San Gennaro nacque a napoli ( secondo altri a Benevento ) nel mese di aprile 272 da Stefano , discendente della nobile famiglia romana degli Januarius e dalla napoletana Teonoria Amato . Lo chiamarono Publius Faustus Januarius.
Il nome Gennaro risale al latino Janarius che significa ” consacrato al dio Giano ” ed era in genere attribuito ai bambini nati a gennaio , mese sacro al dio Giano, divinità bifronte,
Fin nei primi anni della sua vita sentiva forte il bisogno di appartarsi per pregare ; un naturale senso di carita’ lo portava ad offrire ai poveri tutto quello che aveva . A solo 7 anni andava a visitare i prigionieri cristiani portando loro cibo e vestiti , curando i loro corpi martoriati da ferite e li assisteva durante l’agonia provvedendo poi alla loro sepoltura .
Era dotato di un forte carisma : aggregava intorno a se molti amici che si lasciavano condurre nelle catacombe a pregare .
Trasformo’ il palazzo di famiglia , che sorgeva in quello che oggi si chiama Via Anticaglia ( la casa natale e’ stata individuata in dei ruderi romani siti nella via a lui intitolata ) in un ospizio per malati. Egli spesso andava cercando i piu’ poveri , se li caricava sulle spalle e li portava nel suo ospedale .
A 16 anni entro’ in un ordine religioso che si andava costituendo e incomincio’ molto presto a dar prova delle sue capacita’ taumaturgiche : furono molti i miracoli e molti quelli che si convertirono alla sua dottrina .
La fama di Gennaro giunse fino a Benevento e la città chiese che diventasse suo vescovo .
L’ innata modestia non gli consenti’ di accettare una cosi’ alta carica che rifiuto’per ben tre volte. Poi gli fu detto che non poteva continuare a respingere le richieste di un popolo che lo invocava e accetto’ dopo aver chiesto consiglio a papa Marcellino , diventato poi santo .
Proprio in quel periodo Diocleziano aveva inaugurato una nuova e piu’ crudele stagione , andando scovando e perseguitando i cristiani ovunque fossero .
Avendo saputo che il Diacono di Pozzuoli , Procolo e altri cristiani erano torturati per non volere abiurare la loro fede , Gennaro corse a Pozzuoli per supplicare il loro rilascio.
Fu allora che il Proconsole Timoteo , succeduto in Campania al feroce Drecone Labiano , comincio’ a perseguitare Gennaro .
Dopo aver provveduto al suo arresto , ordino’ che fosse bruciato vivo .
I centurioni del proconsole tentarono di eseguire l’ordine ma le fiamme tra le quali venne gettato non lo lambirono neanche un po’ . I resti di quella fornace sono ancora visibili nei sotterranei della chiesa di Cimitile , presso Nola dove si venera il corpo di San Felice.
Timoteo si accani’ nei confronti di Gennaro con ogni sorta di supplizio , ma tutto fu inutile e il Santo ne usciva sempre indenne .
Ordino’ quindi che fosse dato in pasto alle belve nel circo di Pozzuoli ma ad un cenno di Gennaro i feroci animali si fermarono .
Il miracolo comporto’ la conversione di migliaia di pagani . Timoteo allora , infuriato , ordino’ che fosse decapitato insieme con i suoi compagni reduci dall’arena.
L’esecuzione avvenne il 19 settembre 305 alle ore 12 .00 .
Il sangue restato sulla pietra fu raccolto dalla nutrice del santo , Eusebia , che con l’aiuto di un ramoscello lo fece gocciolare in due ampolle di vetro: in una distillando il piu’ limpido e nell’altra quello misto a polvere , paglia e fili di erba .
Il giorno dopo il corpo del martire fu preso e deposto nel campo Marciano ( presso la solfatara ) , fu poi dissotterrato e trasportato in processione solenne , accompagnato dal vescovo di Napoli , Cosma , nelle catacombe in un luogo chiamato il ” cimitero di mezzo ” .
Durante il trasporto delle reliquie di s. Gennaro a Napoli, Eusebia consegnò al vescovo le due ampolline contenenti il sangue del martire.
Oltre un secolo dopo, nel 431 (13 aprile) si trasportarono le reliquie da Pozzuoli nelle catacombe di Capodimonte a Napoli, dette poi “Catacombe di S. Gennaro”, per volontà dal vescovo di Napoli, s. Giovanni I e sistemate vicino a quelle di S. Agrippino vescovo ; a ricordo delle tappe della solenne traslazione vennero erette due cappelle: S. Gennariello al Vomero e San Gennaro ad Antignano.
Il culto per il santo vescovo si diffuse fortemente con il trascorrere del tempo, per cui fu necessario l’ampliamento della catacomba. La tomba divenne meta di continui pellegrinaggi per i grandi prodigi che gli venivano attribuiti; nel 472 ad esempio, in occasione di una violenta eruzione del Vesuvio, i napoletani accorsero in massa nella catacomba per chiedere la sua intercessione, iniziando così l’abitudine ad invocarlo nei terremoti e nelle eruzioni, e mentre aumentava il culto per S. Gennaro, diminuiva man mano quello per San Agrippino vescovo, fino allora patrono della città di Napoli; dal 472 S. Gennaro cominciò ad assumere il rango di patrono principale della città.
Durante un’altra eruzione nel 512, fu lo stesso vescovo di Napoli, S. Stefano I, ad iniziare le preghiere propiziatorie; dopo fece costruire in suo onore, accanto alla basilica costantiniana di S. Restituta (prima cattedrale di Napoli), una chiesa detta Stefania, sulla quale verso la fine del secolo XIII, venne eretto il Duomo; riponendo nella cripta il cranio e la teca con le ampolle del sangue.
Questa provvidenziale decisione, preservò le suddette reliquie, dal furto operato dal longobardo Sicone, che durante l’assedio di Napoli dell’831, penetrò nelle catacombe, allora fuori della cinta muraria della città, asportando le altre ossa del santo che furono portate a Benevento, sede del ducato longobardo.
Le ossa restarono in questa città fino al 1156, quando vennero traslate nel santuario di Montevergine (AV), dove rimasero per tre secoli, addirittura se ne perdettero le tracce, finché durante alcuni scavi effettuati nel 1480, casualmente furono ritrovate sotto l’altare maggiore, insieme a quelle di altri santi, ma ben individuate da una lamina di piombo con il nome.
Il 13 gennaio 1492, grazie alla potente famiglia Carafa , dopo interminabili discussioni e trattative con i monaci dell’abbazia verginiana, le ossa furono riportate a Napoli e come degno luogo per ospitarle il cardinale Oliviero Carafa fece costruire nel Duomo di Napoli, al di sotto dell’altare maggiore , una cripta d’eccezione in puro stile rinascimentale: la cappella del succorpo .Intanto le ossa del cranio erano state sistemate in un preziosissimo busto d’argento, opera di tre orafi provenzali, dono di Carlo II d’Angiò nel 1305, al Duomo di Napoli.
Successivamente nel 1646 il busto d’argento con il cranio e le ormai famose ampolle col sangue, furono poste nella nuova artistica Cappella del Tesoro, ricca di capolavori d’arte d’ogni genere. Le ampolle erano state incastonate in una preziosa teca d’argento fatta realizzare da Roberto d’Angiò : una più grande di forma ellittica schiacciata, ripiena per circa il 60% di sangue e quella più piccola cilindrica con solo alcune macchie rosso-quindi semivuota , perché parte del suo contenuto fu sottratto da Carlo di Borbone che lo porto’ con se in Spagna ; la liquefazione del sangue avviene solo in quella più grande.
Tre volte l’anno , il sabato precedente la prima domenica di maggio ( in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli ) , il 19 settembre ( ricorrenza della decapitazione ) e il 16 dicembre ( in memoria della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le invocazioni al santo) durante una solenne cerimonia guidata dall’arcivescovo , i fedeli accorrono per assistere al miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro.
Il popolo napoletano nei secoli ha voluto vedere nella velocità del prodigio, un auspicio positivo per il futuro della città, mentre una sua assenza o un prolungato ritardo è visto come fatto negativo per possibili calamità da venire.
Secondo alcune fonti pare che oltre alle due ampolle nella teca custodita nella Cappella del Tesoro nel Duomo di Napoli ce ne sarebbe anche una terza, e pure preziosa perché d’oro, oggi scomparsa perchè sembra sia stata portata via secoli fa, e successivamente poi se ne sono perse le tracce. Di certo sappiamo che Carlo di Borbone era devotissimo al santo napoletano e che, nel 1759, quando partì per sedere sul trono di Spagna, si portò a Madrid del sangue che si dice sia stato sottratto dall’ampolla più grande, che non è completamente piena.
Da quanto infatti si evince da uno scritto del primo ministro del Regno di Napoli Bernardo Tanucci indirizzato all’erede napoletano Ferdinando IV, papà Carlo fece custodire l’ampolla nella cappella dell’Escorial e ogni 19 settembre faceva celebrare una messa per San Gennaro a Madrid. Ma la cosa incredibile è che in questo luogo Il sangue non si scioglieva perchè il prodigio necessita della presenza del busto-reliquiario del Santo che contiene i resti del suo cranio.
Dunque, Carlo di Borbone portò con sé parte del sangue di San Gennaro da un’ampolla o portò via un’altra intera ampolla ? Fatto sta che da tempo sono stati apposti dei sigilli alle ampolle, proprio per impedire l’abitudine di nobili e sovrani di prelevare reliquie
È singolare il fatto, che a Pozzuoli, contemporaneamente al miracolo che avviene a Napoli, la pietra conservata nella chiesa di S. Gennaro, vicino alla Solfatara e che si crede sia il ceppo su cui il martire poggiò la testa per essere decapitato, diventa più rossa.
Nel luogo dove fu decapitato San Gennaro ora sorge una chiesa con annesso convento dei frati cappuccini , costruita nel VI secolo .
Nel tempietto vi e’ ora un busto di marmo che risalirebbe all’epoca del martirio .
Si racconta che durante una scorribanda di Saraceni a Pozzuoli , uno di essi per sfregio , con un colpo di scimitarra mozzo’ il naso alla statua , lo raccolse e lo porto’ con se’.
Appena le navi degli infedeli salparono , una burrasca di particolare violenza li costrinse a rientrare in porto . Durante la tempesta , il naso cadde in mare .
I puteolani si dettero un gran da fare per far restaurare la statua , ma tutti gli sforzi degli artisti non valsero a ridare a San Gennaro l’originario aspetto : la protesi non rimaneva attaccata al viso .
Un giorno , alcuni pescatori , trovarono nella rete , frammenti di marmo che messi insieme assunsero la foggia di un naso . Non c’era dubbio , quello era il naso di San Gennaro !
Lo portarono in chiesa e gli artisti senza molta fatica lo rimisero al suo posto.
Il Santo ha sul lato destro del viso una cicatrice ed anche questa ha una sua storia :
Si dice che durante una epidemia di pestilenza intorno alla fine del 700 quel busto fosse portato in processione perche’ salvasse la popolazione dal mortale morbo .
San Gennaro pose fine al flagello ma sulla sua guancia destra si presento’una ferita purulenta ( San Gennaro aveva salvato i fedeli dalla malattia e l’aveva presa su di se )
Si creda o no ai fatti e’ certo che la statua oggi e’ completa del naso e sul lato destro del viso ha una cicatrice .
Il 1767 fu un’altra data importante nella storia di San Gennaro e ne fu protagonista padre Rocco . Il 19 ottobre di quell’anno ci fu una delle più’ terribili eruzioni del Vesuvio . La lava avanzando travolgeva ogni cosa ed era arrivata quasi alle porte della citta’.
Il popolo era come impazzito , il cardinale terrorizzato, intervenne cosi’ padre Rocco a sedare gli animi invitando il popolo alla preghiera . Il giorno dopo organizzo’ una spettacolare processione alla quale parteciparono il clero , la nobilta’ e una folla di popolo con padre Rocco in testa che invocava la protezione del Santo patrono.
Giunto al ponte della Maddalena la processione si fermo’. Continuarono le preghiere e le suppliche e dopo alcune ore si vide rallentare il corso della lava fino a fermarsi proprio all’ ingresso della citta’.
L’episodio commosse tutta Napoli , la popolarita’ di padre Rocco raggiunse i vertici piu’ alti e San Gennaro fu dichiarato il piu’ grande santo del paradiso .