Bartolommeo Capasso  è stato un uomo grazie al quale molte antiche memorie della nostra città oggi , senza di lui , sarebbero probabilmente del tutto disperse. Grazie infatti alle sue erudite ricerche storiche e alle sue numerose pubblicazioni, egli ci ha lasciato numerose  notizie capaci di far conoscere a tutti noi la storia antica della nostra  Napoli, facendo un dono importante nono solo a tutti noi ma all’umanità intera.

 

Incredibile innamorato cantore di Napoli, Capasso dedicò l’intera sua vita agli studi di storia e topografia antica della nostra città, trascorrendo una intera vita come archivista tra vecchi libri, antiche pergamene e contenuto di abbandonati atti notarili rogati nei vari periodi storici della nostra città.  Dotato di carattere mite, modesto, riflessivo, seppe guadagnarsi con la stima l’umana simpatia di tutti, ma anche il comune apprezzamento per il suo lavoro tra gli archivi alla ricerca di nuove informazioni storiche .Egli dedicò una intera sua vita per dare continuità alla memoria della sua amata Napoli  cui non si mosse mai,  e alla città e ai suoi centri vicini dedicò intere  sue ricerche.

Per farvi capire la sua importanza storica nella cultura della nostra città basta citarvi le parole che spese per lui il grande filosofo Benedetto Croce quando   Capasso purtroppo ci lasciò  nel marzo del 1900, per salire tra i grandi uomini e le figure nostre più luminose. Egli accostando la sua figura a quella di Carlo Celano scrisse : « A don Bartolommeo Capasso non dispiacerà di vedersi appaiato con quel vecchio canonico di due secoli fa, innamorato come lui della bella Napoli «Dai suoi libri, fiumi di aurea erudizione, si apprenderà sempre..».

Figlio di genitori originari di Frattamaggiore  nacque a Napoli il 22 febbraio 1815 nella casa paterna al supportico dei Caiolari, presso la strada dei Costanzi (odierna via Giuseppe Marotta), nel quartiere  Porto che allora si presentava come una zona ideale per il commercio .

N.B. Una targa commemoratica oggi presente in Via Marotta ricorda la casa in cui egli nacque il 22 beffraio 1851 .

Il padre, Francesco, era un ricco commerciante di canapa, mentre la madre, Maria Antonia Patricelli, era una casalinga, molto religiosa. . Rimasto presto orfano di padre, a soli 6 anni, iniziò gli studi nel Seminario di Napoli, per trasferirsi due anni più tardi, nel seminario di  Sorrento , dove si era trasferito con la famiglia, perché la madre ebbe a risposarsi con un facoltoso possidente sorrentino. Dimostratosi già in tenere età un talento nell’apprendimento, soprattutto del latino, del greco e della storia antica, era dotato di profondo acume e di spirito critico, al di fuori del suo tempo.Frequentò  in quegli anni , la scuola di Domenico Aulisio, futuro letterato e giurista .A 18 anni intrapese  un lungo viaggio per la penisola italiana, accompagnato da un caro amico, durante il quale ebbe modo di constatare la grave carenza della ricerca storiografica nell’Italia meridionale, già da lui evidenziata nel corso degli studi.

Concluse successivamente  in modo brillante la sua carriera universitaria in giurisprudenza a Napoli, dove il filosofo Giambattista Vico   lasciò il segno della sua centralità culturale, e dove tenne una profonda e feconda amicizia con  Pietro Giannone  e con  Gian Vincenzo Gravina .Egli alloggiava in quel periodo in una modesta casa in largo Santa Maria La Nova (fino al 1877), dove svolse un lavoro ininterrotto e incessante. Usciva solo un’ora la sera, per trascorrerla con alcuni amici, ai tavoli di un caffè.

Nel 1844, anno del matrimonio con Agata Panzetta, all’età di 29 anni , gli fu affidato da un suo insegnante che lo aveva molto a cuore (Prof Troya )  la direzione  del settore della Società di storia patria ,dedicato alla ricerca e al riordinamento dei documenti riguardante il periodo aragonese, in particolare quanto concerneva la figura del re Alfonso d’Aragona “il Magnanimo”.

Curiosita’ : La Società durò solo tre anni, perché fu chiusa dal governo borbonico, durante i moti del 1848.

Nello stesso anno pubblicò il suo primo libro: “Topografia storica archeologica della penisola sorrentina”e,dopo pochi mesi, il saggio “Sull’antico sito di Napoli e Palepoli”, dedicato al figlioletto scomparso. ( dalla giovane moglie ebbe tre figli , due femmine ed un maschio che putroppo alla sola tenera età di cinque anni morì ).

L’esperienza vissuta con la società, seppure di breve durata si rilevò comunque molto utile per il Capasso che ebbe modo durante questo periodo di apprendere numerose nozioni storiche e dare successivamente  vita ad un nuovo metodo della studio della Napoli Antica, minuziosamente esaminata nei costumi, nelle leggi, negli usi, nella lingua e nelle costruzioni monumentali. Egli negli anni successivi scrisse  memorabili pagine relative sopratutto al labirintico intrigo di vicoli del nostro centro storico che oggi grazie a molte delle notizie da lui riportateci possiamo  percorrere con maggior conoscenza e quindi amore. Solo grazie alle sue testimonianze e ai suoi lavori poi editi a stampa possiamo infatti ancora ascoltare l’anima di quei luoghi e capire quale incredibile palcoscenico della storia esse siano state .

Egli non ebbe fretta di pubblicare subito qualcosa perchè doveve prima apprendere , studiate, ricercare , capire , ma quando cominciò a farlo non si arrestò più, firmando più di cento scritti di storia, di topografia antica, di archivistica, di folclore e di letteratura. E alla quantità accompagnò sempre la qualità: non si troverà mai in una sua pagina un periodo mal girato per la fretta, un pensiero oscuro per la medesima ragione, uno svarione, un termine stonato. La prosa del Capasso accompagna il lettore con la cordialità e l’ intelligenza dell’ uomo che fu: è sempre viva, pacata, precisa senza puntigliosità, dovuta al piacere di scrivere e al calore di una comunicazione simpaticamente discorsiva .

Nel 1855 pubblicò: “La Cronaca napoletana di Ubaldo edita dal Pratilli , mentre nel  1881pubblicò il primo dei tre libri sulla storia del ducato napoletano, considerato dalla critica  il suo capolavoro dal titolo “Monumenta ad Neapolitani Ducatus pertinentia quae partim nunc primum, tartim iterum typis vulgatur…”.

Capasso nel 1856  divenne socio della prestigiosa accademia Pontaniana, di cui poi sarà presidente .Nel 1887 Socio dell’ Accademia dei Lincei,  e della Reale di Napoli, dell’ Accademia di Storia di Madrid, ed infine  socio nel 1857 ,’dell’Accademia Ercolanese  sulle cui ceneri sorse poi  la Società reale di archeologia, letteratura e belle arti, della quale Capasso fu lungamente presidente.

CURIOSITA’ : Tra le altre onorificenze concesse al Capasso vanno ricordate. nel 1886   la ricevuta laurea honoris causa dall’ Università di Heidelberg.le nomine di Commendatore dell’ Ordine della Corona d’Italia , quella di Commendatore dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, e  nel 1899  la medaglia d’oro per benemerenze patrie dal Comune di Napoli.

Nel  1876, a dimostrazione  del suo impegno e  amore per la storia della nostra città ,  insieme a Giuseppe de Blasiis, Camillo Minieri Riccio, Benedetto Croce e altri, tutti riuniti nell’ufficio del duca di Salve, Antonio Winspeare, il Capasso fondava la “Società Napoletana di Storia Patria”, della quale fu inizialmente vicepresidente e poi presidente, dal 1883 fino alla sua morte. L’obiettivo di questa istituzione , nata solo per il grande amore per la propria terra e la sua cultura era, ed è tuttora, promuovere gli studi sulla storia e la storiografia del mezzogiorno.

N,B, La “Società di Storia Patria” è tutt’oggi esistente e attiva, con una pregevole e ricca biblioteca. Fondò anche la celebre rivista storica: ”Archivio storico delle Provincie napoletane”.

Nel 1896, la sua magnifica opera sul periodo ducale raccolta in tre volumi, venne da lui arricchita  con la “Carta Corografica del Ducato napoletano nel secolo XI”, in cui nei particolare della mappa si possono scorgere i Casali attorno a Napoli esistenti già nell’anno mille, come Piscinola, Miano, Chiaiano, Polvica, ecc.

Nel 1882 il governo italiano gli affidò l’incarico di Soprintendente dell’Archivio di Stato di Napoli, ruolo che accettò dopo notevole insistenze.Non era certo un lavoro da poco mettere ordine in quel delirio di carte. Capasso, una volta accettato l’incarico non si perse d’animo, e convintosi che un paese senza memoria è un paese senza identità, spinto sal desiderio di elevare un monumento di gloria al passato di Napoli, si tuffò con amore in quel delicato ruolo .Si accostò quindi a tutto quel quell’enorme materiale che parlava della  storia di Napoli con animo trepidante, commosso, quasi meravigliato di avere avuto in sorte di potersi aggirare in quelle millenarie memorie . Profuse quindi  in quel luogo, un eccezionale impegno di Archivista, contribuendo tra l’altro a dare alla luce fasci di pergamene abbandonate, collocandole divise per periodi; “Anteriori al 1806 e posteriori”, divise per organismi emittenti: Tribunale di S. Lorenzo, altri . tribunali, deputazioni, ecc.

 

Da uomo di grande cultura fornito di vivace  intelligenza, seppe estrarre da quel cumulo di documenti le fonti di un suo ultimo grande capolavoro  ma anche una innumerevole serie di nozioni che renderanno poi a tutti noi che amiamo Napoli e la sua storia , viva ogni consunta lapide e ogni vetusta pietra. Egli ci ha lasciato in eredità memorabili pagine dedicate sopratutto al labirintico intrigo di vicoli del centro antico che  rappresentano ancora oggi, un importante punto di riferimento per molti storici . Come un vero ricercatore che setaccia nel letto dei  fiumi pur di trovare preziose pagliuzze d’oro, Capasso ripercorrendo vecchi itinerari,  ricostruisce i tracciati che partendo dal vecchio  porto , salendo per via mezzocannone conducevano al Regio Nilensis ,e all’antico Foro greco-romano, alla ricerca di  teatri , meravigliosi antichi templi ed  un incredibile dimenticato Ginnasio . Ricostruisce con dovizia  il tracciato dell’antica Anticaglia ,  quello della regione degli alessandrina e la strada antica che seguiva la direzione della Selleria .

Curiosita’ : Il grande filosofo Benedetto , memore del suo grande sentimento e amore che nutriva Bartolommeo Capasso per i monumenti della nostra città  in aluni suoi scritti ha voluto ricordare le sue  sue parole riferite al muraglione e agli archi dell’ Anticaglia: «Per me e per quanti amano le patrie glorie, quelle mura sono sacre; io le guardo sempre con religiosa venerazione. Passando sotto le basse volte di quegli archi, la mia fantasia attraversa i secoli e, come per incanto, si trasporta ai tempi che furono. Essa ricostruisce il diruto teatro, in cui Claudio fece rappresentare le sue commedie, e volle Nerone dar saggio della sua voce e dell’ arte sua musicale. Ricostruisco il foro, le terme, il ginnasio, i portici, le mura: tutta l’ antica città, insomma, si presenta come un panorama alla mia memoria».

Egli dedicò, durante buona fase del suo lavoro, particolare tempo ed energia per dare un riordinamento della cancelleria degli ex regnaent angioini e aragonesi, e ci ha lasciato  in consegna una importante documentazione sulla storia dei regni normanni e greci . I suoi lavori di ricostruzione e archivio portati avanti  in quegli anni  furono fondamentali per tutti gli storici che decisero di seguire poi le sue orme. Gli studi accurati lo portarono presto purtroppo a un indebolimento della vista. Problema che gli portò non poca sofferenza e si acuì  con gli anni, fino a raggiungere la completa cecità.

All’ottantesimo suo compleanno, che fu festeggiato da autorità e amici presso l’Archivio di Stato, pregò il marchese di Montemayor di leggere per lui le parole in ringraziamento, esprimendo pensieri di incoraggiamento ai giovani per la ricerca storica.

Gli ultimi anni della sua vita li dedicò alla stesura del suo capolavoro ” Napoli greco romana “. A guidarlo forse era il timore che il piccone del rinascimeto distruggesse per sempre le tracce delle memorie più antiche della nostra città . Quando infatti si iniziarono i lavori dello “sventramento”, un uomo della sua sensibilità , vedendo intorno a sa , sopratutto da parte di politici ignorante una certa indifferenza verso ciò che distruggevano pur di far avanzare un processo di totale e nuovo rifacimento dei luoghi incominciò a  preoccuparsi della distruzione di ambienti e monumenti antichi e decise pertanto  di scrivere una serie di monografie per non far dimenticare il passato in parte prossimo a scomparire nelle sue vestigia. Queste  ultime pagine,da lui scritte ,  assieme agli spogli e alle ricerche fatte per la pubblicazione di “Napoli e Palepoli”, costituiscono come vi abbiamo accennato l’ ultima sua grande opera,

“Napoli greco – romana”,, il suo vulme forse più importante e certamente più noto fu  consegnata agli amici poco prima di morire con la speranza che l’ avrebbero riguardata con un po’ di quell’ affetto che avevano avuto per lui, e una volta  completato da Giulio De Petra direttore del Museo Nazionale, fu pubblicato nel 1905 a cura della Società Napoletana di Storia Patria , quandi il  grande studioso era già  morto da cinque anni  .Egli con questo volume volle sottrarre all’oblio il nostro passato storico

Altri lavori del  ” cicerone contemporaneo della Napoli Antica ” come amavano definire i suoi allievi  il loro maestrio Bartolommeo Capasso furono: “Le fonti della storia delle Provincie Napoletane dal 568 al 1500”, la “Novella di Ruggiero re di Sicilia e di Puglia promulgata in greco nel 1150, con la traduzione in latino”, “Sul catalogo dei feudi e dei feudatari delle provincie napoletane sotto la dominazione normanna”, “La storia esterna delle costituzioni del regno  di Sicilia promulgate da Federico II”, il “Catalogo ragionato dei libri, registri e scritture esistenti nella sezione antica o prima serie dell’Archivio Municipale di Napoli (1387-1806)”, “L’inventario cronologico sistematico dei Registri Angioini conservati nell’Archivio di Stato di Napoli”, “Il Tasso e la sua famiglia a Sorrento”, “Masaniello”, “Topografia di Napoli nel secolo XI”, “Sulle costituzioni di Federico II”, “Napoli e Palepoli”, “Il Tasso e la sua famiglia”, “Sulla poesia popolare di Napoli”, “La piazza del Mercato”, “La Vicaria vecchia”; …E tanti altri libri ancora …..

A Bartolommeo Capasso  è dedicato oggi un atrio dell’archivio di Stato della nostra città  ed uno splendido busto di marmo, opera di Salvatore Cepparulo, posto al centro del chiostro del Noviziato in sostituzione del pozzo che sorgeva nell’antico monastero ( ancora oggi tra i dipendenti dell’Archivio di Stato c’è chi lo definisce affettuosamente “il nostro vate “) ma per la sua importanza ed il contributo che egli ha dato  nella sua vita , per salvaguardare il nostro storico passato , un suo monumento a mio parere doberebbe sorgere nel cuore della città. Esso sarebbe un tributo doveroso allo studioso che più di altri in assoluto silenzio ed umiltà ha ricordato a tutti noi che la conoscenza è memoria e solo la memoria può fare da cemento all’idenntità collettiva di un popolo.

Nella sua grandezza Bartolommeo Capasso fu sempre umile, riservato, raccolto e sereno, non ricevette mai offese e calunnie.

Morì il 3 marzo del 1900 e naturalmente, nella sua amata Napoli dove  ebbe funerali semplici e modesti, come da lui stesso desiderati: “Desidero funerali modestissimi, come modestissimamente vissi. Sola pompa, l’accompagnamento dei poveri di San Gennaro ed un carro di seconda classe. Non fiori né discorsi, perché della benevolenza dei miei concittadini ho avuto troppe pruove anche superiori ai miei meriti.”… Un grande, nella sua umiltà!

Scriveva Sosio Capasso, autore della Biografia, da cui abbiamo attinto gran parte delle notizie: “Bartolommeo Capasso e la nuova storiografia napoletana”, ed. 1981: “Guardiamo a Bartolommeo Capasso non solo come ad uno studioso di rare capacità e di infaticabile tempra, ma altresì come al convinto assertore della necessità di un rigoroso metodo scientifico nella ricerca storica, al maestro che ha fatto e fa scuola e che individuò l’importanza della storia locale ai fini della più approfondita e sicura conoscenza di quella generale…”.

Mi piace concludere riportando una sua massima della quale dovremmo tutti noi napoletani cercare di fare tesoro…quali eredi del patrimonio lasciato dai nostri padri, noi abbiamo l’obbligo di custodirlo, ma anche di lavorare per far sì che questo ricco patrimonio fruttifichi…

Cosa altro aggiungere?

Il lo adoro ! A lui  tutti noi dobbiamo un “grazie speciale”

Grazie di tutto, don Bartolommeo …. noi non ti dimenticheremo mai !!!

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