La Chiesa di Sant’Eligio Maggiore e il coevo ex ospedale costituiscono insieme il complesso più misconosciuto della zona orientale della città, nonostante l’indubbia importanza ed il grande pregio dell’intera struttura
La chiesa, in stile gotico, è infatti la più antica dell’epoca angioina della citta’, visto che venne costruita nel 1270 nell’attuale Piazza Sant’Egidio, accanto a Piazza Mercato.
L’edificio di culto venne fondato per volere di tre francesi appartenenti alla corte di Carlo I d’Angiò, Giovanni Dottun, Guglielmo di Borgogna e Giovanni de Lions e inizialmente, la struttura, affiancata anche da un ospedale, venne dedicata ai santi Eligio, Dionisio e Martino ,ma poiche’ uno solo doveva essere il titolare , uscito prima dall’ urna il nome di San Eligio , la chiesa e l’ ospedale presero il nome da quest’ ultimo .
La struttura nasceva inizialmente con il santo scopo di dare un asilo agli infermi poverelli , nazionali e forestieri e i tre cavalieri francesi gettarono inizialmente le fondamenta di un ospedale , cui fu congiunta una chiesa.
N,B, E’ da notare che il popolo napoletano dice San Aloia questa chiesa di San Eligio , pronunziando erroneamente il nome di Eloi , come i francesi la chiamavano nella loro lingua.
La devozione del popolo per questo santo era grande e sopratutto l’invocava per la guarigione dei cavalli ammalati , i quali venivano recati davanti la chiesa per essere benedetti . Quando la guarigione si otteneva ,i ferri , che avevano portato il cavallo infermo erano inchiodati su la porta come oggetti votivi.
Di questa usanza antica , (che ebbe origini dal rito pagano di portare i cavalli a girare intorno al famoso cavallo di bronzo di Virgilio ) rimasero le vestigia fino agli ultimi tempi , e la benedizione dei cavalli si faceva nella corte della chiesa di San Antonio Abate . Pero’ San Aloia e’ rimasto in bocca ai conduttori di cavalli e di asini , che lo invocano in aiuto , o lo imprecano a seconda delle circostanze .
CURIOSITA’: A ricordo del passato nasce anche un detto popolare ” Haie purtal’ i ferri a San Aloia ” ad indicare lo stato inutile dell’ individuo, cui si fa l’allusione.
Nel XVI secolo il vicerè Don Pedro de Toledo ne fece un Educandato femminile che chiamò Conservatorio per le vergini, dove le ragazze venivano educate ed avviate all’attività infermieristica nell’ospedale. Al suo interno si trovano anche due chiostri, con pilastri di piperno, uno dei quali ornati da una fontana seicentesca. In seguito, durante il decennio francese, la struttura divenne una caserma, finchè nel 1815 l’intero complesso ritornò ad essere autonomo.
Il Chiostro che oggi possiamo ammirare che è collegato al Conservatorio di Sant’Eligio per mezzo di un ampio scalone, era un tempo, il cortile dell’Ospedale e dell’Ospizio annessi alla Chiesa. Proprio all’ingresso della scala è possibile notare un bassorilievo del XV secolo che mostra la figura di un guerriero sormontata da uno stemma, che secondo alcuni potrebbe essere l’immagine di quel nobile uomo fatto impiccare nel vicino Campo del Moricino pochi giorni dopo il suo matrimonio e la cui testa è riprodotta anche sull’arco annesso alla Chiesa.
N.B. Al tempo di Carlo I d’Angiò, gli orafi napoletani stabilirono gran parte delle botteghe nei pressi della Chiesa dedicata a Sant’Eligio di Noyon, il loro patrono, costruita nella zona di Campo Moricino.
La pregevole fontana in forma ovale che arreda il chiostro , con quattro basse vasche collaterali destinate all’abbeveraggio degli animali, fu fatta aggiungere dal Conte Ognette solo successivamente alla costruzione del cortile. Sulla sua vasca sono state scolpite le figure di diversi animali: il Leone, simbolo della forza e della legge; l’Uccello, sinonimo di libertà, del movimento anarchico e delle riforme; lo Scorpione, per ricordare all’uomo la sua versatilità di fronte ai comandamenti e alle obbedienze civili.
N.B. Il Libro e la Spada, che vedete sono solo simboli dei quattro artisti che l’hanno costruita.
La Chiesa che come vi abbiamo accennato , sorse accanto ad un ospedale e, insieme, godettero della protezione reale e di diversi privilegi , è purtroppo oggi, in gran parte diversa dall’originale , in quanto essa è il frutto di restauri e rimaneggiamenti che nel tempo l’hanno coinvolta. L’ edificio come vi abbiamo acceennato ha infatti subito nel corso dei secoli incenti danni da terremoti e incendi, anche se i maggiori danni sono occorsi duranre la seconda guerra mondiale.
Dopo molti secoli l’edificio oggi è stato finalmente in gran parte ricostruito , ed è stato finalmente riaperto al culto nonostante l’aspetto originario sia stato alterato dai rifacimenti avvenuti durante i secoli ,
Questi lavori hanno restituito alla Chiesa l’aspetto spoglio ed austero, tipico dello stile gotico. Ne risulta quindi oggi un sistema architettonico complesso, che mette insieme materiali moderni, come i blocchi di tufo e piperno, e superstiti architetture medievali rintracciabili nelle finestre esterne, nei contrafforti, nell’abside con la cupola ad ombrello e nel portale gotico, strombato e decorato con motivi naturalistici
L’interno della Chiesa è stato ricostruito, attraverso i diversi interventi di restauro, in maniera essenziale, proprio come si pensava che fosse nel 1270, all’epoca della sua fondazione. I vari stucchi e i marmi che, nel corso dei secoli, avevano rivestito gli interni, specialmente nel periodo barocco, sono stati definitivamente eliminati con i lavori di ricostruzione successivi alla seconda guerra mondiale, lasciando emergere archi e pilastrini in tufo, risalenti al medioevo.
All’interno della chiesa si accede attraverso un portale in stile gotico francese che si si trova sul lato destro della chiesa.
N.B. L’originario portale principale ha perso la sua funzione a causa delle stratificazioni strutturali e, sin dal XVI secolo, si accede alla Chiesa di Sant’Eligio Maggiore attraversando lo splendido portale strombato, tipico dell’architettura gotica francese, posizionato su un lato lungo della struttura.
L’interno, presenta una pianta con tre navate, cappelle laterali e abside poligonale.
L’abside, assecondando le navate, è diviso in tre vani, uno maggiore al centro, coperto da una volta a raggi, e due più piccoli lateralmente, coperti da due campate con volte a crociera e decorati con tracce di pitture medievali ancora evidenti. Proprio di fronte all’absidesi erge una colonna sormontata da una croce marmorea in stile gotico, sulle cui facce sono scolpitiil Crocefisso e Sant’Eligio.
Su uno dei pilastri troviamo, quasi completamente conservata, una raffigurazione di Ppa Urbano V , risalente alla seconda metà del 1300: il Pontefice, la cui figura si erge sul tufo, ricca di colori brillanti, regge le raffigurazioni dei Santi Pietro e Paolo ( questa era la maniera in cui solitamente veniva rappresentato ).
Tra le opere conservate nella chiesa, meritano menzione: un dipinto di Massimo Stanzione che raffigura Sant’Eligio San Dionigi e San Martino, un dipinto dal fiammingo Cornelio Smet che rappresenta il Giudizio universale e che qualcuno sostiene sia stato anche ritoccato da Michelangelo, una copia nella cappella di San Mauro del dipinto di Francesco Solimena raffigurante Sant’Eligio in adorazione e una madonnina lignea databile intorno al XV secolo.
N.B. Fra le opere di prestigio un tempo presenti in Sant’Eligio Maggiore vi erano un dipinto di Massimo Stanzione , raffigurante i santi francesi Eligio, Dionisio e Martino, un Giudizio Universale su tavola, del fiammingo Corneluis Smet, oggi conservato a Capodimonte, ed una tela di Francesco Solimena, esposta nella Cappella di San Mauro.
Nell’ educandato femminile e’ conservata la Madonna della misericordia dalla faccia tagliata , che secondo la leggenda , avrebbe perso sangue all’ altezza di uno sfregio praticatole in corrispondenza del volto.
Infine, nella chiesa si trova il sepolcro dello scrittore Pietro Summonte, morto nel 1526, e un’antica cappella dei Macellai del Mercato di epoca rinascimentale attribuita a Tommaso Malvito.
Spettacolare e’anche la sala di San’Eligio che veniva utilizzata dai reali in occasione delle feste popolari in Piazza Mercato, con decorazioni e affreschi straordinari .
Fuori dalla chiesa è possibile ammirare l’arco quattrocentesco che collega il campanile della chiesa con un edificio adiacente la struttura, cioè l’ex ospedale angioino .
Esso fortemente voluto dai cavalieri francesi al seguito di Carlo I, ha poi dovuto subito durante il XIX secolo un forte restauro, che gli ha conferito l’odierna struttura, mantenendo l’impianto a due piani
Sul primo dei due piani che coserva il suo stile gotico è presente un orologio e, sotto la sua cornice, sono scolpite in bianco due piccole teste che, secondo una leggenda del Cinquecento, apparterrebbero alle figure di Irene Malerbi e del duca Antonello Caracciolo.
Quest’ultimo, nobiluomo privo di scrupoli , innamoratosi della giovane vergine e impossibilitato dalle resistenze di lei ad averla , non riuscendo a conquistare il cuore della ragazza, fece ingiustamente arrestare il padre della fanciulla chiedendo in cambio della sua liberazione la resa della fanciulla ai suoi propositi . Il vile ricatto ando’ a buon fine e il padre della sventurato fu effettivamente liberato . La famiglia, però, si ribellò e chiese giustizia al sovrano Ferdinando d’Aragona e la sua consorte Isabella d’Aragona. che condannarono il duca a sposare forzatamente la giovane Irene per fornire la dote e, poi, lo fecero decapitare.
Il secondo piano ospita invece una finestrina on stemmi aragonesi e secondo antichi racconti pare che dietro quella finestra i condannati aspettavano il momento dell’esecuzione.
A tal riguardo pare che a volere la punizione sia stata sopratutto la regina Isabella d’Aragona.
Essa pretese che ad accompagnare il duca Caracciolo a morte sul patibolo del vicino Campo del Moricino fosse la stessa fanciulla, vestita di bianco. Prima di morire il Caracciolo fu costretto a sposare la giovane ragazza e a lasciarle i suoi beni.
Secondo un’altra versione raccontata nel corso dei secoli , il finale fu invece leggermente diverso:
Il duca Antonello chiese perdono e invocò la clemenza del popolo. La regina rispose che la decisione spettava alla ragazza. La ragazza stava sul punto di perdonarlo, quando tra la folla vide il volto di un vecchio urlante e cadde morta a terra per lo spavento. A questo punto Antonello fu spacciato e la sua testa rotolò accanto al corpo senza vita della ragazza. Qualche giorno dopo, la regina volle che le teste dei due giovani fossero scolpite sull’arco accanto alla chiesa.
L’orologio bianco che decora l’arco di Sant’Eligio, ha scandìto il tempo fino al 28 marzo del 1943 , cioè il giorno in cui la nave Caterina Costa, diretta in Tunisia, esplose all’interno del porto di Napoli. Dalla nave carica di novecento tonnellate di esplosivo, carri armati, munizioni, cannoni e più di mille tonnellate di benzina nelle stive, all’improvviso si alzò una colonna di fumo e di fuoco. L’onda d’urto, e non solo, investì Napoli coinvolgendo anche la zona di piazza Mercato, e una lamiera veloce quanto un proiettile trafisse l’orologio della chiesa di Sant’Eligio fermando le sue lancette.
CURIOSITA’: Il Complesso di Sant’Eligio Maggiore comprende al suo interno anche la pregevole Sala del Consiglio del Banco e del Pio Luogo del Real Stabilimento, conosciuta anche col nome di Sala del Governatorato, con gli affreschi dipinti e firmati nel 1787 dall’artista Angelo Mozzillo, scene che indagano i sentimenti umani attraverso “La Gerusalemme Liberata” d Torquato Tasso.
Il racconto proposto dall’artista è quello della lotta fra pagani e cristiani durante la prima crociata; il protagonista è ovviamente Goffredo di Buglione , colui che radunò i cavalieri cristiani per liberare Gerusalemme.
La tela che un tempo ornava il soffitto della sala e che oggi non esiste più mostrava Giove nell’Olimpo attorniato da dee e muse; allo stesso modo è scomparso l’ornamento degli zoccoli che raffigurava trofei militari.