Certamente vi apparirà strano vedere il nome di Goethe tra le ” cose di Napoli “.
Ma nonostante egli sia stato di origini tedesche (nato a Francoforte ) credo che sia stato uno degli uomini che più abbia amato Napoli , forse addirittura più di tanti personaggi altrettanto famosi che nati a Napoli hanno poi abbandonato la città.
All’apice della sua carriera di poeta , quando in Germania ed in Europa l’ intellettuale era stimato, riverito, e ascoltato decise sotto falso nome (Jean Philippe Möller), di partire per l’Italia in quello che all’epoca veniva considerato un percorso necessario ed indispensabile per un rigoroso percorso formativo culturale .
“Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine campagne, i castelli, le passeggiate… Io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi!”
Viene preso totalmente dal modo di fare di quella gente, dal loro concetto di vivere la vita in modo spensierato e comincia a prender parte a questo modo di vivere.«Tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso. Non mi riconosco quasi più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo: o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso».
“Se a Roma si studia volentieri, qui si desidera soltanto vivere. Ci si scorda di noi e del mondo.”
E come tutti noi rischiamo ogni giorno, viene trascinato da un dolce oblio di napoletanità , trovandosi a rendere di meno di quel che potrebbe …..Preso da un dovere di coscienza , arriva addirittura a criticare questo suo modo di sentirsi giustificandosi con la frase :.«Paese che ispira la poltroneria» «Vedo meno di quel che dovrei e che posso fare ».
Non aveva ancora ben inteso cosa significa la NAPOLETANITA’ era stato solo perfuso dal suo fascino in quanto uomo di culura e ne era stato ammaliato .Solo successivamente capì che si trattava di una vera diversa filosofia di vita. Un modo diverso di intendere la vita . Un modo diverso di ricordare, di socializzare e di amare.E’ un modo per ricordarsi che i piaceri della vita vanno condivisi lontani dallo stress ed in un’atmosfera soft e rilassante dove prevale l’amore per i contatti umani. È un’attitudine allo stare al mondo in un modo che è diverso da altri. È dare poca importanza a cose che da altre parti sarebbero vitali e tantissima rilevanza a cose invece superflue per alcuni. La napoletanità non è un pregio e non è un difetto è solo un modo diverso di vivere e vedere la vita dove ancora certamente conta tantissimo la solidarità e l’amicizia
.Un modo diverso di intendere la vita che risulta giungerci da tempi antichi .Non dimenticate infatti che un tempo durante Il periodo greco/ romano la vita di Neapolis era improntata sopratutto al ben vivere , e indirizzata in tal senso dalla filosofia epicurea che dominava.
Esistevano a Neapolis ben due scuole epicuree ( Posillipo ed Ercolano ) dove dominavano le attivita’ ludiche e del tempo libero.
Neapolis era detta ” otiosa e docta “, ed i napoletani concepivano l’esistenza come tesa alla ricerca del piacere sia del corpo che dello spirito,e al risparmio di energie per tutelare la propria liberta’ dagli stress della vita quotidiana.
I romani conquistati dal fascino di tale impostazione di vita , scelsero Neapolis come luogo di educazione e di perfezionamento negli studi , attratti anche dalla natura lussureggiante e dal clima temperato . Essi venivano a Neapolis a riposarsi dalle fatiche di Roma e a preparsi agli studi trasferendo immense biblioteche con se.
In Goethe questo modo di essere e la felicità che comportava alla fine prevalse : «Napoli è un paradiso» continuava a ripetere .. «Tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi. A me accade lo stesso.
E continuava a ripetere ………Non mi riconosco quasi più, mi sembra di essere un altro uomo. Ieri mi dicevo: o sei stato folle fin qui, o lo sei adesso».
Napoli gli perfuse le sensazioni più forti di tutto il viaggio: in questo lugo egli i conobbe lo sfarzo artistico ed economico di una città ricca e florida, qui imparò l’importanza di una vita “senz’affanni” e senza troppe preoccupazioni, comprese l’importanza delle tradizioni e delle festività di un popolo sempre pronto a festeggiare e a riempire le strade di musica e processioni.
Dopo un viaggio in Sicilia tornò a Napoli rafforzato nel suo contatto con la natura e comprese finalmente quanto questo influisca sul carattere delle persone e sul loro modo di essere .Capisce che è la libertà dai doveri e dalle necessità ciò che rende davvero possibile la contemplazione. Solo il piacere rende lo studio autentico e produttivo. Concetti scontati per chi conosce gli antichi greci e legge Platone e Aristotele, ma estremamente lontani da usi e costumi del Nord Europa di allora, come di oggi. Goethe ne è perfettamente consapevole e finalmente capisce il senso dell’architettura greca vivendo la sua inestricabilità dalla natura in cui è stata progettata e dalla natura degli uomini da cui è nata.
Il rapporto del popolo napoletano con la natura cicostante lo colpì molto e rimase sopratutto affascinato del loro rapporto con il Vesuvio. Il vulcano, con le colonne di fumo, il suo suolo nero e rovente, con la incessante puzza di zolfo, dopo averlo visitato , apparve, all’autore del “Faust”, come la trasposizione terrestre dell’Inferno. Questa esperienza generò in lui la consapevolezza che i napoletani fossero unici, proprio per essere nati nel punto preciso in cui la bellezza assoluta e il terrore si incontrano e convivono:“La terribilità contrapposta al bello, il bello alla terribilità: l’uno e l’altra si annullano a vicenda, e ne risulta un sentimento d’indifferenza. I napoletani sarebbero senza dubbio diversi se non si sentissero costretti fra Dio e Satana.“
Scriverà pagine per ilTeutsche Merkur; che divennero notissime e molto attuali ancora oggi dedicate ai «lazzaroni», ovvero i presunti fannulloni che riempivano le strade di Napoli e che rappresentavano il segno della decadenza di un certo Meridione.
Poiché è pregiudizio del Nord liquidare come oziosi «tutti quelli che non s’arrabattano a lavorare per l’intero santo giorno», Goethe spiega puntigliosamente quanto in realtà essi erano invece impegnati a vivere, a vivere bene e a lavorare con piacere.
Il cosiddetto lazzarone tutto sommato non era per nulla più ozioso che il suo simile delle altre classi. Tutti, a modo loro, non lavorano soltanto per vivere ma per godere e tutti badano a ricrearsi persino nel lavoro della vita» I “lazzaroni”, tanto denigrati dai pregiudizi del Nord, in realtà, secondo Goethe , vivevano e lavoravano solo in modo diverso dagli altri . “tutti quelli che non s’arrabattano a lavorare per l’intero santo giorno” spiega lo scrittore, lavorano per vivere e non vivono per lavorare. “Noi giudichiamo troppo severamente le popolazioni del Sud, alle quali il cielo sorride tanto benigno. (…) Il cosiddetto lazzarone tutto sommato non è per nulla più ozioso che il suo simile delle altre classi.
Goethe sosteneva che non è vero che il meridionale tenda a lavorare di meno, dato che nessuno rimane inattivo, soprattutto tra le classi più povere. La differenza si lega al clima e alla possibilità di avere più tempo per il riposo e per il godimento, dato che le difficoltà climatiche non sono accentuate come nel nord Europa concludendo quindi che il giudizio applicato dai popoli del nord a quelli meridionali è fin troppo severo e poco aderente alla realtà.
Goethe arrivò a Napoli nel Febbraio del 1787 e soggiornò presso Palazzo Filangieri d’Arianello, dove oggi si può ammirare una targa in suo onore, e Palazzo Sessa, che dal 2012 ospita il Goethe Istitut.
A Napoli imparò l’importanza di una vita “senz’affanni” e senza troppe preoccupazioni . Lui che proveniva da un freddo distaccato formale modo di rapportarsi con il prossimo imparò ben presto a godere come chiunque di tutte le piccole gioie della vita. Lontano dal clima freddo e ostile tedesco, Goethe fu accolto a braccia aperte dalla città di Napoli, la quale donò allo scrittore, oltre che l’amicizia del noto giurista e filosofo Gaetano Filangieri, meraviglia, stupore e bellezza.
Quando tornò a casa, la malinconia di aver lasciato Napoli lo colpì profondamente e scopriì di non essere più lo stesso.Il suo soggiorno napoletano lo aveva cambiato sovvertendogli i valori di ciò che era veramente utile nella vita per vivere al meglio .Aveva trasformato la sua filosofia di vita , era insomma stato perfuso di ” napoletanità “. Scoprirà che tornare a casa dopo aver vissuto a Napoli è impossibile per chiunque abbia inteso la filosofia napoletana e goduto delle meraviglie dei luoghi , perché siamo noi e i nostri occhi a essere cambiati per sempre. Troverà amici freddi che lo guardano con sospetto. Nulla, da lì in avanti, sarebbe mai più stato lo stesso. La città partenopea rimase nel suo cuore, e l’avvolgente calore del popolo napoletano gli mancheranno per tutta la vita .
La nostalgia delle terre lasciate lascerà in lui un dolore profondo innescando la filosofia che accompagnerà tutti i futuri viaggiatori . Egli capisce la bellezza del viaggiare e cerca di carpirvi il segreto rifacendosi agli antichi greci . Goethe, come Ulisse , scoprirà di non essere più lo stesso una volta tornato a casa e che niente sarà più uguale, perché è lui ad essere cambiato. .
Egli mise insieme appunti, diari, lettere, e articoli vari per sfornare una delle testimonianze più alte del Grand Tour settecentesco ( un best seller molto apprezzato dai viaggiatori dell’epoca intitolato”Viaggio in Italia”).
Goethe fu una figura di spicco della letteratura tedesca ed europea sperimentando tutti i generi, dalla lirica dalla tragedia ,al romanzo, lasciando in ognuno di essi un’impronta indelebile. Scrisse numerosi poemi e poesie , saggi , romanzi e novelle ma sopratutto anche numerose opere teatrali tra cui la più famosa rimane certamente il Faust composto a intervalli, e pubblicato integralmente soltanto postumo.
Esso quando venne pubblicato suscitò grande impressione. La trama del “vendersi l’anima al diavolo” in cambio di potere nel mondo terreno assunse importanza crescente e divenne una metafora ancora oggi molto applicata. Le sue opere divennero un modello per l’ intero movimento poetico tedesco e arrivarono ad ispirarare molti compositori, fra i quali Mozart , Beethoven , Schubert, e Wolf.
La famosa frase “Siehe Neapel und stirb!” , VEDI NAPOLI E POI MUORI scritta da Goethe per celebrare un luogo così tanto amato ha solo voluto ricordare all’intera umanità che prima di morire si dovrebbe aver visto almeno una volta la nostra città .
ECCO A VOI IL PARADISO CHE HA FATTO INNAMORARE GOETHE E TUTTI NOI .
Peccato solo come diceva Benedetto Croce che di tanto in tanto è abitato dai diavoli ……..Un modo raffinato (e risentito) di dire un po’ quello che si sente spesso nei vicoli, ovvero che il presepe è buono ma sono i pastori che non vanno bene.