ANTONIO , è un antico nome  che deriva dal gentilizio romano Antonius , il cui  significato  è “persona che combatte”. Ad avere questo nome in passato ci   sono stati molti imperatori romani ma anche molti artisti, scrittori e poeti. 
Le sue più comuni varianti con il quale spesso viene alterato o meglio storpiato nella nostra città sono :  Antonello, Toni, Totò e Tonino.  Esso puo essere festeggiato  il 17 gennaio  se riferito in onore di Sant’Antonio abate ovvero del santo   protettore dei maiali ( e successivamente di tutti gli animali ) e patrono del fuoco, dei fornai, dei droghieri e dei salumieri, oppure il 13 giugno per commemorare Sant’Antonio da Padova, patrono delle reclute, dei commercianti del vetro e dei prigionieri.
 
Il primo fu un santo molto amato e venerato dai napoletani che in maniera confidenziale , lo chiamarono Sant’Antuono , forse per distinguerlo , dal suo omonimo di Padova
.Una chiesa a lui dedicata ,  fondata da Giovanna  di’ Angio’ con a fianco un ospedale per i lebbrosi , si trovava e si trova attualmente alla fine di Via Foria ed ha la caratteristica , ancora oggi a distanza di tanti anni , di veder svolgere ogni anno nel suo spazio antistante  al l’antico portale gotico della chiesa, una particolare cerimonia .
  Il 17 gennaio si accalca infatti in questo spazio una marea di animali di ogni specie,  condotti dai rispettivi padroni , tutti  agghindati a festa con fiocchi , nastri colorati , ghirlande di fiori e foglie in attesa della santa benedizione che secondo vecchie credenze protegge l’ animale da future malattie e aiuta nella guarigione di quelle in atto.
Sant’Antonioè infatti come vi abbiamo accennato , considerato il santo protettore degli animali e viene spesso raffigurato nelle  iconografie ufficiali circondato di maiali dei quali ne divenne il patrone per volere dei napoletani che, lo elessero per generosita’anche patrono di tutti i restanti animali.
Sant’ Antonio Abate ( al pari di San Francesco ) prima di convertirsi a vita monacale era un nobile ricco giovanotto che ne aveva fatto di tutti i colori, poi preso dal credo di Cristo , vendette tutti i suoi beni e si ritiro’ a vivere da eremita nel deserto .Egli era di origini egiziane e non si e’ mai saputo come dalle rive del Nilo sia poi giunto a Napoli ma certamente sappiamo che grazie alla sua intercessione circa trecento maiali furono salvati da una grave epidemia .
In origine i monaci di Sant’ Antonio avevano l’abitudine di recarsi nelle campagne per la questa e benedire con acqua Santa gli animali.. La benedizione , secondo la credenza, li avrebbe preservati da ogni epidemia. Poi pian piano con l’andare del tempo, prevalse l’uso di portare gli animali direttamente a Sant’Antuono. Una tradizione che continua ancora oggi .
In segno di gratitudine , venivano offerti alla chiesa dei piccoli maialini , che i monaci portavano con loro durante la questua, legati con una cordicella , come tranquilli cagnolini. Quando i maialini diventavano adulti , facevano la fine di tutti gli altri loro simili e i reverendi, oltre a preparare salsicce, prosciutti e capicolli, mettevano da parte del grasso che vendevano in gran quantita’ avendo scoperto in esso delle proprieta’ terapeutiche per quella particolare infiammazione cutanea che prese il nome di ” fuoco di sant’ Antuono “dal miracoloso unguento del santo.
 
I monaci erano quindi considerati con i loro unguenti , in città come esperti nella cura delle malattie della pelle ed in particolare dell’Herpes Zoster ( chiamato fuoco di San’Antonio ) ed i loro maialini dal quale proveniva il miracoloso unguento  (che vediamo rappresentati nell’iconografia ai piedi del santo  ) erano liberi di circolare in città senza essere toccati da nessuno. I Monaci potevano allevarne un gran numero  e venivano riconosciuti perchè portavano una campanella al collo ed il loro libero circolare in città , nonostante potesse rappresentare un succulento appetibile piatto del giorno per l’affamato popolo , non tentava nessuno : quelli erano i ” maiali di Sant’Antuono ” e non si dovevano toccare .
Sant’Antuono , pero’ non e’ solo il protettore degli animali , e’ anche il patrono del “fuoco “.
Il giorno della sua festa , il 17 gennaio , nei piu’ popolari rioni della citta’, ancora oggi si preparano ‘ e cippi ‘, cioe’ delle piccoli catasti di mobili vecchi , carte e cartoni ma sopratutto alberi di natale cippi di albero) che hanno assolto il loro compito e oramai abbandonati vengono raccolti per le strade dai ragazzi e ammucchiati per poi arderli.
Quando la catasta raggiunge una certa altezza , si da’ fuoco tra la baldoria generale che raggiunge il culmine con il lancio , tra le fiamme di tronole e tric tracche ( fuochi d’artificio).
Un tempo , quando ancora nelle case non esistevano i termosifoni , una volta che tutto era ridotto in cenere e carboni , le donne si ammassavano  a raccogliere quei resti infuocati e li mettevano nei loro bracieri, sia perche’ , secondo la tradizione , erano dotati di poteri benefici, sia perche’ si assicuravano per una notte un dolce tepore.
La devozione per Sant’Antuono e’ ancora viva nel popolo napoletano nei rioni della vecchia Napoli e ancora oggi si vedono , la sera del 17 gennaio qua’ e la’ piccole vampate di cippi illuminare le strade , in ricordo di una antica tradizione oramai al tramonto.
 
Dovete inoltre sapere che per ben 15 anni dal 1799 al 1814 , il nostro attuale patrono della città San Gennaro fu spodestato e sostituito proprio da Sant’Antonio . Si tratta di una storia che non tutti conoscono e che incominciò il il 24 gennaio 1799,  cioè il giorno successivo alla proclamazione della Repubblica Napoletana. Quel giorno,dinnanzi ad una grande affluenza di popolo in gran parte molto scettico, furono esposte per volontà  del generale francese Championnet, le ampolle di San Gennaro . Egli era , sicuro che il santo avrebbe dato un segno di consenso al nuovo ordine repubblicano, e  San Gennaro gli diede ragione facendo sciogliere il sangue presente nell’ampolla  . Avvenuto il miracolo,  l’ampolla fu mostrata a tutti dall’Arcivescovo di Napoli Cardinale Giuseppe Maria Capece Zurlo. 
 
Il generale era convinto che questo gesto gli comportasse la benevolenza del popolo proprio come in prededenza era accaduto ad altri nuovi regnanti nel passato ma questa volta il popolo reagì diversamente . Questa volta il famoso San Gennaro aveva ” sbagliato “e il popolo senza pensarci neanche molto decise di sostituirlo .
 
Il popolo napoletano era infatti convinto che mai e poi mai San Gennaro avrebbe  fatto il miracolo in presenza dei “repubblicani Giacobini” e al vedere il sangue liquefarsi , restò senza pregare tutto ammutolito 
 
Egli venne accusato di essere un partigiano della democrazia repubblicana, della libertà, dell’uguaglianza e quindi di essere amico dei “giacobini”, e per questo fu detronizzato da patrono della città partenopea e sostituito da Sant’Antonio da Padova . 
 
Il ” giacobino ” San Gennaro da quel momento e per  ben 15 anni non fu più patrono della città partenopea. Dumas racconta anche dell’esecuzione di un busto del santo, che con una corda al collo venne trascinato per strada, tra lo scherno della gente e poi gettato in mare, “I lazzari proclamarono nuovo santo patrono e nuovo generalissimo di tutti gli eserciti napoletani Sant’Antonio da Padova…”
 
A memoria di quanto accaduto possiamo trovare documenti, disegni e dipinti dell’epoca, in cui si vede Sant’Antonio rincorrere e scacciare San Gennaro con un bastone. Anche il cardinale Zurlo, fu punito per il suo essere stato troppo accondiscendente verso la Repubblica Napoletana, ed il comportamento in occasione dei prodigi del Santo ebbe un notevole peso nella sua condanna all’esilio a Montevergine da cui non tornò in vita.
 
Quello di San Gennaro comunque non è il primo caso di questo tipo, se il santo patrono di Napoli fu detronizzato per 15 anni per aver espresso il consenso verso la repubblica Napoletane, un trattamento simile hanno subito altre immagini sacre ree di essersi espresse per gli ideali della “democrazia repubblicana.” A Martina Franca per esempio si racconta che i sanfedisti troncarono il capo di una statua dell’Immacolata gettandolo nell’immondizia, e poi presero a bastonate la statua del santo protettore San Martino.
 

 

 

 
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