Gennaro Pantalena, nato a Napoli, il 13 ottobre del 1848, è stato uno dei più grandi attori protagonisti del teatro napoletano di fine Ottocento.
Egli dapprima fece parte delle compagnie dei più grandi attori-autori dell’epoca come Eduardo Scarpetta e Federico Stella ed infine mise su una sua propria compagnia teatrale mettendo in scena al teatro Fenice: ‘O bbuono marito fa ‘a bbona mugliere, una riattazione de’ I mariti di Torelli , che riscosse un incredibile successo , sopratutto da parte degli aderenti a quel Nuovo teatro dialettale d’arte napoletani che vide in lui l’antagonista allo strapotere scarpettiano.Il padre avrebbe preferito si dedicasse alla musica ma Gennaro preferì ben altra forma artistica e s’affacciò nel mondo del teatro incominciando a recitare in piccole compagnie che agivano nei baracconi della vecchia Napoli popolare.
Sempre più intenzionato a realizzare il suo sogno d’arte teatrale , la svolta della sua carriera avvenne quando un giorno decise di partire per Cosenza con una compagnia di comici di scarto, per tenervi un corso di quindici rappresentazioni. Nel modesto complesso il giovine attore, fattosi audace, si cimentò nell’arduo ruolo della maschera «Pulcinella» allora di appannaggio del grande Antonio Petito . Il successo fu fantastico e la compagnia contro ogni previsione iniziale rimase nel capoluogo della Basilicata pe un intero anno.Ritornato a Napoli, l’eco del del successo in provincia gli aprì le porte del teatro Sebeto, il caratteristico locale che sorgeva nella piazzetta San Tomaso d’Aquino. Fu in questo periodo che don Gennaro conobbe la vedova del noto attore italiano Torelli e la sposò. Questo matrimonio gli aprì le porte delle compagnie dei grandi spettacoli popolari, alla cui testa erano Federico Stella e Tommaso Zampa. Il Pantalena venne scritturato in questo periodo per sostenere la parte del «tiranno» un personaggio notevole nei drammi popolari che avevano come sfondo il trionfo del bene sul male. Sette od otto anni dopo la Torelli moriva e Don Gennaro si riammogliava, sposando l’impresaria del teatro delle «Follie drammatiche» donna Rosa Abbuscato Grazie a questo nuovo matrimonio sulle scene questa volta prese a recitare in dialetto nel ruolo di «guappo», ruolo che contemporaneamente deteneva sulle storiche e gloriose scene del del «San Carlino» di Napoli . Fu allora che il Pantalena, dopo la morte di Petito, entro a far parte come e «caratterista» della compagnia di Scarpetta con la quale recitò riscuotendo grandi successi Miseria e nobiltà e ‘A nanassa. Scarpetta con cui lavorò tra frequenti interruzioni, dovute a inevitabili litigi di due personaggi dotati di una forte personalità . La loro collaborazione anche se saltuaria e caratterizzata da frequenti interruzioni durò comunque per oltre un ventennio, grazie alle loro affettuose pacificazioni e reciproca stima.
CURIOSiTA: Si racconta a proposito del loro rapporto teatrale che nella ricompensa pattuita per la sua recitazione , le tre lire iniziali di paga divennero poi quaranta: cifra allora sbalorditiva.
La prima fuga di Pantalena dalla compagnia Scarpetta avvenne nel’85 , quando egli formò’ una compagnia con Amalia De Crescenzo, la Giordano, il De Chiara, la Santelia e lo Scelzo. In questo periodo dopo essere stato protagonista per poco tempo alla “Fenice” Pantalena decise di imbarcarsi per Argentina ed il Brasile con lo scopo di portare una compagnia dialettale nel sud – America .
L’accoglienza al debutto della compagnia Buenos Ayres supero’ ogni attesa , ma al ritorno in patria Pantalena ritornò di nuovo nelle tese braccia di Edoardo Scarpetta. Dopo un ennesimo litigio con don Felice egli creò poi una nuova compagnia con Nicola Maldacea che ebbe però’ brevissima vita. Lo stesso accadde con un tentativo fatto con Peppino Villani. La sua attività come impresario teatrale italiano lo portò anche alla direzione di un’altra compagnia con Maria Giordano e alla formazione con la Magnetti e il Donadio che a Milano ebbe grande successo.
Attore eclettico , modesto e quasi ignaro del suo valore , egli è stato forse il più grande attore e direttore di quel teatro napoletano capace di suscitare sensazioni di comicità e a contempo vigorose ondate di drammaticità. I grandi critici ed i grandi giornali dell’ epoca dopo un iniziale periodo di incomprensione , non mancarono successivamente finalmente di riconoscergli quel meritato ruolo di protagonista di un teatro napoletano, pura ed altamente espressivo Gennaro Pantalena venne infatti accostato in quel periodo accanto ai grandi attori di Zacconi, Novelli, Ferravilla e Zago.
Il suo repertorio svariò tra Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio , Ernesto Murolo, Ferdinando Russo, Aniello Castagliola, Achille Torelli, Diego Petriccione ed Eduardo Minichini Tra le sue grandi interpretazioni fu quella del marito in Assunta Spina di Di Giacomo, ruolo che fu poi interpretato al cinema da Eduardo de Filippo.
Morì a Napoli dove fu trasportato dopo un malore che lo colse a Messina dove si era recato con una sua ultima compagnia che aveva messo su per proprio conto . Con la sua morte scompariva l’ultimo superstite e la più notevole espressione di quel teatro napoletano teatro napoletano» degno di questo nome, che, con Pantalena, Petito e Scarpetta, ha legato il suo nome alla storia ed alla gloria del teatro italiano.
L’ora solenne legato alla guerra che il paese viveva in quel momento distrasse l’attenzione del pubblico alla morte del grande attore alla cui salma non furono rese le dovute onoranze.