Il primo re Svevo del Regno di Sicilia fu il figlio di Federico Barbarossa Enrico VI.
Egli fu un re duro e assetato di potere ma fortunatamente mori presto a 37 anni a Messina dove si ammalò di una grave forma di dissenteria e il suo unico merito è stato forse solo quello di aver generato uno dei più grandi uomini che la storia ricordi: FEDERICO DI SVEVIA.
Durante la conquista del regno Enrico VI commise molte atrocità per cui passò alla storia con l’appellativo di “crudele ” e mai nome fu così appropriato.
Appena giunto a Palermo fece esumare il cadavere di Tancredi, morto dieci mesi prima, per fargli togliere la corona e le insegne reali con le quali era stato seppellito.
Il giovane figlio di Tancredi , fu ovviamente spodestato e nonostante la sua sottomissione fu imprigionato e accecato. Poi insieme alla madre regina e le sue due sorelle fu inviato in Germania (di loro non si seppe più’ nulla).
I sostenitori normanni furono tutti perseguitati, imprigionati, accecati, decapitati, arsi vivi ed i loro beni confiscati. Interi villaggi e borgate furono incendiati mentre alcune città furono sottoposte a stragi e saccheggi (Catania subì la sorte peggiore).
Nel giorno della natività del Signore, centinaia di roghi si elevarono così ad illuminare sinistramente il trionfo dello Svevo che a Palermo cingeva intanto la corona del Regno di Sicilia.
Intanto, il 26 dicembre, giorno successivo alla sua incoronazione, sua moglie Costanza d’Altavilla durante il viaggio per raggiungere il marito giunta a Jesi, nelle Marche, dava alla luce un maschio.
Questo bambino che per 50 anni sarebbe stato il protagonista della storia d’Europa e che i posteri avrebbero chiamato ” STUPOR MUNDI ” ( lo stupore del mondo).
Alla morte di Enrico il crudele, seguì comunque un periodo tempestoso per il regno di Sicilia che durò molti anni.
I feudatari (in particolare i tedeschi) che erano stati insediati dal defunto imperatore cercarono di arraffare quante più terre potevano e qualcuno mirò addirittura ad impadronirsi del potere sapendo che sul trono vi era un re di soli tre anni sotto la tutela di una debole donna.
Costanza d’Altavilla, moglie del defunto Enrico, per preservare il suo unico piccolo di soli tre anni dai pericoli che lo minacciavano credette a questo punto opportuno e saggio, da donna religiosissima, porre il figlio Federico sotto la tutela del papa Innocenzo III.
Federico fu di conseguenza incoronato re di Sicilia, a Palermo, nella festività delle Pentecoste nello stesso anno in cui moriva di malaria la madre Costanza d’Altavilla.
Il papa provvide a nominare un collegio di famiglia composto da quattro vescovi per la tutela del suo nuovo pupillo che provvide anche alla sua educazione.
Affidato ai vescovi di Sicilia, trascorse la giovinezza senza affetti nel grande palazzo reale di Palermo. I suoi interessi si rivolsero agli studi e alle attività fisiche con cui forgiò un fisico forte e robusto, esperto di scherma, equitazione e caccia.
Palermo era stata per più di 250 anni sotto il dominio arabo ed era in quell’epoca una città cosmopolita, ricca di influenze culturali arabe ed anche ebraiche, egli conobbe quindi un ambiente ricco di razze e culture diverse e ciò fu la premessa per la tolleranza dimostrata in età adulta.
Intanto il regno di Sicilia visse un lungo periodo di anarchia in cui fu devastato da lotte e disordini, soprusi e ladrocini perpetrati sopratutto dai nobili.
In Germania invece il titolo di Imperatore era esercitato dal fratello di Enrico VI ( zio di Federico ) Filippo di Svevia che in seguito fu assassinato a tradimento dal conte Ottone IV di Brunswich che si proclamò nuovo imperatore di Germania.
Questi poi, non contento, rivendicando anche il regno di Sicilia pensò di invaderlo per assoggettarlo al suo impero.
Ottone intraprese il viaggio verso l’Italia dove in un primo momento a Roma fu incoronato re dal papa Innocenzo III (al quale Ottone aveva promesso di tenere separati i due regni).
Il papa teneva molto al fatto che i due regni non fossero uniti poichè temeva di essere costretto tra due fuochi e quando si rese conto che Ottone non stava mantenendo le promesse fatte non esitò immediatamente a scomunicarlo e incitare i Principi tedeschi a ribellarsi in modo da costringere Ottone ad abbandonare precipitosamente l’Italia per far fronte alla nuova situazione creatasi in Germania.
Intanto Federico, ormai giovinetto, aveva sposato per procura Costanza d’Aragona ( su consiglio del papa ), vedova del re d’Aragona, che aveva dieci anni più di lui ma portava una cospicua dote e quel che più contava, un buon numero di armati per la difesa del regno.
Nel 1212 la dieta di Norinberga decretò la deposizione di Ottone IV e inviò un messo in Sicilia per offrire a Federico, quale erede degli Hohenstaufen, la corona di Germania.
Federico accettò e si mise subito in cammino verso la Germania, passando prima per Roma dove il Pontefice gli fece giurare solennemente che mai avrebbe riunito nelle sue mani le due corone di Germania e di Sicilia.
Il viaggio di Federico fu lungo e avventuroso per le insidie ed i pericoli che Ottone ed i suoi seguaci fecero correre al nuovo eletto per impedirgli di arrivare in Germania.
Giunto in Germania, Federico, fu incoronato ad Aquisgrana nel 1215.
Papa Innocenzo morì nel 1216 e fortunatamente non assistì al fallimento del suo giuramento poichè dopo soli otto anni di regno in Germania, Federico nominò suo figlio Enrico ( nato nel 1212) al quale già spettava per diritto di successione il regno di Germania, Re di Sicilia.
Federico, tecnicamente non mancò al giuramento fatto verso il papa, in quanto il giuramento di tenere separati i due regni valeva per lui ma non per suo figlio.
Federico nel 1220, fu incoronato a Roma da Onofrio III, (succeduto ad Innocenzo ) Imperatore del Sacro Romano Impero. In tale circostanza giurò la sua partecipazione alla futura Crociata ( V ) e divulgò e decretò che le leggi emanate in occasione della sua incoronazione fossero inserite nel Codice del Diritto Romano ( i soli nomi di Imperatori presenti in questo codice sono il suo e quello del nonno Federico Barbarossa).
Rivolse poi la propria attenzione al Regno di Sicilia che necessitava di ordine dopo tanti anni di anarchia e lo fece con grande facilità promulgando una sola legge : De Regnantis Previlegis.
Ovvero, tutti i beni donati, i privilegi, le conquiste, le acquisizioni, e quindi tutti i cambiamenti avvenuti negli ultimi trenta anni erano dichiarati nulli e come non avvenuti.
L’Imperatore evocava a se l’esame dei documenti relativi alle proprietà e le decisioni in merito. Diventarono così proprietà dello stato molti castelli e numerose terre ed i baroni di conseguenza non furono più quotati in base alle terre possedute (la maggior parte erano reali) ma solo per i servizi che avrebbero reso allo Stato, sia come funzionari che come guerrieri.
Pose le basi in tal modo per formare quello che nel futuro diverrà la nobiltà di corte cancellando l’egemonia feudale.
Lo stato creato da Federico fu molto accentratore in quanto il sovrano aveva nelle sue mani il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo che esercitava direttamente attraverso funzionari da lui stesso nominati e stipendiati e non tramite feudatari.
Per mezzo di questa burocrazia, formata da uomini di legge anzichè feudatari egli controllava tutta la vita dello stato comprimendo fortemente il baronaggio.
Tutto questo imponeva ovviamente grandi risorse finanziare e militari.
Alla prima provvide con una nuova organizzazione fiscale, imponendo nuove tasse e monopolio di stato su generi di lusso ( come accadeva negli stati mussulmani ).
Il suo esercito invece fu prevalentemente costituito da mercenari al fine di non dipendere dai vassalli.
Il 1229 a conclusione della crociata che aveva giurato 9 anni prima e che aveva sempre rimandato (provocando l’ira di papa Onofrio III prima e dopo di papa Gregorio IX che fini’ per scomunicarlo ) concordò con Al Kamil, figlio del famoso Saladino, un armistizio di 10 anni, mediante il quale ebbe il possesso dei luoghi santi e di una striscia di territorio.
In seguito a questo accordo Federico il 17 marzo fece il suo ingresso in Gerusalemme ed il 18 si autoincoronò re nella chiesa del Santo Sepolcro.
L’impresa era stata possibile per la profonda conoscenza che Federico aveva dei costumi arabi e della lingua oltre che per la grande diplomazia usata durante le trattative.
La sua abilità diplomatica e le sue capacita dialettiche unite allo spirito di un altro uomo quale era Al Kamil finirono con il trionfare evitando inutili spargimenti di sangue, a dimostrazione di quanto possano fare due grandi menti unite nel bene.
Delle quattro crociate precedenti solo la prima guidata da Goffredo di Buglione aveva raggiunto lo scopo a costo di fiumi di sangue e migliaia di vittime ed ora nella chiesa del Santo Sepolcro, quell’uomo, si autoincoronò re di Gerusalemme senza aver estratto la spada dal fodero e sparso neanche una sola goccia di sangue.
La cessione di Gerusalemme, di Nazareth e di altri luoghi sacri, un risultato che non era riuscito nelle tre precedenti crociate, avvenuto senza alcuna guerra, indignò ancora di più il papa Gregorio IX che esigeva la conquista dei luoghi santi con lo spargimento del sangue e così invece di premiarlo cominciò a radunare un esercito per invadere il Meridione e rovesciare il suo regno.
Federico tornato prontamente in Italia fronteggiò la minaccia papale, invadendo lo stato Pontificio e catturando i prelati diretti al concilio indetto dal papa per deporre l’Imperatore.
Fece propaganda antipapale verso gli altri sovrani europei e mise sotto protezione i francescani spirituali invisi al papato.
Conferì inoltre il titolo di Re di Sardegna al figlio naturale Enzo senza interpellare la Curia Romana e incominciò a combattere con successo la lega Lombarda costituita dai comuni del Nord che cercavano di contrastare i suoi obbiettivi assolutistici.
Gregorio IX intransigente sostenitore della supremazia papale sull’Impero, ovviamente non mancò di scomunicarlo per l’ennesima volta per poi morire nel 1241. Inizialmente il soglio Vaticano fu dato a Celestino IV e solo dopo due anni fu dato ad Innocenzo IV.
Questi, fuggì da Roma, indisse un nuovo concilio a Lione in Francia e proclamò la condanna di Federico proclamandolo decaduto dal Regno.
Federico organizzò una spedizione verso Lione ma dovette interromperla per riconquistare Parma caduta nel frattempo nella mani dei Guelfi.
Nella successiva battaglia di Fossalta invece subì una sconfitta nella quale fu imprigionato il figlio Enzo che da allora rimase rinchiuso nel Palazzo (che ancora oggi si erge nel centro di Bologna).
Federico morì il 13 dicembre 1250 vittima di un infezione intestinale a Castel Fiorentino in Puglia probabilmente perché fu avvelenato. Aveva appena scoperto un complotto in cui era coinvolto il medico di corte.
La leggenda vuole che l’astrologo di corte Michele Scoto gli avesse predetto la morte sub flore, ragion per cui egli pare abbia sempre evitato di recarsi a Firenze.
Quando fu informato del nome del borgo in cui era stato condotto per le cure necessarie egli capi che la sua morte era vicina.
La sua morte fu rapida ed improvvisa sorprendendo i contemporanei dell’ epoca tanto che alcuni misero voce (storicamente infondata ) che l’Imperatore fosse stato ucciso soffocato dal figlio illegittimo Manfredi che gli successe.
Federico ebbe quattro mogli e diciotto figli, dei quali solo Corrado era legittimo.
Erano quasi tutti matrimoni politici . Da Bianca Lancia, unica donna che lui amò veramente ebbe solo una relazione extraconiugale anche se per niente segreta (divenne sua sposa solo prima della sua morte ). Dalla loro relazione nacque il figlio Manfredi (oltre a d Enzo e Filippo).
Alla sua morte, all’età di 56 anni, lasciò il trono per regolare testamento a Corrado ( figlio di Jolanda di Brienne ) ed in sua mancanza a Enrico ( nato da Isabella d’Inghilterra ) o in ultima analisi a Manfredi.
Il secondo potenziale erede, Enrico, reo di aver ordito in Germania un complotto contro il padre era stato a suo tempo arrestato e poi purtroppo morto suicida dopo 7 anni di prigionia in un castello della Puglia.
Federico aveva disposto nel testamento che suo successore fosse il figlio Corrado, il quale in quel momento era impegnato in Germania e fino al suo arrivo in in Italia il regno doveva essere retto da un altro figlio naturale, Manfredi, col titolo di Vicario.Innocenzo IX invece, scomparso il pericolo per la morte di Federico era ritornato in Italia e rivendicando la sovranità della chiesa sul regno di Sicilia avocava a se la decisione della successione dichiarando abolite le leggi Imperiali.
Napoli riconobbe la sovranità papale ricevendone in cambio un’autonomia locale con a capo un podestà ( Riccardo Filangieri ).
Corrado giunto dalla Germania a quel punto circondò Napoli con forze imponenti. La città resistette a ben due assalti (nella vana attesa degli aiuti richiesti al papa ) ma alla fine dopo quattro mesi di assedio, stremati dalla fame, si arrese ( gli aiuti del papa non giunsero mai ).
Corrado espugnò Napoli e come il suo avo Enrico VI per punire la città della resistenza opposta fece demolire le mura e ugualmente come il suo avo visse brevemente: mori infatti in seguito a malaria a soli 26 anni lasciando erede il figlio Corradino ancora piccolo in Germania.
Il secondo potenziale erede Enrico era morto suicida prigioniero in un carcere di un castello della Puglia.
Manfredi governava a questo punto lui il regno anche se solo inizialmente come Vicario perché Corradino era ancora piccolo e viveva in Germania.
Nel 1258 si sparse la voce ( falsa ) che il piccolo Corradino era morto e lui rompendo ogni indugio si fece acclamare re di Sicilia nella cattedrale di Palermo.
Manfredi entrò subito in disaccordo con il papa con il quale iniziò un difficile rapporto fatto di guerre e accordi.
Il papa lo scomunicò ed egli accettando la lotta cercò l’appoggio dei ghibellini che lo portò ad estendere la sua influenza in tutta Italia. Fu ben presto riconosciuto il capo indiscusso dei ghibellini estendendo la sua potenza ovunque vi fossero idee antipapali.
Fondò Manfredonia che nei suoi progetti era designata a divenire capitale di Puglia.
Il papa intanto si accordò con il fratello del re di Francia ( Luigi IX ), Carlo d’Angio, promettendogli il trono di Napoli e Sicilia in cambio della sola contropartita di un tributo annuo di diecimila once d’oro e l’abolizione di tutte le leggi contrarie ai privilegi del clero ripristinando le concessioni normanne.
Il censuo annuo poi negli anni assunse un aspetto rituale; infatti il gravoso compito di inviare ogni anno il tributo papale avveniva con “la chinea” cioè un cavallo bianco accompagnato da una ingente somma di denaro, che rappresentava nei confronti del papa un segno di sottomissione.
Carlo, organizzato un esercito di 30.000 uomini fu incoronato a Roma re di Sicilia dal papa e benedetto dai vescovi prima di partire all’assalto di Manfredi.
Manfredi aveva un esercito di numero inferiore con soli 15.000 uomini.
La battaglia definitiva avvenne a Benevento nel 1266 con la vittoria di Carlo e la morte dello stesso Manfredi che ad un certo punto pur avendo capito l’ imminente sconfitta, rifiutando l’umiliazione riservata ai vinti si gettò di nuovo nella mischia combattendo fino alla fine con i suoi più fedeli uomini contro un numero maggiore di avversari fino alla certa morte. Molto incise in questa battaglia il tradimento di alcuni baroni che allettati dalle promesse del papa erano passati apertamente al nemico o non difeso le roccaforti a loro assegnate.
La sua famiglia fu imprigionata a Trani, la moglie Elena separata dai figli fu tenuta prigioniera a Lagopesole e poi a Nocera dove mori dopo cinque anni alla sola età di 29 anni.
I figli furono tenuti prigionieri a vita prima a Castel del Monte e poi a Castel dell’Ovo.
Napoli che non aveva mai nutrito troppa simpatia per la casa Sveva, dopo la battaglia di Benevento accolse Carlo d’Angio’ come un liberatore e gli offri le chiave della citta’.
Contrariamente a quanto si era vociferato il quindicenne figlio del re Corrado IV, Corradino era vivo in Germania e poteva considerarsi il legittimo erede del Regno di Sicilia.
Sollecitato ed invocato dai ghibellini italiani che non si erano rassegnati alla conquista angioina egli decise una spedizione per riconquistare il trono dei suoi avi.
Giunto in Italia il suo esercito si ingrossava per l’aggiungersi di forze milizie ghibelline.
Il papa come sempre ricorse alla scomunica dichiarando che l’azione del principe svevo era illegale ed eretica perchè la sola chiesa era sovrana del Regno di Sicilia e solo lei poteva disporre quindi a chi affidarlo.
Nel luglio del 1268, mentre il papa fuggiva, Corradino entrava in Roma accolto festosamente dalla popolazione per poi ripartire verso il nemico.
I due eserciti si scontrarono presso Tagliacozzo, nella pianura Palentina dove dopo un’iniziale, solo apparente, vittoria di Corradino, l’esercito angioino ebbe la meglio.
Un grave errore di strategia portò alla completa disfatta dell’esercito di Corradino, il quale fu uno dei pochi a salvarsi. Egli evitata la cattura, fuggi verso Roma dove chiese ospitalità ad un fedele sostenitore della casa Sveva, tale conte Frangipane, signore di Astura.
Il Frangipane dopo aver bene accolto Corradino ed i compagni, tradì lo stesso consegnandolo agli Angioini ( oramai non aveva più niente da guadagnare dagli Svevia ma tutto da perdere con gli Angioini se non gli avesse consegnato il principe).
Il Conte preferì consegnare i fuggiaschi all’angioino guadagnandosi il suo favore e non metterselo contro immaginando la sua reazione alla notizia della sua avvenuta ospitalità nei confronti del principe Svevo.
Corradino ed i suoi compagni furono arrestati, condotti a Napoli e rinchiusi nelle prigioni di Castel dell’Ovo in attesa della decapitazione.
La sua sorte era stata decisa da papa Clemente IV che considerava gli svevi una propaggine di vipere da estirpare ed eliminare in maniera definitiva.
Stessa sorte doveva poi valere per il papa anche per tutti i saraceni residenti a Lucera.
Il mattino del 29 ottobre 1268, sul patibolo eretto in Piazza del Mercato, gremita da una folla muta ed angosciata il biondo capo di Corradino cadde sotto la mannaia del boia.
Aveva solo 16 anni . Le sue spoglie non ebbero alcuna onoranza funebre e furono sepolte poco distante dal luogo dell’esecuzione. Solo in seguito la sua salma fu traslata nella chiesa del Carmine.
Carlo d’Angiò che da un palco eretto nella stessa piazza aveva assistito all’esecuzione, trasse un sospiro di sollievo. L’ultimo degli Hohenstaufen era morto e nessuno più oramai poteva contrastargli il possesso del Regno di Sicilia.
I saraceni invece asserragliati in Lucera resistettero per un anno intero alle forze reali e papali, fino a quando non avendo più niente da mangiare furono costretti ad arrendersi.
La città venne saccheggiata, le mura abbattute, i fossati colmati, ed il castello presidiato. Tutti i saraceni vennero arrestati senza distinzione di sesso ed età e successivamente messi in vendita come schiavi sui mercati del regno mentre i beni mobili ed immobili vennero confiscati a favore dello stato. Anche il nome di Lucera fu abolito e sostituito con quello di Santa Maria, anche se poi con il tempo ( dopo circa un secolo ) il vecchio nome di Lucera ritornò a denominare quel luogo.