La Basilica del Gesù Vecchio si trova in fondo a Via Giovanni Paladino, una piccola stradina che si imbocca da piazzetta Nilo in pieno centro storico della Napoli Antica, in quella zona che comunemente viene chiamata Spaccanapoli.

 

La chiesa  è stata la prima chiesa dei gesuiti a Napoli. Fu edificata nel 1554 e mostra una facciata in stile tipicamente barocco al centro della quale si trova il portone d’accesso.
Il suo interno, con rivestimenti marmorei, decorazioni ed un bellissimo altare del Fanzago mostra una pianta a croce latina  con un’unica navata su cui affacciano numerose cappelle laterali.
In esse troviamo conservate numerose opere d’arte dei maggiori artisti dell’epoca come Battistello Caracciolo (terza cappella di sinistra ), Marco Pino da Siena, Girolamo Canatiempo, Cesare Fracanzano , Francesco Solimena ( nel Cappellone di Sant’Ignazio) e Francesco de Mura ( nella sacrestia )
Le statue portano la firma di famosi scultori come Pietro Ghetti e Cosimo Fanzago ed in ambienti adiacenti, si trovano statue a grandezza naturale di un presepe ottocentesco.


L’altare maggiore, invece, racchiude una scultura dell’Immacolata appartenuta a Don Placido divenuta con il tempo assai famosa perché  ritenuta miracolosa.


Don Placido fu sacerdote nel Gesù Vecchio dal 1806 al 1851, ed era fortemente devoto alla Madonna ( ed alla sua statua ) per averlo liberato dal carcere e da una condanna a morte al tempo della rivoluzione napoletana del 1799. ( Don Placido Baccher, apparteneva ad una famiglia molto devota a Re Ferdinando IV di Borbone, e proprio per tale motivo si salvò solo   miracolosamente dalla famosa rivoluzione  giacobina  del 1799 . Perse comunque in quel periodo un fratello, amante di Luisa Sanfelice, che fu fatto fucilare per colpa dei rapporti che egli aveva con  questa donna )

La Chiesa un tempo era frequentata da moltissimi aristocratici, popolani, borghesi, commercianti e spesso anche dalla corte, sopratutto per le omelie di Don Placido, un sacerdote che molti consideravano quasi un santo.
Anche gli stessi reali borbonici non mancavano di stimare  il sacerdote e Ferdinando II  con la Regina e con tutta la corte si recavano spesso nella basilica del Gesù Vecchio in visita al reverendo: l’incontro avveniva nel centro della Basilica, il re e don Placido si inchinavano reciprocamente incerti se dovesse prevalere la maestà o la santità.
I rapporti con la casa reale erano tali che non di rado don Placido rimproverava anche i reali.
La statua della Madonna era molto venerata dal popolo e dalla nobiltà: si pregava, si invocavano grazie e intercessioni, si ringraziava per una malattia guarita, per un figlio nato, un matrimonio realizzato, un lavoro trovato, una pace fatta, e tante, tante altre cose.
Con il tempo  si parlava sempre più frequentemente della Madonnina di don Placido e delle grazie che si riusciva ad ottenere dalla stessa e per questo venne di conseguenza ufficialmente incoronata il 30 dicembre del 1826  protettrice di Napoli dal Cardinale Luigi Ruffo Scilla con la partecipazione commossa di tutta la città.

Nel giorno seguente all’incoronazione, mentre don Placido si recava all’altare per celebrare Messa, l’Immacolata gli apparve e gli disse:” Beati… particolarmente tutti quei sacerdoti che celebreranno al mio altare e beati i fedeli che vi faranno la Comunione nel sabato seguente la mia incoronazione”, il sabato dopo il 30 dicembre.
Da allora viene ancora oggi celebrato ogni anno quello che fu definito il “sabato privilegiato ” dove la tradizione della chiesa porta  a venerare in quel giorno la Madonna Immacolata di Don Placido.
E’ una giornata che la città non trascura, nell’antica tradizione napoletana, una grande festa liturgica e di popolo che  da allora nonostante siano trascorsi quasi due secoli  continua ancor oggi; sembra che il tempo si sia fermato, tutti accorrono numerosi a celebrare la  scultura dell’Immacolata, appartenuta  a don Placido.
La tradizione del “Sabato Privilegiato” di generazione in generazione, tramanda il suo culto che viene rispettato con fede e convinzione da  una folla di fedeli che si riversa nella chiesa in una una processione che dura un giorno intero.

 

Quando i gesuiti furono espulsi dal regno di Napoli (1767) il collegio divenne la sede dell’università degli Studi e della Biblioteca e la Chiesa venne rinominata “del Santissimo Salvatore”. Solo nel 1804, con il ritorno dei Gesuiti, la Basilica riprese l’appellativo originale, al quale venne aggiunto l’appellativo di “vecchio” a causa della costruzione di un’omonima chiesa in città, quella del Gesù Nuovo.
Nel tempo la chiesa si allargo’ dando origine alla formazione di un collegio che ebbe tra i suoi allievi Torquato Tasso e sopratutto  Giambattista Vico.
Il collegio ha conservato ai due lati i suoi monumentali cortili: a destra il cortile delle statue ( il nome dalla presenza dei numerosi busti che si trovano nel porticato ) mentre a sinistra troviamo il chiostro del Salvatore che ospita anche un museo di scienze naturali e fisiche.

 

 

ARTICOLO DI ANTONIO CIVETTA

 

  • 20006
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