‘O quatt’  ‘e maggio è la data che, fino ad un tempo non troppo lontano, indicava la giornata delegata ai “traslochi” cioè ai cambi di casa delle famiglie che stavano in affitto e che comportano, ovviamente, grande confusione e frastuono.

Ai  tempi dell’Impero Romano, il mese adibito a sfratti e traslochi era un determinato giorno del mese di Agosto, che a Napoli era il 10, per evitare che tutti i giorni dell’anno ci fossero famiglie che giravano per tutta la città, portandosi dietro il carretto contenente le proprietà, al fine di cercare una nuova abitazione.

Col tempo questa usanza si perse e la città ripiombò nel caos. 

Nel 1587 il viceré don Juan de Zuniga, che ricopriva la carica da circa un anno e aveva il pallino dell’ordine pubblico, fu autore di una norma con cui reintrodusse la giornata dei traslochi: Agosto, essendo un mese caldo, non era l’ideale per correre, salire e scendere per smontare e montare la mobilia e portarla in giro per Napoli, e allora scelse il primo dì di Maggio, dimenticando che era quello in cui ricorreva la festa dei Santi Filippo e Giacomo, molto amati e venerati dai partenopei, e dei quali possiamo ammirare la bellissima chiesa situata nel centro storico.

Questa scelta si rivelò quindi infelice, in quanto questi Santi erano  molto venerati dai Napoletani che festeggiavano questa giornata con balli, canti e grandi libagioni, a corredo di processioni e funzioni anche all’aperto che di fatto rendevano impossibile il contestuale spostamento per le strade della Città delle migliaia di famiglie in cerca di case da occupare.

La conseguenza fu che la disposizione non venne mai rispettata e gli “sfratti” si susseguivano disordinatamente e con grande frastuono, durante tutto l’arco dell’anno fino al 1611  quando un altro vicerè , don Pedro Fernandez  de Castro, conte di Lemos ,  mutò  la data dei traslochi stabilendo che fosse il 4 Maggio anche perché coincideva con una delle 3 scadenze annuali del canone di locazione.

In quel tempo, infatti, il pigione di casa (‘o pesone) veniva annualmente corrisposto al proprietario dell’abitazione occupata, ogni quattro mensilità: il 4 gennaio, il 4 maggio ed il 4 settembre, quindi tre volte all’anno.

Il quattro di maggio, da allora, divenne la giornata del grande trasloco di massa: il giorno dell’ammuina per eccellenza: pensate solo per un attimo  cosa succedeva il 4 maggio di ogni anno per le strade della Città. Entro le 18 un inquilino doveva uscire e un altro subentrare. In quell’ora lo scompiglio e il disordine regnavano ovunque. Un andirivieni di facchini si  muovevano e si incrociavano per la città. Nella vie della città si notava una processione di carrette e sciarabballe dove era accatastato di tutto: masserizie accatastate in apparenza in maniera disordinata ma in effetti ogni cosa era incastata in modo tale da sopportare ogni sollecitazione e legata da robuste funi. Le carrette traballanti erano trainate da asini, buoi o cavalli. Queste procedevano e rallentavano quando s’incontravano con un’altra che veniva in senso inverso e nella stretta strada bisognava evitare il contatto tra le masserizie sporgenti dai pianali delle carrette: le urla  e le bestemmie dei facchini salivano alle stelle mentre altri convogli simili sopraggiungevano a creare situazioni infernali. Non era raro assistere al ribaltamento di carrette e al precipitare in terra di armadi, scrittoi, e vasellame.

Le famiglie, con animali domestici compresi, al seguito delle carrette erano tutte alla ricerca di un “si loca“, il cartello che indicava un quartino, un basso o un appartamento libero e pronto da occupare.

Una volta individuata la casa libera, se ne valutava il pigione e si faceva la scelta più conveniente e alla portata delle proprie tasche.

Le scale dei tanti palazzi era invasa da gente che saliva e scendeva con il suo carico di oggetti, mobilia e masserizie varie, palazzi naturalmente che erano privi di ascensori o montacarichi e talvolta con scale troppo strette per lasciar  passare  i mobili. L’unica via di accesso in questo caso era quella esterna, dei balconi : allora si calavano funi, si montavano carrucole e si imbracavano armadi.

In quel giorno ovunque in città vi era un grande confusione e un gran rumore al punto che in seguito ogni volta che c’era chiasso si usava dire che c’era ‘o quatto ‘ Maggio.

Ancora oggi a Napoli, quando si vuole indicare che è in corso un grande cambiamento oppure che c’è un disordine ed un frastuono non abituali si dice: “ma che ‘è ,ò quatto ‘e maggio ?

 

 

 

 

carretto con oggetti in fase di trasloco

 

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