L’odierna cittadina di Casalnuovo sorge sulle rovine di Archora, uno dei villaggi che avevano dato luogo alla confinante città di Afragola, e comprende anche il soppresso comune di Licignano di Napoli, corrispondente all’insediamento romano di Licinianum, ma facenti parte di Casalnuovo ci sono anche le località di Tavernanova e Casarea, acquisite nel 1929 per scorporo dai comuni di Pomigliano d’Arco e Afragola. A partire dagli anni 1990 una porzione del territorio appartenente al comune di Afragola viene acquisita dal comune di Casalnuovo
La storia di Casalnuovo è quindi molto antica ma come poi vedremo anche molto moderna al tempo stesso .
Il “casale nuovo” nacque infatti nel 1492 dalla divisione del territorio di Afragola, per mettere fine ad una lite cominciata qualche anno prima.
Nel 1484 Ferdinando d’Aragona aveva infatti concesso al mercante Angiolo Como i resti del villaggio di Arcora, suscitando il malcontento del signore di Afragola, Cesare Bozzuto. Il Como era un creditore abituale della corona, e nonostante le proteste del barone, legittimo proprietario dei territori afragolesi (che comprendevano anche Arcora), l’amministrazione aragonese staccò l’intera zona orientale istituendo un nuovo casale.
Il centro abitato, tuttavia, era tutt’altro che nuovo.
Per quanto spopolato, Arcora era infatti un antichissimo villaggio sorto lungo il corso del vecchio acquedotto augusteo che attraversava la zona. Nei documenti medievali si parla spesso di luoghi «foris arcora dudum aqueductus», ovvero nati sulle rovine dell’acquedotto, riciclandone certamente gli stessi mattoni per la costruzione delle abitazioni.
CURIOSITA’: L’antica Arcora era un modesto villaggio rurale (documentato per la prima volta nel 949) e anche secoli dopo, con l’avvento di Angiolo Como non cambiò molto. Casalnuovo non fu mai un centro abitato di dimensioni considerevoli, restando un territorio essenzialmente agricolo, abitato da pochi nuclei familiari dediti alla coltivazione dei campi.
Questo nuovo casale venne all’epoca riconosciuto venne dall’arcidiocesi di Napoli con il nome di Casalnuovo.
N.B. Con la riforma urbanistica di Gioacchino Murat, i casali di Casalnuovo e Salice, insieme con il casale di Arcopinto (zona oggi suddivisa fra tre comuni) e il casale di Afragola (casale che ricomprendeva, peraltro, vecchi casali disciolti come ad esempio Casavico e Cantariello), confluirono nel comune di Afragola.
Ma il governo napoleonico diede un grande impulso al casale in quantò aboli il regime feudale e istituì il nuovo Comune guidato da sindaco e decurionato.
N.B. Con la restaurazione borbonica, a Casalnuovo si insediò anche un distaccamento di cavalleria, alloggiato per anni presso villa-masseria Marra.
Il territorio comunale di Casalnuovo dovette invece attendere ancora qualche secolo prima di ingrandirsi . . Esso venne infatti ampliato con regio decreto del 25 febbraio 1929, n. 316,[7] con l’accorpamento dell’allora comune di Licignano di Napoli (il quale in questo modo cessava di esistere come comune autonomo) e l’aggiunta di parti di territorio appartenenti ai comuni di Afragola e Pomigliano d’Arco.
CURIOSITA’: Licignano era stata frazione di Pomigliano d’Arco, poi comune a sé stante con il nome di Licignano, poi ancora frazione di Acerra e in seguito nuovamente comune a sé stante con il nome di Licignano di Napoli, fino a divenire, oggi, parte integrante del capoluogo del comune di Casalnuovo di Napoli nell’ambito del ridisegno amministrativo voluto dal fascismo
Negli anni cinquanta, per scorporo dal comune di San Sebastiano al Vesuvio, al comune di Casalnuovo di Napoli si sono aggiunte le frazioni di Tavernanova e Casarea (si pronuncia Casarèa), mentre la località Botteghelle, tra Casalnuovo di Napoli e Tavernanova, ha continuato a far parte del comune di Afragola fino agli anni settanta.
N.B. Alla fine degli anni novanta, il comune di Casalnuovo ha ottenuto un’ulteriore porzione del territorio già appartenente al comune di Afragola nell’ambito del programma compensativo dell’impatto ambientale determinato dalla stazione ferroviaria dell’alta velocità di Afragola sul territorio dei comuni vicini.
Una prima vera svolta per lo sviluppo del paese avvenne comunque solo nel 1842, con la realizzazione della regia ferrovia Napoli-Capua, che diede un impulso fondamentale alle attività commerciali.
Da tranquillo centro agricolo, dal secondo dopoguerra Casalnuovo incominciò lentamente a rafforzare il proprio ruolo di “cerniera” tra l’hinterland a nord di Napoli (Casoria, Afragola) e la provincia orientale (Pomigliano d’Arco, paesi vesuviani) incrementando sopratutto l’attività delle piccole imprese tessili.
Casalnuovo di Napoli, in passato, è stato infatti uno dei principali poli industriali dell’hinterland napoletano, grazie a varie aziende che qui avevano i propri stabilimenti. Fra le più importanti aziende, ricordiamo la Moneta, nel posto dove sorgeva lo stabilimento ora c’è un parco pubblico intitolato a Pino Daniele, l’Eridania, la Colussi, la Liquigas e la Farvima i cui stabilimenti sono, allo stato attuale, tutti dismessi. A questi si aggiunge anche lo stabilimento dell’Hensemberger (industria di accumulatori).
Tuttavia sul territorio casalnuovese ci sono parecchie piccole e medie imprese che ancora oggi operano nel settore tessile e calzaturiero come dimostra la presenza (nell’ex stabilimento Colussi) del “Polo della Moda”, uno dei principali poli dell’industria tessile della regione e la presenza di grandi importanti aziende sartoriali Icpme quella di ISAIA e ATTOLINI che si interessano principalmente della realizzazione di abiti maschili di alta moda, che hanno subito un processo di industrializzazione tale da riuscire a distribuire capi anche all’estero, difatti vantano negozi non solo in Italia ma in Europa, Stati Uniti e Asia.
Per questo, all’ingresso del paese, sul messaggio di benvenuto viene attribuito alla città il titolo di “città della moda” per i numerosissimi sarti di grande bravura che qui risiedevano e risiedono ancora..
Ma anche gli effetti negativi della vicinanza della metropoli non hanno tardato a farsi sentire. Dagli anni ’80 Casalnuovo ha vissuto un eccezionale incremento demografico, passando dai 21mila abitanti del 1981 agli attuali 50mila. Con tutti i disagi che può provocare una crescita così vertiginosa. In particolare, con una speculazione edilizia che ha divorato il distretto rurale, dando il colpo di grazia ad una tradizione agricola già in crisi da tempo.
Le chiese e il Palazzo del Principe
Percorrendo l’antica Strada regia per Benevento (l’attuale corso Umberto) si incontra la chiesa principale di Casal-nuovo, dedicata a S. Giacomo ed edificata nella prima metà del Cinquecento per volere di Angiolo Como, primo feudatario del paese. Attraversando alterne vicende, il complesso è stato interamente ristrutturato dopo il devastante incendio del 1933.
Punto di riferimento cittadino, S. Giacomo non è tuttavia la più antica parrocchia della zona. Il primato spetta alla chiesa di S. Nicola (anticamente dell’Annunziata) che sorge sul corso principale di Licignano, in un contesto urbano che conserva le atmosfere dell’antico casale rurale. Parrocchia dal 1583, la chiesa passò nel Seicento sotto il patronato dei baroni Salerno, che ne ebbero cura e la abbellirono.
Antichissima, seppure di incerta datazione, è la cappella di S. Maria dell’Arcora, centro dell’antico villaggio afragolese. Accanto alla cappella più volte riedificata, ai primi del Seicento furono realizzati un forno con poteca e taverna, che divennero il fulcro della contrada, detta poi Botteghelle.
A Casalnuovo è fiorita anche un’antica una masseria-convento benedettina di cui resta, ad ultima testimonianza, solo la piccola cappella di S. Maria ad Nives, che si incontra lungo l’antica via di Puglia, nella zona di Tavernanova.
Sorge invece a Licignano, il cosiddetto “Palazzo del principe” (antico Palazzo Lancellotti)residenza dei baroni del piccolo casale fin dal1534. che si pone a metà strada tra azienda agricola e residenza-giardino, il palazzo ha vissuto alterne vicende, fino alla ristrutturazione del 1774, ad opera della famiglia Salerno, che lo ha trasformato in un palazzo nobiliare. Al nome di Carmine Lancellotti-Durazzo dei principi di Capua è legata l’ultima stagione di splendore dell’edificio, manomesso e deturpato nel corso del Novecento.
Il cardinale Ascalesi
A Casalnuovo nacque nel 1872 Alessio Ascalesi, sacerdote che percorse una brillante carriera ecclesiastica. Alle morte del padre, militare di carriera, si trasferì nella città materna di Bevagna, in Umbria, e studiò in seminario a Spoleto.
Nel 1909 fu nominato vescovo di Muro Lucano, in Basilicata, dove l’anno seguente dovette affrontare le conseguenze di un tragico terremoto. Nel 1911 passò a Sant’Agata dei Goti e nel 1915 alla prestigiosa e storica sede di Benevento. L’anno seguente ricevette la porpora cardinalizia da papa Benedetto XV.
Nel dicembre del 1923 Alessio Ascalesi tornò a Napoli, dove l’arcivescovo Michele Zezza aveva rinunciato all’incarico per una grave malattia. Malvisto per la sua adesione al regime fascista – fino al gesto esemplare del dono dell’oro alla patria – nel 1943 dovette fidare su Alfonso Castaldo (vescovo di Pozzuoli e suo collaborato-re, poi in seguito arcivescovo di Napoli) per trovare nel 1943 un buon rapporto con l’esercito di liberazione, che garanti molti vantaggi alla Chiesa napoletana.
Sotto l’episcopato di Ascalesi, comunque, nel 1938 fu rilanciata dopo un lungo periodo di crisi l’antica Facoltà Teologica di Napoli; l’università fu ricostituita presso il seminario arcivescovile, che gli sarà poi intitolato insieme all’ospedale del popolare quartiere di Forcella, dopo la sua morte, avvenuta nel 1952.