Nella nostra città ci  sono circa 200 bellissime chiese monumentali da decenni chiuse e abbandonate a se stesse che versano oramai in un totale stato di degrado  continuamente depredate negli ultimi decenni di ogni loro preziosa opera d’arte  Un patrimonio  abbandonato composto di affreschi, dipinti, sculture, decori e fregi, che  rubato o danneggiate hanno privato  il popolo napoletano di una grande  ricchezza culturale. Molti dei  capolavori conservati nel loro interno sono  infatti irrimediabilmente andati persi o meglio trafuganti in varie razzie barbariche da gente senza scrupoli  e disonesta che hanno smontati interi arredi barocchi,   gli altari dai marmi , bellissimi  antichi tendaggi, gli arazzi, le acquasantiere, vari pulpiti lignei, organi settecenteschi  e recentemente come se non bastasse anche antichi rari pavimenti.

Forse sono veramente tante le chiese presenti nella nostra città ( soprannominata non a caso delle ” cinquecento cupole ” ) , talmente tante che come un overdose ne abbiamo perso il controllo . Troppa arte  e troppe cose . Come un bambino a cui dai troppi giocattoli  è poi difficile apprezzarne il valore . Il numero delle chiese sconsacrate è infatti impressionante ed il loro valore storico , artistico e culturale gotico barocco  e neoclassico rappresenta un patrimonio che andrebbe tutelato ma invece versa  al contrario,  in uno stato di degrado ed abbandono.

Nel solo nostro centro storico esistono ben  203 chiese e solo 79 di esse oggi sono aperte al culto . Ben 124 sono state cancellate dalla loro funzione cattolica ( 49 sono state trasformate in  officine, ristoranti, negozi di scarpe o semplici autorimesse) mentre 75 semplicemente abbandonate e  lasciate al loro destino di degrado e distruzione .Dimenticate  a se stesse ed ogni giorno sempre  più rovinate , queste piccole chiese  gioiello  chiuse rischiano tra l’indifferenza degli organi preposti al controllo addirittura di diventare un pericolo per la sicurezza dei  cittadini stessi grazie alla loro instabilità e la possibilità di un ipotetico  crollo .

Molte di esse mostrano portoni sbarrati, altri sfondati o solo  accostati, altri invece mostrano  cancellate divelte come nel caso della piccola chiesa Santa Maria dei poveri di Gesù Cristo,(  dove  il Pergolesi svolse la sua opera) , la chiesa dei Crociferi nel quartiere Sanità o la chiesa di Sant’Antonio alla Vicaria, accessibile da cunicoli scavati da chissà chi, appare riempita  di rifiuti .  In una chiesa della Sanità, di proprietà di una arciconfraternita, ci abitano delle famiglie, come si vede dal citofono o dai vestiti messi ad asciugare. Sulla facciata della chiesa di Sant’Arcangelo a Baiano sono spuntati perfino dei balconi.        Davanti all’imponente chiesa dell’Immacolata a Pizzofalcone sono presenti  una serie  di mattoni che ne sbarra l’accesso .    Le chiesa di Santa Maria delle Mosche e San Giovanni della Disciplina ospita negozi, mentre quella di San Salvatore agli Orefici ospita addirittura la cucina di una trattoria.   Al posto di un parcheggio a ridosso di Piazza Garibaldi , dove una volta c’era un deposito esisteva prima ancora una chiesa di eccezionale interesse storico, quella di San Gennaro e Clemente alla Duchesca, crollata nel silenzio generale nel 1992. Altre appaiono invece chiuse con strani lucchetti  che cambiano continuamente a dimostrazione  che qualcuno quei portoni li apre, forse per prendere e forse anche per solo nascondere qualcosa (   stupefacenti,  armi o semplicemente deposito di oggetti falsi o rubati)

L’irritante assenza di controlli degli organi predisposti al controllo ha permesso e promosso in questi anni un importante traffico illegale di queste opere sostenuto da ricettatori divenuti milionari grazie ad  importanti furti su commissione : Candelabri, affreschi, statue, madonne e bambinelli e perfino vasche di marmo hanno così preso la volta di altre città trasportati insieme ad altra merce in grossi camion verso  importanti mercati antiquari .Hanno rubato di tutto ! Hanno fatto stragi !… nun c’è rimasto chiù niente ..So tutt vacant ….in queste chiese napoletane non c’è più niente perché sono abbandonate ed è stato facile prendersi tutto.

Nel caos che pullula nei vicoletti tra motorini, negozi, passanti e turisti, è possibile intravedere di alcune di esse i suoi  imponenti campanili che svettano silenziosi tra un mare di palazzi che li attanagliano tutt’attorno. Alcune cupole addirittura sono nascoste da edifici di più recente costruzione e dalla strada non è possibile neanche intravederle più. Le scalinate di queste chiese spesso vengono sfruttate come casa per i barboni che stendono i loro materassi o cartoni che ordinano anche con estrema precisione i loro piccoli affetti. Dinanzi a molti dei  loro ingressi  vengano addirittura” stesi  ” sulla cancellata d’ingresso  i panni  da poco lavati  a mo’ di stenditoio.

Davanti alla chiesa di Sant’Agostino alla Zecca , trafugata di tutte le sue opere d’arte  campeggia addirittura un cartello di divieto di accesso ricoperto di buchi di bossoli di pistola.  Questa importante  chiesa originaria del 1300 è tra le più grandi di Napoli ed  oggi purtroppo  versa in uno stato di grave degrado  .Chiusa da decenni, parecchie delle sue opere nel mentre sono state rubate , trasferite o perdute  ( si racconta nel quartiere che a depredarla di tutte le sue opere sia stata la malavita organizzata locale con un furgone portante la scritta ‘comune di Napoli ‘ intervenuto in seguito al furto e all’incendio di alcune panche di legno nella chiesa ad opera di ragazzi che intendevano usarle per il cippo di Sant’Antuono ).

La chiesa che ancora oggi presenta una grandiosa facciata con un robusto campanile e’ uno degli esempi lampanti di come trattiamo male la nostra citta’ e l’arte italiana in generale . Essa fu  costruita, in sostituzione del convento di San Vincenzo ,nel  trecento , nel centro antico di Napoli , in Via S. Agostino della Zecca, ( nel quartiere di Forcella ) da cui la chiesa prende nome. La sua costruzione  venne iniziata da Carlo I d’Angiò e, successivamente, continuata da Carlo II d’Angiò per poi essere terminata da Roberto d’Angiò.Fu poi ricostruita in stile rinascimentale ,nel XVII secolo da Bartolomeo Picchiati, Francesco Antonio Picchiati, ( che progettarono il campanile e decorarono la navata centrale ) Giuseppe De Vita ( progettò la crociera )  e Giuseppe Astarita ( realizzò la cupola ).

La chiesa venne chiusa in seguito al terremoto del 1980 e oggi versa in condizioni di abbandono gravissime. Nel corso di questi anni si sono succedute diverse dichiarazioni dai vari ministri e dalla stessa Regione Campania riguardo a sovvenzioni per il suo restauro, ma niente è stato ancora fatto. Intanto la struttura continua a deteriorarsi. E’ del 2011 la notizia di un blocco di piperno staccatosi dal campanile e caduto in strada che, solo per fortuna, non ha colpito nessuno, essendo comunque la zona densamente abitata.

Sempre a Forcella davanti all’ingresso della chiesa di San Nicola dei Caserti troviamo un muro che ne vieta l’accesso.   La gente del quartiere sostiene addirittura che fu luogo di iniziazione alla camorra e un valido rifugio per i vari latitanti: oggi c’è un portoncino piccolo piccolo nel quale ogni tanto qualcuno di buona volontà s’infila per controllare che la struttura non sia crollata.

Sempre in zona In una traversa di Corso Umberto c’è la chiesa di SantaMaria in Cosmedin che affaccia su piazza Portanova.  Essa era una delle prime sette parrocchie della città, ed era un vero e proprio  gioiello: oggi è invece un rudere dal quale è sparito tutto. L’ultimo reperto, una fonte battesimale realizzato utilizzando una vasca di epoca romana, è sparito in una notte di qualche anno fa. Adesso in quello che fu un tempo un gioiello d’architettura, arte e fede rimane solo un crocifisso al quale sono appese le braccia di Gesù inchiodate e un piede: il resto della statua è venuto giù, strappato dalla croce, roso dal degrado e dalla distrazione di chi avrebbe dovuto dargli sostegno.

 

Nella zona del porto, un’altra chiesa chiusa da anni e purtroppo depredata di tutte le sue opere e suppellettili è quella  di Santa Maria di Portosalvo, edificata nel 1564 .  La sua storia  nasce da una leggenda legata ad un presunto avvenuto miracolo . Si racconta che verso la metà del XVI secolo un marinaio, Bernardino Belladonna, scampato infatti per miracolo ad un naufragio, per ringraziare la Madonna, insieme ad altri marinai, fondò una congrega chiedendo ed ottenendo l’edificazione  di una cappella .  Nel corso dei secoli la chiesetta ha subito diversi ammodernamenti e trasformazioni, sino ad essere poi inglobata nella parte di città che andava espandendosi. Oggi la chiesa nel 2009  candidata alla World Monument Watch 2010 versa in uno stato di totale degrado in attesa di un promesso recupero che tarda ad arrivare .

 

In via Medina nella  chiesa di San Giorgio dei Genovesi chiusa al pubblico dovrebbero essere  conservate una grande quantità di opere d’arte, i  più celebri  dei  quali sono un’opera di Battistello Caracciolo ( il dipinto Sant’Antonio che risuscita un morto ) , un dipinto di Andrea da Salerno ( San Giorgio che uccide il drago ) e vari  affreschi di Giacomo Cestaro . Spero solo che siano protette e vigilate in maniera attenta . Il nome di questa  chiesa deriva dal fatto che l’edificio fu fatto costruire dalla Nazione Genovese di stanza nel Regno di Napoli nella prima metà del Cinquecento. La fiorente comunità genovese residente in città volle infatti erigere una cappella votiva soprattutto per eguagliare i veneziani che avevano l’esclusiva di un patronato presso l’ambasceria veneta a Spaccanapoli. La struttura è tipicamente barocca e si eleva al di sopra di una gradinata realizzata all’inizio del XVII secolo.

 

Sulla salita Pontecorvo un tempo isola di istituzioni religiose, soprattutto conventuali, sono presenti ben  quattro chiese chiuse . Al culmine della sua salita vi è quella dedicata a Gesù e Maria, terminata su progetto di Domenico Fontana. Murata per lunghi anni per difenderla da ulteriori furti era stata riaperta  appena un anno fa e ora di nuovo serrata e invasa da erbacce sulla gradinata di accesso. All’interno mancano marmi e altari.  Le cancellate delle diverse cappelle sono state rubate  e molte lapidi divelte; solo gli affreschi sotto gli archi laterali sono in buono stato. Il sarcofago di Isabella Guevara del 1671, antenata dell’ammiraglio Francesco Caracciolo,si trova  a terra tra un cumulo di macerie .Nemmeno la statua della defunta, mutilata, può riposare in pace.

Sempre in salita Pontecorvo , questa volta nel tratto  basso iniziale si trova la splendida chiesa barocca, dedicata a San Giuseppe, fondata  da cinque monache Teresiane, in sostituzione dell’antico antico complesso immobiliare del marchese Spinelli di Tarsia occupando l’area di palazzo Spinelli a Pontecorvo. Questo splendido capolavoro del Fanzago, si trova quindi ubicata sull’altura di Pontecorvo nella parte alta del borgo dell’Avvocata.

La chiesa meglio conosciuta come chiesa di San Giuseppe a Pontecorvo , è uno splendido capolavoro di Cosimo Fanzago. La sua  grandiosità consiste sopratutto nella sua favolosa  facciata a tre grandi arcate al cui secondo ordine sono presenti tre  statue (forse dello stesso Cosimo Fanzago) : il santo titolare si trova al centro mentre  San Pietro d’Alcantara e  Santa Teresa  si trovano nelle aperture laterali.

L’interno a croce greca con quattro cappelle angolari possedeva un dipinto di Luca Giordano ( oggi presente al Museo di Capodimonte )  e  due opere di Francesco Di Maria (custodite presso il museo di San Martino). La chiesa ha custodito per lunghi anni anche il vero ritratto di Santa Francesca delle Cinque Piaghe.

Il terremoto del 1980 fece crollare il tetto a capriate trascinando con sé il controsoffitto affrescato, i cui frammenti residui si persero col passare del tempo a causa dell’assenza di una copertura che impedisse l’entrata di pioggia e il deterioramento dell’interno. Negli anni novanta fu costruito l’attuale tetto a capriate in legno. Tuttavia la chiesa a causa dei numerosi sciacallaggi fu depredata di molti arredi sacri e decorazioni, come marmi e balaustre. L’ipogeo è stato profanato e l’interno della chiesa è spoglio. Fortunatamente le tele presenti in loco sono state in parte recuperate dalla Soprintendenza e sono oggi custodite tra il Museo di Capodimonte e Palazzo Reale.

Attualmente la chiesa mostra i danni causati dalle intemperie e necessita di una ristrutturazione complessiva, in particolare della facciata ……..da anni aspetta ….

 

Nel cuore della antica città-greco romana sono  invece presenti i resti dell’antica chiesa   secentesca  di Santa Maria Vertecoeli . Essa  mantiene solo parzialmente intatta la sua  facciata esterna con i suoi teschi e tibie .Della sua struttura interna non è invece rimasto nessun ricordo ; l’altare in marmo spoglio e semidistrutto, è oggi solo visitato  dagli uccelli che entrano dal tetto che appare semisfondato,  la navata infatti , dalla quale manca il relativo affresco  mostra  oggi solo uno scheletro di assi di legno fradice.. Gli atti vandalici hanno infierito sugli ornamenti più preziosi arrivando a sconfinare  anche nel vicino Oratorio, dove l’ antico organo è stato addirittura strappato dal suo alloggiamento e torturato da crudeli vandali : oggi le sue canne appaiono contorte e i suoi  meccanismi completamente distrutti .Fino a qualche anno fa c’era anche  Cristo poi scivolato giù dalla croce  evidentemente dopo essersi arreso  alla disperazione dell’abbandono:  la statua è stata poi rimossa per un tentativo di restauro. Ma la devastazione della chiesa è rimasta intatta , i  problemi strutturali sono troppi e  avvolta da tubi resta da anni in attesa di restauri  oppure di cadere a pezzi.

 

Nel cuore dell’Anticaglia  , lungo il vico Cinquesanti, che  si apre ad incrocio su Piazza San Gaetano troviamo esistere con grande tristezza , abbandonata all’incuria ,un edificio che nel XV si prendeva cura di giovani donne che avevano bisogno di assistenza  .
Si  tratta della cosiddetta “Scorziata”,ovvero il Sacro Tempio della Scorziata,  costruita nel 1579 per volontà di Giovanna Scorziata e altre due nobildonne napoletane: Lucia e Agata Paparo figlie del noto Aurelio Paparo, uno dei fondatori del Monte di Pietà.
La struttura composta da un ospizio ed annessa chiesa dedicata alla Presentazione di Maria al Tempio , divenne nella seconda metà del XVI secolo, un importante caritevole luogo di assistenza sociale che si prendeva cura delle  giovani donne  dell’intero  centro antico .Essa doveva assolvere il compito di educare le vergini nobili napoletane per poi predisporle al matrimonio o alla vita monastica. L’ interno della chiesa era ricca di opere d’arte come il “San Giovannino”, (copia della famosa opera del Caravaggio) e preziose  tele di allievi del maestro Francesco Solimena e  Massimo Stanzione ( tutte rubate nel corso degli anni ).

Dopo essere stata chiusa al pubblico negli anni settanta per vari crolli e cedimenti essa versa da allora abbandonata nella più completa fatiscenza, razziata e poi definitivamente distrutta da un recente incendio. Nel 2012  infatti alcune  cataste di legna, conservate al suo ingresso per i festeggiamenti di Sant’Antonio, presero fuoco, danneggiando in maniera definitiva  le travi di sostegno e la facciata. Varie infiltrazioni d’acqua hanno poi portato il crollo della volta seicentesca  ( che comunque aprendo una botola sul pavimento ha portato alla scoperta di  un antichissimo affresco ).

In questa chiesa sono stata compiute razzie di ogni genere e  rubati oggetti di pregio e grandi capolavori d’arte come addirittura i marmi dell’altare , il coro ligneo ed infine l’antico pavimento .E’ stata smontata pezzo dopo pezzo. Nulla è stato risparmiato, se non fosse come dicevamo per quell’unica testimonianza rinvenuta casualmente in un’ambiente sotterraneo, ( sfuggita ai ladri ) di un affresco raffigurante una Crocifissione datato intorno al XVI secolo.

Oggi la chiesa  versa  in un deprecabile spettacolo di una infinita tristezza nascosta  dietro  una serie di bidoni della raccolta dei rifiuti, spostati i quali ad uno sguardo attento è possibile osservare il suo interno, completamente distrutto tenuto a malapena  in piedi da  innocenti tubi.Non c’è più nulla di valore da recuperare se non la memoria storica del luogo che si presenta sventrata, martoriata e abusata.

La salvezza sarà il «suicidio» della struttura che fra un po’ crollerà, così smetterà di essere un problema per la città.
Oggi nella sua sfida all’indifferenza infatti a malapena si regge in piedi
Una vera vergogna di chi non l’ha saputa difendere e rispettarla .

 

In largo Banchi Nuovi ( alle spalle della più famosa Basilica di Santa Chiara )  si trova in uno stato di assoluto degrado  la chiesa dei Santi Cosma e Damiano . La sua entrata fino a poco tempo fa era  divenuta la porta del  campo da calcio dei bambini del quartiere .Sulla sua facciata invece si possono notare gli archi a tutto sesto della loggia cinquecentesca, mentre nel suo interno sopra l’altare, è posta una tela del Donzelli e una seconda opera attribuibile agli allievi della scuola di Luca Giordano.  Il largo deve il suo nome alle logge dei mercanti che rinominarono la zona “banchi nuovi” in seguito all’alluvione del 1569 e alla ricostruzione del quartiere. Il toponimo è rimasto anche quando il mercato venne soppresso e il terreno fu acquistato dal marchese Alfonso Sances di Grottola, il quale a sua volta lo vendette alla compagnia dei barbieri. Quest’ultimi fecero costruire la loro chiesa congregale dedicata ai Santissimi Cosma e Damiano nel 1616 e ampliarono l’edificio nel corso di tutto il XVII secolo.

 

 

Percorrendo poi  tutto il Decumano inferiore verso via San Biagio dei Librai, entrando in Vico Paparelle al Pendino, troviamo  la chiesa di Santa Maria Stella del mare alle Paparelle o stella maris .  Essa risulta  incastonata tra alti edifici e interrata rispetto al manto stradale: la facciata in pietra di piperno presenta un frontone liscio con al centro una finestra circolare che dà luce al piccolo ambiente interno. Fu costruita verso gli inizi del XX secolo  in via Lucrezia d’Alagno, nel  centro storico della città, nelle immediate vicinanze della  Fontana della Sellaria

La chiesa sostituisce quella sita presso il vico Vacca, demolita nel XIX  secolo  che ospitava dal  1561 la congrega dei venditori di ferri, nonché, da fine del XVII secolo  quella dei Tavernari e, dalla metà del  XVIII secolo  quella dei Caciolii.  Fu infatti sede dalla Reale Arciconfraternita di Santa Maria Stella Maris e San Biagio dei Caciolii. La sua fondazione è attestata sull’iscrizione del portale  dove essa  appare leggibile . Con il suo caratteristico stile rinascimentale partenopeo (1519), la chiesetta doveva ricevere le spoglie di Francesco Mormando, noto architetto napoletano. Successivamente la cappella divenne parte del collegio fondato da Lucia Paparo: da qui il nome che fa riferimento all’appellativo dato dal popolo napoletano alle ospiti del collegio, chiamate appunto “Paparelle”.

Da tempo ormai la chiesa è abbandonata e chiusa al culto, ed utilizzata esclusivamente come deposito. A causa dell’incuria la chiesa versa in grave degrado strutturale, tanto che si è stati costretti alla installazione di supporti di sostegno onde evitare crolli pericolosi per la popolazione.

 

 

Lungo il decumano superiore in  Piazzetta Sant’Andrea delle Dame,  vicino all’ospedale degli Incurabili, si innalza una chiesa dai tre nomi: Santa Maria Intercede, Sant’Aniello a Caponapoli o Sant’Agnello Maggiore. È la chiesa dove secondo la tradizione è sepolto Sant’Aniello, vescovo di Napoli nel VI secolo, accanito difensore della città contro l’assedio dei Longobardi e santo protettore del regno borbonico. Si narra che già i suoi genitori avessero fatto costruire nello stesso luogo una chiesetta dedicata a Santa Maria Intercede per ringraziarla della nascita di un erede. Pare che essi venissero continuamente in questo luogo a pregare la Vergine Maria affinchè concedesse loro la grazia di avere un figlio.
Avvenuta la grazia, per ringraziarla decisero poi di costruire e dedicare la chiesa a Santa Maria Intercede.
Secondo molti il santo sarebbe poi stato sepolto proprio in questa antica chiesa (pare infatti che nel IX secolo, il vescovo Atanasio fece erigere un nuovo tempio nel quale sarebbero state custodite le reliquie del santo ).

Questo piccolo capolavoro di opere d’arte di grande valore come l’altare maggiore ( un capolavoro rinascimentale del 1524 di Girolamo Santacrocene  ),  nel  corso degli anni  ha subito anch’esso  molti furti e atti vandalici .Nonostante questo troviamo ancora oggi numerosi elementi di epoca medievale, decorazioni, bassorilievi e capolavori tra cui oltre al citato ’altare maggiore scolpito nel Cinquecento da Girolamo Santacroce anche  numerose tele di grandi pittori che hanno lavorato a Napoli: Massimo Stanzione, Battistello Caracciolo, Francesco Solimena (La Maddalena sull’altare maggiore), e  Francesco De Mura. Belli anche  il bassorilievo di Annibale Caccavello e Giovan Domenico D’Auria raffigurante la Vergine con le anime Purganti.

L’edificio sorgendo  sull’antica acropoli di Neapolis  permette al suo interno di  vedere la stratificazione storica urbana succedutasi dall’epoca della fondazione greca ad oggi. Sotto il pavimento della chiesa , protetto da una lastra di vetro si può  infatti vedere un tratto di mura a doppia cortina  delle mura greche sopravvissuto al tempo e alle successive costruzioni edilizie

 

 

Continuando a passeggiare tra i decumani ed i vicoli del centro antico ci si imbatte di continuo in grandi chiese  nascoste o soffocate tra impalcature e ferraglia. Uno spreco d’arte incommensurabile talvolta ricolmi di  rifiuti, sporcizia, polvere e cartacce come   ad esempio quella di Santa Maria della Sapienza dove è presente un olezzo nauseabondo dato dalle carcasse di animali di piccola taglia morti. Questa  chiesa come tante altre  ha perso totalmente la sua  funzione per diventare una  costruzione fatiscente che neanche chi ci abita vicino nota più.

La Chiesa  si trova con precisione in Via Costantinopoli , all’ inizio del decumano superiore , in pieno centro storico  e  fu costruita nella prima metà del Seicento ad opera del cardinale Oliviero Carafa . Inizialmente era solo un edificio utilizzato  come ricovero per gli studenti poveri a cui venivano insegnate le scienze e la dottrina cristiana e fu appunto per questo denominato “La Sapienza“.
La morte del religioso, però, fermò i lavori di costruzione di questa casa, e la struttura fu ceduta a due fratelli che decisero di costruirvi un monastero di clausura per Clarisse chiamato S. Maria della Sapienza.
Il luogo divenne un monastero frequentato da suore che provenivano da famiglie ricche e nobili, le cui generose donazioni venivano utilizzate per acquistare terreni e abitazioni vicine con lo scopo di espandere la struttura.

L’intera chiesa  fu costruita nel 1625 seguendo un progetto dell’architetto Francesco Grimaldi e  venne terminata nel 1630 da Giacomo Di Conforto . La facciata fu invece progettata da Cosimo Fanzago  e abbellita da Dionisio Lazzari  tramite decorazioni con marmi bianchi. accanto  L’interno è composta da un’unica navata corredata d cappelle laterali. Gli affreschi che l’abbelliscono sono attribuiti all’artista Cesare Fracanzano.

La chiesa venne poi dotata di un campanile e di una cupola opera di Giacomo Lazzari , il cui lanternino fu affrescata da Belisario Corenzio.

Nel dettaglio il suo interno è a navata unica con cappelle laterali.
Il  pavimento in marmo bianco è opera di Dionisio Lazzari  così come le decorazioni dell’interno fatte con marmi policromi.
Gli affreschi nella volta e nell’abside sono di Cesare Fracanzano.

Nella chiesa vi si trova anche la Cappella della Scala Santa, utilizzata in passato solo per le penitenze dei religiosi. Il nome deriva dalla scala che Gesù, sanguinante dopo la flagellazione, percorse per arrivare fino a Pilato
In origine, alla chiesa era annesso un monastero di notevole estensione con preziosi affreschi, dipinti su tela, fregi e annessi chiostri.  Il monastero purtroppo fu  poi demolito alla fine dell’Ottocento per costruire il vicino Policlinico universitario.
Nel 1886, l’allora sindaco di Napoli,  Luigi Miraglia, in piena follia decise di abbattere il monastero per costruire un Policlinico Universitario. Nonostante la ribellione dell’ambiente intellettuale del tempo, purtroppo il progetto fu attuato e di tutto il complesso rimane solo la chiesa (e pensare che gli hanno anche dedicato la piazzetta antecedente l’ingresso del Policlinico).

Anche la stessa chiesa della Sapienza doveva essere abbattuta ma alla fine grazia al nostro Benedetto Croce che si oppose tenacemente  fu decisa la sua conservazione .
La chiesa nonostante la sua maestosità è chiusa ormai da oltre cinquant’ anni e versa in un cattivo  stato di  manutenzione  dovuta maggiormente alle infiltrazioni d’acqua , furti e atti vandalici.

 

Di fronte alla chiesa della Sapienza anch’essa chiusa al pubblico si trova  la bella chiesa di San Giovanni delle Monache . Un tempo essa  faceva parte  di un grande complesso monastico dotato di ben sei chiostri  (oggi ne sopravvive solo uno, quello  di San Giovanniello ).

La chiesa oggi chiusa al pubblico come quella  di fronte di Santa Maria alla Sapienza   fu eretta da Francesco Antonio Picchiatti .  La facciata risale però ai primi anni del 1700  e fu affidata a Giovan Battista Nauclerio, che si occupò anche della volta della navata centrale e del nuovo campanile alla destra della chiesa.

Il  complesso nel tempo si ampliò notevolmente fino a  comprendere bel dei chiostri e e sei bellissimi belvedere . Nell’Ottocento, la risistemazione urbana della città portò all’apertura di Via Conte di Ruvo  , una  scelta che costrinse a tagliare i passaggi con il Chiostro di San Giovanniello, che successivamente diverrà la sede dellìAccademia di Belle Arti  su progetto di Errico Alvino, . In tale circostanza la chiesa venne così separate dal suo monastero mentre il  retro del complesso – il Bastione Vasto fu invece demolito per lasciare spazio al Teatro Bellini  : i lavori di costruzione provocarono alla chiesa, restaurata pochi anni prima, numerosi danni. Altri danneggiamenti furono causati dal terremoto del 1930: da allora fino agli anni Settanta si sono susseguiti vari interventi di restauro, mentre i beni artistici contenuti all’interno furono trasferiti nel deposito della Soprintendenza.

Venne poi ulteriormente danneggiata dal terremoto del 1980 dove crollarono la volta e la cupola.
Da allora è poi rimasta chiusa
La sua facciata si presenta con due ordini classici ; uno inferiore con un portico in piperno ed uno rialzato con tre finestre in piperno con timpano arcuato  .  La scelta architettonica del motivo a serliana è stata fatta, probabilmente, per risultare coerente con l’aspetto della chiesa di Santa Maria della Sapienza. Il  suo interno, a croce latina  soffitti lignei e due cappelle per lato, racchiude  alcune opere di Luca Giordano,  Francesco Di Maria, Bernardo Cavallino ,Giovanni Balducci, Nicola Fumo, Andrea Vaccaro, Massimo Stanzione , Giacomo Farelli e Paolo De Matteis; molte invece delle decorazioni scultoree sono state deturpate dai furti o rovinate dal tempo e dall’incuria.

 


Un ‘altra chiesa che nel tempo ha subito importanti spoliazioni,  è quello di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli dove veniva a pregare Jacopo Sannazaro e Benedetto Croce.

La bella chiesa ricorda il nome del luogo un tempo più elevato della città antica dove anticamente sorgeva l’Acropoli greco-romana . Questo era anche il luogo dove si veneravano le divinità e si svolgevano riti religiosi e vari sacrifici ed anche la zona dove nell’alto medioevo, vennero eretti molti monasteri e annesse chiese.
Essa  conserva all’interno ancora gran parte delle sue bellissime decorazioni architettoniche  mentre purtroppo numerose tra le tante opere che essa custodiva sono state rubate.

Di epoca rinascimentale, la chiesa venne edificata nel 1412, rinnovata  1515 -35 e poi ancora rifatta  nel Settecento.  Il  suo bel portale d’ingresso, opera di Francesco Di Palma detto il Mormando risale al 1570
L’interno, a croce latina con sei cappelle per lato, presenta ai lati dell’ingresso i sepolcri di Giovanna Scorziata e Fabrizio Brancaccio, opera di Girolamo d’Auria e Salvatore Caccavello.

Nonostante i saccheggi, e le tante opere che sono state rubate , la chiesa conserva comunque ancora numerose opere scultoree e pittoriche che coprono un periodo che si estende dal Cinquecento al Settecento.
Accoglie al suo interno un ricco patrimonio scultoreo, frutto della committenza di ricche famiglie napoletane che nel corso del Cinquecento commissionarono la costruzione e la decorazione delle loro cappelle.
Nel suo  interno troviamo opere di  artisti che vi hanno lavorato, all’epoca molto noti nel panorama partenopeo, quali Annibale Caccavello, Giovanni da Nola, Giovanni Malvito , Girolamo Santacroce , Domenico Antonio, Nicola e LorenzoVaccaro , Sammartino , Nicola Fumo , Giovan Bernardo Lama, Giovan Filippo Criscuolo e Giovanni Malvito.
Molto bella ed importante appare in particolare tra le tante , la cappella di Sant’Onofrio con dipinti di Andrea Vaccaro , Andrea Salerno e Giovan Battista Benaschi

Sempre nel  decumano superiore  si trova Il chiostro di Santa Maria delle Grazie a Caponapoli  originariamente tenuto dai frati eremitani ( cosiddetti frati “bottizzelli”)  Esso era anche definito come  Chiostro della Maternità, per la presenza di una iscrizione posta sul porticato  e rivolta a tutte le donne in attesa.Accanto a questa chiesa si trova la cappella dei S.S. Michele ed Omobono dove aveva sede l’antica Congregazione dei Sarti ( Sartori ) . Questa fu fondata dai P.P. Pisani verso il 1477 e nel 1694 i sarti i tradussero l’uso di offrire al santo patrono delle elargizioni per ogni lavoro che avesse portato loro un ” pingue lucro”.
Nella seconda metà del Settecento, divenne una importante centro segreto della Massoneria.
La chiesa venne soppressa nel 1809 e, fino al 1933, fu affidata al Complesso degli Incurabili. In seguito, per i vent’anni successivi, ne curarono gli interessi i frati originari che riuscirono a mantenerla grazie alle donazioni dei fedeli. Dopo gli anni 70 del XX secolo, però, il luogo di culto fu teatro di furti a atti di vandalismo.

 

Come potete notare le chiese chiuse  sono tante  e tute di gran valore … potremmo continuare per ore ….

La mancanza di rispetto, l’indifferenza verso luoghi che nei secoli sono stati intrecciati strettamente alla vita della nostra città , ha raggiunto oramai livelli insopportabili  e sempre più intollerabile. Dobbiamo assolutamente porre un limite a questo  sfacelo e provvedere a tutelare  quello  che rappresentano un patrimonio storico, artistico e culturale della nostra città .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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