Nel nostro centro storico ,sull’antico  decumano inferiore greco-romano, in un tratto della famosa via Spaccanapoli , all’incrocio tra via San Biagio de’ Librai e via dei Pastori, possiamo ammirare uno storico palazzo del cinquecento che vanta una elegante facciata rinascimentale definita in passato come la più bella di Napoli .

Si tratta del palazzo di Capua che fu riedificato intorno al 1512 da Bartolomeo di Capua , Principe della Riccia e Conte di Altavilla su una preesistente proprietà della famiglia.  L’incarico  di non facile esecuzione fu affidato all’architetto cosentino Giovanni Donadio, detto il  Mormando .Egli doveva innanzitutto superare la difficoltà di lavorare in un luogo stretto e angusto  come quello del decumano che come certamente sapete  hanno tutti la stessa medesima larghezza di 5 mt. e 92 cm. e doveva poi cercare di dare risalto ad una facciata che veniva principalmente visualizzata da tutti solo quando erano molto vicini all’edificio. Dovette quindi sopratutto dare molto risalto ed una maggiore cura a tutti gli elementi della parte inferiore della facciata che più facilmente potevano essere ammirati da vicino  a causa del poco spazio e della strettezza della strada.

Il Mormando superò brillantemente la dura prova a tal punto che questa facciata è oggi considerata da molti la sua migliore opera come architetto . La stupenda facciata considerata un  notevole esempio di architettura cinquecentesca, soprattutto per l’eleganza della sua facciata rinascimentale è contraddistinta da tre ordini architettonici con alternanza di marmo bianco e piperno . Il primo ordine è caratterizzato da aperture rettangolari; il secondo da finestre ad arco a tutto sesto che mostrano entrambi,  a solo scopo decorativo delle  lesene  munite sia  alla base che in alto di una cornice , poste in maniera tale da sembrare dei fusti a pianta rettangolare appena sporgenti dalla pareti; il terzo ordine, aggiunto successivamente, e definito anche “piano nobile”, è invece contraddistinto da cinque finestre dalle cornici marmoree sui cui frontali la scritta “memini”, presente anche sul portale, esorta alla conservazione e al rispetto della memoria.

La stupenda facciata che in  ogni singolo elemento appare incastonato in un delicato equilibrio e ogni oggeto è risolto in chiave deorativa e pittorica è stato purtroppo poi mortificata nell’ottocento quando maldestri autori hanno distrutto l’alto basamento presente sotto le finestre del primo livello per ricavarne degli esercizi commerciali . Come se non bastasse , qualcun’altro , giusto per  compromettere pesantemente  l’equilibrata facciata ha poi pensato , in barba a tutti , e con il doveroso  consenso di chi non guarda , non vede e sopratutto non parla , di provvedere alla sopraelevazione di un intero piano coperto da uno stonato tetto a doppia falda.

Ma perchè costruire un palazzo in una strada cosi stretta e andare incontro volutamente a tante difficoltà ?

La risposta va ricercata nella figura di Bartolomeo di Capua , nono conte d’Altavilla e primo dei principi di Riccia. Egli era un personaggio di straordinaria generosità e fedeltà alla corona d’Aragona,  a tal punto da riuscire  a rientrare nelle grazie di Ferdinando II d’Aaragona che gli conferì il prestigioso titolo di Maestro Portolano nelle province di Capitanata e Terra di Bari, e varie proprietà che gli furono offerte gratuitamente a compenso dei suoi servigi.

CURIOSITA’: il maestro portolano era un funzionario incaricato per l’edilizia, la pulizia della strade e la distribuzione delle acque

Quando a Ferdinando II successe Federico, Bartolomeo di Capua  fu poi addirittura nominato vicerè di Capitanata e Contado di Molise mentre nel  1512 divenne anche vicerè degli Abruzzi su incarico di Ferdinando il Cattolico, ( terzo sovrano sotto cui prestò servizio Bartolomeo di Capua )  .

Erano tutti incarichi prestigiosi che facevano seguito ad una serie di riconoscimenti reali che proiettava il lignaggio dei Di Capua della Riccia su vette dietro le quali non ci si poteva più nascondere.

Era quindi necessario un palazzo adeguato all’importanza del casato. E così Bartolomeo di Capua utilizzò una serie di case in San Biagio dei Librai, alcune di sua proprietà, altre concesse in dono dal re, come base per il sontuoso palazzo di Capua della Riccia che sarebbe nato nel volgere di un solo anno: . I lavori cominciarono nel 1512, e nel 1513 erano già conclusi. A disegnare il progetto,come vi abbiamo gia detto fu  uno dei massimi architetti della  Napoli di allora:Giovanni Donadio, detto il  Mormando.

l palazzo rimase la residenza ufficiale dei Principi della Riccia per due secoli e molte generazioni. La tradizione di famiglia si interruppe allorquando il Ramo dei di Capua che discendeva dal primo Principe della Riccia, si estinse. Fatalità della sorte volle che l’ultimo dei principi della Riccia ad abitare il palazzo di famiglia, era proprio un  omonimo di quel Bartolomeo di Capua  che ne volle la costruzione. Egli era il ventesimo conte d’Altavilla, e come il suo omonimo  ,  il capostipite, si distinse per meriti speciali nei confronti del sovrano. Il Bartolomeo settecentesco si immolò addirittura  nella famosa battaglia di Velletri dove   per salvare  a tutti i costi il suo re Carlo di Borbone ,rimase  gravemente ferito. Il Re, inutile dirlo, salutò il suo gesto con gran profusione di doni. Ciò che non poteva proprio donargli, era un erede e per  garantire una linea di continuità alla sua famiglia, Bartolomeo decise di lasciare tutto a Francesco Sanseverino   conte di Saponara, con l’obbligo di portare il cognome dei Di Capua.

 

Francesco Sanseverino accettò di buon grado, ma questo nuovo innesto nel ramo di famiglia non portò i risultati sperati. Il nipote di Francesco Sanseverino, altro Francesco, concluse di fatto l’esperienza dei Sanseverino nel palazzo dei Di Capua, rimanendo anch’egli senza eredi.

ll palazzo venne quindi acquistato all’inizio del 1800 da un cugino, tale don Francesco Saverio Marigliano, giudice della gran corte civile . Non si trattava di un’antica famiglia nobile come quella dei Di Capua, ma di signori abituati a posizioni di rilievo nella magistratura, onorati del titolo di duchi solo per una casualità, la fortunata concessione di un’anziana duchessa.

Il palazzo di Capua assunse da quel momento il nome di palazzo Marigliano .

Come tutti i palazzi sorti in luoghi dove le strette stradine davano mancanza di aria e luminosità , anche il palazzo Marigliano come altri palazzi dell’epoca , nella sua riedificazione compensò questo limite creando ampi spazi interni e grande spazi verdi all’esterno. Oltrepassato l’androne infatti si accede immediatamente al cortile il cui attuale aspetto non è quello originario . La scala che infatti vediamo  oggi in fondo al cortile era una volta presente alla destra del cortile e venne trasportata  in questo attuale luogo solo dopo aver accorciato il cortile per dare non solo una migliore conclusione scenografica dello spazio esterno ma sopratutto per meglio collegare il piano nobile con il giardino .  Quest’ultimo infatti era prima non solo più esteso ma sopratutto disposto su doppio livello ed era accessibile ,invece che dal cortile, solo dal piano nobile mediante una loggia che portava su un terreno sopraelevato che conduceva attraverso una scala a più rampanti , al giardino pensile tutt’ora esistente . Quando venne invece collocata l’attuale scala a tre ramapnti che vediamo oggi in fondo al cortile , è ovvio che al giardino ci si poteva accedere dal cortile stesso . La scala come potete osservare oggi termina  in una esedra neoclassica che mostra un incavo semicircolare sovrastato da una semi-cupola in quanto fu ridimensionato a seguito di interventi di restauro eseguiti nel 1759 che  gli conferirono l’attuale aspetto barocco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il bellissimo portale del palazzo chiamato  “portale mormandeo”, costituito da un’arcata trionfale tra due colonne ioniche, subì anche lui l’arroganza dell’ignoranza e  fu  modificato e sostituito da un portale più semplice, ma più ampio che portò anche alla modificazione dello stesso  basamento e tutto non solo per consentire l’apertura di botteghe, ma anche per meglio consentire il transito alle carrozze.Sul portone d’ingresso è oggi affisso lo stemma dei del Monte , cioe dei successivi proprietari del palazzo. Quando infatti  la famiglia Marigliano del Monte entrò in possesso dell’edificio (XIX secolo), l’antica iscrizione che lo sormontava venne sostituita con lo stemma e le armi dei nuovi proprietari, sorretto da putti.

Dopo avern varcato la soglia, del portone, vedrete  due lapidi, che richiameranno subito nell’androne  la vostra attenzione: la prima rievoca la figura della regina  Costanza di Chiaromonte, sposa in seconde nozze  di Andrea di Capua, che aveva dimorato nel palazzo nel XV secolo; la seconda fa riferimento alla “Congiura di Macchia”, che prende il nome da Gaetano Giambacorta principe di Macchia, una cospirazione che fu ordita nei sotterranei di Palazzo Marigliano dalla nobiltà napoletana per rovesciare, senza successo, il governo vicereale spagnolo.

 

CURIOSITA’: Costanza di Chiaramomote era figlia di Manfredi Chiaramonte , un ricco e potente signore siciliano che Re Ladislao di Durazzo sposò  solo per la cospicua dote e per i mercenari che garantiva il padre , due cose a lui necessarie nella difficile lotta contro Luigi d’ Angiò che gli contendeva il possesso del regno di Napoli. Il Re di Napoli  successivamente ripudiò la moglie Costanza e per riparare , in parte, al torto che le aveva fatto , fece sposare la sua ex moglie con Andrea di Capua.

Dal cortile si accede alla sinistra , alla scala principale del palazzo  che attraverso uno splendido portale marmoreo  conduce gli appartamenti ai piani superiori ( in alcuni locali ci si puo arrivare anche attraverso il giardino, servendosi della  scalinata a doppia rampa ) le cui  sale interne non conservano quasi nulla della primitiva forma, perché rifatte in età barocca. Son comunque ben visibili alcuni elementi della dimora rinascimentale, come le travi lignee, e le porte impreziosite dagli  affreschi ovali di Giovan Battista Maffei  che si trovano sia nel primo ambiente del secondo piano, sia nella Cappella Gentilizia un tempo fornita di un numero spropositato di oggetti e paramenti sacri preziosissimi.

.Sul soffitto del piano nobile , attualmente occupato dalla sede della Sopraintendenza Archivistica della Regione Campania ,  sono visibili  nalla sala da ballo i i resti dell’affresco di Francesco De Mura, del 1750, raffiguranti il salvataggio di Carlo III da parte di Bartolomeo di Capua durante la battaglia di Velletri del 1744.  L’affresco che  celebra il gesto eroico  di Bartolomeo di Capua venne danneggiato durante i bombardamenti del 1942, ma venne restaurata nel 1950 grazie all’intervento del duca Di Marigliano, allora proprietario della struttura.

Vanno inolte ricordati tra le tante cose che impreziosiscono il bel palazzo rinascimentale anche alcuni  affreschi di Fedele Fischetti , gli intagli alle cornici di Nicola Lamberti e Antonio Bozzaotra e la famosa Sala delle Armi, col gigantesco camino in piperno, il soffitto in legno, e le pareti puntellate per tutto il perimetro con le armi dei parenti dei Marigliano. Senza comunque dimenticare una bella  collezione di quadri degna di una mostra moderna, ed una  biblioteca, un tempo fornitissima, e soprattutto un bel giardino pensile..

 

 

 

 

 

 

 

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