Nella nostra città piena di contrasti e di simboli esoterici non poteva mancare un Tempio dedicato a due eroi nati da un uovo considerato nella mitologia greca classica come un simbolo ” cosmico “. Due eroici miti greci costretti , pur di stare insieme a vivere e a morire ciascuno di loro a giorni alterni .
I mitici gemelli Castore e Polluce , figli di Zeus e di Leda , che il padre degli dei sedusse sotto forma di cigno , sono stati venerati per secoli nella nostra città nell’attuale Piazza San Gaetano, nell’antico Tempio dei Dioscuri rimasto intatto fino al terremoto del 1688 che lasciò intatte solo due colonne del tempio pagano e i dorsi dei Dioscuri.
Le 2 colonne scanalate di stile corinzio che oggi vediamo sono infatti le sole rimaste delle 8 che precedentemente sorreggevano il tempio . Pensate che bello doveva essere l’intero colonnato con il timpano sovrastante prima del terribile terremoto . Questo purtroppo oltre a danneggiare seriamente la chiesa fece crollare le 6 colonne di marmo i cui resti comunque furono reimpiegati da Domenico Antonio Vaccaro e Francesco Solimena per la decorazione del pavimento e per le paraste della navata centrale dell’attuale Basilica di San Paolo Maggiore.
Il Tempio come accennato fu eretta nell’area del foro dell’antica città greco-romana Neapolis . In questo posto il vecchio decumano maggiore si allargava a formare l’ agora’ , il foro del tempo romano, centro della vita cittadina politica , religiosa e commerciale di quei tempi .Per lungo tempo il luogo ebbe il nome di Piazza Augustale o di Mercato vecchio , poiche’ sotto il porticato della piazza vi si trovavano botteghe di commercianti e cittadini provenienti da ogni parte in preda a frenetiche contrattazioni . Il luogo era il vero cuore della vecchia Neapolis , animato e frequentato da greci, romani ,siriani , alessandrini ,egiziani tutti misti tra loro con l’ unico intento di realizzare un buon affare.
Oggi costruita sulle antiche rovine del tempio romano dei Dioscuri troviamo la seicentesca Basilica di S.PAOLO MAGGIORE edificata tra l’VIII ed il IX secolo . Al posto delle statue di Castore e Polluce spiccano oggi le grandi sculture di Pietro e Paolo , propulsori del Cristianesimo nel mondo rappresentando così un altro fantastico luogo in città , sede dei grandi contrasti dove l’antico culto pagano , dialoga con la religione di Cristo in una elaborata strana teoria di opposti che coincidono nello stesso posto .
La Basilica , risalente alla fine dell’ottavo secolo , si eleva , in posizione scenografica, alla sommità di una seicentesca scalinata a doppia rampa che domina l’intera piazza San Gaetano , dove forse più che in ogni altro luogo della nostra città si respira il passato di una volta . Tra antiche rovine e storici edifici si raccoglie ogni giorno come anticamente accadeva una enorme folla di persone che con il suo vociare si aggira tra caratteristici locali caratterizzati da vecchi sapori . Un luogo dove confluiscono riti arcaici e memorie di un trascorso ancora presente accerchiato da odori di babà e di sfogliatelle appena sfornate con l’ eco di qualche tamburello e folkloristiche canzoni cantate da un bravo poco conosciuto nuovo artista di strada .
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La Basilica fu eretta per celebrare la vittoria sui saraceni , avvenuta nel giorno di S. Paolo . Da Tempio pagano divenne inizialmente Basilica paleocristiana, finche’ nel 1538 fu affidata ai Padri Teatini , ordine fondato da San Gaetano Thiene. (da cui prende appunto il nome la piazza ) . Alle 2 estremità dell’ attuale facciata sotto le statue di San Pietro e di San Paolo , si vedono i dorsi dei Dioscuri che furono trovati , a loro tempo , tra le rovine del tempio pagano.
Tra la seconda metà del XVI secolo e gli inizi del XVII secolo la chiesa venne restaurata ed ampliata più volte: priva di cupola, oggi, l’ interno vasto e sontuoso ,tipicamente barocco , presenta rivestimenti in marmi policromi e pavimentazione a intarsi marmorei . La pianta è a croce latina suddivisa da tre navate con cappelle laterali .
Qui l’architettura barocca si manifesta in tutto il suo splendore, con i più potenti effetti scenografici delle strutture , dei marmi e delle innumerevoli opere pittoriche di autori del 600 e del 700 napoletano.
Castore e Polluce, detti anche Dioscuri erano ufficialmente due gemelli figli di Leda e del re spartano Tindaro , ma si narra secondo pettegolezzi dei miti greci che Leda, la loro madre, li avesse concepiti separatamente, unendosi nella stessa notte prima con Zeus e poi con suo marito : dall’unione con il dio sarebbe nato Polluce, dotato di natura immortale; da quella con Tindaro il mortale Castore ( Zeus da buon seduttore e dongiovanni si era trasformato in cigno per sedurre Leda ).
I due gemelli erano inseparabili e sempre uniti nel compiere le loro imprese.: Castore era un grande domatore di cavalli, Polluce era invece un grande pugile ed entrambi nelle loro discipline risultarano essere i vincitori nelle prime Olimpiadi greche.
I due eroici miti greci fratelli parteciparono a numerose imprese: aiutarono gli Dei dell’Olimpo contro i Giganti, parteciparono alla spedizione degli Argonauti con la spedizione per la ricerca del Vello d’oro ed alla caccia contro il cinghiale Calidonio. Durante il viaggio verso la Colchide Polluce inoltre mostrò tutto il suo valore, sconfiggendo e uccidendo in una sfida di pugilato il violento e tracotante Amico, re dei Bebrici.
Il fratello del re spartano Tindaro, di nome Afareo era anche lui padre di due gemelli: Idas e Linceo . Il destino volle che questi cugini oltre ad avere in comune il fatto di essere gemelli avevano in comune anche l’amore per due giovani sacerdotesse di Apollo figlie di Leucippo, re di Messenia, già promesse in matrimonio a Ida e Linceo. .Castore e Polluce le rapirono allo scopo di sposarle ma purtroppo ignoravano che le ragazze erano già state promesse spose ai cugini gemelli .Questi ultimi, vistosi sottratte le fanciulle, si misero all’inseguimento dei Dioscuri e finalmente riuscirono a raggiungerli presso la tomba di Afareo. Castore e Polluce, preparandosi alla lotta si posero in agguato nascondendosi nel tronco cavo di una vecchia quercia. Linceo, che aveva il dono di penetrare tutto con gli occhi, li scoprì, e Idas, scagliando la sua lancia attraverso l’albero, uccise Castore. Furente Polluce in un un violentissimo scontro uccise con la sua lancia Linceo. A questo punto il gigantesco Ida divelle la stele tombale di Afareo e la scagliò contro Polluce, stordendolo . Egli era pronto a scagliare la sua lancia contro Polluce, quando venne folgorato da un fulmine lanciato da Zeus, che intervenne per proteggere suo figlio. Rimasto privo del fratello, Polluce non si rassegna alla solitudine e chiede a Zeus di rinunciare al privilegio dell’immortalità. Zeus accoglie la sua richiesta e concede ai due fratelli di abitare, a turno, un giorno sull’Olimpo e un giorno nella loro tomba a Terapne, nel territorio dell’amata Sparta.
Polluce, afflitto da un incommensurabile dolore per la morte del fratello , rimasto solo , chiese al padre Zeus di non separarlo da Castore e di accettare in cambio anche la rinuncia al privilegio dell’immortalità. Zeus accoglie la sua richiesta e concede ai due fratelli di abitare, a turno, un giorno sull’Olimpo e un giorno negli inferi ,nella loro tomba a Terapne, nel territorio dell’amata Sparta. Zeus, visto il loro profondo legame , gli concede inoltre di vivere per sempre nel cielo, sotto forma della costellazione dei gemelli .
Sorella di Castore e Polluce , figlia di Leda e Re Tindaro era anche la famosa Elena rapita da Paride , con la quale i due gemelli avevano , in qualità di fratelli maggiori , un particolare rapporto di protezione : quando la fanciulla, ancora giovanissima, viene rapita da Teseo, essi infatti subito accorsero a liberarla con un intervento fulmineo ma nulla poterono quando venne invece rapita da Paride per i precedenti problemi accaduti con Idas e Linceo ed in questo caso poterono solo proteggere la nave che portava la sorella verso Troia, cavalcandole a fianco a difesa delle onde furiose. Il mito racconta infatti che Poseidone avesse loro affidato il potere di dominare il vento dei mari e per questo motivo erano venerati come protettori dai marinai e divinità sempre pronti a soccorrere coloro che si trovavano in difficoltà in mare . Venivano identificati con i cosiddetti fuochi di sant’Elmo come vennero chiamate dai naviganti le manifestazioni di elettricità atmosferica che talvolta di notte apparivano sugli alberi delle navi o con stelle la cui apparizione annunciava la calma sul mare. Rappresentati come dei dotati di ali si pensava attraversassero in volo il cielo per accorrere in aiuto delle navi durante le tempeste.
Il loro culto, nacque a Sparta ma si diffuse rapidamente in tutta la Magna Grecia specialmente perché li si venerava come protettori dei navigatori, ( la Magna Grecia era appunto una nazione di grandi navigatori )
Vennero venerati anche a Roma dove venivano celebrati nel tempio che si trovava nel Foro Romano, per effetto di una antica leggenda . Questa narra che i due fratelli comparvero durante la battaglia del Lago Regillo, e aiutarono la vittoria dei romani, mettendo in fuga l’esercito dei Latini. Il risultato della battaglia, inizialmente sfavorevole ai romani ,secondo la leggenda pare sia stato deciso proprio dall’apparizione dei mitologici Dioscuri, che, sotto forma di due giovani cavalieri di splendore divino, si posero alla testa delle truppe romane trascinandole alla vittoria. Finita la battaglia, scomparvero per ricomparire sul Foro romano, dove abbeverarono i loro cavalli ed annunciarono la vittoria alla popolazione.
Per celebrare questa vittoria Il 15 luglio si svolgeva una processione verso il tempio, a cavallo, dato che i Dioscuri erano cavalieri ed a Roma erano ricordati e rappresentati come aurighi o cavalieri in nudità eroica su di un cavallo con in testa un copricapo ( pileo ) a forma di guscio ( per ricordare che erano nati da un uovo fecondato da un Dio ) e recante con se una lancia .La loro immagine venne rappresentata per lungo tempo sul rovescio della principale moneta romana il denario .
Vengono oggi talvolta considerati anche patroni dell’arte poetica, della danza e della musica.
ARTICOLO DI ANTONIO CIVETTA