Il palazzo Cellamare fu edificato nei primi decenni del XVI secolo per volontà di di Giova Francesco Carafa, abate di Sant’Angelo e principe di Stigliano  , desideroso di avere una confortevole casa confortevole in campagna, in una zona urbana di nuova espansione.

L’abate era il pronipote di quel Malizia da cui spiccò anche il ramo dei duchi di Maddaloni, e figlio d’Isabella della Marra, figlia del conte d’Aliano, che era altresì signore di Stigliano in Basilicata. Suo fratello primogenito, Antonio, conte e poi duca di Mondragone, ottenne da Carlo V nel 1522  il titolo di principe di Stigliano.

Il luogo scelto ,oggi affollato di edifici , era a quei tempi ,   nel 500 una zona estremamente verdeggiante , come possiamo vedere da  antiche vedute della città , e la scelta era in linea con moda del periodo che portava la ricca nobiltà a costrire le loro nuove residenze non molto lontano dal centro cittadino e dove comunque poter possedere un giardino da mostrare con orgoglio a proprio vanto. . In tale periodo, del resto, si assistette alla diffusione di estensioni verdi sistemate e coltivate ,sopratutto nelle zone urbane di nuova espansione,quale momento di passaggio tra la villa suburbana e la residenza cittadina.

I giardini, enormi, erano infatti   presenti fin dalla prima metà del XVI secolo ed  organizzati su un doppio livello, erano  fiancheggiati dalle due ali del palazzo. le cui  facciate ancora oggi mostano le tracce delle belle vecchie decorazioni presenti  intorno alle finestre del basamento bugnato e del piano nobile. Alla organizzazione e sistemazione dei giardini , provvide l’architetto Ferdinando Manlio mentre la bella fontana per”  il padigione “che un tempo sorgeva nel mezzo del giardino recante  gli stemmi della famiglia e di tutte quelle ad essa collegate,  fu realizzata da Giovanni di Nola ( oggi purtroppo della stessa rimangono solo alcuni resti )

I giardini una volta ampliati divennero uno dei più belli e straordinari di tutta Napoli ; in essi vi erano inserite decine di bellissime statue neoclassiche che  evocavano  i miti e le divinità, di cui tre panneggiate collocate su piedistalli, vi erano inoltre antichi marmi di età imperiale   con iscrizioni, ed un sarcofago in marmo bianco   che menzionava il  mito di Fetonte .

N.B. Molti dei  reperti di questo giardino sono frutto di  collezioni del principe di Francavilla Michele Imperiali e sono ben conservati , documentati e schedati al  Museo Archeologico Nazionale di Napoli .

Dell’antico palazzo non se ne conosce ancora oggi il complessivo aspetto originario , se non per quanto si evice dalle antiche vedute della città che comunque lo rappresentavano di rilevanti  dimensioni e ubicato presso le mura urbane in un ambiente comunque essenzialmente agricolo.

 

Succeduto al padre nel 1531,Luigi Carafa di Stigliano volle ristrutturare completamente l’edificio che sotto la guida dell’architetto Ferdinando Manlio assunse un aspetto turrito molto in voga in quegli anni

CURIOSITA’; Nel cinquecento era frequente in molte residenze lungo la costa o anche in zone interne come il popoloso quartiere della sanità , sviluppatosi dal vallone alle colline dei vergini , vedere edifici dall’aspetto turrito e merlato . Esso d’altronde era lo stesso aspetto che avevavo sia il palazzo reale vecchio e lo stesso castel capuano .

 

 

Col passare degli anni, vista la crescente importanza che assumeva la famiglia Carafa, la casa diventò sempre più una residenza nobiliare, soprattutto dopo che Luigi Carafa, principe di Stigliano, affidò alcuni lavori a Tito Manlio, che provvide a ristrutturarlo  completamente  secondo i più tipici  gusti del cinquecento amplando ache i giardini retrostanti.  Bello ed imponente il palazzo divenne ben presto un animato centro culturale della nostra città , al quale partecipavano , osptiti dello stesso Luigi, e della moglie  Isabella Gonzaga  molti letterati, tra cui anche Giovan Battista Basile e Giovan Battista Manso.

In seguito, nel 1630, l’unica erede dell’intero patrimonio era Anna Carafa che, nel 1636, sposò il futuro vicerè don Ramiro Nuñez de Guzmán, duca di Medina de las Torres.

Undici anni più tardi,  nel  1647 il palazzo fu attaccato e preso di mira dai rivoluzionari di Masaniello mentre durante l’epidemia di peste che colpì la città nel 1657   fu addirittura adibito a lazzaretto per gli appestati., grazie al consenso della famiglia Carafa che ne diede il permesso  ai monaci della vicina chiesa di Sant’Orsola

.Nel  1689 , morto l’ultimo principe di Stigliano ,Nicola Guzman Carafa,  l’edificio venne confiscato e messo dallo Stato all’asta nel 1695.Venne così acquistato per circa 18000 carati , da Antonio Giudice , principe di Cellamare e duca di Giovinazzo . Questi , molto vicino al vicerè duca di Medinacoeli , diede inizio a radicali nuovi lavori di ammodernamento che furono affidati all’architetto  Ferdinando Fuga  soprattutto per quanto riguarda la decorazione delle facciate e la costruzione dell’arco d’ingresso, sul quale venne posizionata la scritta “Antonius Judice Juvenatii Dux”.

L’arco di ingresso a tutto sesto , che sormonta un ampio portale  ancora oggi presente, venne realizzato in pietra lavica, con lesene laterali che sorreggono la mensola su cui è posizionato lo stemma nobiliare in marmo bianco. Inoltre, lo stesso architetto, realizzò anche la cappella dedicata alla Madonna del Carmelo presente  nel primo cortile, di pianta rettangolare, con ingresso attraverso un portale in piperno e, mostrante all’interno, una copertura con volte a vela . Essa vide  successivamente lavorarvi attivamente anche l’architetto Giovan Battista Nauclerio che subentrò ai lavori dell’edificio dopo la morte di Manni avvenuta nel 1728..  Nello stesso periodo, il principe di Cellamare si preoccupò di far restaurare gli affreschi dei  saloni di rappresentanza eseguiti da Luigi Romano, cui ne fece aggiungere altri da  pittori locali come Pietro Bardellino, Giacinto Diano, Fedele Fischetti e, probabilmente, anche Giacomo del Po.

N.B. La sua quadreria fu molto famosa e  invidiata da tutti i grandi collezionisti e antiquari  del suo tempo;

La bellissima scala del palazzo che riveste un particolare interesse in quanto uguale a quella di palazzo  Reale che venne poi successivamente demolita, è opera dell’architetto Francesco Antonio Picchiatti ( così come quella del palazzo reale )., mentre l’autore del monumentale scalone cui si accede attraverso il portale a linee spazzate interno all’edificio realizzato da Ferdinando Sanfelice,  è sicuramente  Giovan Battista Manni.

N.B.Il portale a linee spazzate interno all’edificio che conduce allo scalone è opera di Ferdinando Sanfelice , mentre il portale d’ingresso al cortile , di chiara impronta barocca è opera di Fredinando Fuga .

Il palazzo ,ospitò per lungo tempo il vicerè di Napoli duca di Medinacoeli di cui divenne grande amico al punto da restargli fedele anche dopo la venuta degli austriaci e seguirlo nella sua fuga quando egli riparò a Gaeta . Fu per questo motivo imprigionato prima a castel sant’Elmo e poi in castel dell’Ovo per ritornare libero solo nel 1715.

CURIOSITA: in quel periodo storico era frequente che le dimore piu eleganti e rappresentative della città fossero usate per fare da cornice ad avvenimenti particolari o per ospitare personalità di riguardo o addirittura come in questo caso, per adibirle a  temporaneo abitazioni dei vicerè.

Queste vicende ovviamente segnarono inevitabilmente il destino del palazzo che nel 1760, quando ormai il casato della famiglia Giudice si stava estinguendo per mancanza di eredi maschi,  venne dato in affitto al principe di Francavilla, Michele Imperiali. Con lui l’edificio attraversò un altro periodo di splendore vista l’importanza degli ospiti che riusciva ad attirare, tra cui anche Goethe e Casanova.. Tra il 1760 ed il 1782 , egli nonostante fosse  solo un affittuario realizzò per l’immobile molte nuove trasformazioni che resero l’intero edificio uno dei più grandi e magnifici immobili della città . Basta solo dirvi che In tale periodo i due giardini dietro al palazzo si estendevano sulla collina delle Mortelle e un terzo si sviluppava in direzione del palazzo del marchese del Vasto  .

Il noblile e ricchissimo principe Michele Imperiali,  feudatario nel Regno e fuori Regno, nonche decorato dei maggiori titoli e uffici, divenne con la  magnificenza della sua villa e con la sua  acclamata generosità , in quegli anni   il centro dell’alta Società napoletana in quanto era solito organizzare grandi feste e ricevimenti nel palazzo al quale partecipavano  anche molti  importanti personaggi della nobiltà italiana . Il palazzo grazie a lui attraversò un periodo di grande fasto e mondanità internazionale per le leggendarie feste che ospitarono tra gli altri anche personaggi ambigui ma famosi come  Giacomo Casanova e illustri personaggi come Angelica Kaufmann, Hackert e Goethe che che  ospiti dei Borbone,  presero nel 1782 il palazzo in fitto .

Curiosita’: L’edificio è stato anche l’ultima dimora di Caravaggio che fu ospite nel suo secondo viaggio a Napoli della  marchesa Costanza Colonna qui residente  ed anche l’ultima dimora del matematico Renato Caccioppoli che qui vi morì suicida . 

Nel 1787, l’edificio a  seguito di un matrimonio senza eredi,   diventava proprietà di Francesco Caracciolo, principe di Villa, che sposò Eleonora Giudice .e dopo  la rivoluzione del 1799 e la fine del contratto di affitto con Michele imperiali, l’edificio, dopo alcune vicissitudini ereditarie, nel 1822 ritornò in possesso della famiglia Caracciolo Giudice

 

Purtroppo il tempo . ma sopratutto il XIX secolo ,, ha visto con le sua dissennata opera  di forte caotica urbanizzazione dell’area ridurre  in grande misura la panoramica della villa e ovviamente quando si intensificò l’urbanizzazione, anche  la riduzione dei  stessi  meravigliosi  giardini  che dopo essere stati per lungo tempo  l’elemento di spicco che caratterizzarono il palazzo, trovarono la sua decadenza nel novecento quando  si assistette senza battere ciglio al dimezzamento di questo prezioso verde per far spazio alle nuove costruzioni, sottraendo la vista panoramica della villa sul mare. Vennero eliminati ,  a causa della fitta urbanizzazione della zona.,  alla fine dell’ultimo ventennio dell’ottocento , lentamente ben  tre dei giardini superiori che  caratterizzavano il verde retrostante il palazzo  riducendone ampiamente la sua grandezza .Praticamente un vero dissesto  ambientale che va contro ogni logica moderna di recuoero del verde per rendere più vivibile un centro urbano ( della serie : Gesù Cristo rà o ppane a chi nun tene e rient’ ).

 

Le sue due facciate della superba cinquecentesca dimora nobiliare svettano ancora oggi indomabili tra Via Chiaia e Via Filangieri nel cuore antico della nostra città e ricorda a tutti noi con il suo aspetto fiero di edificio fortificato. ben  cinque secoli di storia.  Da via Chiaia appare come un palazzo fortificato con il mezzanino a scarpata in bugnato liscio, mentre la facciata su via Filangieri è concepita come un prospetto di un palazzo nobiliare del Settecento.

Il suo aspetto fiero però oggi appare impoverito da ogni luce che prima lo contrastingueva e lamenta come tanti altri edifici importanti della nostra città la mano dell’uomo che incurante lo abbandona al piu triste degrado .Miseri residenti vogliono godere della sua importanza ma non vogliono però salvaguardarne il suo benessere restando immobili di fronte alla sua incessante richiesta di manutenzione . Essi nel corso degli anni, hanno contribuito a rendere purtroppo il palazzo così come appare oggi.

Ci restano purtroppo del  cinquecentesco  fabbricato , solo il bel portale in stile barocco del portale d’ingresso , che venne eseguito dall’architetto Ferdinando Fuga.  i soli  visibili parziali resti decorativi di una facciata che presentava delle decorazioni magnifiche  di Ferdinando Fuga, oggi purtroppo  quasi tutte scomparse ( sono  solo parzialmente visibili attorno alle finestre del piano nobile ) ed il bel portale interno all’edificio opera  di Ferdinando Sanfelice  che conduce allo scalone . I famosi immensi giardini oramai non esistono quasi più . Essi hanno visto diminuire di molto la sua grandezza a causa della fitta urbanizzazione della zona.

Sotto il palazzo Cellamare nel corso di alcuni lavori eseguiti , sono state ritrovate alcune cave di tufo usate a suo tempo per reperire i materiali di costruzione dell’edificio che hanno fatto per lungo tempo fatto parte delle famose grotte platemonie , ovvero delle grotte del Chiatamone dove si consumavano al loro interno strani rituali religiosi dei culti di Mitra e Partenope di natura orgiastica .

Le stesse cave sono state poi utilizzate fino a non molto tempo fa , per far posto al cinema teatroMetropolitan capace di contenere circa tremila posti a sedere . Oggi dopo un lungo periodo di riposo le cave sono state riadattate a parcheggio  auto . Durante questi ultimi lavori sono venuti alla luce anche i resti di antiche cavità tufacee, impiegate in epoca romana  come vasche e vari condotti idrici per annaffiare i maestosi giardini della stessa villa Cellammare ma sopratutto quella della vicina villa di Lucullo che utilizzava le vasche per i suoi  allevamenti ittici

 

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