Ci  siamo. Il giorno più temuto da scaramantici e superstiziosi è ormai alle porte,

Il venerdi 17 che tipicamente  tutti i napoletani (  ma anche in genere  tutti gli italiani scaramantici ) temono è arrivato.

Anche se soltanto da queste parti  il venerdì 17 viene considerato un giorno sfortunato,la  nostra smorfia non ammette  eccezioni : il  numero 17  è associato alla “disgrazia” e questa  credenza viene da tempi lontani  ….. essa ci è stata trasmessa addirittura dagli antichi greci che hanno fondato la nostra città (nei paesi di cultura anglosassone, infatti, il giorno “nero” per eccellenza è venerdì 13 ).

Questa superstiziosa diceria pare sia legata alla  scuola di Pitagora che secondo molti storici  anticamente sembra si trovasse nella nostra città  nel  quartiere di Forcella  ed il cui simbolo era la Y  ….  lettera presente anche sullo stemma del seggio di Forcella ( alcune dicerie erditate dalla storia sostengono   che probabilmente Pitagora avesse anche qui avuto non solo  la sua scuola ma anche  la sua casa ).

 

E’ nella cultura ellenica  della scuola Pitagorica che infatti troviamo le prime tracce  della  eptacaidecafobia (paura del 17)  ed i seguaci  di Pitagora che abitavano nel rinomato quartiere non solo amavano la lettera Y ,che consideravano un simbolo di augurio e di buona fortuna , ma sopratutto disprezzavano il numero 17 poiché era tra il 16 e il 18, i numeri che rispecchiavano perfettamente la rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6.

CURIOSITA’ : L’intera zona dell’attuale quartiere Forcella era un tempo denominata FORCILLENSE , prorio in virtù della  forcuta lettera Y,  che si trovava scolpita in varie mura dell’abitato  .

La  lettera Y ,  secondo i pitagorici era da considerare un  simbolo  sacro  ed esso non solo ha dato il nome al quartiere ma ne ha caratterizzato anche il suo inconfondibile aspetto . La strada principale di forcella ,  nella sua parte finale infatti si biforca assumendo l’aspetto appunto di una ” forcella “che rappresenta per la scuola Pitagorica  la ” nascita del tutto ” cioe’ il tronco della vita che si va a dividere. Era pertanto per il suo misterioso significato divenuta nel tempo un simbolo esoterico della scissione tra il mondo visibile ed invisibile , tra il bene ed il male che sempre hanno ossessionato l’intera zona.

CURIOSITA’: la biforcazione della strada evocherebbe secondo una interpretazione esoterica con la sua immagine del bivio la possibilità di scegliere tra due strade e due direzioni diverse, ognuna con un tipo di esistenza diversa : la prima lunga agiata e felice , ma comune ; la seconda invece , irta di difficoltà e ricca di sofferenze , ma gloriosa ed eroica secondo determinati modelli sociali . Due modelli di vita diversi che hanno da sempre caratterizzato la scelta di vita dei giovani ragazzi del luogo.

Gli antichi romani poi succeduti nella nostra città ai greci conservandone costumi e tradizioni ,ereditaro dagli antichi ellenici anche superstizione e la  “jella ” del venerdi 17 che venne poi confermato nella famosa battaglia di Teotoburgo del 9 decolo d. C. che passò agli annali come una delle peggiori disfatte militari romane,  la XVII, XVIII e XIX legione, le coorti di fanteria e le ali di ausiliari a cavallo vennero spazzate via dalle tribù germaniche della Bassa Sassonia, e mai più ricostituite, Quel  giorno era un venerdi 17.

 

Anche la religione cattolica ci ha messo comunque del suo .

Nei primi secoli dell’era cristiana per esempio ,memori di quel triste banchetto  in 13 (  Gesù e i 12 apostoli, incluso il traditore Giuda)  a tavola , si evitava di sedersi in 13 attorno allo stesso tavolo, temendo di attirare la morte su uno dei commensali. 

Nell’antico testamento si  racconta anche che il Diluvio Universale avvenne il 17 del secondo mese., e che addirittura il venerdi sia il giono in cui   Gesù sia stato crocifisso .

Ecco il motivo per cui  il venerdi è il giorno riservato alla penitenza (venerdi dies funesto ) .Pensate che additittura  in epoca medioevale chiunque in quel giorno  per quasiasi motivo rideva veniva poi  la domenica , cioè al momento della resurrezione di Cristo .

Da allora nelle giornate del Martedì e Venerdì, secondo alcune credenze popolari, sarebbe meglio non intraprendere qualcosa di nuovo.

Di Venere o di Marte non si sposa e non si parte, né si dà principio all’arte”

Il Martedì, il giorno dedicato a Marte, potrebbe infatti favorire le azioni burrascose, quindi meglio non iniziare nulla. Il Venerdì invece  è meglio non sposarsi, poichè secondo la cabala è il giorno in cui sono stati creati gli spiriti maligni e questo potrebbe  rapporti tormentati e burrascosi.

Meglio quindi non accostare a questi due giorni sopratutto un  evento  lieto quale  il giorno delle nozze o nuove avventurose attività.

Gabriele D’Annunzio per esempio , mai si sarebbe sognato di datare una lettera con il giorno 13: superstizioso com’era, esorcizzava il numero scrivendo, se proprio era necessario, 12+1.

Venerdì 17 è quindi il giorno più iellato dell’anno? 

Non è vero ma ci credo”, avrebbe recitato Peppino De Filippo, ed anche se tutti fanno finta che il fatto non sussista … siamo sinceri: pochi restano imperturbabili davanti al calendario che annuncia un venerdì 17 in arrivo. C’è chi cancella appuntamenti di lavoro importanti, che evita di fare viaggi o affari. C’è chi  addirittura cerca di rimanere a casa o, se proprio non può farne a meno, esce,  ma resta nei paraggi.

Come difendersi dunque da malefica superstizione ?

COME USCIRNE?

Sembra strano a dire … ma tutto ruota intorno ai genitali … sopratutto quelli maschili.

Fin dai tempi degli antichi romani il membro virile è stato infatti considerato un potente amuleto capace di  proteggere dal male e ancora oggi , sopratutto dalle nostre parti non è raro osservare persone che contro il malocchio sono soliti toccarsi i genitali in senso scaramantico .

Il gesto di grattarsi lo scroto è  comunque anch’esso di discendenza romana .Esso fatto per gioco o sul serio , era un gesto che portava fortuna, e addirittura avevano coniato anche un detto proverbiale sull’argomento che diceva:
“Gratatio pallorum omnia mala fugat”  (cioè: grattarsi le palle allontana tutti i mali)

GRATTARSI GLI ATTRIBUTI (MASCHILI)

N.B. I falli eretti e sopratutto quelli di grandi dimensioni  avevano nell’antico mondo romano un valore propiziatorio della fertilità e rappresentavano dei potenti  talismani  portafortuna e beneauguranti. Ad esso si attribuiva il potere di allontanare il male  e veniva considerato un simbolo di fecondità ed augurio di prosperità . Per tale motivo ,  per proteggere dal male la  casa  e attirare verso di essa invece la buona sorte , venivano spesso venivano esposti o affissi sul muro nell’atrio dell’abitazione .

 

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Nelle decorazioni delle loro case elementi molto comuni erano i tintinnabulum (campanelli eolici), che rappresentano sculture in bronzo di  peni in erezione, con tutta probabilità da intendere quindi come simboli di fertilità e fortuna

 

 

 

 

 

 

 

 

Da allora i  rimedi contro il malocchio sono stati quelli di toccare il ferro , il legno , i genitali , il corno ,ma anche toccare  una piccola gobetta , spargere  del sale, possedere un ferro di cavallo ,una testa d’aglio o semplicemente fare il gesto delle corna che proprio perché  appuntite, evocando protezione e difesa,  richiamano nella loro forma il pene maschile,

 

Per molti secoli il gesto più comune sia di scherno che di protezione dal malocchio è stato anche quello di “fare le fiche”, cioè  ripiegare le dita della mano tranne il pollice, che veniva fatto spuntare dritto tra indice e medio . Si trattava ovviamente di  un’allusione all’erezione o al rapporto sessuale con il quale contrapporsi  al desiderio invidioso del malocchio   .

Questo  gesto di derivazione greco-romana  è  un primo riferimento al contrapporsi al malocchio avente una connotazione  sia fallica ma anche vaginale.

N.B .A Pompei sono stati ritrovati molti amuleti che rappresentano il suddetto gesto ed essi avevano  soprattutto un senso scaramantico e di buona fortuna.

Secondo diversi studiosi , questo gesto anticamente molto usato, era infatti ritenuto una rappresentazione della vagina, che in quanto organo della fertilità portava fortuna,  ricchezza e prosperità.

Non a caso i dolci in onore di Cerere, i milloi, erano fatti a forma di organo femminile.

CURIOSITA’: Come vedremo i vari rimedi che a Napoli si usavano e si usano contro iella e jettatori hanno quasi tutti una connotazione legata ai genitali sia femminili che maschili, come ad  esempio, allungare il dito medio e ritraendo le altre quattro dita, oppure grattarsi i testicoli,. oppure stringere corni di corallo o di giada, o comunque oggetti solidi come  ferro o legno. Insomma, l’importante è opporre al fascinum malefico un oggetto duro: corno, ferro, legno, o dito teso che rappresenti il pene in erezione (il termine fascinum significava appunto pene ).

Stando a quanto affermato da alvuni  antropologi  questo gesto del pugno chiuso e dito medio aperto è un gesto molto antico . Esso sembrerebbe infatti risalire a circa 2000 anni fa ed era già quindi presente nell’antica Grecia che lo passà in eredità al mondo romano.

I  Romani,  lo chiamavano  infatti “digitus impudicus”, dito impudico, cioè osceno ed il suo signicato era decisamente fallico. Il dito medio rappresenta infatti  il pene, mentre i testicoli vengono idealmente rappresentati dalle dita piegate ai lati del suddetto dito medio.

Probabilmente il gesto rapportava il dito al fallo per una minaccia di sodomizzazione.
Si racconta che Caligola, mentre i suoi sudditi gli baciavano la mano in segno di omaggio e di sottomissione, facesse, porgendo loro la mano, il “digitus impudicus”, allo scopo di umiliarli.

Quando mostri il dito medio, in pratica, mostri un fallo o, stando a certe  interpretazioni, mimi una penetrazione, molto probabilmente anale.

Senza dubbio la gestualità è primordiale: siamo in grado di trovare testimonianza del suo uso già in tempi antichi. Uno storico greco afferma che il filosofo Diogene approfittò del dito medio mentre, parlando ad un gruppo di persone, si riferì all’oratore Demostene definendolo un “grande demagogo”. I romani avevano addirittura dato un nome ben preciso al suddetto gesto: si ha testimonianza d’uso del cosiddetto “digitus impudicus”, ovvero “dito impudente” sia nelle opere del poeta Marco Valerio Marziale che dello storico Tacito.

Il passaggio dei secoli e dei millenni non ha scalfito l’eloquenza del gesto che, ormai, è diventato di uso comune

Ma c’è un particolare, il baciamano è una usanza orientale, usata poi dalla Chiesa Cattolica, ma i Romani non baciavano le mani a nessuno, nè all’imperatore nè al pontefice massimo, e neppure nelle cerimonie delle investiture, perciò l’aneddoto deve essere necessariamente inventato.

Detto questo , non bisogna però concluderne che, siccome l’erezione e le sue metafore sono il miglior antidoto alla iella, questa non abbia anche connotati femminili. Dopo tutto Priapo, fallo prototipo di ogni scaramanzia, è sin dalla nascita minacciato da un malocchio femminile: quello di Era, che, essendo sterile, invidia la gravidanza di Afrodite e cerca di distruggerne il frutto, Priapo. Nell’area napoletana porta infatti sfortuna anche  la femmina scoliotica.

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Ma contro chi si dovevano difendere con questi gesti i nostri antenati romani ?

Chi erano insomma quelli che portavano sfortuna ?

In passato i  proto-jettatori erano   i calvi , i guerci , gli uomini particolarmente brutti o con qualche difetto fisico , ma soprattutto gli  uomini con i capelli rossi (in passato considerati effeminati), e le vecchie brutte e con il mento aguzzo.

Portavano comunque  jella in epoche successiva anche le monache ( soprannominate “ cao e pezz “ed  i monaci, in particolare i francescani, in quanto facendo voto di castità  venivano considerati  nelle condizioni ottimali tipiche  dello jettatore , cioè un anti-fascinum, una forza anti-fallica.

Portano invece buona fortuna due tipi di maschi: il gobbo e il marito cornuto. Il gobbetto elargisce benessere soprattutto se uno, elargendo un abbraccio amichevole, riesce a toccargli la schiena gibbosa. Per secoli si è creduto che il gobbetto maschio sia sagace, ingegnoso, infido, malizioso e ben dotato sul piano genitale, così la sua protuberanza nella parte alta del corpo promette una aggettanza analoga nella parte più bassa; il gobbo esibisce una doppia ridondanza fallica. Toccargli la gobba equivale allora metaforicamente a palpargli gli attributi virili. Quanto al marito tradito, si pensava che egli fosse virtualmente sodomizzato dall’amante della moglie, portatore quindi anch’egli di un surplus fallico. La gobba femminile invece è una conflagrazione semantica inquietante: figura a un tempo femminile e penica, infligge disastri alla Città.

 

Questa credenza che toccare la  gobba porta fortuna ci viene dal Medioevo; in quel periodo si riteneva infatti che chi avesse quella deformazione era stato “segnato da Dio”. Tanto che si riteneva che i gobbi fossero intelligenti, astuti e particolarmente abili negli affari, al punto che molti re vollero dei gobbi come consiglieri alla loro corte. Anche la tradizione popolare considerò i gobbi dei portafortuna, specialmente se si poteva toccar loro la gobba.
Il fatto che le donne gobbe portino sfortuna, probabilmente è dovuto alla tradizione maschilista presente da secoli.

Ma le cose non sono così semplici come appaiono a prima vista.  

Passiamo infatti in rassegna i vari amuleti usati contro la sfotuna ed il malocchio .

Incominciamo con il ferro….

L’usanza di toccare ferro per scaramanzia è una nota   tradizione legata lall’episodio di un santo inglese, di nome Dunstano, a cui il diavolo avrebbe chiesto di ferrare il suo cavallo. Il santo maniscalco avrebbe invece inchiodato il ferro agli zoccoli del diavolo, liberandolo solo in cambio della promessa che non sarebbe più entrato nelle case in cui fosse stato esposto un ferro di cavallo. Infatti, tra i vari ferri, proprio quello di cavallo porterebbe più fortuna: ha quasi la forma di un anello e il cerchio avrebbe una valenza magica.

Tutto questo non vale nei Paesi nordici dove, contro i pericoli e la jella, si usa generalmente toccare il legno. Il motivo risiederebbe nella sacralità degli spiriti che abiterebbero in alcuni alberi.

Per noi napoletani è  invece il corno il simbolo per eccellenza della scaramanzia .Esso è l’unico oggetto che ha la vera funzione di  antidoto contro il malocchio , inteso come un “portabene” che esorcizza il male e le negatività e spesso viene sostituito alle porte o ai balconi da cascate di peperoncini rossi, che con i loro semi piccanti hanno la funzione simbolica di allontanare le malelingue.

 

N.B. Il peperoncino rosso è stato per anni il  vero amuleto contro il malocchio, ma anche contro l’infedeltà: in passato, in molti paesini i coniugi che sospettavano un tradimento erano soliti lasciare due peperoncini rossi sotto il cuscino del partner. In questo modo, avrebbero riconquistato il loro cuore.

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Negli anni si e ‘ perso il vero senso del corno  nella  sua funzione di malocchio e lo si accarezza senza saperne il suo vero significato e la sua origine. Ma dovete sapere che il corno, non è altro che la stilizzazione del fallo del dio greco – romano Priapo, custode dei campi, protettore dal malocchio e dio della prosperità della casa e della pesca.

Ecco del perchè i latini erano soliti dire ”  Grattatio pallorum omnia mala fugat” .. questo gesto che invocava la potenza della fertilità , secondo loro grattarsi i testicoli era un gesto capace di scacciare   via ogni male.  La potenza inseminatrice di Priapo e del fallo di grosse dimensioni che egli aveva in dote ,  rappresentava la  via per l’intimidazione dello spirito malvagio. Gli antichi romani  credevano in questo modo  che i genitali allontanassero gli spiriti maligni e sulle case dell’antica Pompei non mancarono di aggiungere varie  forme plastiche di genitali poste davanti agli ingressi delle case e dei negozi  (  ma  era anche normale avere al seguito amuleti in oro e ambra sagomati a forma di genitali ) . In molte antiche case romane tra i vari reperti archeologici sono state ritrovate delle statuine  che riproducono  un “fallo alato”  il quale è il voto di una ragazza. Quando è alato è un voto d’amore, il voto di una ragazza che ha bisogno di sposarsi

CURIOSITA’ :  Nell’arte romana, il fallo  veniva spesso raffigurato in affreschi e mosaici, generalmente posti anche all’ingresso di ville ed abitazioni patrizie. Il suo enorme membro era infatti considerato un amuleto contro invidia e malocchio. Inoltre, il culto del membro virile eretto, nella Roma antica era molto diffuso tra le matrone di estrazione patrizia a propiziare la loro fecondità e capacità di generare la continuità della gens. Per questo, il fallo veniva usato anche come monile da portare al collo o al braccio.

N.B. Le ragazze romane, fino ai 12-13 anni, portavano al collo, un piccolo fallo,( la  turpicola res quaedam)  che serviva loro per ornamento e ad assicurare la prolificità e l’abbondanza nel matrimonio.

L’uso poi è continuato nei secoli e chi oggi non dispone di amuleti in oro .. provvede in proprio facendo le corna o toccandosi le parti basse .

Un gesto che coinvolge tutti , a prescindere dalle appartenenze sociali. e dal loro grado di superstizione . Se infatti certuni si manifestino superiori e distaccati, se colpiti dalle disgrazie della vita, cadono anch’essi vittime degli stessi riti e degli stessi gesti scaramantici. 

NON CI CREDETE ?

 Ebbene , sapete che  ancora oggi il 58% degli italiani non passa sotto una scala appoggiata al muro e fa gli scongiuri se un gatto nero attraversa la loro strada. ?

Lo sapete che  in Europa, quanto a superstizioni, noi italiani siamo al terzo posto dopo lettoni e cechi. Sarà perché si tratta di credenze antiche, che risalgono addirittura al Medioevo e all’epoca romana. Ma quali sono le loro origini?

 Il timore della scala risalirebbe al Medioevo: essa appoggiata alle mura crea  un triangolo, si inviolabile , per cui passarvi sotto significa per gli antichi Egizi inimicarsi gli dèi e per i Cristiani spezzare la Santa Trinità.

La scala è sempre stata nei secoli uno dei grandi simboli di arricchimento alchemico . Esotericamente rappresenta un’allegoria di crescita, essa conduce in alto, ma  passare sotto di essa, proprio perché  in questo modo rompiamo il “sacro triangolo “. porta sfortuna.

CURIOSITA’: L’elemento della scala,  appare in quasi tutte le religioni: nell’antico Egitto, Orus era detto anche “dio della scala” per il sostegno che dava ai defunti in cammino verso “l’eterna luce”. Nella Bibbia la scala sognata da Giacobbe porta in cielo: Maometto parlò di una scalinata lungo la quale le anime dei giusti salgono verso Allah.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Partendo da questi significati, si sarebbe arrivati a credere che passare sotto (anziché sopra) la scala attirasse l’ira divina. Secondo un’altra spiegazione, l’origine di questa superstizione sarebbe invece più militare: i difensori dei castelli medioevali erano infatti soliti versare olio o pece bollente sugli assedianti che si accingevano ad arrampicarsi sulle scale. Da qui la paura di passare sotto una scala.

Ora ci crediate o meno a tutto questo …

Fateci  però caso … quante volte  allunghiamo il nostro percorso pur di non passare sotto una scala?

Sulla faccenda del gatto poi  bisogna ben distinguere la differenza tra il  Gatto bianco ed il  gatto nero: il primo secondo gli scaramantici porta fortuna, mentre il secondo porta iella. Soprattutto quando taglia la strada a un passante. Che per scongiurare la malasorte deve fare tre passi indietro prima di riprendere il cammino. O aspettare che un’altra persona, passando di lì, attiri su di sé la sfortuna. È una credenza tipicamente latina (negli Stati Uniti essere seguiti da un gatto nero, per esempio, è considerato un buon segno) le cui radici affondano nel Medioevo, quando il gatto è stato associato al male e al demonio.

All’origine di queste credenze ci fu la predisposizione alla vita notturna dei felini e la loro capacità di vedere nel buio. I loro occhi misteriosi ed inquietanti che s’illuminano al buio se colpiti da una luce , lo rendevano un animale sovrannaturale e considerato da tutti  diabolico .

N.B. Oltre al fatto che fossero oggetto di culto pagano, tra gli Egizi in particolare. Nel 1233 papa Gregorio IX emanò addirittura una bolla con la quale autorizzava il loro sterminio in nomine Dei, esemplari neri in testa.

La credenza nasce nel Medioevo, quando si era convinti fosse animale prediletto dalle streghe: accadeva infatti che nelle buie strade dell’epoca un gatto nero sbucasse fuori d’improvviso facendo imbizzarrire i cavalli delle carrozze, terrorizzati dai suoi occhi iridescenti.

A proposito di animali , anche il Il barbagianni – come il gufo e la civetta – sono  ritenuti  un uccello del malaugurio, incarnazione del Maligno o di una strega: il suo verso, si dice, riproduca le urla di una strega e sia presagio di morte e disgrazia.

Anche il pipistrello, creatura notturna in area greco-balcanica spesso associato al vampiro, qui da noi non se la cava bene venendo considerata un’anima maledetta o addirittura il diavolo incarnato. Moschemoscerinilucciole e calabroni sono le anime che escono dalla bocca dei cadaveri, come la farfalla, e in particolare il suo equivalente notturno, la falena, sono l’anima del defunto che si libra leggera nell’aria e per casa ( in greco “psychè” significa non a caso sia ‘anima’ che ‘farfalla’ ).

I gechi al contrario ,  non vanno mai uccisi perché sono le anime dei familiari defunti tornate a rivedere i propri cari, mentre i rospi sono altrettanti defunti che, se disturbati o calpestati, scatenano incubi e malanni sui malcapitati e sui loro cari.

Se infine il gallo , animale prediletto per le fatture (  insieme al gatto nero o al coniglio )  canta prima della mezzanotte, annuncia temporali e mal tempo.

Ma se siete superstiziosi . Mi Raccomando … non aprite mai una OMBRELLO in casa.

Questo gesto  “attira” la miseria sulla famiglia.

Strana faccenda vero ?

Dovete sapere che tutto nasce dal fatto che l’ombrello un tempo lo si teneva  aperto quando c’erano perdite d’acqua dai tetti rotti, ma sopratutto portava sfortuna perché richiamava alla memoria il “baldacchino” che veniva tenuto sulla testa del prete quando portava l’estrema unzione ai moribondi.

Non vi dico cosa succede se poi addirittura in casa si rompe uno specchio .

Come tutte le superfici capaci di riflettere le immagini, fin dall’antichità lo specchio è stato considerato carico di poteri magici, E SE SI ROMPE SON GUAI !

SPECCHIO ROTTO = 7 ANNI DI SFORTUNA .

È probabile che questa credenza sia legata al forte valore simbolico dello specchio: oggetto “magico” capace di duplicare le cose, ma anche le persone. Questa caratteristica può aver spinto le generazioni passate a pensare che infrangere l’immagine riflessa equivalesse in qualche modo a uccidere la persona stessa o a farle del male.

Religioni come Islam o Ebraismo, consigliano di capovolgere gli specchi durante la veglia funebre, per evitare che essi impediscano all’anima del defunto di lasciare il mondo terreno. I 7 anni di disgrazie sono frutto della credenza degli antichi romani che la vita di un uomo si rinnovasse ogni 7 anni.

C’è però anche un’altra cosa che una volta rotto deve necessariamente essere frantumato per bene prima di essere buttato. Si tratta del guscio dell’uovo , considerato da sempre nei secoli  l’emblema  della rinascita, ma anche della protezione. Esso è stato  uno dei doni più utilizzati dai popoli antichi, in quanto  sinonimo di nuova vita: se in un guscio ci sono due tuorli, si dice infatti che sia sintomo di una nascita in arrivo, secondo alcuni di un parto gemellare. C’è però un’altra diceria, più cupa e inquietante, che riguarda il guscio: una volta rotto, deve essere frantumato per bene prima di essere buttato, altrimenti potrebbe diventare un richiamo per il demonio, ben lieto di annidarvisi dentro.

Ma state ATTENTI anche AL SALE. . . La rarità e il conseguente costo elevato del sale, oltre alle sue proprietà, hanno generato nel mondo antico una serie di credenze, come quella per esempio che se  il sale cade a terra, è segno di sfortuna.

Tutto questo perchè il sale fin dai tempi degli antichi romani, era considerato merce rara e speciale, tanto che i soldati erano pagati con questo ingrediente. La stessa parola salario, infatti, significa proprio “razione di sale” e allora , come oggi far cadere dei soldi e poi perderli è un gesto che porta decisamente sfortuna .

Ad avvalorarne l’ipotesi , si racconta che durante l’ultima cema , Giuda lo abbia rovesciato poco prima di tradire Gesù . Per questo motivo passarlo a tavola di mano in mano poiché aumenterebbe la possibilità di farlo cadere, per scaramazia si è giunti alla conclusione che sia meglio poggiare il sale sulla tavola e poi riprenderlo invece che sollevarlo in aria e correre il rischio così di farlo cadere.

RICORDATE QUINDI …passare il sale di mano in mano è giudicato un atto “pericoloso” portatore di sventura !

SAPETE PERCHE’ ?

Tra gli antichi Romani spargere sale sulle rovine delle città vinte significava impedire loro di tornare a prosperare (il sale infatti rende sterile il terreno).
Da qui l’idea che il sale caduto per terra porti sfortuna e povertà. E un tempo si pensava che chi rovesciava il sale fosse condannato nell’aldilà a raccoglierlo con le palpebre. Solo gettarsi alle spalle (scongiuro diffuso ma di origine incerta) tre manciate  (numero magico) di sale allontanava la maledizione e
la mala sorte.

Lo sapevate inoltre che per tenere lontana la cattiva sorte si devono nascondere tre chicchi di sale grosso nel portafoglio, oppure cospargere gli angoli della casa con del sale per proteggere la vostra abitazione ?

Se addirittura volete esagerare e difendervi dall’invidia dei vostri colleghi in ufficio , è bene che invece portiate al lavoro una pietra di sale.

Gli antichi romani offrivano il sale in segno di amicizia e ospitalità e lasciarlo cadere significava rompere il patto di lealtà , il sacro vincolo.

N.B. Dalla Russia, invece, un racconto più romantico. Se una donna ne usa molto in cucina, si dice che sia innamorata: per questo le future spose, per ingraziarsi il favore dei suoceri, aggiungono sempre più sale del dovuto nei loro piatti.

Stessa cosa avviene anche con l’aglio , considerato da sempre il  simbolo di buon auspicio e un ottimo rimedio contro i malocchi. In molte abitazioni , ancora oggi  non è raro vedere appesa una testa di aglio sull’uscio di casa o nella stessa abitazione.

 

 

N.B  L’aglio è stato nei racconti di horror da sempre considerato l’antidoto per eccellenza contro i vampiri,

Secondo delle antiche credenze partenopee inoltre  inghiottire uno spicchio intero a digiuno porterebbe una gran fortuna (per molti, semplicemente, è un toccasana per la salute). 

La stessa cosa vale anche per la cipolla . Se infatti per i superstiziosi metttiamo una cipolla sotto il letto di una persona malata, gli sottriamo  gli influssi malefici della malattia ., mentre se invece l’appendiamo  in casa , evitiamo in queso caso  l’ingresso di germi ed eventuali malanni.

N.B  La cipolla veniva inoltre usata in passato anche per prendere delle decisioni importanti: a ogni bulbo veniva associata un’opzione diversa e, una volta piantati, il primo a germogliare avrebbe rappresentato la scelta giusta da fare.

Anche l’ OLIO non se la passa bene  in fatto di superstizione . 

Come sapete l’olio sacro per  gli antichi era  centrale nei riti cristiani, e per  tutelarsi dagli effetti nefasti del suo spreco, se veniva rovesciato era necessario spargervi sopra del sale (che annullava col suo “potere” la iella). Ma in Sicilia, in alternativa, sull’olio versato si poteva cospargere urina.

Al contrario del sale e dell’olio, il vino che cade sulla tavola non porta invece con sé grandi disgrazie. Anzi, se se ne prende un po’ con le dita e lo si passa dietro le orecchie, diventa segno di buon auspicio. Attenzione, però, a versarlo nella maniera corretta, ovvero con il dorso della mano rivolto verso l’alto. Il motivo di questo vecchio detto risale al Medioevo, quando insieme alla bevanda veniva versato anche del veleno che, nascosto nell’anello, scivolava via una volta capovolta la bottiglia. Così, il gesto elegante di servire l’ospite poteva tramutarsi in un tradimento (per questo, ancora oggi a Roma, la gestualità sbagliata viene definita in dialetto “alla traditora”).

A tavola come vedete è veramente difficile distrecarsi tra i vari riti scaramantici . Sono infatti tante le dicerie , i malocchi ed i cosidetti gesti che portano sfortuna legate alla tavola.

Non mettete per esenpio mai in tavola il pane capovolto . Esso rappresenta un segno di grande malaugurio . E’ un  gesto che porta male ( porta sventura ). sopratutto a colui che ha effettuato l’incauto gesto … è infatti probabile che si abbatteranno su di lui nei giorni a venire diversi grattacapi.

N.B. Dal punto di vista della fede cristiana il pane simboleggia il corpo di Cristo, come si evince dall’Ultima Cena, dunque capovolgerlo a tavola significherebbe capovolgere anche il corpo e il volto del Salvatore.

Questa antica diceria risale all’Ottocento ed è legata alla figura dei boia. Solitari ed emarginati da tutti, queste figure non godevano di buona reputazione: dovevano, infatti, sottostare a diverse burle e angherie da parte delle comunità. Essi erano dei personaggi che venivano ogni giorno   accuratamente evitati dai fornai e quindi stentavano  non tanto a guadagnarsi, quanto a procurarsi la proverbiale pagnotta. Il sovrano,Carlo VII (re di Francia dal 1422 al ’46’), visto il modo come veniva trattato il suo boia , mise allora  i fornai di fronte ad una scelta assai poco piacevole: o accettavano il boia come cliente, oppure si candidavano a diventarne clienti. A quel punto  i fornai si arresero, ma  in segno di disprezzo, da quel giorno il pane destinato al boia lo accantonarono rovesciato.

Una leggenda popolare racconta che proprio per questo motivo nacque il pancarré: Piero Pantoni – secondo la tradizione il boia di Torino che eseguì l’ultima impiccagione nel 1864 – fece appello alle autorità chiedendo che i fornai porgessero a tutti i clienti il pane sottosopra, a prescindere dalla condizione sociale. Per aggirare la sentenza, allora, gli artigiani inventarono un nuovo tipo di pane a forma di mattone che aveva pressoché lo stesso aspetto da entrambi i lati. In questo modo, i boia potevano ritenersi soddisfatti, mentre i fornai potevano continuare a prendersi gioco di loro senza che se ne accorgessero.

Ad ogni modo, ricordate anche che a Napoli, il pane non deve mai mancare da tavola e sopratutto  non si butta mai  . Quello che avanza  o magari un po’ sereticcio, viene utilizzato per preparare il ripieno delle polpette col sugo o fritte. Si può fare il pane grattugiato e se proprio non si sa come impiegarlo, prima di gettarlo, chi si sta per effettuare il gesto lo bacia prima di abbandonarlo nella spazzatura. Insomma a Napoli il pane è una cosa sacra, soprattutto perché con un solo e unico “pasto” come il pane, si sfamavano famiglie intere in tempi di magra e soprattutto di guerra o  di carestia .

Un prodotto dal valore così inestimabile doveva addirittura in passato essere baciato  nel caso fosse caduto a terra,  prima di essere riposto sulla tavola,

In Inghilterra, invece, le dicerie legate al pane assumono un carattere più tetro. Segno di una buona lievitazione, un’idratazione ben scelta e un’impeccabile alveolatura, i grandi buchi nella mollica rappresentano per gli inglesi le bare dei defunti, e sono quindi un presagio di morte. Prima di cuocerlo, inoltre, i fornai di una volta (in questo caso non solo inglesi) erano soliti intagliare una croce sull’impasto, una tecnica che eviti che la pasta si gonfi eccessivamente, ma che nasconde in realtà un significato nascosto: il segno per i superstiziosi inglesi serve a impedire a eventuali spiriti maligni di sedersi sulla pagnotta.

 

Ma in realtà essa è solo un’usanza in vigore fino a non molto tempo fa , quando ognuno impastava il proprio pane e poi andava ad infornarlo nell’unico forno comune presente nel quartiere ( non esistevano ancora le cucine con il forno a casa propria ) per riconoscere il proprio pane , o si  facevano fare particolari tacchette incise sulla crosta o sul bordo , in modo da riconoscerlo dopo la cottura , oppure si aggiungeva un ricciolo di pane con una forma particolare  poi sostituito dal cazzimbocchio , cioè due dischetti di metallo che portavano inciso un numero identificativo. Uno veniva consegnato al cliente e l’altro veniva conficcato nel ruoto tramite un’asticella di metallo .

Ma noi come vi abbiamo già raccontato nel capitolo dedicato al ” pane cafone ” , sappiamo che ad avere l’abitudine di incidere il pane con tagli trasversali o a marchiarlo con un sigillo di famiglia erano stati secoli prima i romani . Nell’antica Roma si facevano infatti vari tipi di pane  e per riconoscerli , presso il forno a cui era stato dato l’incarico di produrlo , spesso serviva un segnale di riconoscimento .

N.B. Visto che oramai avete tutti perso di moda il mangiare nei ristoranti orientali vi ricordo che anche  le bacchette orientali portano con loro diverse dicerie. Fra tutte, la posizione: porta sfortuna tenerle perpendicolarmente al piatto, ovvero in verticale, perché ricordano gli incensi che vengono utilizzati ai funerali. Inoltre i noodles , considerate in Cina un simbolo di longevità e salute ,  non vanno mai spezzati né con le bacchette né con i denti, altrimenti si rischia di accorciarsi l’esistenza.Bon ton: le 10 cose da non fare con le bacchette | Agrodolce

Tutte le culture però attribuiscono anche allo sguardo un grande potere I cosiddetti occhi n’guoll possono secondo molte persone superstiziose avere ripercussioni che possono riguardare la sfera emotiva, lavorativa, ma anche quella fisica (dei sintomi sono ad esempio violenti mal di testa, vomito, nausea, depressione e cattivo umore).

La jettatura infatti, dal latino jacere sortes (gettare le sorti, incantare), è l’energia malefica che viene gettata involontariamente attraverso lo sguardo  malevole , che alcune persone invidiose sprigionano   su di un povero malcapitato ritenuto in quel momento particolarmente fortunato e quindi da guardare storto e invidiare ( la parola invidia deriva  da invidere, ovvero guardare contro). L’invidioso, desidera infatti spesso avere solo un bene che l’altro possiede, insomma, il malocchio è il testimone della potenza sovrannaturale del desiderio umano. E’ dal suo  sguardo invidioso che arriva la iella … dal suo occhio malevole , arriva il malocchio…

In genere questo jettatore lo  si riconosce anche abbastanza facilmente  . Ha un aspetto  magro e pallido, il naso ricurvo, e occhi grandi che hanno qualcosa di quelli del rospo, e ch’egli di solito copre, per dissimularli, con un paio di occhiali scuri (il rospo, come è noto, ha ricevuto dal cielo il dono fatale della jettatura; uccide l’usignolo col solo sguardo ), ma sopratutto li  riconosci perchè si lamentano continuamente degli altri e ne invidiano il benessere. 

Ne sapeva qualcosa anche il re lazzarone Ferdinando IV, che da grande superstizioso fece di tutto alla fine del 700 per non incontrare il canonico canonico Andrea Di Iorio , presso la sua corte.  Egli conosciuto in giro come uno dei più potenti   jettatori del regno , era all’epoca non solo il  direttore del museo di Pompei, ma anche un erudito e  stimatissimo archeologo . Egli sollecitava da molto tempo un’udienza che il re  si guardava bene ovviamente dall’accordargli.

Il Re , come tutti sappiamo era molto superstizioso  Nei giorni  giorni di corte o quando gli erano presentati degli stranieri, teneva ogni volta un cornetto appeso alla sua catena, che  continuamente lo faceva  girare  fra le dita contro eventuali malocchi

Alla fine, cedendo, dopo otto anni, alle varie sollecitazioni degli amici , Ferdinando fu costretto a  ricevere il direttore del suo museo. Il canonico recatosi a Napoli per far visita al Re Ferdinando ,non riusciva comunque ad incontrare il sovrano che trovava oggi giorno qualsiasi buona scusa per evitare di incontrarlo .

Ferdinando alla fine dovette comunque riceverlo e nei venti minuti che durò l’udienza, egli stava come poche volte  sulle spine agitando continuamente  tra le dita un cornetto di corallo.

Questa visita di quello che lui considerava un grande jettatore che lui per anni aveva evitato di ricevere per paura della sfortuna che gli potesse arrecare, si trovava comunque ancora come ospite nel suo palazzo . Questa cosa lo inquietava molto .

Ed aveva ragione …

Riguardo la morte di Ferdinando infatti   ancora oggi in città circola una strana storia .

Un  aneddoto racconta che la sera  prima di morire  ,ebbe la sfortuna di incontrare nei corridoi del suo palazzo proprio il canonico De Jorio.
oh mamma mia! Chi l’ha fatto trasì a stu scarrafone jettatore... Esclamò il re mentre con le mani nelle brache stringeva quanti più cornetti d’Avorio teneva e grattava ..qualcos’altro.
Il canonico riferiva di consegnargli un plico urgente ma Ferdinando scappando rifiutò a tutti i costi di riceverlo e  andò a dormire pregando che quel brutto incontro non gli apportasse nulla di brutto.

La mattina seguente a dimostrazione delle sue teorie, il re fu trovato morto. Era il 4 gennaio del 1825.

La  fama del canonico da quel giorno ovviamemte peggiorò maggiormente  a causa della morte prematura del sovrano avvenuta in concomitanza con la sua visita.

Questa paura del malocchio attraverso gli occhi è  qualcosa che risale a tempi antichi  come appare gia attestato nel VIII secolo a, C.  dal mitografo greco Esiodo . Gia allora infatti  il timore che l’occhio potesse veicolare influssi negativi era presente e nei successivi secoli di volta  in volta venne associato a strabici, zingari, persone con i capelli rossi, e uomini che portavano gli occhiali scuri.
Dal pericolo di un’occhiata sospetta ci si proteggeva sputando tre volte per terra (il tre, numero perfetto, aveva una valenza sacra nel cristianesimo e lo sputo era associato a un atto purificatorio), facendo le corna, toccandosi i genitali o tenendo in tasca un dente di maiale (animale sacro presso molte culture). Chi era stato “adocchiato” poteva infine segnarsi tre volte con l’aglio o indossare il famoso occhio greco di Allah
chiamato Nazar Bonjuk in turco, o Evil Eye in inglese.

 

Nazar: cosa significa il potente amuleto portafortuna

Indipendentemente dal nome con cui scegliete di chiamarlo, questo potente amuleto turco contro il malocchio  è praticamente conosciuto in tutto il mondo.

Caratterizzato dal colore blu il Nazar è visibilmente riconoscibile, il suo aspetto è tondo e richiama quello dell’occhio.

CURIOSITA’: Il  colore blu è tmolto  insolito per i nati nelle regioni del Mar Egeo e un tempo si pensava che chi nascesse con gli occhi di questo colore fosse portatore di sventure. Il blu dell’amuleto serve quindi ad  esorcizzare le energie negative ed ovviamente il malocchio.

Non di rado questo oggetto è presente nelle nostre abitazioni, spesso infatti ci è stato portato in dono dopo una vacanza in Turchia o anche in Grecia dove è molto popolare.

Se ci fate caso lo ritroviamo spesso sotto forma di gioiello indossato dalle donne, o di ciondolo che adorna collane, orecchini e bracciali.

Al mare , in spiaggia ,noterete anche diversi tatuaggi di questo amuleto legati al profondo significato simbolico ..Questo amuleto , al pari della civetta è  molto diffuso in Turchia e in Grecia, in case, auto, uffici, negozi, e ovunque si voglia collocare scaramanticamente un oggetto che difenda dalle avversità. L ’Occhio con il suo colore blu sembra infatti possa proteggere dagli occhi estranei che possono provare invidia nei nodtri confronti per i nostri successi e quindi  “neutralizzare” il malocchio (in turco “Nazar”) .

La sua storia è  legata a una leggenda turca, e infatti questo simbolo è anche conosciuto come Occhio Turco.

Prima di raccontarvi la sua storia è giusto che sappiate che un tempo gli antichi abitanti della zona del Mediterraneo orientale avevano quasi tutti gli occhi scuri. Le persone con gli occhi azzurri erano molto poche, e si pensava che per questo portassero il “malocchio”.

La leggenda narra che una popolazione turca che abitava sul mare volesse spostare una grossa roccia dal mare  che ostacolava loro il passaggio  Ma per quanto 100 uomini tutti insieme si impegnarono non riuscirono nell’impresa , né a spinta, né con l’esplosivo. Ricorsero addirittura alla dinamite .. ma nulla . Accadde allora che la popolazione disperata ebbe l’idea di rivolgersi ad un uomocon gli occhi azzurri  famoso in città  per essere in grado di scacciare il malocchio che  viveva fuori dal villaggio .All’uomo bastò guardare la roccia per frantumarla in mille pezzi sotto gli occhi dei presenti.

Di generazione in generazione l’antica leggenda sopravvive e il Nazar ormai è diventatoda allora un simbolo portafortuna   che protegge tutti dal malocchio e dalle sventure. Ecco perché dovremmo regalare questo amuleto ai nostri cari e tenerne sempre uno in casa.

 

Ma ricordatevi che dalle nostre parti esiste anche un altro famoso occhio dalla forma questa volta ellittica che porta fortuna .

Senza quindi scomodare la lontana Turchia , per augurare buona fortuna ad una persona che volete bene ma sopratutto difenderlo dal malocchio , potete regalargli l’ OCCHIO DI SANTA LUCIA , un amuleto  a forma di occhio che proviene dal mare.

Esso infatti in natura è niente altro che lo scudo di protezione di un mollusco chiamato Astrea rugosa diffuso in tutto il mare mediterraneo dove vive su fondali rocciosi nutrendosi  di alghe.

Quando il mollusco muore , esso si stacca dal corpo e le correnti marine lo trasportano verso la spiaggia. Il suo ritrovamento sulla spiaggia ,oppure nelle reti di qualche pescatore , è ritenuto segno di buona fortuna ed è considerato un potente amuleto contro il malocchio, nonchè il benefico potere di guarire le malattie degli occhi ( in particolare la cataratta ).

CURIOSITA’: La sua somiglianza a un “occhio” l’ha fatto associare nel tempo a S. Lucia, la santa protettrice degli occhi, secondo la tradizione cattolica.

Si tratta in sostanza come avete capito di niente altro che dell’opercolo calcareo di una specie marina, l’Astraea rugosa,  utilizza come “propria  di casa” quando si ritira completamente all’interno della conchiglia.

L’opercolo ha una forma tondeggiante-ellittica, con il lato esterno convesso e di color arancio-rosato. La parte interna invece, a contatto con l’animale, è piatta e di colore bianco, con una spirale verso il centro.
La sua somiglianza ad un occhio , che come avete avuto modo di capire si dibatte tra sacro e profano, l’ha resa uno degli amuleti più popolari contro il malocchio, e per  merito della sua forma circolare e il colore lucido ha trovato facilmente impiego in gioielleria per la realizzazione di gioielli marini come ciondoli, spille , orecchini e anelli.

Occhio di Santa Lucia

 

Occhio di Santa Lucia

Ciondolo Occhio di Shiva rotondo

 

Gioielli fatti con gli occhi di Santa Lucia

 

Si tratta in sostanza come avete capito di niente altro che dell’opercolo calcareo di una specie marina, l’Astraea rugosa,  utilizza come “propria  di casa” quando si ritira completamente all’interno della conchiglia.

L’opercolo ha una forma tondeggiante-ellittica, con il lato esterno convesso e di color arancio-rosato. La parte interna invece, a contatto con l’animale, è piatta e di colore bianco, con una spirale verso il centro.
La sua somiglianza ad un occhio l’ha resa uno degli amuleti più popolari contro il malocchio, e per  merito della sua forma circolare e il colore lucido ha trovato facilmente impiego in gioielleria per la realizzazione di gioielli marini come ciondoli, orecchini e anelli.

Occhio di Santa Lucia

 

Occhio di Santa Lucia

Ciondolo Occhio di Shiva rotondo

Una leggenda che ruota intorno a questo amuleto vuole la madre di Lucia, una giovane di nobile famiglia siracusana dai bellissimi occhi, fosse affetta da una malattia incurabile.
Lucia pregò con fervore la Vergine Maria chiedendole la guarigione, ed il miracolo avvenne: la madre di Lucia guarì dalla malattia che l’avrebbe altrimenti portata alla morte. Così Lucia decise di consacrarsi alla prodigiosa Vergine, e la sua dedizione era tanto sconfinata che, per allontanare tutti i possibili pretendenti, si strappò gli occhi e li gettò in mare

Da allora, la giovane si dedicò completamente alla preghiera e ad aiutare gli altri, compiendo diversi miracoli. La Vergine Maria, commossa dalla sua devozione, la ricompensò donandole degli occhi ancora più splendidi e luminosi di quelli che gettò in mare.

Santalucia

 

 

 

 

 

 

 

 

In ambito napoletano  ritroviamo adddirittura anche pratiche popolari contro il malocchio che da tempo immemore trovano dei veri e propri professionisti atti a questi rituali. Essi tra una serie di incredibili escamotage si servono sopratutto di una antica formula che così recita :

«Aglie, fravaglie e fattura ca nun quaglie, ‘uocchie, maluocchie e frutticiell rind’ all’uocchie, corna, bicorna e la sfortuna nun ritorna, sciò sciò, ciucciuè».

E se questa non dovesse funzionare , per cercare di affrontare di petto la pratica del malocchio , si ricorre senza alcun indugio  al rito dell’olio.
Da generazioni a Napoli si tramanda infatti la credenza che alcune donne, per la maggior parte anziane, abbiano una sorta di sesto senso che si esplica nell’abilità di scoprire se una persona sia o meno vittima di un malocchio. Se si ha conferma di esserne stati affetti, la donna in questione ha la possibilità di liberare il povero sventurato grazie al rito dell’olio. Ritorna qui la formula sopracitata, pronunciata dopo alcune parole segrete dal taumaturgo che nel mentre mette dell’acqua in un piatto fondo e fa per tre volte il segno della croce sulla fronte della vittima. Dopo aver fatto il segno della croce anche su se stesso e sul piatto, versa nell’acqua alcune gocce di olio di oliva che vanno a formare dei veri e propri occhi: se si espandono vuol dire che la maledizione c’è stata, se si ingrandiscono fino a scomparire, significa che il malcapitato è sotto malocchio da così tanto tempo da far risultare difficoltosa un’effettiva guarigione.

Per sciogliere a quel punto il malocchio gli occhi di olio vanno simbolicamente tagliati con un paio di forbici e il liquido va gettato in un luogo in cui nessuno potrà mai calpestarlo.
Il rituale si dovrà ripetere finché l’olio non andrà a formare nel piatto delle circonferenze molto piccole, segno di effettiva liberazione dalla jella.

Che cosa complicata !

Come vedete togliere il malocchio non è sempre semplice … meglio quindi prevenirlo che curarlo .

A tal proposito spesso è meglio toccare  la  anomala gobba di un uomo ( questo vuol dire appropriarsi, seppure per poco, della forza della sua anomalia) o utilizzare alcuni amuleti di cui, il più tipico, è sicuramente o’ curniciello ( il corno ) del quale Napoli è tappezzata. La tradizione del corno è antichissima, risale al 3500 a.C., quando gli abitanti delle capanne erano soliti appendere un corno sull’uscio della porta come simbolo di ricchezza e di fertilità. In età romana, il corno veniva offerto alla dea Iside, per una cerimonia che voleva migliorare le condizioni dell’allevamento. A Napoli la tradizione del corno si arricchisce di nuove sfumature, legate a varie caratteristiche e condizioni che devono essere rispettate. Il corno contro il malocchio deve sì portare fortuna e ricchezza, ma per svolgere il suo compito di protettore, deve essere rosso e di un materiale prezioso come il corallo. Il corno inoltre deve essere regalato e poi attivato da chi lo dona.

A casa inoltre non dovete mai  entrare  prima col piede sinistro, perché è il piede del diavolo, quello cattivo, sbagliato e di malaugurio. Il mancino, per la sua eccezionalità, è sempre stato associato a forze infere e diaboliche.

N.B. Quando diciamo di “alzarci” o “partire col piede giusto” alludiamo invece al piede destro, quello “corretto”, un rassicurante auspicio al bene.

Una volta comunque entrati in casa non dovete mai dimenticare di salutare lo spirito della casa , cioè la”BELLA MBRIANA ” , l’ entita’ che presiede alle sorti positive dell’ intimita’ familiare.

Essa è una  buona fata  che deve essere viene trattata con ossequiosa deferenza  e stare quindi molto  attenti  a non dir nulla che la offenda. Non dimenticate mai che lo spirito della casa , la buona fata  tutela e custodisce infatti la nostra casa , in sostanza ” la buona fortuna ” cioe’ il nume benefico del focolare che tutela la casa e con essa la famiglia.

Nella casa bisogna  quindi sempre lasciare una sedia libera perche’ potrebbe entrare ‘ la bella mbriana ‘ e sedersi per riposare . Se tutte le sedie fossero occupate la nostra amica potrebbe andare via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalita’

Ma sopratutto non  dimenticate mai di salutare quando andate via o quando rientrate a casa ” la “BELLA MBRIANA ” ,.
Gli antichi , all’ imbrunire , quando si faceva sera e si accendevano le luci della casa , indirizzavano la buonasera alla bella ‘ mbriana ‘ .
Se poi a casa volete esagerare , dovete inoltre anche sempre a tavola mai  impugnare il cucchiaio con la mano sinistra o scendere al mattino dalla parte sinistra del letto . Queste gestualità portano  analogamente sfortuna, con l’aggravante di dedicare l’intera giornata al demonio!

Se però nella propria abitazione volete meglio  proteggere la casa dal cattivo influsso di uno jettatore è sempre meglio avere sulla toeletta o su uno stipo  delle piccole corna di corallo ben pulite , un ferro di cavallo inchiodato in cucina e coperte di metallo , oppure appendere alla porta o ai balconi  balcone un fascio di peperoncini rossi che con i loro semi piccanti hanno la funzione simbolica di allontanare le malelingue e contemporaneamente trattengono le maledizioni pronunziate dalla strada contro la casa.

Nelle varie botteghe , nelle taverne o nei vari ristoranti invece dovete addobbare le pareti  con rigogliose cornucopie di frutta , fiori , foglie e spighe di grano che servono ad augurare all’attività svolta prosperità economica e benessere mentre dovete appoggiate su eventuali  botti presenti delle grosse corna di bue  che devono necessariamente fare il paio con quelli che  pendono dal soffitto e si associano ai piccoli cornicelli spesso ” casualmente ” appoggiati sulle casse, o dove sta la bilancia.

Ah ! Dimenticavo…

Se andate a Teatro , ricordatevi che in quel luogo il color viola porta jella. Quindi non ci si veste mai di viola per uno spettacolo: il colore rievocherebbe i paramenti della Quaresima, lungo periodo in cui, a partire dal Medioevo, era vietato esibirsi ai teatranti che, quindi, non potevano guadagnare e sostentarsi.

Sempre riguardo al teatro , dovete sapere che fra  attori e cantanti si è solito  gridare tre volte “merda” prima di ogni spettacolo. Ci si augura così un pubblico numeroso che veniva un tempo misurato dalla quantità di sterco lasciata dai cavalli delle carrozze giunte in teatro.

CURIOSITA’: Sempre a proposito di merda , si  racconta a questo proposito  che nel Cinquecento un attore che interpretava la famosa maschera di Arlecchino fece finta di defecare davanti alla corte borbonica di Francia, lanciando poi sul pubblico quelle feci che erano in realtà il tipico dolce castagnaccio: il re Enrico IV si sarebbe divertito talmente tanto da ricoprirlo d’oro.

E’ comunque a tavola che i veri superstiziosi  terribili …e  conducono veramente una vita difficile.

Essi hanno delle regole ben precise .Non vanno infatti mai incrociati coltello e forchetta, che rappresenterebbero in queso modo una mancanza di rispetto per la crocifissione di Gesù, e soprattutto a tavola  niente tovaglie bianche: o meglio, possono essere usate, ma non vanno mai lasciate per tutta la notte, perché ricordano le lenzuola funebri. Da non dimenticare, poi, il numero dei commensali, mai pari a tredici, antica credenza legata all’Ultima Cena della religione cristiana.

E per finire … non dimenticate assolutamente mai, nella notte di San Silvestro, di mangiare  le lenticchie , Esse sono un  portafortuna prezioso, che assicura nuovi guadagni in arrivo.

L’usanza affonda le proprie radici nell’Antica Roma, quando in arrivo del nuovo anno si era soliti donare una borsa di cuoio – chiamata scarsella – colma di lenticchie che, secondo il mito, si sarebbero poi trasformate in monete.

E ricordate …

Non ci sono nozze senza riso.

Se quindi un girono vi invitano ad un matrimonio munitevi di tanto riso.

Tutto ha inizio nell’Antica Roma, quando ai neo sposi venivano lanciati chicchi di grano come augurio di felicità e prosperità. Una delle ipotesi più accreditate afferma che, una volta che il grano iniziò a scarseggiare, venne sostituito dal riso, meno costoso e più facilmente reperibile. Ma c’è anche il racconto cinese che narra invece di un Genio che si privò dei suoi denti per piantarli nel terreno e salvare il suo popolo dalla carestie. Nei campi, fiorirono piantine di riso, che da quel momento rappresentarono fertilità e nuova vita.

Visto il malocchio e la superstizione quanto rapporto hanno con gli  antichi nostri avi ?

Certi  nostri modo di fare certamente superstiziosi hanno quindi origini lontane …

Non vi meravigliate quindi se  le persone che conoscerete per strada nella nostra città , se bene osservate , noterete che spesso indossano qualche piccolo amuleto portafortuna , mentre molte botteghe del centro storico espongono e poi vendono un gran numero di piccoli oggetti rossi a forma di cornetti o di mani che fanno le corna.

GIA’ … FARE LE CORNA …

Vi siete mai chiesti perché?

Se ci imbattiamo in un carro funebre vuoto o in una persona ritenuta iettatrice, siamo soliti fare le corna in basso con la mano.

CHE STRANO GESTO …

I nostri vecchi contadini appendevano dietro la porta di casa e delle proprie stalle le corna del proprio bestiame, tingendole spesso di rosso, il  colore del sangue e simbolo dunque di vita e vitalità  per allontanare la cattiva sorte. Le corna quindi evocano  protezione e difesa, e richiamano manco a farlo apposta nella loro forma il pene maschile,

Per il tradimento associato alle corna, al “fare le corna”, dobbiamo risalire invece al mito greco del Minotauro: il celebre mostro con il volto di toro e il corpo di uomo, sarebbe nato dal tradimento di Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, con un bel toro inviato dal dio dei mari Poseidone che voleva punire Minosse, colpevole di non averglielo sacrificato come promesso. I sudditi cretesi prendevano in giro il re con il gesto delle corna per ricordargli la vergognosa infedeltà subita.

I mariti “cornuti” sono infine considerati nel mondo contadino di buon auspicio: verrebbero così definiti per le loro mogli adultere paragonate alle capre, che in natura si accoppiano continuamente con capri diversi.

INSOMMA CHE FATICA !

Capite ora quanto è faticoso non essere superstiziosi a Napoli? Essa è  una “combinazione colta di scetticismo e di credulità, di paura reale e di enfasi scherzosa”. Ma questa ambiguità caratterizza in fondo il rapporto che molta intellettualità napoletana ancor oggi ha con la superstizione e l’occulto: una faccia spesso irridente e sardonica, che protegge l’altra faccia, credula e allineata alle credenze popolari che avvertono di non prenderla sotto gamba .

La credenza nella jettatura veniva chiamata dagli intellettuali di un tempo della nostra città  “una faceta filosofia” volta alla razionalità e al disincanto. Due  antitetiche vocazioni che hanno sempre caratterizzato i  napoletani :  una rivolta come sappiamo  al rigore logico e l’altra a una sontuosa irrazionalità, che invece di entrare in tensione come incompatibili, spesso si amalgamano: il napoletano è a un tempo campione di disincanto talvolta anche cinico, e preda facile di tutto ciò che brilla con la fatua seduzione dell’esoterico e del magico. Da qui spesso la sua aria che tanto seduce chi napoletano non è: un sorriso allusivo, un modo di parlare succoso e sghembo, un’aria insomma da credulone scafato.

Ma d’altro canto in quale città se non Napoli più che altrove restano vive le superstizioni più antiche e ingenue, il culto dei morti e lo spiritismo, la magia nera che si fa discendere dalle arti di Raimondo de Sangro principe di Sansevero, noto soprattutto per la straordinaria cappella Sansevero nel cuore di Napoli, da lui fatta edificare nel Settecento. E poi le credenze nei  munacielli, che apparivano nelle case  domestiche, le janare o nei tanti fantasmi presenti in città come per esempio la strega di Port’Alba, il diavolo sotto il campanile della Pietrasanta , il fantasma della Regina Giovanna a Santa Chiara ma anche quello della bella domestica Bianca del Palazzo Spinelli ,o della  nobile Maria D’Avalos e del suo amante don Fabrizio Carafa duca d’Andria uccisi da parte di alcuni sicari ingaggiati dal vendicativo e geloso marito Carlo Gesualdo principe di Venosa o semplicemente quello dello scioglimento del sangue di San Gennaro e Santa Patrizia .

Ricordatevi  a questo proposito che Napoli è una grande città esoterica dove il popolo nella sua grande filosofia di vita mostra una esuberante confidenza con la vita e una grande familiarità con la morte , il malocchio, e la superstizione , ma è anche il luogo dove maggiormente vengono ancora mantenuti immutati valori importanti come amore ,amicizia e solidarietà. Un luogo rispetto a tanti altri dove  ancora certamente conta tantissimo la solidarità .

Qui , in questa città anche i fantasmi ,ed i vari potenziali  jettatori  vengono tollerati, rispettati, temuti e talora addirittura …coccolati e amati.

Tranne il venerdi 17 . Questo giorno , per molti  napoletani è un giorno particolare,  ed ognuno a modo suo adotta qualche piccolo espediente anti seccia .

E non pensare di cavarvela ….

RICORDATE ….

E’ cosa risaputa che quando un forestiero arriva a Napoli, comincia col ridere della jettatura, poi a poco a poco se ne preoccupa, e infine, dopo tre mesi di soggiorno, lo vedete ricoperto di corni dai piedi alla testa e con la mano eternamente contratta

 

P.S. Non vi preoccupate se non sapete gestire tutte queste cose …

In città c’è anche chi non adotta  nessuna strategia “anti-sfiga”, ma  vive la giornata anche se con una certa apprensione e tira un sospiro di sollievo solo  dopo la mezzanotte, per essere  entrato in un più rassicurante sabato 18.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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