La pastiera napoletana , Insieme agli struffoli è il il dolce più antico di Napoli . La sua origine è attribuita in città alle suore di clausure del Monastero di San Gregorio , in Piazza San Gaetano , nel centro dei Decumani .Quì le suore preparavano non solo la famosa pastiera  , ma ogni anno a maggio , in onore del protettore , una famosa torta a base di rose e ricotta farcita con fragole, panna e cognac.

La pastiera è ancora oggi , un dolce molto legato alla tradizione pasquale, ed  è una delle torte più apprezzate di Napoli rappresentando  uno di quegli alimenti tipici della cucina casalinga. È  infatti un dolce tipicamente realizzato a casa, più che in pasticceria  e spesso  con leggere differenze in ciascuna famiglia al punto che  è spesso in senso bonario , pomo di discordia   tra parenti ed amici ,rappresentando l’ oggetto  di sfida nella preparazione e nel gusto ( ci si vanta spesso di fare la migliore  pastiera  ) .

Ognuno vanta la sua speciale ricetta: grano passato… no, grano intero; chi metà grano passato e metà no; chi non ci mette il cedro ,chi la fa alta, chi la fa bassa; chi la vuole molto succosa, bagnatissima, chi la preferisce appena umida, fine o granulosa .

Insomma lo è  forte, e la migliore è sempre chella ‘e mammà!

Mentre  la peggiore è certamente sempre quella che ti viene regalata dal parente… appena si  apre una pastiera ricevuta in regalo, scatta infatti sempre la solita frase “e chesta m’ha chiamme pure pastiera? ‘ a nosta è cientomila vote meglio!”.

La pastiera napoletana  è normalmente composta da una base di pasta frolla simile ad una crostata, farcita con grano, ricotta, zucchero,  uova,  frutta candita e aromi. Tra gli ingredienti come vedete vi è il grano, che a Napoli viene venduto già lessato e pronto per l’uso.

Si tratta di un dolce pagano fatto di farina di grano e ricotta che veniva in tempi antichi offerta alla Dea Cerere  ( Demetra ) per inneggiare alla Primavera .


 

Secondo sempre una leggenda pagana  , la pastiera nacque  dal culto della sirena Partenope. .Come infatti tutti sapete , la sirena Partenope , incantata dalla bellezza del golfo disceso tra Posillipo ed il Vesuvio  scelse come sua dimora fissa  il Golfo di Napoli,. Essa in questo meraviglioso luogo  spandeva ogni di tanto in tanto  li suoi canti e la sua voce melodiosa e dolcissima.voce  . La leggenda narra  che lei emergesse  dalle acque  in particolare  modo ogni primavera per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d’amore e di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato. 

A quel punto  , la popolazione locale  per ringraziarla  di un così grande diletto, decise di offrirle quanto di più prezioso avessero. Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, simbolo di forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; e simbolo di abbondanza , le uova, che richiamando la fertlità rappresentavano il simbolo della vita che sempre si rinnova;  il grano tenero ,e  bollito nel latte come simbolo della fusione del regno animale e vegetale , l’acqua dei fiori d’arancio, e altri agrumi visto che la diffusione delle arance in quell’epoca era molto limitato in Europa:  ( fatto, tra l’altro, che suscita non pochi dubbi sulla reale fondatezza storica della leggenda…),   quale profumo della terra campana , le spezie, quale omaggio  di tutti i popoli  del mondo allora conosciuto quale  simbolo stesso di integrazione e di accoglienza ( al grano ed alla ricotta italiana la pastiera  ed infine lo zucchero, per celebrare la dolcezza del canto della sirena. Partenope   gradì i tanti doni ,  e felice , si inabissò per fare ritorno alla sua dimora dove  inebriata incominciò a mescolare tutti gli ingredienti   al suono del suo  soavissimo canto, finchè non creò questo  unico e buonissimo dolce che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.

Insomma ingredienti provenienti da ogni parte del mondo come  il cedro, che veniva dalla regione Hima-layana, la cannella che veniva dallo Sri Lanka, e la vaniglia che era messicana , tutti accolti con i fiori d’arancio della costiera amalfitana.
Il tutto coperto da una rete di pastafrolla, essenziale perché permette al dolce di non alzarsi troppo in cottura

Nel corso dei secoli ,le sette fanciulle e le sette ceste  offerte alla bella sirena con ricotta, farina, , uova,  frutta candita, grano, , burro, e fiori d’arancio  , hanno condizionato poi il modo di preparare la pastiera ..Le strisce sulla pastiera devono infatti , per un buon napoletano essere rigorosamente sette come gli  ingredienti della pastiera mescolati insieme 

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Secondo alcuni , sulla nascita della sette strisce sulla pastiera oltra al culto della sirena e la sua  leggenda vi si potrebbe invece celare la mappa dell’antica Neapolis . Esse secondo questa strana diceria rappresenterebbero infatti la planimetria ippodamea a scacchiera del nostro antico centro storico. 

La griglia stradale ortogonale di Neapolis nella sua  specifica proporzione geometrica se vista dall’alto ricorda molto la nostra pastiera . Essa simboleggia la pianta di fondazione della città d di Neapolis fatta di decumani e cardini; ecco perché le strisce sono 7, 3 in un verso, i decumani, e 4 nell’altro verso… i cardini.

N.B. Questa griglia ortogonale  era innovativa per l’epoca e venne sviluppata dal grande architetto greco dell’epoca Ippodamo di Mileto . Esso venne adottata non solo per costrure Neapolis ma per la costruzione di tante altre città sia nel mondo greco che quello romano  come ad esempio  Alessandria d’Egitto.

La realtà storica sulle sette strisce è però un’altra, perchè non c’è nessun ricettario antico che indichi il numero preciso di strisce che vanno sulla pastiera e pare che le strisce di pasta frolla ha un ruolo ben preciso e non certo estetico: in forno la pastiera tende a gonfiarsi, il reticolato di frolla ne blocca la spinta, per questo motivo possiamo mettere tutte le strisce che vogliamo, una scelta che spesso dipende dalla grandezza della pastiera stessa.

CURIOSITA’: . In città in epoca borbonica circolava per le strade una storia sulla pastiera che riguardava re  Fredinando  II e sua moglie Maria Teresa d’Asburgo , una donna che in quegli anni certo non si è distinta   molto in quanto a simpatia.  Pare infatti che Maria Teresa fosse molto viziata  e abbastanza fredda, che odiasse la vita a corte del marito certamente non corrispondente  alla buona  etichetta di corte austriaca a cui era stata abituata ed educata  e sopratutto  non sopportava il modo di fare del popolo napoletano , al punto che raramente  pare si sia fatta vedere in  pubblico. Essa era comunque una donna che amava  il potere e pare che più volte abbia suggerito di usare il pugno di ferro al marito con i suoi sudditi.

Ferdinando II, al contrario,  amava  stare tra la gente ed era famoso per le sue ghiottonerie e per i suoi svaghi. Secondo questa storia , in un raro evento, pare che   Maria Teresa, si sia concessa una fetta di pastiera,  sorridendo per la prima volta  in pubblico di fronte ad una pietanza popolare .

Ferdinando si accorse della gioia sul volto della consorte e pare che  allo stesso tempo abbia esclamatao davanti a tutti la seguente frase:   “per far sorridere mia moglie ci voleva una pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”. Sembra che proprio da qui nasca il termine “magnatell’na risata”, un tipico detto partenopeo che sollecita le genti all’ilarità.

 

 

 

 

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