre la superiore è composta di tufo in cui sono racchiuse frequenti pomici bianche e pezzi erratici di laveIli.
Il Piperno era comunque un materiale non facile da estrarre in quanto si trovava in un masso unito (come appunto deve essere una corrente di lava) , alto 25 piedi e posto in profondità del blocco a tal punto che le persone addette allo scavo dovevano tagliare la pietra sino alla profondità di 20 piedi, passati i quali si trovava poi una pietra fragile, di poca coerenza e poco utile agli architetti .Da questo ne segue, che non era sempre possibile il vedere su quale materia posava il Piperno”. Il suo costo per questo motivo era elevato .
Questa roccia si presta a subire molte lavorazioni, escluso la levigatura, resiste bene agli agenti atmosferici e alla degradazione del tempo ed è stato questo il motivo per cui poi è stato ampiamente usato per la realizzazione di elementi architettonici di costruzioni anche più recenti: con esso infatti sono stati eseguiti cornici e soglie di balconi e finestre, paraste, colonne e capiteli, chiavi di volta di portali, decorazioni e gradini di scalinate di un gran numero di edifici della nostra città.
CURIOSITA’: Pianura, agli inizi del XIV secolo era solo un semplice casale della città di Napoli, collegato ad essa da una via di comunicazione, che veniva prevalentemente utilizzata soprattutto per il trasporto nella capitale partenopea di pietre di piperno, un prodotto tipico dell’attività estrattiva dell’area di Soccavo e Pianura largamente impiegato nella costruzione di numerosi edifici residenziale di architettura civile e religiosa, costruiti in epoca angioina e aragonese. Nella seconda metà dell’Ottocento per l’estrazione del piperno nelle cave di Pianura vi lavorano 26 operai per 200 giornate lavorative annue. Ma già nei primi decenni del Novecento a Pianura risulta attiva una sola cava, da cui nel 1931 vengono estratte 180 tonnellate di piperno. Di quest’unica cava, nel 1935, è attestata una saltuaria attività estrattiva eseguita con tecniche ormai vetuste (“ancora tutta a mano”) e con alti costi, limitata alla fornitura di piperno.
La zona di Pianura all’epoca era appunto nota, insieme a quella di Soccavo, oltre che per l’economia prevalentemente agricola, soprattutto per aver dato vita alla figura dei mastri pipernieri che diedero un grande impulso all’attività estrattiva, a cominciare dalla fine del xv secolo, quando fu rifatta la nuova cinta muraria della città di Napoli. L’avvio di questa caratteristica attività si fa risalire al 1250, tempo in cui probabilmente si determinarono i presupposti di uno stabile insediamento urbano legato all’attività estrattiva della roccia.
CURIOSITA’: Si narra che i “Maestri pipernieri”, erano gli unici a saper lavorare e trattare questa pietra dura in quanto sfruttavano per questo le loro conoscenze iniziatico-esoteriche tramandate dagli antichi costruttori da migliaia di anni.
L’avvio di questa caratteristica attività si fa risalire al 1250, tempo in cui probabilmente si determinarono i presupposti di uno stabile insediamento urbano legato all’attività estrattiva della roccia. Il piperno ha svolto un ruolo di marcata egemonia come pietra da costruzione e ornamentale nell’architettura di Napoli.
Pianura anticamente rappresentava una piana (da cui il nome), che raccordava i vulcani Senga, Astroni ed Agnano alla collina dei Camaldoli. Tale piana aveva una lieve pendenza verso Soccavo ed era essa stessa un’antica conca craterica riempita, successivamente, da prodotti piroclastici (pozzolane), che si sono deposti sia a causa di eventi vulcanici che per dilavamento dai circostanti rilievi.
Il territorio si era quindi formato all’interno della caldera dell’archeovulcano dei Campi Flegrei (di cui la collina dei Camaldoli risulta essere parte del limite craterico) dove circa 12.000 anni fa si formarono edifici vulcanici più piccoli.
Tutta la zona era un tempo nota con il nome latino di Planuria (Planura o Planurium), successivamente volgarizzato in Chianura o anche Villa Planuriae Majoris e Terra Plana in contrasto con le alture limitrofe.
Qui arrivarono i primi greci, provenienti da Cuma come dimostrano alcune monete antiche rinvenute in zona, raffiguranti il tiranno di Siracusa Jerone. ma secondo altri il luogo era invece più antico considerato che sono stati ritrovati nel cimitero del luogo tombe con recipienti funerari di terracotta di origine etrusca.
La valle tra Pianura e Soccavo rappresentava un passaggio obbligato per i collegamenti terrestri tra Neapolis e i centri dell’area flegrea e successivamente per Roma. Il più antico tracciato era la via per colles (in seguito detta Antiniana) la quale, nel suo tracciato principale, partiva da Napoli, s’ inerpicava su per la collina del Vomero, ridiscendeva per cupa Marzano, attraversava Soccavo e Pianura fino ad incrociare la via Consolare Campana all’altezza della Montagna Spaccata.
La conca di Pianura comunica poi con quella di Soccavo tramite la Cupa Fredda percorsa dalla via romana che, partendo da Napoli, raggiungeva la via Campana. Il più antico collegamento viario tra Cuma e Neapolis, databile al V sec. a.C., escludeva, infatti, la fascia costiera flegrea e si sviluppava attraverso Pianura e Soccavo con diramazioni verso Quarto e Qualiano.
Quest’antico e tortuoso percorso viario, con i molti diverticoli ulteriori, era fino al periodo di Augusto l’unica strada di connessione tra Napoli e l’area flegrea e puteolana.
N.B. Come era comune presso i Romani, le necropoli erano disposte al di fuori dei centri abitati sulle vie di comunicazione più importanti, come nel caso del vasto complesso funerario di via Celle a Pozzuoli (originario tracciato della via Consolare Campana). Dunque, pare credibile che i due mausolei ritrovati a Pianura, lungo la via Montagna Spaccata, facessero parte di un nucleo abitativo posto forse più a monte. Resti di strutture romane sono stati trovati, tra le altre località, sotto la Masseria San Lorenzo,
Negli anni tra il I e II secolo d.C. Roma varò un piano di rinnovamento della rete stradale del territorio Flegreo che contemplava anche il restauro della via Puteolis Neapolim – documentato dalle iscrizioni dei miliari rinvenuti lungo il percorso, di cui si conserva quello ritrovato presso Soccavo e il miglioramento del suo tragitto attraverso la creazione di una variante nella conca di Agnano (102 d.C.) per sostituire un tratto più antico, ma meno agevole, che seguiva con forti pendenze l’andamento collinare.
Le nuove infrastrutture stradali contributirono a dare impulso allo sviluppo della zona di Fuorigrotta, Agnano e Pianura.
Anche se l’età medioevale segnò il declino di gran parte del territorio flegreo, l’area tra Naepoli e Puteoli continuò ad essere frequentata, come sembrano documentare sporadiche testimonianze archivistiche che riportano i toponimi delle località situate nei pressi di Pianura.
Nel VII secolo il territorio di Pianura viene donato da Arechi II duca di Benevento alla chiesa di San Gennaro ad corpus, eretta presso le mura della città di Napoli .
Nel X secolo le istituzioni monastiche della città di Napoli divennero protagoniste di una complessa riorganizzazione economica e territoriale dell’area occidentale, nel momento di passaggio dall’osservanza greca alla latina. Le donazioni superstiti nei documenti d’età ducale registrano concessioni e vendite dei terreni di Pianura alla congregazione della chiesa di San Pietro, al monastero di San Sebastiano di Napoli, al monastero dei SS. Sergio e Bacco e, infine nel XII secolo, al monastero di San Gregorio Maggiore di Napoli.
Intorno all’anno Mille la zona incominciò ad essere frequentata da poche isolate abitazioni ma solo sola nel Duecento l’antica a Villa Planuriae de pertinentiis Neapolis, cominciò ad essere frequentata con una certa frequenza anche se poi il completo sviluppo di Pianura dovette fare i conti con le vaste aree malariche dei suoi confini a tal punto che, nella seconda metà del XVIII secolo, Nicola Carletti chiamò Pianura «terra infelice» per l’insalubrità della sua aria.
Comunque, nella Mappa di Giovanni Carafa Duca di Noja (realizzata nel 1775) si scorge il primo centro abitativo del casale di Pianura composto da pochi edifici “a corte” di uso plurifamiliare; si notano anche diverse masserie disseminate su tutto il territorio.
Nel primo ventennio del xx secolo venne compiuta la bonifica per il recupero delle aree malariche dei Campi Flegrei e della Terra di Lavoro; questa circostanza determinò un irreversibile progresso della popolazione di Pianura.
Attualmente Pianura, è tra i più vasti quartieri della città, e rappresenta una delle aree più popolate di Napoli grazie quell’immenso selvaggio agglomerato di case e ville, edificate in ordine sparso intorno al primitivo centro del borgo che è stato lasciato praticamente invariato dal caotico sviluppo della vita cittadina degli ultimi anni. Disgraziatamente tutto è stato costruito disordinatamente in breve tempo, senza la più piccola competenza urbanistica mutando in questo modo completamente quell’aspetto aspetto idilliaco, di un territorio pianeggiante circondato dalle alture.
Tra gli edifici di culto più importanti del quartiere è la chiesa di San Giorgio Martire; la cui costruzione risale alla prima metà del Duecento.
Essa fu infatti edificata nel XIII secolo da operai e minatori che lavoravano nelle cave di piperno della zona, dando vita al primo insediamento dell’attuale quartiere di Pianura.
Successivamente, a causa dell’incremento dell’attività estrattiva, il piccolo borgo diventò sempre più grande e, a partire dai primi anni del XVI secolo, grazie alle offerte dei fedeli, cominciarono i lavori di ammodernamento e ampliamento della struttura che, tra il 1587 e il 1676, conferirono all’edificio l’aspetto attuale.
Nel 1620, il Vescovo di Pozzuoli Mongiojo Palatino donò alla chiesa le reliquie di San Giorgio Martire, mentre nel 1783 arrivò la consacrazione ufficiale. Infine, nel 1822 fu completato lo scalone d’ingresso.
La facciata si sviluppa su due ordini: il primo è caratterizzato da un pronao con serliana, mentre nel secondo due coppie di lesene inquadrano il rosone centrale. Sulla sommità è posto un timpano triangolare.
Altro luogo di culto molto frequentato è la chiesa cosidetta PICCOLA LOURDES che si trova nel centro centro storico di Pianura a pochi passi dalla piazza, Esso rappresenta un luogo di preghiera all’aperto, il cui nome è dovuto alla somiglianza con il santuario francese.
Molto venerato dal quartiere è il beato padre Giustino Maria Russolillo, un prete poi divenuto parroco, nato proprio a Pianura nel 1891, che realizzò il suo sogno di realizzare la Società delle divine vocazioni, una fondazione che doveva cercare, coltivare e promuovere le vocazioni al sacerdozio e allo stato religioso; allo stesso tempo, doveva portare alla santità tutto il popolo di Dio. Altamente stimato dai contemporanei per la sua umiltà, carità e incomparabile ministero quotidiano della parola di Dio, egli fu assai ricercato dal popolo per consigli e per le sapienti direttive. Belle e toccanti furono le preghiere e le litanie che personalmente scrisse; la Novena di Natale, tra queste, è tra le più commoventi.
Il suo corpo è oggi conservato nella casa madre dei vocazionisti mentre in suo onore spicca una statua nella rotonda che porta il suo nome.
CURIOSITA ‘: Si racconta che una donna incinta scopri qualche anno fa di portare in grembo un feto privo di alcuni organi. Decise comunque di proseguire la gravidanza, invocando l’aiuto del beato Giustino. Al termine della successiva ecografia, l’incredibile scoperta: il bimbo era in perfette condizioni. Un miracolo: la scienza non riuscì a darsi una spiegazione.
Pianura tutto sommato è una vivace zona residenziale, molto apprezzata dalle giovani famiglie che qui trovano una periferia dove vivere con tempi più lenti rispetto al caotico centro cittadino.
Ma soprattutto dovete sapere che Pianura è una zona ricca di storia antica e di siti archeologici come i mausolei romani, oltre a una villa romana con pavimenti di mosaici e bagni termali.
Ciò che rende unica Pianura per Napoli è la presenza dei siti archeologici,molti dei queli purtroppoantichi sono andati persi con gli anni a causa della Guerra e poi degli scavi e delle ricostruzioni edilizia del Novecento.
Resta importante il ritrovamento della “masseria Monteoliveto” o Masseria Grande, recuperata durante alcuni lavori di ristrutturazione: nel sito, sono state scoperte fondazioni stratificate e sembra che addirittura la più antica risalga ai Sanniti.
N.B. Recentemente, durante opere di risanamento, effetuate nel 2020, sono emersi altri resti romani. Questi appartengono a una villa romana del I secolo a.C. e comprendono oltre 20 stanze, due grandi cortili con colonnati, terme, cucine e sale ricevimento.Sono stati ritrovati anche vasi e monete romane. Il sito è ubicato nella zona della Masseria Grande.
Si trovano a Pianura anche antiche terme artificiali, alimentate con il fuoco completamente rivestite in alabastro che presentano le tre camere tipiche delle terme romane: il calidarium, il frigidarium e il tepidarium.’ un Mausoleo su due piani in opera vittata di blocchetti di tufo giallo di cui si conservano i muri , una Torre Lupara, cioè costruzione ad arco a tutto sesto incorniciato con travertino che era un punto di unione tra più strade, una sorta di sottopasso carrabile. Si trova a 80 metri in altezza. ed infine una grande cava, oggi purtroppo chiusa,che attraverso la Collina dei Camaldoli secondo alcuni racconti pare che che arrivi addirittura fino a Capodimonte.