Prima di parlarvi di un lavoro di grande valore sia urbanistico che artistico,che attualmnete viene considerata un capolavoro della cartografia del Settecento, non solo napoletano, mi sembra doveroso accennare qualcosa circa su colui che il nome a questa grande opera.
Giovanni Carafa, VII duca di Noja , nacque il 4 giugno 1768, in provincia di Bari , nella cittadina pugliese di Noja, che dal 1864 ha preso il nome di Noicattaro.
Egli seppur imolto Incline fin dalla sua infanzia alle lettere e alla poesia, si interessò di scienza,ma soprattutto di matematica, tanto che verso il 1738 fu nominato lettore d’ottica e matematica nell’università di Napoli. Successivamente allargò i suoi studi alla archeologia, alla numismatica , la geologia e la mineralogia, collezionando una ricca raccolta di campioni di rocce e piante, anche subacquee.
Nel 1743 costituì il reggimento Terra di Bari, che comandò col grado di colonnello, partecipando alla cosiddetta guerra di Velletri tra Austriaci e Ispano-napoletani. Divenne così gentiluomo di camera del re.
Visse quindi da quel momento alla corte dei Borbone distinguendosi per la vasta cultura unita alla passione antiquaria e numismatica ( spese a tal proposito ingenti somme di danaro per il suo personale museo).
Nel 1750 , su commisione del Tribunale degli Eletti ( o di San Lorenzo ) manifestò al re Carlo di Borbone l’intenzione di realizzare “una esatta carta topografica della città di Napoli e del suo contado”,un progetto ambizioso mai tentato da nessuno prima di allora.
Egli si dedicò con gran fervore a questa immensa opera che secondo i programmi originari, avrebbe dovuto essere completata entro due anni e mezzo, ma in realtà i lavori,nonostante il continuo interesse ed incoraggiamento del re di Napoli,e il finanziamento ottenuto dal Senato napoletano si prolungarono molto oltre, ed egli purtroppo nonostante avesse al suo fianco ad assisterlo il miglior agrimensore del regno, Vanti,non riuscì a completare l’opera prima della sua morte
Nel 1768, anno della morte del Carafa a Napoli, la cartografia non era infatti ancora completata ed i lavori proseguirono con Giovanni Pignatelli principe di Monteroduni, e Niccolò Carletti, docente di architettura e matematica all’Università di Napoli. Questidiedero completamento alla grande opera
Dopo la morte le sue collezioni passarono al museo borbonico ed ora si possono ammirare nel Museo archeologico nazionale di Napoli.
Il progetto della mappa, i cui criteri scientifici pienamente si inserivano nello spirito riformista e illuminista del tempo, che come vi abbiamo accennato, fu lungamente vagheggiato da Giovanni Carafa, duca di Noia, è oggi considerata un’importante carta topografica della città di Napoli e dei suoi contorni nel 1775. Essa è stata realizzata tramite incisione avvenuta su 35 tavole di rame ecostituisce un’importante fonte iconografica per lo studio topografico ed urbanistico del territorio tra il XVII ed il XIX secolo, consentendo tra l’altro lo studio della genesi e della disposizione urbanistica originaria delle Ville vesuviane del Miglio d’oro.
La carta, in scala 1:3.808, si compone di 35 tavole in rame, incise da Giuseppe Aloja, Gaetano Cacace, Pietro Campana e Francesco Lamarra, sulle quali sono state fissate le immagine della città di Napoli nel Settecento suddividendola secondo l’originaria disposizione dei Seggi tra Capodimonte, Bagnoli, Nisida e Portici
Troviamo inoltre anche impressa in maniera perfetta la dimensione effettiva del Miglio d’Oro e la primitiva disposizione delle sue ville.
La mappa del duca di Noja , come vi abbiamo accennato non era ancora completata nel 1768, anno della morte del Carafa, e passò quindi sotto la direzione di Giovanni Pignatelli, principe di Monteroduni coadiuvato dal matematico Nicolò Carletti, professore emerito dell’Accademia di Belle Arti.
Quando nel 1775, la cartografia fu finalmente completata nel 1775, essa fu corredata da un indice topografico realizzato dal Prof. Nicola Carletti, docente di architettura e matematica all’Università di Napoli.
I primi cento esemplari furono realizzati dal regio stampatore Vittorio Barbacci, mentre quelli susseguenti furono stampati dal romano Antonio Cenci.
La cartografia venne messa in vendita al pubblico al prezzo di dieci ducati a copia, successivamente ridotti a sei per facilitarne la diffusione, la quale fu però assai limitata dall’alto costo della riproduzione.
Accanto alla sua utilità in quanto documento topografico, la mappa fu pensata anche per essere un oggetto artistico. Essa è infatti corredata nella parte inferiore da una veduta scenografica di Napoli e di una legenda composta da 580 richiami con notizie storico-artistiche, ed incorniciata da un motivo ornato. La parte alta della mappa presenta il titolo, la dedica a Carlo III sulla sinistra, ed una collezione degli stemmi, suddivisi per Seggio, di 134 famiglie nobili napoletane, nonché lo stemma reale.
Il lavoro d’incisione su rame, è oggi custodito oggi alla Biblioteca Nazionale di Napoli presso la sala dei Manoscritti e Rari,
ARTICOLO SCRITTO DA ANTONIO CIVETTA