Fondata nel XII secolo, utilizzando una preesistente struttura, di cui tuttora rimangono parti visibili, fu annessa all’ospedale di San Giovanni eretto dai cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, divenuto poi di Malta, per accogliere coloro che tornavano malati dalla Terrasanta.
È una delle poche chiese che presenta ancora testimonianze dell’architettura romanica a Napoli ; sconsacrata e poco conosciuta agli stessi napoletani, l’edificio affascina anche per il suo nome: fu cosi’ denominata perche’ quando fu costruita, nel dodicesimo secolo, il mare arrivava quasi a lambire le sue mura esterne .
La struttura è un’importante testimonianza del periodo normanno a Napoli e relativamente a quel periodo e’ da considerarsi una struttura di notevole interesse culturale.
La chiesa rappresenta infatti l’unico esempio di edilizia religiosa a Napoli in età normanna perche’ in conseguenza dei difficili rapporti che presto si stabilirono tra i Normanni ed il Papato vennero eliminati in quel periodo molti edifici sacri ; essa, pertanto, risulta essere l’unica testimonianza architettonica cattolica normanna in citta’.
Nel XII secolo , ( epoca della dinastia normanna) in Via S. Giovanni a Mare, esisteva quindi una chiesetta e un ospedale che presto divenne luogo per l’accoglienza dei cavalieri di Gerusalemme (Gerosolimitani) provenienti dalle crociate.
I pellegrini che provenivano dalla Terrasanta , venivano accolti nella attuale navata di questo santuario, l’ex parte di un’ospedale oggi scomparso , dove dovevano osservare un periodo di quarantena prima di entrare in citta’.
Il Santo protettore di questa chiesetta che lambiva il mare , era la biblica figura di San Giovanni che battezzò nel fiume Giordano nostro Signore Gesù.
L’immediata vicinanza al mare consolidò un rito, ripetuto ogni anno nella notte di San Giovanni il 23 giugno, che prevedeva un battesimo collettivo nelle acque marine.
Il popolo festeggiava la ricorrenza con un bagno collettivo nelle acque del mare, il quale pero’ spesso degenerava fino ad arrivare ad un punto tale che esso dovette essere soppresso, dal viceré Spagnolo per la piega pagana e misterica che stava prendendo .
Questa festa infatti , originata da un motivo religioso ( si intendeva ricordare il battesimo di Gesu’ nel Giordano ) finiva con un bagno notturno e una volta inibita la comune morale ci si abbandonava a poco licenziosi atti amorosi. ( il bando di abolizione del periodo vicereale parla di promiscuita’ fra ” homini et femine”.)
La chiesa e’ stata testimone di pratiche e rituali propiziatori messi in atto proprio nella notte di San Giovanni , utilizzando semi d’orzo, erbe , piombo,rugiada, e acqua di mare.
La festività aveva quindi raggiunto un aspetto tipicamente pagano dove erano frequenti i rituali come il piombo liquefatto e versato nell’acqua bollente con effetti divinatori o la raccolta della rugiada in provette con effetti medicamentosi.
I festeggiamenti duravano un ottavario ed iniziavano con la funzione in chiesa e la processione con la miracolosa statua del Santo ricca di argento oro e pietre preziose. Durante la festa di S. Giovanni a Mare, alcuni orafi imbrogliavano la gente vendendo loro ottone e pietre per oro e pietre preziose. Fu così che nel 1781 gli orafi furono obbligati a marcare gli oggetti preziosi.
Il mattino del 24 giugno la festa si spostava in S. Giovanni a Teduccio e fu in occasione di una di queste festa che il re Alfonso d’Aragona conobbe una fanciulla del popolo di nome Lucrezia D’Alagno (una strada del pendino porta il suo nome) alla quale esternò i suoi sentimenti e fu ad essa legato per tutta la vita.
La festa fu del tutto soppressa durante il regno borbonico.
Ancora oggi alcuni spettacoli teatrali di tipo folcloristico, per esaltare il colore napoletano, oltre alla nota tarantella inseriscono la (ntrezzata) movimento ritmico con l’uso delle spade. Tale balletto folcloristico risale alla festa di S. Giovanni.
San Giovanni a mare è una chiesa che quasi non si riconosce dall’esterno, affiacciata sull’omonimo vicolo e inglobata com’è negli edifici che nel tempo le sono sorti attorno.
Quando giungete in prossimita’ della chiesa diffidate dal suo ingresso scialbo e trasandato, incastrato tra i palazzi della zona Mercato. Dietro quel portale, si nascondono le arcate di una una delle chiese più affascinanti della nostra citta’.
A pochi passi dalla più famosa chiesa di Sant’Eligio Maggiore, tra i palazzi che la incastonano, troviamo l’atrio di San Giovanni, attraversando il quale si entra finalmente nell’edificio tramite un portale originario del XII secolo. All’interno di questo cortile, è doveroso menzionare la copia della celeberrima “Capa ‘e Napule”, la testa marmorea , di epoca ellenica , divenuto simbolo pagano della storia napoletana. L ‘originale fu trovato nei paraggi della chiesa ed e’ attualmente collocato sul secondo pianerottolo di riposo di Palazzo San Giacomo ( palazzo comunale ) .Ribattezzata dai popolani con il nome di “Donna Marianna”, a’ cap’ e Napule, è diventata nei secoli un’icona della citta’.
Retta sin dall’inizio dall’ordine dei monaci Benedettini, la chiesa nei secoli ha subito vari interventi architettonici , e restauri , senza tuttavia subire mai un rifacimento barocco che rivestì di marmi policromi la gran parte degli edifici sacri napoletani nel XVII secolo. Alla metà dell’800, nel decennio francese , con la soppressione dell’ordine benedettino, l’ospedale fu smantellato e ridotto a private abitazioni , mentre la chiesa entrò a far parte delle tante parrocchie della Diocesi napoletana.
Fu poi il “risanamento”, tra l’800 e il ‘900, a ridimensionare sensibilmente tutto il complesso di San Giovanni inglobando la chiesa all’interno di altri edifici, oscurando anche il campanile trecentesco in tufo con rivestimento in piperno ,voluto dalla famiglia Carafa.
Oggi, grazie agli interventi di metà del ‘900, che le ridiede la presunta impronta medievale, e all’impegno della Soprintendenza con importanti restauri post-sismici negli anni ’80 dello scorso secolo, San Giovanni a mare è ritornata ad essere aperta a fedeli e turisti.
L’accesso avviene dalla parte laterale della chiesa, da una delle tre navate ,attraverso un portale medievale del XII secolo, preceduto da un atrio.
Le navate, a loro volta, si affacciano su un transetto a volte ogivali, segno degli interventi trecenteschi, al di sotto del quale sono ancora ben evidenti le fondamenta del primo abside, segnandone in quel punto la terminazione dell’originaria fondazione normanna.
E’ importante l’arco ribassato, durazzesco-catalano, che inquadra la cappella centrale con l’altare maggiore. E’ tradizione che dinanzi al Crocifisso, in una della cappelle, avesse pregato Santa Brigida quando venne a Napoli al tempo di Giovanna I (1343-1381), perciò in questa chiesa si celebrava, una volta, con molta solennità la festa di Santa Brigida.
Quasi sicuramente in questo periodo la copertura a capriate lignee fu sostituita con la volta a crociera.
Il pavimento, in basalto, è disseminato di diverse lapidi che ricordano i molti cavalieri dell’Ordine di Gerusalemme sepolti nel tempo all’interno della chiesa; le pareti sono ricche di epigrafi, targhe e stemmi araldici risalenti a vari secoli.
Con i lavori del Risanamento l’insula del complesso di San Giovanni a Mare fu ampliamente mutilata per l’apertura di nuove strade e la chiesa si trovò isolata dal contesto e al tempo stesso inglobata in nuovi edifici . Depredata di quasi tutte le opere , rimane tuttavia, molto importante per il superstite complesso epigrafico (che va dai secoli VIII-IX al XIX) che ancora si conserva.

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ARTICOLO DI ANTONIO CIVETTA

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