Raimondo di Sangro , Principe di San Severo è stato forse il personaggio più misterioso del settecento italiano.
Egli fu un uomo eccentrico, scienziato , letterato, filosofo , militare di alto rango , astronomo, poeta, scrittore, guerriero, mecenate, inventore, mago, alchimista, accademico della Crusca e gran maestro della massoneria napoletana ( la cappella e’ infatti ricca di allegorie massoniche ) capace di parlare e conoscere diverse lingue straniere ed antiche tra cui l’ebraico .
Ma venne anche definito da molti , come uno scienziato pazzo, genio, e stregone malvagio .
I vari modi come è stato etichettato nel tempo come potete vedere sono tanti ma certamente possiamo concludere che egli fu un uomo di grande prestigio e un insolito precursore dei tempi .
La sua nobile famiglia dei De Sangro discendendo direttamente da Carlo Magno ( attraverso il ramo di Oderisio, conte de Sangro (1093) ) , oltre al Principato di San Severo , contava una sfilza lunghissima di feudi e titoli come quello di principe di Castelfranco, principe di Fondi, duca di Torremaggiore, duca di Martina e Grandi di Spagna.. Egli discendeva quindi da una una nobile famiglia che oltre ad avere importanti legami di parentela ( Carlo Magno ) contava sull’amicizia di importanti personaggi come Innocenzo III , numerosi prelati dell’Ordine Benedettino, e in quanto Massone godeva anche dei favori di potenti membri dell’Ordine dei Templari .
Raimondo di Sangro , come molti aristocratici del settecento poteva serenamente dedicarsi ai tipici passatempi di ogni nobile dell’epoca come la caccia , il gioco , e il divertimento oziando e disdegnando il lavoro , forte dei proventi derivanti dai suoi innumerevoli feudi , ma egli dotato di una grande vivacità intellettiva e spiccata curiosità di conoscenze , scelse invece di immergersi nella cultura creando di fatto così un solco profondissimo fra lui ed il resto dell’aristocratica nobiltà napoletana del Settecento composta per lo più da esseri rozzi ed ignoranti , che egli non mancava spesso di disprezzare e denigrare pubblicamente durante i numerosi ricevimenti tenutesi nei vari salotti dell’alta società ai quali puntualmente veniva invitato poichè a quei tempi egli era un personaggio molto potente e famoso a Napoli , godendo anche dei favori del re Carlo di Borbone il quale lo aveva nominato Gentiluomo di Camera. Era inoltre molto famoso per i suoi esperimenti , per le sue invenzioni e sopratutto per aver composto straordinarie formule chimiche rimaste ancora oggi del tutto segrete e misteriose .
Raimondo di Sangro nasce nel feudo di Torremaggiore , in provincia di Foggia il 30 gennaio del 1710 come terzo di tre fratelli , da Antonio, duca di Torremaggiore, e Cecilia Gaetani dell’Aquila di Aragona. . . Alla morte della madre , che avviene un anno dopo la sua nascita , viene affidato alle cure del nonno ( Paolo di Sangro ) , poiche’ il padre Antonio , accusato dell’ uccisione di un vassallo sulla cui figlia aveva messo gli occhi , fuggì a Vienna, dove poi pentitosi decise di rinunciare al titolo e prendere i voti . Il padre, rimasto vedovo e distrutto dal dolore , sconvolto dalla morte della moglie, si era dapprima tuffato in una vita dissoluta per poi pentirsi e diventare un ministro di Dio. Prima di rinchiudersi in un convento per il resto dei suoi giorni, non potendosi più occupare del piccolo lo affidò quindi al nonno residente a Napoli allora capitale del Viceregno austriaco.
Qui il giovane Raimondo trascorse gran parte dell’infanzia e ricevette una prima educazione, venendo avviato allo studio della letteratura, della geografia e delle arti cavalleresche dando subito prova della sua vivace intelligenza, tanto che l’Origlia ci narra che «la soverchia vivacità del suo spirito, e la troppa prontezza» indussero il nonno ad accompagnare all’età di dieci anni l’enfant prodige presso il Collegio dei Gesuiti, a Roma dove venne affidato ai padri Gesuiti. Qui dimostrò presto durante gli studi una grande abilità e attitudine nelle arti meccaniche dandone la prima dimostrazione a diciannove anni, quando, per una rappresentazione scolastica in cui era necessario smontare velocemente un palco per garantire lo svolgersi nello stesso luogo di esercizi d’equitazione, inventò un palco che, grazie all’aiuto di alcuni argani e di ruote nascoste, spariva in pochissimo tempo
Raimondo compì un ragguardevole iter scolastico, dedicandosi allo studio della filosofia, della retorica, della logica, delle lingue (arriverà a padroneggiare di almeno otto lingue straniere ed antiche tra cui l’ebraico ), della matematica e geometria della pirotecnica e delle scienze naturali, dell’idrostatica e all’architettura militare; su quest’ultima disciplina stese pure un saggio, purtroppo rimasto inedito.
Rimase nella scuola gesuitica di Roma fino al concepimento dei suoi vent’anni acquisendo una bagaglio culturale notevolmente superiore a quello solitamente posseduto dai nobili dell’epoca , che non mancò mai poi di far mostra nei salotti dell’aristocrazia napoletana ( composta per lo più da esseri rozzi ed ignoranti ) quando finalmente il giovane riuscì finalmente a tornare nel palazzo dei suoi avi, a Napoli, in Piazza San Domenico Maggiore con il titolo di Principe. Per la prematura morte degli altri due fratelli , ( Paolo e Francesco ) infatti Raimondo ereditò il titolo di settimo principe di Sansevero a soli sedici anni quando morì il nonno Paolo ( sesto principe di San Severo . ) Ricordiamo infatti che il padre di Raimondo e figlio di Paolo, aveva già rinunciato in precedenza al titolo in favore dell’abito sacerdotale.
Il Principe nella sua venuta a Napoli s’invaghì di una lontana cugina quattordicenne che sposò nel 1736 ( la ricca ereditiera di molti feudi nelle Fiandre Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona ). Un matrimonio rivelatosi molto felice che sarà coronato poi dalla nascita di otto figli.
Dotato di una cultura poliedrica ed appassionato di alchimia ed esoterismo una volta giunto in In città non esitò a entrare a far parte della Scuola Alchemica Napoletana nonostante l’insegnamento religioso che aveva ricevuto dei gesuiti. Entrato a far parte della Confraternita segreta dei Rosa-Croce venne quindi iniziato agli antichi riti alchemici, o Ars Regia cioè la cosiddetta «arte sacra» , quei complessi segreti che fin dai tempi più remoti i sacerdoti egiziani tramandavano ai propri discepoli . Divenuto poi Gran Maestro massone incomincia ad intrecciare relazioni con chiunque possa aiutarlo a meglio comprendere i misteri dell’universo ed adibisce nel suo palazzo una grande stanza a laboratorio dove comincia a passarci gran parte del giorno e della notte. Questo stile di vita, piuttosto anomalo per un aristocratico, dà adito a sospetti sul suo conto e sulle cose che accadono nella sua casa.
Ma Raimondo incurante dei pettegolezzi fatti da uomini che lui non stima si diverte con gli stessi con atteggiamenti sempre più stravaganti. Arriva a farsi costruire una carrozza più larga di quelle comuni per passare a filo nei vicoli di Napoli e dimostrare a tutti che il suo mezzo di trasporto è il più grande di tutti e sbalordisce i vari ospiti invitati nel suo palazzo con la presenza di strani oggetti come quella che lui chiama la Lampada Perpetua, o Lume Eterno, composta da una miscela fatta di calcio , fosfato e fosforo ad alta concentrazione ( ottenuto triturando le ossa di un teschio ) che si dice aveva la capacità di bruciare per intere ore e molto più a lungo di qualsiasi altro lume consumando quindi una quantità trascurabile di materia.
Incurante di chiacchiere e pettegolezzi progetta e racconta in pubblico di una carrozza che si muove per brevi tratti senza i cavalli , e di un’altra anfibia capace di camminare sulle acque del mare , elabora e discute di nuove tecniche per la stampa, parla di nuovi sistemi di trasformazione dell’ acqua di mare in acqua dolce , racconta di nuovi tessuti , della filatura della canapa , di nuovi tipi di vernici destinate a durare nel tempo, la cera fatta senza api , la risurezzione di granchi di fiume dopo averli ridotti in cenere e nuovi farmaci alchemici considerati prodigiosi che ebbero un gran successo sopratutto con il principe di Bisignano , che salvò da una morte che pareva inevitabile secondo il parere dei più valenti professori . Egli somministrando i suoi portentosi composti al principe sconfisse in sole poche settimane la malattia .
Memore di questa miracolosa guarigione , solo qualche tempo dopo , anche il duca di Miranda , colpito da ” febbre maligna ” e arrabbiato con i medici incapaci a suo giudizio di guarirlo si rivolse allo stesso di Sangro che ovviamente attraverso i suoi alchemici farmaci lo guarì .
SI cimentò addirittura nella riproduzione del famoso miracolo di San Gennaro e dello scioglimento del sangue , costruendo una teca simile a quella di San Gennaro con due ampolle della stessa forma , piene di un liquido simile al sangue ma invece composto da una miscela di oro e mercurio misto a cinabro , che pare avesse lo stesso colore del sangue coagulato .
A tal proposito scrisse così scrisse Lalande , di questo esperimento :
….. per rendere fluido questo amalgama c’è nel cavo della bordatura ,un serbatoio di mercurio fluido con una valvola che quando la teca viene capovolta , si apre per lasciare entrare mercurio nell’ampolla . A questo punto l’amalgama diventa liquido e imita la liquefazione ……
Questo esperimento fu poi confermato dal matematico grancese Charles Marie de la Condamine che nel suo viaggio a Napoli fu spettatore dell’evento .
La riproduzione del famoso miracolo , com’era prevedibile creò molti guai al principe , che furono peraltro aggravati anche dalla sua adesione alla Libera muratoria .
Tutto questo incominciò a creare intorno alla sua figura un alone sempre più misterioso e qualcuno incominciando a temerlo per il suo potere ma sopratutto nel tentativo di ridicolizzarlo incomincia ad etichettarlo come uno stregone pazzo (sopratutto quei nobili che lui spesso derideva nei riservati salotti aristocratici ).
La descrizione di questo eccentrico personaggio filosofo, astronomo, inventore, mago, scienziato e alchimista. considerato oggi un genio ed un precursore dei tempi, e non uno scienziato pazzo ed uno stregone malvagio. ci viene descritta in maniera garbata e interessante da Antonio Genovesi (col quale il Principe ebbe un denso carteggio) nella sua «Autobiografia» in questo modo :
Le sue abilità non restarono nascoste a lungo, suscitando anche l’interessamento del Re di Napoli Carlo III di Borbone, figlio di Filippo IV di Spagna, che a soli 17 anni nel 1734 , che dopo aver sconfitto e ripreso il Regno dagli austriaci prese possesso del Regno delle due Sicilie .Egli dopo aver sposato Amalia Walburga di Polonia, costituì l’ordine di San Gennaro (del quale egli si proclamò Gran Maestro) allo scopo di creare un circolo fidato di nobili su cui contare nei casi di necessità. Tra i sessanta blasonati ,scelti uno per uno dal re in persona. figurava anche Raimondo di Sangro che dimostrò la sua riconoscenza al Re fornendogli mantelli di tessuto impermeabile da usare nelle battute di caccia, che il Re si dice, apprezzo notevolmente rimanendone entusiasta ( per l’epoca si trattava di una novità assoluta ).
Nei confronti del re , il Principe acquistò ulteriore stima quando a capo di un reggimento distinguendosi per destrezza e coraggio , liberò la città di Velletri occupata dall’esercito nemico comandato del generale Lobkowitz. Un ulteriore plauso ed ammirazione in campo militare avvennero da parte del re , di fronte all’invenzione di uno speciale cannone in lega di ferro (allora erano di bronzo) leggerissimo (pesava centonovanta libbre in meno rispetto ad esemplari della stessa specie) ma con una gittata molto elevata e di un fucile a retrocarica in grado di sparare sia a polvere che ad aria compressa, che destinò come attestato di stima all’amico monarca. ( Anticipando di molto la rivoluzione delle armi da guerra possiamo senz’altro dire che il Principe anticipò con questa invenzione quella dell nuova arma da fuoco del Lefaucheux, ).
Il suo laboratorio ricco di Alambicchi, forni e provette cominciò a divenire famoso in tutta Europa al punto da divenire una tappa indispensabile del gran tour , quel viaggio d’istruzione sul continente giudicato allora quasi d’obbligo per le persone che volevano istruirsi ed acculturarsi . In questo modo patrizi provenienti da tutta Europa ebbero modo di prendere atto del fervido ingegno del Principe, che proprio in quegli anni creò gemme artificiali e vetri colorati, sperimentò la palingenesi e una tecnica di desalinizzazione dell’acqua di mare, arrivando a fabbricare con la collaborazione del medico Giuseppe Salerno delle sconcertanti macchine anatomiche, ovvero degli scheletri in posizione eretta, totalmente scarnificati, nei quali è possibile osservare molto dettagliatamente l’intero sistema arteriose e venoso.
Nella suo laboratorio pare che avvenne anche un suo famoso esperimento raccontato da Giangiuseppe Origlia che probabilmente suggestionato ed in parte terrorizzato scrisse di misteriosi sali che provenendo dalla calcificazione delle ossa di un teschio umano , una volta messi in una fornace avevano dato luogo per un attimo alla presenza di una gigantesca figura umana che aveva suscitato gran paura a tutti i presenti . Il principe calmando tutti spiegò l’evento sostenendo che si trattava solo di una sorte di memoria della materia.
Nello stesso laboratorio iniziò in tarda età un esperimento che secondo molti fu poi la vera causa della sua morte . Egli incominciò infatti a lavorare alchemicamente ad un minerale luminescente che aveva ricevuto in dono dal re di Prussia . Dopo vari esperimenti ottenne dalla pietra un raggio sottile e attivo capace di avere un effetto mortale sugli esseri viventi . Un raggio che il Principe poi scoprì , si poteva schermare solo con il piombo .
Si è poi scoperto con il tempo che quella pietra era la stessa di tante presenti nelle miniere in Boemia dove i coniugi Curie isolarono il radio , ma che contaneva anche altre sostanze radioattiva come l’uranio ed il polonio . Il Principe quindi avendo fatto degli esperimenti per lungo tempo con sostanze altamente radioattive e capaci di provocare mutazioni oncologiche , si sarebbe probabilmente ammalato di qualche neoplasia che giustificherebbe così poi la sua misteriosa e pare secondo alcuni , dolorosa morte .
Furono comunque quelli , anni di grande fama del Principe in cui si parlava molto delle sue invenzione ma anche della sua cultura : l’astronomo de Lalande a tal proposito affascinato dalla personalità e dalla sterminata cultura del Principe, asserì che «non era un accademico, ma un’accademia intera.
Furono studi fondamentali che portarono il Principe sempre più legato al mondo della Massoneria divenendone come già detto nel 1747 Venerabile maestro e successivamente nel 1750 gran maestro della Massoneria napoletana. Fondò nel suo Palazzo di Famiglia una “Cerchio Interno” alla sua Loggia, che definì Rosa d’Ordine Magno, dalla quale prese vita il Rito Egizio tradizionale .
Accadde poi che nel nel 1751, papa Benedetto XIV, preoccupato dal proliferare di congreghe che sfuggivano al controllo della chiesa, consigliò a Carlo III di emanare un editto anti-massonico con il quale condannare i membri della «rispettabile Società» e chiunque li frequentasse: Raimondo incurante della sopravvenuta scomunica papale, continuò a restare Gran Maestro massonico riuscendo ad unificare tutte le logge massoniche napoletane sotto un unico rito , quello appunto del Rito Egizio tradizionale . A questa sua attività s’affiancarono, però, nello stesso periodo in un clima di Santa Inquisizione ,le invettive della Chiesa, ed in particolar modo dei Gesuiti, contro la Massoneria ed il suo maggior esponente napoletano individuato proprio nel principe . Dopo aver evitato, grazie all’intervento di Carlo III in persona, di cui era consigliere , l’insediamento di un tribunale del Santo Uffizio a Napoli contro le logge massoniche , Raimondo dovette in seguito alla rinnovata scomunica del papa contro gli appartenenti alla massoneria assistere inerme all’emanazione da parte di re Carlo III, ( al fine di evitare una guerra) di un un editto con cui egli cancellò le logge napoletane e bandì la Massoneria dal Regno.
Carlo III , indotto dalla pubblicazione della bolla Providas Romanorum di Benedetto XIV – promulgò infatti un editto con il quale condannò i membri della «rispettabile Società» e chiunque li frequentasse. Il Principe a quel punto , anticipando tutti al fine di evitare maggiori punizioni a se e agli affiliati, dopo aver abiurato, si convinse a fornire al Re l’elenco degli iniziati. Con tale atto, Raimondo di Sangro, violava consapevolmente il segreto della Massoneria, guadagnandosi così la damnatio memoriae da parte della Fratellanza Universale, ma salvando, oltre alla sua, le teste di tutti gli affiliati delle logge partenopee vittime solo di “una solenne ammonizione” da parte del sovrano che non aveva alcuna voglia di imprigionare più della metà della sua corte ( tra i ‘ fratelli’ della massoneria napoletana c’era infatti il fior fiore della nobiltà napoletana ).Nonostante egli con il suo gesto avesse salvato la teste a molti affiliati , il suo gesto non piacque all’intero ordine massonico ed in seguito a queso episodio venne messo all’indice dalla «fratellanza» internazionale e dagli stessi amici di un tempo. A quel punto al Principe , quale primo massone pentito della storia , non restò altro che che rinunciare, sotto la fede del giuramento, la sua appartenenza alla Massoneria, provocando lo sdegno delle classi socialmente più elevate che già non lo stimavano più di tanto. Il nome di Raimondo de Sangro venne da quel momento maledetto in tutte le logge europee e in alcuni casi la sua effigie venne anche pubblicamente bruciata..
Nel 1766 con la comparsa delle “macchine anatomiche”, accanto al “lume eterno” ottenuto dalle triturazioni delle ossa di un teschio e la nascente leggenda dell’uccisione dei sette vescovi dalle cui ossa avrebbe ricavato sette seggiole, incomincia ad affermarsi intorno al Principe l’alone di mago e stregone. Dallo scantinato del suo palazzo di notte non era raro vedere strani fumi colorati e sentire odori pestilenziali che fuoriuscivano dalle finestre sbarrate che davano sulla strada ed i passanti incominciarono ad aver paura di quel luogo.
Intorno alla sua figura e al suo nome , a causa dei suoi strani esperimenti e della sua misteriosa attività , si consolidò nel corso della sua vita una sorte di fama sinistra che incomincio’ a serpeggiare sopratutto tra il popolino . Dicerie del popolo incominciarono a narrare che lungo il vico San Severo la gente udiva provenire da luoghi sotterranei dei prolungati rumori che non tacevano neanche di notte , spesso accompagnati anche da sinistri bagliori che impedivano di dormire agli abitanti degli angusti vicoli del centro . Tutto questo servì ad accendere la fervida fantasia popolare dei napoletani che con insistenti dicerie portarono a ritenere che il Principe si servisse addirittura di esseri viventi , magari rapiti per strada , per utilizzarli come cavie in alcuni dei suoi terribili esperimenti . Di lui la gente raccontava che fosse una specie di stregone, un alchimista diabolico che nessun potere, neanche quello del re, riusciva a controllare . Egli era capace di ridurre in polvere marmi e metalli ed “entrava in mare con la sua carrozza e i suoi cavalli senza bagnare le ruote .Qualcuno arrivò a dire che aveva ucciso sette cardinali con le cui ossa e pelle avrebbe fatto altrettante orribili seggiole. Altri riferendosi alle ‘macchine anatomiche ‘f sostenevano addirittura che aveva fatto uccidere due suoi servi” per “imbalsamarne stranamente i corpi , mentre tutti erano concordi che avesse fatto accecare Giuseppe Sanmartino, autore del Cristo velato, affinché egli “non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura” e sopratutto con la sua morte non svelasse ad altri l’alchimia con cui il principe avrebbe “marmorizzato” il velo del Cristo.
Le macchine anatomiche custodite nella stanza da lui denominata ‘Appartamento della Fenice ‘ in teche di vetro, apparvero a tutti come i corpi di un uomo e di una donna incinta che qualche intruglio alchemico era riuscito letteralmente a disseccare, lasciando pietrificato ed intatto invece l’intero sistema circolatorio . Si sparse voce che i due esseri umani fossero stati sottoposti al processo mentre erano ancora in vita e che la donna avesse il braccio alzato, solo perchè colta da una paralisi mentre cercava di fuggire. Si pensava , infatti, che i due fossero stati legati vivi ad una sorta di tavolo operatorio e che la donna prima di morire, a causa dell’iniezione di una misteriosa sostanza che avrebbe metallizzato vene e arterie preservandole dalla composizione, abbia liberato il braccio nel vano tentativo di liberarsi. Lo scheletro della donna con il braccio alzato ed i globuli oculari interi cristallizzati appare difatto in un’espressione di vero terrore, al contrario dell’uomo che ha le braccia lungo i fianchi.
Secondo il popolo il diabolico don Raimondo, sempre con l’assistenza del medico Giuseppe Salerno, aveva iniettato nelle vene delle due malcapitate cavie una sostanza in grado di cristallizzare vene e arterie che, entrando in circolo, fece progressivamente bloccare la rete sanguigna fino alla morte dei soggetti. A questo punto la misteriosa sostanza avrebbe «metallizzato» vene e arterie preservandole dalla successiva decomposizione. I corpi poi come sempre avviene , in seguito alla morte, si sarebbero decomposti senza che i vasi venissero intaccati.Il Principe, infatti, deve aver aspettato che pelle e carne si decomponessero completamente prima di ottenere quelle che lui, con tanta pomposità, chiamava le « macchine anatomiche»
La leggenda popolare vuole che si tratti sicuramente dei corpi di quei due sventurati servitori che da qualche tempo erano scomparsi e che molti sospettavano fossero stati rapiti dal Principe per essere poi sottoposti a qualche suo terrificante esperimento . A quei tempi infatti gia’ correva voce di alcuni processi di metallizzazione dei corpi a cui il Principe Raimondo stesse lavorando da tempo .
Si penso che egli avesse svolto tali esperimenti proprio su quelle due vittime iniettando nelle loro vene un liquido speciale dagli effetti ” metallizzanti ” che si sarebbe poi solidificato lentamente . E’ stato ipotizzato che Salerno abbia inoculato in due cadaveri una sostanza – forse a base di mercurio – creata in laboratorio dal principe, la quale avrebbe permesso la “metallizzazione” dei vasi sani . L’altra possibilità è che il sistema circolatorio sia frutto, in parte o nella sua interezza, di una ricostruzione effettuata con diversi materiali, tra cui la cera d’api e alcuni coloranti . Quella massa scura e ramificata che si estende per tutto il corpo dunque , rappresenterebbe il sistema venoso ed arterioso completamente pietrificato e consolidato al punto da potersi conservare , assieme alle ossa dello scheletro , nella posizione rigida ed eretta senza aver bisogno di sostegni o di altri supporti esterni .
Secondo alcuni studiosi quelle due macabre figure costituirebbero soltanto una perfetta simulazione di due cadaveri, in realta’ esse non sarebbero altro che della ” macchine anatomiche ” , congegnate dal Principe . Si tratterebbe cioe’ di due manichini , ovvero di una diabolica ricostruzione di fantomatici cadaveri in cui soltanto le ossa ed alcuni organi interni hanno veramente provenienza umana , mentre tutto il sistema venoso costituisce il frutto di una prodigiosa ricostruzione . Pare infatti che sia stato scoperto che quelle vene siano composte da una sottilissima anima metallica portante avvolta in una sorta di garza imbevuta di qualche misteriosa sostanza chimica . Il tutto opportunamente modellato e sagomato nei vari spessori ; da quelli piu’ spessi per la arterie a quelli piu’ sottili per i capillari e cosa pure importante , che il tutto fosse poi capace di poter conservare perfettamente l’ aspetto e la rigidita’ nel tempo .
Se cosi’ fosse ,non si tratterebbe di due orrendi crimini perpetrati in laboratorio ma sarebbe il risultato di un gran lavoro , fatto con abilita’ da persona con grande conoscenza anatomica del corpo umano e certamente stupisce il fatto comunque che il sistema artero-venoso sia riprodotto con notevole verosimiglianza e fin nei vasi più sottili, nonostante all’epoca le conoscenze di anatomia non fossero così precise. Ossa e crani sono senz’altro quelli di due veri scheletri umani.
Il popolo a quel punto era intimorito dalla figura del Principe e non mancava di aumentare la propria andatura nel passare dinanzi al suo palazzo spesso ricorrendo al segno della croce o a veri e propri scongiuri passando nei pressi della sua l’abitazione . Ancora oggi non è raro imbattersi in un passante che, davanti a Palazzo Sansevero, si fa il segno della croce come per scacciare i malefizi del temuto e “diabolico” principe e addirittura c’è perfino chi ha narrato di “incontri ravvicinati” con lo spirito di Raimondo di Sangro.
A tal proposito , ci racconta Benedetto Croce : << Solo che per essere un gran signore , un principe , egli riuniva alle arti diaboliche capricci di tiranno , opere di sangue e atti di raffinata crudelta’ . Per lieve fallo , fece uccidere due suoi servi,un uomo e una donna , e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri , le arterie e le vene , e li serbo’ in un armadio , e ancora si mostravano dal sagrestano in un angolo della chiesa ; ammazzo’ altra volta nientemeno che sette cardinali , e delle loro ossa costrui’ sette seggiole , ricoprendone il fondo con la loro pelle …..>>
Salvatore Di Giacomo invece scrisse : “Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel Vico Sansevero […] Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco, romori sordi e prolungati suonavano là dentro: di volta in volta, nel silenzio della notte, s’udiva come il tintinnio d’un’incudine percossa da un martello pesante, o si scoteva e tremava il selciato del vicoletto come pel prossimo passaggio d’enormi carri invisibili”.
La paura nei vicoli nei confronti del principe diventava ogni giorno sempre più forte e molti lo incominciarono ad identificare nell’incarnazione napoletana del dott Faust. Sentite cosa dice e sopratutto scrive a tal proposito Benedetto Croce:
…e’ il principe di Sansevero , o il principe per antonomasia , che cosa e’ in Napoli, per il popolino delle strade che attorniano la cappella dei Sangro , ricolma di barocche e stupefacenti opere di’ arte , se non l’ incarnazione napoletana del dottor Faust o del mago Pietro Barliario , che ha fatto il patto col diavolo , ed e’ divenuto un quasi diavolo egli stesso , per padroneggiare i piu’ riposti segreti della natura o compiere cose che sforzano le leggi della natura ? …….
Altre cattive dicerie gli valsero anche l’appellativo di essere anche conosciuto come il castratore. Si raccontava infatti che la sua passione per il canto lo portasse in giro nei possedimenti terrieri del regno alla ricerca di fanciulli dalla bella voce da comprare per farli poi castrare dal suo medico di fiducia Giuseppe Salerno e quindi avviarli alla carriera di cantanti nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo. Si trattava spesso di ragazzi che provenivano da famiglie indigenti come contadini analfabeti senza un soldo e con tanta prole oppure di orfani presenti nei cori parrocchiali .
A sua difesa il solo fatto che in quell’epoca vigeva la moda dei ‘famosi cori bianchi‘: un gruppo di ragazzi eunuchi dalla voce bellissima e cristallina che deliziavano l’ascolto di persone presso salotti privati o interi teatri (alcuni di loro sono poi divenuti famosissimi come Farinelli o Moreschi) o meglio in chiesa dove facevano parte di selezionati cori di cui il più prestigioso aveva sede presso il Vaticano dove il Papa vietava alle donne di calcare il palcoscenico.
Nel regno Pontificio vigeva una regola fondamentale : ‘Mulier taceat in ecclesia‘ la donna in chiesa deve tacere. E se non poteva parlare figuriamoci se poteva cantare! Allora per poter ottemperare a questa prescrizione e avere comunque cantanti che potessero eseguire le parti femminili, tra il XVII e il XVIII secolo e perfino in pieno 800 i castrati erano i soprani più ricercati nelle esecuzioni musicali profane.
La pratica di utilizzare eunuchi nel coro del Vaticano fu bandita solo nel 1878. L’ultimo castrato cantava ancora nella cappella Sistina nel 1922. Si chiamava Alessandro Moreschi e un critico musicale tedesco scrisse: Non credevo che la voce umana potesse essere il più straordinario di tutti gli strumenti musicali, fino a quando non ho ascoltato Moreschi.
Ma per avere una voce così bella era necessario che la castrazione si facesse prima della pubertà, cioè prima della muta della voce poichè solo così in teoria il risultato poteva essere eccellente: si otteneva una voce femminile emessa però da un torace maschile, che può contenere molta più aria, e attraverso corde vocali maschili che per vibrare hanno bisogno di meno aria e possono quindi tenere una nota più a lungo. Potevano arrivare a coprire anche tre ottave e mezza, un’estensione vocale fuori dal comune.
La figura di Raimondo di Sangro diveniva sempre più nera ed era oramai consuetudine farsi il segno della croce dinanzi al palazzo .Egli in cambio incominciò ad uscire sempre di meno impegnato com’era in quella che oggi è considerata a ragione la sua opera massima : la cappella gentilizia di famiglia conosciuta oggi come conosciuta come Cappella San Severo dei Sangro, o anche come Santa Maria della Pietà dei Sangro, o più semplicemente come La Pietatella.
Osteggiato dai potenti della massoneria e inviso all’aristocrazia napoletana , gli ultimi quindici anni di vita di Raimondo furono segnati dalle pesanti difficoltà economiche, che per fortuna non compromisero il completamento della sua meravigliosa Cappella gentilizia a cui il Principe dedico per la sua realizzazione tutte le sue ultime risorse ed energie assumendo alle proprie dipendenze vari artisti che diedero alla luce sculture meravigliose come il Cristo velato, la Pudicizia e il Disinganno, oggi considerate capolavori dell’arte mondiale .
Il ponte-cavalcavia , fu costruito nel 500 da don Paolo di Sangro per collegare il palazzo di famiglia con la vicina cappella . Esso è restato visibile a tutti fino alla notte tra il 22 ed il 23 settembre 1889 , , quando , in piena notte , creando un boato enorme , crollò l’intera ala sinistra di Palazzo Sansevero , cancellando , non solo il cavalcavia ma molte altre importanti testimonianze riguardo il principe ed il suo laboratorio , non ancora oggi ritrovato e probabilmente presente proprio nelle macerie di quel luogo .
Il misterioso laboratorio era probabilmente presente proprio in questo piccolo Tempio che attraverso il passaggio sopraelevato era da un lato collegato con la famosa cappella e dall’altro dava direttamente nell’appartamento detto del ” Patriarca ” , considerato la stanza personale del Pricipe Raimondo di Sangro . Qualcun’altro invece sostiene che il laboratorio , celato in una posizione segreta e strategica , andrebbe ricercato sopratutto nei sotterranei della cappella piuttosto che dal palazzo , ma per avere delle risposte definitive a tale supposizione , bisognerebbe effettuare degli scavi molto impegnativi.
Il piccolo ponte crollato e mai ricostruito collegava direttamente il palazzo Sansevero con la cappella dando la possibilita’ ai membri della nobile famiglia di recarsi comodamente in chiesa senza passare per la strada e molto probabilmente veniva usato dalo stesso l Principe per potersi recare celermente nel suo laboratorio , in qualsiasi ora del giorno o della notte , per attendere ai suoi importanti esperimenti , con il notevole vantaggio di non destare alcun sospetto durante l’ attraversamento , non potendo egli mai essere visto dalla strada.
Curiosita’ : Molti esperti di dottrine esoteriche sostengono che la cappella parrebbe essere caratterizzata dalla presenza di consistenti vibrazioni, dovute a un corso d’acqua denominato Taglina che, oltre a catalizzare e trasmettere le energie, sembrerebbe essere stato utilizzato per il riempimento della Vasca Sacra impiegata per le purificazioni spirituali realizzate mediante lavaggio rituale durante il culto dei misteri egizi e all’energia da essi sprigionata presenti in zona definita in città un triangolo esoterico magico . Essa nel suo interno custodirebbe molti dei simboli massonici legati agli egizi , ed avrebbe come vertici , la chiesa di San Domenico Maggiore , la statua del Nilo e proprio la famosa cappella di Sansevero.
Questi tre punti formano un triangolo dentro il quale aleggiano strane forze. Molti storici sudiosi lo hanno definito come un ” luogo di potere ” in cui un essere umano attraverso determinati riti può manifestare capacità extrasensoriali, diventando talmente sensibile da poter giungere in diretto contatto con il trascendente . L’area infatti , circoscritta dal congiungimento di questi tre vertici del centro antico di Napoli, oltre a celare meravigliosi gioielli del patrimonio artistico cittadino, pare sia anche caratterizzata da misteriosi avvenimenti che sembrano scaturiscano proprio dal flusso di forze energetiche che percorrono il luogo.
L’energia è quella utilizzata nel passato per fini materiali dalla comunità egizia, che qui è rimasta grazie ad un arcano lascito della tradizione iniziatica e sapienziale, imperniata sulla spiritualità egizio – alessandrina. ed ha così innalzato questa zona geografica ad una potente area di forza e di potere che in quanto ricca di energia vitale, pare sia un “centro cosmico” capace di sprigionare vibrazioni cosmiche e magnetiche.
I tre vertici del triangolo , un tempo collegati tra loro mediante misteriosi cunicoli sotterranei, è stato testimone secondo diversi esperti di scienza ermetica, del passaggio di imporatnti e famosi personaggi storici quali Giordano Bruno , il Conte di Cagliostro , Tommaso Campanella , Luigi D’Aquino dei Caramanico, Giovanbattista della Porta, Tommaso d’Aquino e dello stesso Principe di San Severo che , hanno certamente percorso chissa quante volte quei stretti cunicoli sotteranei alla ricerca di approfondimenti, percezioni, intuizioni, occulti esperimenti e rituali particolari nel tentativo di pervenire al sovrannaturale, e ascendere quindi verso l’infinito.
La sua grata di accesso ( Camera Caritatis ) , considerato il luogo di massima caduta di energia , a questi cunicoli sotterranei , si trova sotto il monumento dell’obelisco di San Domenico . La grata , che si trova dislocata alle spalle e all’esterno dell guglia di San Domenico ,era il posto dove nel lontano 700 , attraverso i corridoi sotterranei , gli altri adepti massonici raggiungevano il luogo segreto ed eseguivano i propri riti
Il Principe di Sansevero assieme ad altri personaggi dediti all’alchimia e all’ermetismo, pare che utilizzasse la Cappella e la zona circostante San Domenico, raggiunta mediante cunicoli sotterranei, come eccellenti luoghi di forze e di energie che ben si prestavano ai rituali iniziatici legati alla spiritualità egizio – alessandrina, in quanto ne conservano intatto tutto il loro l’esoterismo .
La cappella fu fatta costruire dal duca Giovan Francesco nel 1590 come luogo in cui venerare una statua della Vergine della Pietà che, rispondendo alle sue preghiere, lo aveva guarito da una grave malattia. Per questo, oltre che a essere conosciuta come Cappella San Severo dei Sangro, lo è anche come Santa Maria della Pietà dei Sangro, o più semplicemente come La Pietatella.
Si racconta infatti che in coincidenza del loro passaggio , all’ improvviso frano’ parte di un muro vicino al palazzo facendo affiorare un antico dipinto raffigurante una ” Pieta’ ” con l’ immagine della Santa Vergine Maria che quell’ uomo aveva appena ardentemente invocato ( il dipinto è quello posto nella cappella in cima all’altare maggiore).
Diffusasi rapidamente la notizia del miracolo , presto quel luogo divenne meta di pellegrinaggio popolare e e oggetto di invocazioni .
La cappella prende il suo aspetto definitivo con Raimondo de Sangro , principe di Sansevero .
La statua e’ opera dello scultore veneto Antonio Corradini ( anch’egli massone ) : Essa rappresenta una bellissima donna con il capo ed il corpo ricoperti da un sottilissimo velo attraverso il quale traspaiono le belle ed eleganti sembianze della giovane . L’opera che mostra una donna nuda, piuttosto giunonica, ricoperta da capo a piedi di un finissimo velo di marmo che ne fa intravedere in ogni dettaglio le sembianze , secondo alcuni rappresenterebbe l’allegoria della sapienza il cui velo deve essere sollevato da chi vuole impadronirsene. , mentre la lapide spezzata vuole si ricordare da un lato che la madre è morta molto giovane, ma sta anche ad indicare secondo una misteriosa versione esoterica il sogno cullato da tanti alchimisti, e cioè quello di riuscire a sconfiggere la morte attraverso la creazione di un elisir di lunga vita. a cui pare il pricipe si stesse dedicamdo . La statua del Disinganno , posta di fronte alla Pudicizia e’ invece dedicata al padre ( Antonio de Sangro ) e’ invece opera di Francesco Queirolo e raffigura un uomo nell’ intento di liberarsi da una rete come fece il padre del pricipe , Antonio de Sangro, duca di Torremaggiore che si liberò di una vita dissoluta dedicandosi a Dio ( il padre da uomo di mondo , divenne sacerdote) . Essa vuole significare la redenzione del padre , il quale dopo una vita dissoluta , vuole uscire ” dall’ inganno terreno ” per convertirsi finalmente alla fede .La statua lo mostra mentre si divincola in una rete cercando di liberarsene con l’aiuto di un giovinetto alato . Il significato allegorico è quello di un uomo alle prese con le false verità della vita (la rete) dalle quali vuole liberarsi tramite l’intelletto (il giovinetto) .Il padre Antonio si ‘liberò’ infatti di una vita dissoluta per dedicarsi a Dio. Il genietto alato, il globo e il libro rappresentano invece la conoscenza e la saggezza che aiutano l’uomo a elevarsi a un livello spirituale superiore. Secondo un messaggio esoterico invece potrebbe essere interpretato secondo alcuni come l’invito a liberarsi di tutti i preconcetti per meglio comprendere i segreti alchemici . A colpire sopratutto l’attenzione di questa statua è il modo in cui la rete avviluppa il corpo e tuttavia non si fonde con esso. La rete circonda interamente una statua già scolpita, pur essendo parte integrante di essa. Sia il velo che la rete fanno pensare all’uso di un mastice-marmo descritto poi da uno degli artisti che contribuirono al restauro. Secondo alcuni il principe pare infatti che avesse creato un materiale estremamente malleabile che aveva la proprietà , una volta asciutto di diventare uguale al marmo . Secondo questa tesi , egli , dopo aver prima fasciato l’intera statua con una semplice rete di corda , avrebbe poi immerso la statua in questo liquido di sua invenzione . La corda a contatto del liquido avrebbe cristallizzando le sue fibra facendola così diventare del tutto simile al marmo.Di particolare effetto scenografico e’ anche il Sepolcro di Cecco de Sangro ,opera di Francesco Celebrano , dove dal sepolcro si vede fuoriuscire la figura allucinata di Cecco de Sangro con la spada sguainata.
Il sepolcro rappresenta il curioso episodio della vita del defunto , il quale, ritenuto morto in battaglia e gia’ chiuso in una cassa , ne usci’ con la spada in pugno terrorizzando i nemici .
Tra le tante leggende popolari intorno alla figura di Raimondo , l’ uscita dal sarcofago rappresenterebbe una prefigurazione della resurrezione dello stesso principe committente dell’ opera .
Raimondo de Sangro mori’ il 22 marzo del 1771 e intorno alla sua morte si sono accumulate e intrecciate varie leggende , la piu’ note delle quali lo vuole ucciso dal suo stesso tentativo di resurrezione .
Ma l’opera d’arte che maggiormente attira l’attenzione , posta al centro della cappella , è la famosa statua del Cristo Velato. oramai famosa in tutto il mondo . Uno dei capolavori della nostra città che per ammirare molti turisti sono oggi disposti a fare chilometriche file al botteghino.
La scultura ha affascinato i visitatori per due secoli e mezzo, impressionando artisti e scrittori (da Sade a Canova), ed è considerata fra i massimi capolavori scultorei al mondo. Essa fu Realizzata nel 1753 da Giuseppe Sammartino su commissione di Raimondo di Sangro, e raffigura Cristo deposto dopo la crocifissione, ricoperto da un velo che ne lascia trasparire le forme. Il velo è reso con una raffinatezza tale da ingannare l’occhio, e l’effetto dal vivo è davvero stupefacente: si ha quasi l’impressione che la “vera” scultura stia sotto, e che basti allungare una mano per sollevare il sudario.
Il tutto appare talmente impossibile da realizzare al punto tale di aver creato intorno al Cristo una delle leggende più dure a morire , secondo cui il principe , committente dell’opera, avrebbe in realtà realizzato personalmente il velo, apponendolo sulla scultura del Sanmartino e pietrificandolo poi con una tecnica alchemica di propria invenzione; non si spiegherebbe altrimenti secondo molti , la prodigiosa liquidità del drappeggio, e la “trasparenza” del tessuto.
CURIOSITA’ : Una recente scoperta pare che dimostri come il velo non sia di marmo, come si era finora creduto, bensì di stoffa finissima, marmorizzata con un procedimento alchemico dal Principe stesso a tal punto da costituire insieme alla scultura sottostante un’unica opera.
Nell’Archivio Notarile è stato infatti rintracciato il contratto tra Raimondo di Sangro ed il Sammartino per la realizzazione della statua. In esso si legge che lo scultore si impegna ad eseguire “di tutta bontà e perfezione una statua raffigurante Nostro Signore Morto al naturale da porre nella chiesa gentilizia del Principe”. Raimondo di Sangro si obbliga, oltre a procurare il marmo, “ad apprestare una Sindone di tela tessuta, la quale dovrà essere depositata sopra la scultura; acciò, dipodichè, esso Principe l’haverà lavorata secondo sua propria creazione; e cioè una deposizione di strato minutioso di marmo composito in grana finissima sovrapposto al velo … dinotante come fosse scolpito di tutto con la statua”. Il Sammartino si impegna inoltre a “non svelare al compimento di essa (statua) la maniera escogitata dal Principe per la Sindone ricovrente la Statua”. Allo stupefacente contratto si aggiunge un ulteriore documento nel quale è riportata la ricetta per fabbricare il marmo a velo. Se i due documenti stabiliscono senza equivoci i limiti dell’abilità del Sammartino mettono altresì in rilievo il talento alchemico del Sansevero che pone la sua perizia operativa al servizio della sua dottrina ermetica, dal momento che si impegna nella realizzazione di una delle immagini misteriche per eccellenza del simbolismo cristiano, quella della Sindone, il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù deposto dalla croce.
L’ultima uscita pubblica del Principe avvenne infine nel luglio 1770, quando un’elegante «carrozza marittima» solcò iil golfo di Napoli apparentemente trainata da cavalli ma in realtà mossa da un ingegnoso sistema di pale a foggia di ruote. Da lì a poco, la sera del 22 marzo 1771, nel proprio palazzo di Napoli , per malore cagionatogli dall’inalazione o ingestione di una sostanza chimica derivata da un suo esperimento , lo colse la morte . Si racconta che egli stesse lavorando da lungo tempo in quel periodo ad un potente elisir in grado di donare a chiunque lo ingerisse l’immortalità .
Sulla sua lapide tombale presente nella cappella su una grande lastra di marmo troviamo scritto tra le altre cose in latino :
Ma, nonostante l’imponente dimora, il suo corpo non si trova all’interno del sepolcro ed i resti delle sue spoglie sono ancora oggi avvolto in uno strano mistero che ricalca molto il mito della morte e resurrezione di Osiride.
Si dice infatti che il Principe avesse scoperto una pozione capace di far tornare in vita i morti e su questa diceria è ovviamente nata intorno ad essa una ennessima leggenda legata al Principe alchimista.
Secondo questa , un giorno il principe convinto di essere vicino alla morte , decise di porre finalmente in atto una delle sue ultimi invenzioni e per metterla in atto dovette avvalersi per forza di un suo servo al quale diede precise istruzioni . Dopo la sua accertata morte egli avrebbe dovuto tagliare a pezzi il suo corpo e chiuderlo in un pposito baule da lui appositamente costruito . Gli ordini furono che nessuno doveva aprire il baule prima di tre giorni , per dare così modo alla pozione di agire e, ricomporne le parti in modo che poi egli potesse integro ritornare in vita .
Quando avvenne il fatidico giorno , il domestico seguì alla lettera gli ordini del suo signore e si pose poi a guardia al baule, Ma qualcosa andò storto .I parenti , all’oscuro di tutto , nella fretta di aprire il baule nella sperando di trovare nel forziere dei tesori, , mettendo da parte il servo aprirono contro la sua volontà il baule convinti che nascondesse chissa quale ricchezze . All’apertura del baule , con grande sorpresa e paura di tutti il corpo ancora in via di ristrutturazione del Principe si sollevò di scatto nel tentativo di risollevarsi . Il principe fissò i presenti con occhi pieni di orrore cadde immediatamente emettendo un urlo agghiacciante. Poi il cadavere si disfece sul fondo del baule.
Lo stesso Benedetto Croce ne parla nel memorabile ‘ storie e leggende napoletane’ : ……“Quando sentì non lontana la morte, provvide a risorgere, e da uno schiavo moro si lasciò tagliare a pezzi e ben adattare in una cassa, donde sarebbe balzato fuori vivo e sano a tempo prefisso; senonché la famiglia […] cercò la cassa, la scoperchiò prima del tempo, mentre i pezzi del corpo erano ancora in processo di saldatura, e il principe, come risvegliato nel sonno, fece per sollevarsi, ma ricadde subito, gettando un urlo di dannato”……
Una incredibli e suggestivo racconto diventuto leggenda avvalorato dal fatto che del corpo del Principe e dei suoi resti non siè mai trovato nulla , ne nel sarcofago che sotto la lapide della cappella . Dov’è finiito il suo corpo ?
Qualcuno ipotizza che possa addirittura che il suo corpo possa essere stato trafugato dai suoi fratelli massoni per seppellirlo altrove mentre alcuni sostengono invece che possa essere stato poi distrutto da chi in zona lo credeva un inviato del diavolo .
Una ancor più fantasiosa leggenda narra che quell’ultima invenzione del principe non fosse altro che il famoso Elisir di lunga vita , la famosa pietra filosofale , capace di dare la vita eterna e che addirittura il Principe grazie ad essa oggi sia ancora vivo perche uscito da solo con le le sue gambe dalla propria tomba e trasferitosi poi chissa dove per non farsi riconoscere e mantenere così custodito per sempre il suo segreto come si conviene ad ogni buon alchimista per non farlo giungere in mani sbagliate .
…… e se quella sinistra figura notturna somigliante ad un fantasma che gli abitanti del luogo giurano di vedere in talune notti somigliante al Principe fosse invece realmente ancora il Principe in carne e ossa ?
Magari chissà … in tanti decenni di studio incessante il Principe di San Severo forse ha davvero scoperto l’elisir di lunga vita ……..
D’altronde a meno che non si tratti di papiri bruciati , dall’imprevedibile Principe potremmo aspettarci di tutto.
.