Lazzari e scugnizzi sono nomi diversi ,  dati ad una stessa tipologia di ragazzi vissuti pero’ in epoche diverse. Essi sono talmenti  simili  nel modo di fare e vivere , da poterli di fatto considerare uno gli antenati dell’altro .
Veri rappresentanti di  una Napoli popolare povera ma felice e amante della propria città ,hanno rappresentato nel corso dei secoli l’anima più genuina del popolo.

 

Definiti anche guaglioni o sciuscià, appaiono nelle varie immagini a noi giunte sempre sorridenti e distesi al sole ma la loro vita è stata frequentemente una storia di miseria, analfabetismo e sofferenza vissuta per strada nell’arte continua di arrangiarsi . La loro regola di vita comune , anche se vissuta in epoche diverse e’ sempre stata fuori dai canoni  della normalita’ dell’epoca in cui hanno vissuto , non rientrando negli usuali schemi mentali e nella dottrina del perbenismo di  molti storici  e  illustri personaggi del loro tempo .

In comune hanno avuto lo stesso amore viscerale per la propria citta’e stesso sprezzo del pericolo dettato da un comune senso di libertà contro gli oppressori francesi o tedeschi che siano .
A differenza delle altre classi sociali , che spesso restavano fuori dai giochi , in calcolata attesa del proprio tornaconto , essi in entrambi gli episodi che li hanno visti protagonisti nel corso della storia hanno mostrato pagando con il proprio sangue il loro attaccamento alla città’ , alla loro liberta’e alla loro dignita’
I Lazzari infatti affrontarono, quasi disarmati, le truppe francesi nel 1799, mentre i scugnizzi affrontarono  per ben quattro giornate ,  le truppe naziste per liberare durante la seconda guerra mondiale la propria città’.

 

Entrambi anarchici per il loro modo di vivere ma sopratutto liberi !!!
Era questo il loro punto forte che tutti noi ancora oggi invidiamo : essi non hanno avuto padroni  a cui sottostare ed hanno avuto la forza di essere al di fuori di tutte le esigenze sociali .
Questo li ha resi obiettivamente degli uomini liberi  capaci di godersi  in piena libertà ogni momento  della propria vita,  in festa  o in guerra  (senza divisa e senza scopo di medaglie) .
Sono vissuti liberi di vivere la propria città senza dare conto a nessuno.
Non  sono stati affiliati della camorra , e non sono stati servi della intellighenzia cittadina filogiacobina , non sono stati assoggettati dalla chiesa ( anzi sono stati malvisti perché’ li avrebbe preferiti mendicanti ) e sono stati  odiati dalla borghesia ( durante le loro ricorrenti insurrezioni contro il malgoverno spagnolo , spesso i lazzari sottraevano i loro beni occupando i loro palazzi ).
E durante la seconda guerra mondiale non sono stati neanche disposti ad essere prigionieri dei temuti nazisti .

Sono stati liberi , vestiti male , ma liberi : gioiosi e padroni della città’ che amavano quotidianamente vivere pericolosamente .Essi per gioco e senza regole di vestiario , seminudi e laceri , nonostante la loro quotidiana vita difficile e stentata, non hanno mai perso la loro voglia di sorridere sempre e comunque,  incuranti delle difficoltà, e  rassegnati  di non avere nulla ma consapevoli allo stesso tempo  di non avere proprio per questo nulla da perdere. Per tetto hanno avuto per anni soltanto il cielo stellato di Napoli dove grazie al suo  clima quasi sempre mite hanno potuto   fare a meno di vestire pesante .
Grazie al  bassissimo prezzo della frutta, presente nella estesa e fertilissima campagna e grazie all’abbondanza del pescato che si poteva  ottenere nelle acque del golfo essi riuscivano comunque  a sfamarsi senza tanti problemi.
La sua maestra di vita è stata la strada: con le sue durezze, ma pure con le sue grandi opportunità. Sempre in giro, dalla mattina alla sera, lo scugnizzo divertiva  e si divertiva.
I Lazzari non sono stati mendicanti, né ladri; anche se occasionalmente erano capaci di   trasformarsi negli uni e negli altri .

 

 

Nell’italiano comune Lazzaro ,  e’ sinonimo di persona pigra e indolente, o poco di buono.

Noi invece preferiamo la romantica descrizione del celebre scrittore francese e maestro del romanzo storico , Alexandre Dumas ,  ( famoso per capolavori come Il conte di Montecristo e I tre moschettieri ) in carica a Napoli per quattro anni su nomina di Garibaldi  in qualità di’  Conservatore dei Musei e Direttore  del giornale L’Indipendente ( dal 1861 al 1864).
Intorno alla sua permanenza a Napoli , si racconta che quando egli nel 1864 lasciò la nostra Città  per tornare a Parigi,  fermandandosi a guardarla  per l’ultima volta abbia detto commosso : “Lascio la più bella città del mondo”.
Nel corso dei suoi numerosi soggiorni napoletani, Dumas ebbe modo di conoscere bene la città della quale si innamora ed i suoi abitanti, che descrisse in modo mirabile in alcuni suoi libri.

Nel suo romanzo “Il Corriculo” egli così descrive i ” lazzaroni ”

Il Lazzarone e’ il figlio primogenito della natura : per lui il sole brilla e il mare mormora e la creazione sorride. Gli altri uomini hanno una casa , una villa , un palazzo; il lazzarone ha il mondo , lui non ha padrone , non ha leggi , e’ al di fuori di tutte le esigenze sociali . Dorme quando ha sonno , mangia quando ha fame , beve quando ha sete . Gli altri popoli si riposano quando sono stanchi di lavorare : lui invece , quando e’ stanco di riposare lavora …..

 

Etimologicamente la parola ” lazzaro” deriva dal vocabolario spagnolo ” laceria ” che significa lebbra e miseria insieme.
Con questo termine infatti si denominava nello spagnolo antico sia la lebbra che la miseria
(dal latino lacerus: lacero, strappato) per cui lazaro ha il significato di pobre andrajoso, ovvero di pezzente cencioso.
Il termine lazzarone, invece ha origine dallo spagnolo lazaros  e fa  riferimento al Lazzaro evangelico e agli stracci di cui era avvolto.
San Lazzaro d’altronde era ed e’ ancora oggi il protettore dei lebbrosi .
La lebbra , apparsa a Napoli nel Medioevo , colpi’ come in ogni altra città’ , un certo numero di persone che emarginate dalla societa’ , se ne andavano in giro scalze e avvolte in un logoro camice .
Lo stesso abbigliamento indossato da uno stretto strato  del popolo ( pantalone di tela tento stretto in vita) che fu quindi per associazione di vestiario chiamato ” Lazzaro” poi degenerato in ” lazzarone “.
Quindi con la parola  lazzari (o anche lazzaroni) si indicarono i giovani dei ceti popolari della Napoli del XVII-XIX secolo.
Questi giovani ragazzi , spesso orfani e abbandonati  in strada erano dei veri sopravvissuti  quotidiani che dovevano la loro  vita solo alla loro arte di  sapersi adattare e arrangiare a qualsiasi situazione avversa , sfruttando le poche situazioni favorevoli .

 

Nonostante poveri  , essi , grazie anche alle condizioni climatiche favorevoli , riuscivano comunque a sopravvivere grazie alla loro arte di arrangiarsi e senza eccessive preoccupazioni nel doversi procurare cibo e vestiario.
Si adattavano a compiere qualsiasi mestiere che si presentasse loro occasionalmente, non mancando di mendicare , e talvolta, di compiere qualche piccolo furto o raggiro .
Vivevano giorno per giorno senza preoccupazioni per il domani , nutrendosi  di soli ortaggi e maccheroni che compravano per strada .
Indossavano spesso un pantalone di tela e solo se faceva molto freddo indossavano  un mantello. Sul loro capo portavano sempre un berretto rosso.
Dormivano quasi tutto l’anno all’aria aperta e solo d’inverno si riparavano in anfratti e cave e nei periodi di grandi carestie , come quella del 1589 , non era raro trovare il loro corpo  , abbandonato al freddo e alla fame , all’ angolo di un vicolo ,e  privo di vita.

 

A questo proposito nacquero in citta’ molte opere misericordiose che pigliato a cuore il problema  cercarono di arginare il fenomeno . Tramite queste , molti bambini abbandonati per miseria venivano raccolti  e veniva dato loro un alloggio sotto il cui tetto potevano anche trovare un letto caldo .
Sorsero a tale  scopo anche   4 istituti musicali che nella  prima metà dell”800 furono poi tutti raggruppati nell’unica scuola musicale di San Pietro a Majella.
Le strutture  organizzarono accoglienti spazi destinati ad ospitare degli orfanelli raccolti per strada , che venivano poi avviati agli  studi musicali . I giovani ragazzi potevano così ritrovare  un letto al coperto ed un pasto caldo quotidiano.

Ma molti lazzari temevano questi posti poichè era risaputo in città che  alcuni di quei ragazzi loro amici accolti in conservatorio avevano poi  finito per aumentare le fila dei ‘famosi cori bianchi‘: un gruppo di ragazzi eunuchi dalla voce bellissima e cristallina che deliziavano l’ascolto di persone presso salotti privati o interi teatri (alcuni di loro sono poi divenuti famosissimi come Farinelli o Moreschi) o meglio in chiesa dove facevano parte di selezionati cori .
C’è stato infatti, purtroppo, un tempo in cui le voci bianche cantavano al posto delle donne: ‘Mulier taceat in ecclesia‘ la donna in chiesa deve tacere. E se non poteva parlare figuriamoci se poteva cantare! Allora per poter ottemperare a questa prescrizione e avere comunque cantanti che potessero eseguire le parti femminili, tra il XVII e il XVIII secolo e perfino in pieno 800 in Italia furono evirati migliaia di bambini. Il loro impiego si diffuse poi anche nelle esecuzioni musicali profane.
Per avere una voce così bella era necessario che la castrazione si facesse prima della pubertà, cioè prima della muta della voce poichè solo così in teoria il risultato poteva essere eccellente: si otteneva una voce femminile emessa però da un torace maschile, che può contenere molta più aria, e attraverso corde vocali maschili che per vibrare hanno bisogno di meno aria e possono quindi tenere una nota più a lungo. Potevano arrivare a coprire anche tre ottave e mezza, un’estensione vocale fuori dal comune.

I piccoli lazzari così spesso quando vedevano prelati o maestri di musica interessati spesso …… fuggivano .

 

Il classico Lazzaro era un uomo rozzo , privo di cultura e  capace di tutto nei momenti di ira , ma se preso con garbo , era  umile , sottomesso , gioviale, allegro , spavaldo e intelligente.
Erano considerati  in generali come dei pochi di buono , pigri ed e indolente che odiavano il lavoro , inteso come fatica . Ma erano comunque allegri e sopratutto ( per necessita’) furbi , ed  erano inclini ad assumere impegni di qualsiasi natura sopratutto se motivati .
Particolarmente famoso fu a tal proposito , il ruolo da loro svolto nella difesa sanfedista della città a favore del re Ferdinando , contro gli insorti  giacobini della Repubblica napoletana del 1799 sostenuti dalla Francia rivoluzionaria.
In questa occasione , infatti, essi combatterono contro l’esercito napoleonico,  in nome della tradizione cattolica, e difesero Ferdinando IV quale legittimo re , dall’attacco francese al Regno di Napoli .
I lazzari , pur essendo quelli piu’ sfavoriti  dalle condizioni socio-economiche esistenti allora nel regno si batterono sulle mura di Napoli, in modo ininterrotto, per tre giorni, nel gennaio del 1799 per difendere il loro re ( a differenza dei nobili aristocratici )  che essi consideravano uno di loro ( lo soprannominarono  “Re Lazzarone ”  o molto confidenzialmente “Re Nasone ” per le evidenti grosse proporzioni del suo naso) .

Ferdinando IV d’altronde fin da piccolo mostro’ un grande amore per i piccoli  Lazzari con cui egli amava  mischiarsi entrando in gran confidenza con loro e vivendo da napoletano verace. Paradossalmente si fidava piu’ di loro che del suo corpo di polizia . Basta pensare che quando egli dovette lasciare la citta’ per una visita diplomatica alle altri corti europee, furono  i “gran marescialli” della Lazzaria a garantire al Re l’ordine nella capitale del Regno delle Due Sicilie, con gran rabbia della camorra e grave scorno della polizia.
I Lazzari d’altra parte , rappresentando il 10 % dell’ intera popolazione napoletana , non mancarono mai di offrire il proprio braccio alla difesa del Re ( una forza di circa 50.000, 60.000 uomini decisi a tutto ).
Amavano molto il loro re , per molti tratti simile a loro al tal punto che ogni l ogni Lazzaro era solito ripetere  orgogliosamente che Napoli aveva soltanto tre padroni:  il primo S. Gennaro, poi il Re e, infine se stesso.

Combatteremo con ardore per difendere il loro re ed il suo regno.
Le forze francesi molto superiori di numero , li soverchiarono e alla fine morirono in diecimila per difendere la città ed il suo re Lazzarone.  In seguito, non contenti molti di loro  si allearono alle truppe sanfediste del cardinale Fabrizio Ruffo che anni dopo riconquistò Napoli , ponendo termine all’esperienza politica della Repubblica Napoletana.

 

Ma gli stessi Lazzari erano tra quelli scelti anni prima da Masaniello per fare gli “Alabri” , ovvero degli adolescenti “guaglioni” che partecipando alla rituale festa che si teneva in Piazza del Carmine , avevano il compito di espugnare il castello di legno costruito in mezzo alla piazza armati di soli bastoni recitando il ruolo degli arabi .
La rituale festa che si teneva ogni anno avveniva per celebrare la famosa  battaglia della Goletta.  Si costruiva un castello ed intorno ad esso si scatenava una finta battaglia fra i saraceni , difensori della Goletta , ed i cristiani , che finivano per conquistare e bruciare il castelletto . Con l’andar del tempo il castelletto non fu piu’ costruito e si penso’ di fingere l’ incendio del campanile…. Ancora oggi ogni anno  , il 16 luglio , giorno della Madonna del Carmine , una grande festa popolare si svolge nella piazza , raggiungendo il suo culmine nel simulato incendio del campanile .

Ricordiamo che gli Alabri scelti da Masaniello ( ragazzi tra i 14 ed i 17 anni ) furono usati per incrementare i disordini della organizzata rivolta che avvenne in piazza del Carmine da parte del popolo contro il governo spagnolo .
L’ occasione fu il ritorno della gabella sulla frutta. I venditori rifiutarono di pagare la gabella Iniziarono tafferugli tra urla e schiamazzi . L’ eletto del popolo Andrea Naclerio schiaffeggio’ il cognato di Masaniello , il grossista Maso Carrese , il quale reagi’ buttando a terra la frutta e colpendo il Naclerio.
Intervennero gli alabri che incrementarono i disordini ; essi insieme a centinaia di giovani laceri e scatenati , devastarono il mercato della frutta ,  ; il popolo visto il coraggio dei gioveni lazzari incomincio’ ad animarsi e ad aizzarsi contro chiunque si opponeva al loro grido di ribellione . Irruppero negli edifici del dazio e li misero a ferro e fuoco .
Masaniello , a questo punto incito’  la folla osannante alla ribellione . Questa individuato in lui capo  si avvio’ inferocita in corteo verso il palazzo del vicere’ che impaurito fuggi’ e si rintano’ nella chiesa di San Luigi .
Il giorno successivo i disordini continuarono piu’ violenti che mai . La folla si armo’ e si organizzo’ : tutti i Lazzari  scegliendo per insegna una bandiera nera si riversarono  in strada seminudi e laceri ; inizio’ la vendetta contro i nobili e contro i gabellieri .Furono  incendiati   alcuni palazzi di proprieta’ di signori particolarmente invisi al popolo per varie angherie praticate . Molti palazzi nobiliari , abbandonati dai loro proprietari in fuga , furono occupati dai ribelli e depredati di ogni bene.

 

I Lazzari sono stati  anche gli antenati dei famosi “scugnizzi ” resisi protagonisti nella Napoli occupata dai nazisti ……

Il termine Scugnizzo deriva dal verbo “scugnare” cioè scalfire. Quello che andava scalfito era lo strummolo: una rudimentale trottola di legno dotata di una punta di ferro, il perno sul quale la trottola, abilmente manovrata, girava. Lo sfizio dei ragazzini ” ‘e miez’a via” era quello di “scugnare“, ovvero di scheggiare lo strummolo degli altri, con la punta di ferro del proprio. Da qui, “Scugnizzi.”
Lacero e  vestito di stracci, lo scugnizzo era un ragazzo cresciuto quotidianamente in strada: dormiva nel  basso in cui abitava e viveva perennemente in strada . I genitori non se ne occupavano.  Lo scugnizzo era privo di educazione e non andava  a scuola .

 

 

Essi furono protagonisti delle famose quattro giornate di Napoli che vide insorgere il popolo napoletano da solo contro i tedeschi per ben quattro giorni  ( dal 27 al 30 settembre 1943)  per liberare la città’ dalla loro occupazione .

 

A Napoli, i tedeschi  durante la seconda guerra mondiale , per vendicarsi dell’armistizio firmato da Badoglio ,(  che consideravano un vero e proprio tradimento  ) , misero in atto tremende ritorsioni e  l’ordine di deportazione nei campi di lavoro tedeschi per  di tutti i maschi fra i 18 e 33 anni.
Bloccarono tutte le strade della citta’ e incominciarono a fermare ed arrestare tutti gli gli uomini che per disgrazia si trovavano a passare in quel momento . Questi furono poi caricati con la forza sui camion e chiusi nello stadio Collana  in attesa di essere deportati. Le case e i negozi furono saccheggiati e gli uomini e le donne che si opponevano furono fucilati sul posto.
La popolazione, già’ di per se  ridotta alla disperazione , priva di cibo e d’acqua , cominciò ad assumere atteggiamenti sempre piu’ ostili verso le truppe naziste  e con il passare dei giorni incomincio’ a tramare feroci scontri organizzando  numerosi agguati a scapito dei soldati tedeschi  che applicarono  subito una ritorsione durissima contro i ribelli .  Il colonnello Hans Scholl ordinò  il coprifuoco e dichiarò lo stato d’assedio con l’ordine di uccidere tutti coloro che si fossero resi responsabili di azioni ostili alle truppe tedesche ordinando che : “per ogni tedesco morto saranno uccisi cento napoletani “.
Gli episodi di intolleranza di contro si intensificarono e  la popolazione anziche’ arredendersi  incomincio’ ad organizzare la resistenza ;  le donne in cerca di viveri e d’indumenti, gli uomini in cerca d’armi e munizioni. Il popolo vide come unica possibilita’ di libertà’ , al contrario di Badoglio , quella di scendere in strada e combattere da soli per liberarsi dei tedeschi  .I napoletani accomunati tutti dallo stesso spirito di liberazione , imbracciarono  il fucile e incominciarono la caccia al tedesco . In molti punti della citta’ incominciarono i primi scontri che in poche ore divennero sempre più numerosi ,  la gente iniziò a riunirsi  armata per le strade, a bruciare le camionette nemiche, e  a creare barricate per impedire il passaggio delle truppe tedesche. Gli abitanti del Vomero riuscirono a impadronirsi di armi e munizioni depositate in un arsenale e da quel luogo dove costituirono per iniziativa di Antonino Tarsia , il Comando Partigiano , incominciarono le quattro giornate di Napoli .
Combatterono tutte le fasce sociali della popolazione e con tutti i mezzi a loro disposizione   : armi, mobili , materassi ed anche vasche da bagno che pur di sbarrare la strada ai tedeschi   venivano gettate dai balconi e poste come barriera  .
Parteciparono alla lotta uomini, donne , bambini , studenti ( come quelli del liceo Sannazzaro al Vomero ) , intellettuali come Alfredo Paruta (  pubblicazione del giornale « Le barricate» ) ,  operai delle fabbriche  , ma sopratutto tanti scugnizzi dei quartieri popolari .

Il gruppo piu’ folto e coraggioso dei rivoltosi che si mise in luce nei combattimenti , era infatti formato proprio da tipici scugnizzi napoletani che impavidi e incuranti di essere ammazzati  , senza alcuna paura ,  rubavano armi ai tedeschi  caduti  e li riportavano  dietro le barricate dei rivoltosi dove essi stessi si rendevano poi protagonisti di eroici scontri contro le truppe tedesche  .

 

La notizia che un gruppo di ragazzini stava mettendo a dura prova le truppe naziste si diffuse ben presto nella città
Tra i tanti scugnizzi  a reagire e a ribellarsi all’oppressione dei soldati nazisti  si mise particolarmente in luce il piccolo Gennarino Capuozzo di soli 12 anni che sfrontato  e ribelle insieme ad alcuni suoi amici si rese protagonista della cattura di un automezzo militare tedesco ;  con il suo gruppo si appostò dietro alcuni blocchi di cemento sulla strada tra il Frullone e Marianella e attese che un  camion con dei  soldati  tedeschi a bordo fosse vicino. Appena l’automezzo con i tedeschi fu a portata di tiro, essi spararono a ripetizione sul camion  con le loro mitragliatrici e lanciarono bombe a mano. Il camion tedesco provò a togliersi dalla strada, ma Gennarino riuscì ad avvicinarsi e a gettare una bomba a mano contro il mezzo militare. “Ora scendete”, intimò Gennarino puntando la sua mitraglietta. Dal camion scesero i tedeschi con le braccia aperte e furono portati come prigionieri all’accampamento degli insorti dove Gennarino fu trattato da eroe.
I giornalisti cominciarono a parlare di Gennarino e ci fu qualche fotografo che pubblico’ la sua immagine.Tempo dopo ,  Gennarino ,  saputo che in  via Santa Teresa erano in atto grandi  scontri ,  decise di recarsi insieme ai suoi amici scugnizzi sul luogo dove la popolazione  aveva alzato barricate, con i mobili che  aveva buttato giù da finestre e balconi, per respingere i tedeschi. Prese il mitragliere di un soldato morto, si riempì le tasche con le bombe a mano e corse impavido verso un carro armato tedesco . “Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani“, urlò. “Vedrete chi è Gennarino Capuozzo”. Ma mentre stava togliendo dalla bomba la sicura, una granata del nemico lo centrò in pieno.
I napoletani che stavano combattendo a qualche metro di distanza lo videro sparire tra la polvere dell’esplosione, non lo sentirono nemmeno gridare, corsero da lui sperando di poterlo aiutare, ma era tardi. Il suo corpo giaceva immobile, il volto sfigurato da quello scoppio, la bomba ancora stretta in pugno

 

Era il 29 settembre. Quella sera stessa, i tedeschi trattarono la resa con gli insorti: il comandante del presidio maggiore tedesco con la bandiera bianca issata  chiese di trattare la resa. Ottennero di uscire indenni da Napoli in cambio del rilascio degli ostaggi ancora prigionieri al campo sportivo. Furono costretti così’ ad ordinare l’evacuazione del campo sportivo e la restituzione dei 47 ostaggi detenutivi, in cambio della loro immunita’.
Si tratto di una vera umiliazione per i nazisti che creduti di imporre il loro dominio alla città’ di Napoli , pur di avere salva la vita dovettero sottomettersi ad un gruppo di « straccioni» ribelli.
Il giorno dopo, il 30 settembre, le truppe tedesche lasciarono la città. I napoletani avevano vinto e il corpo di Gennarino Capuozzo fu venerato come si venerano i martiri di guerra.
A Concetta Capuozzo, la mamma di Gennarino, fu assegnata una medaglia d’oro al valor militare alle memoria di quel piccolo, grande eroe. Mentre le intere quattro giornate valsero alla città di Napoli il conferimento della medaglia d’oro al valore militare.
Il prezzo che la popolazione pago’ per la sua insurrezione  fu molto alto ed il bilancio alla fine delle quattro giornate fu amaro; 168 patrioti combattenti caduti; 140 vittime tra i civili, 162 feriti, 75 gli invalidi civili, 19 caduti ignoti (l’elenco delle perdlte continua ad accrescersi anche dopo la liberazione della città: nel pomeriggio del 7 ottobre il palazzo delle Poste, appena riattivato, saltò in aria a causa delle mine lasciatevi dai tedeschi, provocando la morte di molti cittadini.

Ma ritorniamo agli antenati degli eroici scugnizzi : i Lazzari e la loro evoluzione .

Questi con il tempo ebbero una naturale evoluzione : la loro iniziale misera condizione di vita dettata da disagiate condizioni economiche assunse  poi nel tempo una vera e propria evoluzione trasformandosi in  un vero e proprio atteggiamento psicologico e morale .
Il loro iniziale atteggiamento gioviale, furbo e orgoglioso , accompagnato spesso da un numero crescente di ingiustizie perpetuate dai vari sovrani che hanno governato la citta’( vedi le numerose tasse e la rivolta capeggiata da Masaniello ) ) si trasformo’ lentamente in un atteggiamento rissoso, prepotente , arguto e versatile a qualsiasi attivita’ , anche illecita …
…  e lentamente  il limite tra Lazzaro e camorrista divenne nel tempo impercettibile al punto spesso di far coincidere le due figure . Bisogna anche dire che almeno inizialmente , erano certamente i soggetti piu’ facili  da reclutare per le loro miserabili condizioni di vita , abbandonati dagli organi di stato e facili preda di un sistema che senza tanta burocrazia ti offriva lavoro ma sopratutto guadagni in tempo immediato.
I  Lazzari  lentamente non somigliarono  piu’ a quelli  prima  descritti  : essi non andavano  piu’ in giro ricoperto da cenci e raramente si vedevano  scalzi  .
Costituirono nel tempo una loro comunita’ ed infine  una società con  un loro codice ed una loro  gerarchia che prevedeva anche l’elezione di un capo, riconosciuto e accolto in via ufficiale anche dalla stessa corte reale.
I capi a differenza dei loro gregari vestivano con una giacca corta chiamata ”  camora ” ed indossavano un cappello bianco  con capelli rasati fin sopra le orecchie e la fronte .
Il loro luogo di ritrovo  era tradizionalmente Piazza Mercato, mentre il quartier generale dei capi-Lazzari era  invece  posto presso Porta Capuana
In particolari occasioni  furono addirittura incaricati del mantenimento dell’ordine pubblico dal re Ferdinando IV di Napoli e successivamente anche da Liborio Romano , Ministro della Polizia  ( corrispondente di Camillo Benso di Cavour ) che incarico’ di mantenere l’ordine pubblico a Salvatore De Crescenzo, capo della camorra dell’epoca, detto “Tore ‘e Criscienzo”.
Ad accogliere Garibaldi a Napoli che vi guingeva a bordo di un treno accompagnato da tutte le personalità che erano andate a Salerno per accoglierlo , vi ricordo che vi era Liborio Roma e Salvatore De Crescenzo,
Garibaldi quel giorno  , accompagnato dai due ” signori ” dopo aver percorso  via Marina, essere passato dinanzi il Maschio Angioino ed essersi fermato al Duomo per ascoltare il “Te Deum “e a Largo di Palazzo, ( attuale piazza del Plebiscito) si diresse a Palazzo Doria D’Angri, ( che affaccia su Largo dello Spirito Santo )  , dal cui balcone proclamò l’annessione delle province meridionali al Regno sabaudo .

 

 

Garibaldi subito dopo formo’ immediatamente un governo con a capo proprio Liberio Romano che come primo atto ufficiale cedette al Piemonte la potente flotta da guerra borbonica e per seconda cosa stipulo’ un accordo con “Tore” per contrastare le eventuali sommosse e mantenere l’ordine in città’.
Lo chiamò per chiedergli di radunare tutti i capi-quartieri della città e stipulando un patto di aiuto reciproco nomino’ Salvatore De Crescenzo e altri camorristi funzionari di polizia in città’ consegnando di fatto la città’ nelle loro mani.

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