San Lorenzo è una delle chiese medievali più importanti di Napoli , fatta erigere da Carlo d ‘ Angiò per assegnarla ai frati francescani.
Essa fu eretta verso la fine del XII secolo sul luogo di una chiesetta paleocristiana del IV secolo d.C. ( come dimostrano due mosaici all’altezza del transetto ), a sua volta collocata sui resti di una  antica basilica pagana situata nell’ area del foro greco- romano .
Ha avuto vari rifacimenti nel corso dei secoli , ma lo stile è rimasto essenzialmente gotico e semplice eccetto alcuni elementi barocchi come la cappella Cacace .
La chiesa di S. Lorenzo è una preziosa testimonianza della prima comunità francescana a Napoli.
Per avere una bella visione della facciata della chiesa , del contiguo monastero e del grande campanile rinascimentale , è consigliabile dirigersi verso l ‘atrio antistante la basilica di San Paolo Maggiore e salire la scalinata a doppia rampa in piperno a marmo bianco e sostare al piccolo belvedere antistante la chiesa. Da questo luogo abbiamo infatti una bella visione globale di tutta l ‘ antica piazza San Gaetano , il centro di Neapolis .
Sotto di noi la statua del santo a cui è dedicata la piazza, e di fronte a noi la facciata della basilica di San Lorenzo con accanto il bel campanile in piperno risalente al 1487, a pianta quadrata , preso d’ assalto nel 1647 dalle truppe di Masaniello , durante la rivolta anti-spagnola .
Dal 1879 , di fianco al campanile , sono riportati i i nomi di 7 antichi seggi , ognuno con il suo simbolo , in ricordo del Foro.
( forcella con simbolo Y – montagna con un simbolo tre monti – capuana con simbolo di un cavallo frenato – nido con un simbolo stavolta di cavallo sfrenato -porto con simbolo di orione -portanova con il simbolo di una porta chiusa – del popolo con il simbolo di una P )
Il campanile è attiguo al MONASTERO che può essere considerato la vera anima storica della Napoli passata : in esso infatti risiedettero periodicamente l ‘ università fondata da Federico II di Svevia nel 1224 ( prima in tutta Italia , poi ospitata altrove – stabilmente è stato sede del tribunale della città ( forum ) – dal suo balcone Masaniello nel suo concitato discorso aizzò il popolo alla rivoluzione. Essa fu infatti  assediata dai seguaci di Masaniello nel 1647 che riescono a fare bottino delle armi spagnole conservate nel chiostro del convento.

 

Il Petrarca nel 1343 fu ospite nel convento , dei frati francescani ,e con sua grande paura ,fu testimone di una spaventosa tempesta ,un terribile maremoto che sconvolse Napoli nel 1343. Fu un fenomeno che oggi potremmo identificare come uno tsumani .
Il poeta si trovava in citta’ per conto di Clemente VI, per perorare la causa di alcuni prigionieri ( tre cardinali cari al cardinale Colonna che erano rinchiusi nelle segrete di Castel Capuano ,condannati all’ergastolo).  L’ autore del Canzoniere quella notte in cui su Napoli  si  abbattè un tremendo uragano accompagnato da un terremoto prese uno spavento terribile pensando di dover morire . Tra urla di terrore fu scaraventato a terra e piangendo e pregando , scansando i crolli , miracolato , riuscì a mettersi in salvo raggiungendo nel buio l’esterno del chiostro dove i frati cercarono riparo  . Fu una notte infernale che il poeta temendo il peggio trascorse ad invocare in preghiera la misericordia di Dio nel chiostro del monastero di San Lorenzo, insieme ai frati.

Il giorno dopo si scoprì che il molo angioino era completamente distrutto , che un’intera ala di Castel Nuovo era franata , che diverse galee in mare erano andate disperse e che il borgo dei pescatori era stato spazzato via. Attonito ed impaurito si mise a cavallo per capire cosa fosse accaduto e scoprì con orrore scene strazianti che lo avrebbero poi tormentato per tutto il resto della sua vita ( persone affogate o che stavano per affogarsi, alcuni con la testa e altri con la braccia rotte o altri addirittura con le visceri che uscivano dal ventre ).  Il poeta descrisse poi  quella notte e quell’esperienza con toni drammatici in una sua lettera al cardinale Colonna.

Al di sotto del monastero vi sono i resti importantissimi e quasi intatti della neapolis greco- romana , con le vie , le botteghe ed addirittura un forno ( visitabile ).
Nel chiostro del convento possiamo ammirare un pozzo del 700 , opera di Cosimo Fanzago .
La facciata del 700 è stata realizzata dal celebre architetto napoletano Ferdinando Sanfelice : uno degli esponenti più straordinari e fecondi dell’ architettura barocca . Al centro della facciata , si ammira l ‘ elegante portale marmoreo originale del 300 con i battenti di legno che il Sanfelice vi lascio’ incastonato. Appena entrati in chiesa non possiamo che rimanere rapiti dall’enorme bellezza dell’edificio .Sembra di trovarsi in Francia all’interno di una di quelle belle cattedrali dal sapore provenzale . Intorno a noi  un silenzio mistico fa da contrasto con il vociare della vicina piazza San Gaetano . La chiesa al suo interno presenta una sola navata con cappelle laterali ed assume la classica forma a croce latina per la presenza del transetto. La zona absidale , dove si trova un pulpito del 300 , per eleganza e luminosità ricorda le cattedrali gotiche francesi dove la luce arriva fino a noi attraverso le chiare vetrate di sette bifore affiancate. Pare infatti che la costruzione della chiesa sia stata iniziata proprio ad opera di architetti francesi , i quali si limitarono alla sola realizzazione dell’ abside . Tutto il resto è invece da attribuire ad architetti locali che preferirono uno stile gotico più sobrio ( aderente a quello del gotico italiano) , di impronta francescana .
Più tardi. purtroppo nel XVII e nel XVIII secolo , seguendo lo stesso destino toccato ad altre chiese gotiche napoletane , quasi tutto l’ edificio venne rinnovato in stile barocco , specialmente quando a seguito di un terremoto la navata centrale dovette essere rinforzata perchè pericolante .
Subì ancora altri rimaneggiamenti e a partire dal 1944 , a seguito dei devastanti bombardamenti dell ‘ ultima guerra , fu necessario affrontare importanti e definitivi lavori di restauro .
In quell’ occasione , oltre a conservare l ‘ intera facciata del Sanfelice , l’ interno fu restituito alle sue originarie forme gotiche , lasciando poche ma significative testimonianze delle sovrastrutture barocche ( cappellone di San Antonio realizzata da Cosimo Fonzago con 2 dipinti del Mattia Preti )

Al suo interno sono conservate numerose opere d’arte e cappelle di illustri personaggi dell’epoca come  Giambattista Della Porta,  e Ludovico Aldomoresco ,( Ammiraglio del Regno e Consigliere del Re Ladislao ) il cui monumento funebro fu scolpito  da Antonio Baboccio.
Tra le cappelle che meritano una citazione, quella del marchese di Villa Giambattista Manso ( decorata da Luigi Rodriguez ) fondatore dell’Accademia degli oziosi dopo essere stato protettore e primo biografo del Tasso ; quella della famiglia Cacace decorata in stile  barocco da Cosimo Fanzago e contenente una Madonna del Rosario, dipinto da Massimo Stanzione  ; del vescovo di Scala Giacomo Pisanelli ; delle illustri famiglie Carmignano e Cacace ed il già citato Cappellone di Sant’Antonio anch’esso decorato da Cosimo Fanzago dove sono conservati due dipinti di Mattia Preti ( Santa Chiara e Crocifisso di San Francesco ).
A sinistra, di fronte alla seconda cappella, è conservato il dipinto “Sante Francescane ” opera di Mattia Preti, autore anche della Madonna col Bambino .

Ma il sepolcro più bello si trova vicino all’altare realizzato nel 1323 da Tino di Camaino per accogliere le spoglie di Caterina d’Austria , duchessa di Calabria . Un gioiello gotico a forma quadrangolare con baldacchino a sesto acuto realizzato per la moglie del primogenito di Roberto d’Angiò.

L’ altare maggiore ,opera di Giovanni da Nola è considerata una delle più belle opere rinascimentali di Napoli, in cui alle figure di santi , fa da sfondo una immagine della nostra città nel 500.
Va ricordato anche che nella chiesa di S. Lorenzo avvenne l’ incontro di Boccaccio con Maria , figlia naturale di re Roberto d ‘ Angiò , immortalata come Fiammetta , alla quale lo scrittore dedicò molte opere.

Lo scrittore  , autore tra le altre opere del famoso Decamerone , arrivò a Napoli nel 1328 quando aveva appena 15 anni e vi rimase per ben 14  anni . Fu inizialmente spinto dal padre all’apprendistato in materia bancaria ma ben presto frequentando la corte di Roberto d’Angiò capì che la sua vera vocazione erano le lettere . Egli nel suo periodo dove ebbe modo di  frequentare  la corte Angioina si innamorò perdutamente di Maria d’Aquino , figlia naturale di re Roberto d’Angiò divenuta poi la ” fiammetta ” letteraria. La incontrò per la prima volta proprio in questa chiesa il 30 marzo del 1336, un sabato santo.

Nonostante ella fosse già sposata , egli cominciò a frequentarla assiduamente  sfogando tutta la sua passione in un assiduo corteggiamento , fingendo addirittura una falsa amicizia col marito .Sospirava per lei in ogni posto : a corte, nei banchetti sulle spiagge , durante i tornei, nel corso delle danze o cullati sulle barche che conducevano ai lidi della deliziosa Baia. Sperava di conquistarla con la poesia e sotto i colpi dei versi  e pian piano vi riuscì. Il loro amore durò una sola stagione , poichè il poeta fu costretto a tornare in Toscana per poi tornare a Napoli diverso tempo dopo quando però i sentimenti della bella donna erano oramai cambiati.

Nel 1701 Gaetano Gambacorta, principe di Macchia, l’occupò durante la congiura filoaustriaca contro il Viceregno spagnolo.

 

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Attualmente la chiesa appare  stretta dalla morsa di abitazioni private che ne coprono l’intera visuale mortificando l’originario slancio architettonico. Senz’alcun dubbio, tutte le linee della chiesa di San Lorenzo Maggiore erano di stile archiacuto, come lo si osserva dall’andamento del portale, unico elemento superstite della chiesa trecentesca . Sotto il lunettone soprastante la porta centrale troviamo lo stemma di Bartolomeo de Capua e l’affresco del martirio di San Lorenzo attribuito ad Angelo Mozzillo .

La chiesa, a navata unica  con pianta a croce latina , possiede  ai lati del transetto , prima di giungere all’altare maggiore, dei varchi che che conducono alla Sala Capitolare, la vecchia sacrestia, il convento ed il chiostro francescano. Un particolare effetto scenografico è dato dall’abbondanza della luce solare catturata dalle quattro lunghe finestre bifore sfondate nelle pareti laterali assieme ad altri nove finestroni sempre bifori praticati nelle pareti dell’abside della chiesa

Ai lati della chiesa rprendendo come punto di riferimento l’abside troviamo numerose cappelle disposte secondo il seguente ordine  :

• la prima a destra è la cappella San Giuseppe.  In essa troviamo sistemato il Monumento funebre di Ludovico Aldomorisco, ammiraglio del Regno e consigliere di re Ladislao di Durazzo (1421). Si tratta di un’opera eseguita da Antonio Baboccio da Piperno (viene considerata l’ultima opera dell’artista ) .Il sarcofago sormontato da baldacchino è sorretto da quattro cariatidi, che rappresentano i quattro fratelli del defunto (Luigi, Galeotto, Antonio e Perotto), vestiti come guerrieri .Sui rilievi laterali della cassa sono stati raffigurati la Dipartita del defunto e la presentazione alla Vergine e La Vergine presenta il defunto all’Eterno Padre.Un particolare interessante è quello relativo alla firma e all’età  ( 70 anni ) che l’artista ha voluto lasciato sul basamento del sarcofago . In questa cappella vi era un tempo posta la tela attribuita a Giuseppe Marullo della Madonna col Bambino e S.Francesco, oggi conservata nel Museo dell’Opera di S.Lorenzo.

• la seconda cappella è dedicata a San Bonaventura; Essa è stata la cappella gentilizia della famiglia Anfora. Sulla parete sinistra  è posto il Sepolcro di Joannis Rainardi Anforo ,defunto, militare sotto Ferrante I d’Aragona e morto nel 1474. Nel pavimento invece  vi è la lastra tombale di Gaetano Anfora, duca di Licignano e di Rosa Cella, duchessa di Frisia e moglie di Francesco Saverio Anfora.

• la terza è la cappella del Rosario o Cappella Cacace-de Caro. Questa cappella barocca, commissionata nel 1642 a Cosimo Fanzago dal magistrato e Reggente della Cancelleria Giovanni Camillo Cacace, come possiamo vedere è un vero tripudio di marmi policromi.  Sul suo pavimento è presente lo stemma della famiglia Cacace . Le sculture di statue della madre (Vittoria de Caro) e dello zio materno (Giuseppe de Caro) di Giovanni Camillo Cacace, e e di Francesco Antonio de Caro (zio materno del committente), posti sulle pareti laterali, sono opera di Andrea Bolgi (1653), allievo del Bernini. .L’altare è coronato da 15 quadretti su rame con Storie della Passione di Cristo e della Vergine, realizzati da due collaboratori di Massimo Stanzione.Gli  affreschi seicenteschi della volta raffiguranti l’Assunzione della Vergine sono opera di Niccolò De Simone , mentre la cancellata in ottone è opera di Cosimo Fanzago. La cappella prende il nome dal dipinto della Madonna che porge la coroncina del Rosario a S.Domenico da Guzman (o Madonna del Rosario) di Luca Giordano, custodita oggi nel Museo di Capodimonte.

• la quarta è la cappella San Rocco .Per questa cappella Alfonso I d’Aragona commissionò a Colantonio del Fiore il polittico che raffigurava al centro S.Francesco nell’atto di consegnare la regola ai suoi frati e alle Clarisse le sue raccomandazioni e S.Gerolamo nello studio (le due opere sono conservate oggi al Museo di Capodimonte), e sui pilastrini laterali figure di Frati francescani (oggi perdute).Le pareti laterali della cappella ospitano tombe della famiglia Rocco, realizzate da Romolo Balsimelli .Gli affreschi seicenteschi della volta sono stati attribuiti a Niccolò De Simone. Sull’altare si trova una grande cona in terracotta, originariamente dipinta e dorata, realizzata nella seconda metà del Quattrocento da un artista emiliano o lombardo.

• la quinta è la cappella del Crocifisso (già dedicata a S.Stefano e poi all’Ecce Homo). Essa fu di patronato della famiglia Manso dal 1620.      Antonio Manso fu amico di Federico d’Aragona, citato nell’ “Ode all’Amicizia” di Torquato Tasso, cofondatore dell’Accademia degli Oziosi e amico del poeta Johan Milton. Sulla lastra pavimentale possiamo vedere  lo stemma della famiglia Manso, mentre sulla parete laterale destra si i trova il Monumento funebre di Giovanna Regolana e Antonio Manso (età aragonese). Sulla parete laterale sinistra invece si trova il rinascimentale Monumento funebre di Giambattista Manso e della moglie Laura Manso . Gli affreschi della volta sono opera di Luigi Rodriguez , mentre Onofrio o Andrea de Lione hanno forse realizzato gli affreschi alle pareti della Deposizione e Seppellimento di Cristo.Da notare infine che proviene da questa cappella il Crocifisso ligneo intagliato e dipinto conservato oggi nel Museo dell’Opera di S.Lorenzo.

• la sesta è la cappella della Santissima Annunziata (già dedicata a S.Matteo). In essa nella parete di fondo ,affiancata da dei belli affreschi trecenteschi.si trova una nicchietta trilobata, adibita a conservare l’acqua benedetta Sulle sue pareti laterali trovano invece posto alcuni monumenti funebri cinquecenteschi e seicenteschi.

•  la settima è la cappella di San Ludovico d’Angiò. In essa trova posto il Monumento funebre di Alberico Bacio Terracina, cavaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta.le cappelle del lato sinistro della navata.

Le cappelle del lato sinistro della navata sono invece:

La prima cappella , quella  dell’Angelo Custode, che era il patronato della famiglia Carmignano.Essa ha  ha mantenuto il suo aspetto barocco. Sull’altare si trova una tela che raffigura l’Angelo Custode, opera di Francesco De Mura. Lungo le pareti laterali si trovano i sepolcri della famiglia Carmignano (XIV/XVIII secolo): il Monumento di Rainaldo Carmignano è attribuito a Giovanni da Nola.

La seconda cappella è, quella  dell’Immacolata (Cappella Buonaiuto), che anch’essa  barocca mostra  sull’altare in marmi policromi di Giorgio Marmorano , il dipinto di Paolo Finoglia l’Immacolata. Sulle pareti si trovano tombe del XVII secolo.

La terza cappella è la Cappella della Famiglia Pignone. Sull’altare si trova la pala del XV secolo di Angiolillo Artuccio che rappresenta i cinque protomartiri francescani uccisi in Marocco il 16 gennaio 1220: Fra’ Berardo suddiacono, tra Ottone sacerdote e i conversi Pietro, Accursio, Adiuto. Sulle pareti si trovano sepolcri della famiglia Pignone: il Monumento funebre di Giovanni Francesco Pignone e il Monumento funebre di Benedetto Pignone.

La quarta cappella è la Cappella dei Re Magi. Sull’altare è posta l’Adorazione dei Magi di Marco dal Pino (1551/1568) per la Chiesa del Gesù Vecchio.

Al posto della quinta cappella vi è un corridoio che conduce all’uscita laterale della chiesa su Via dei Tribunali.  Lungo il corridoio vi sono due sepolcri: il Monumento funebre di Giacomo Rocco di Francesco da Milano e il Monumento funebre di Giovan Maria Puderico, vescovo di Taranto, attribuito a Giovan Tommaso Malvito (1529). Provenivano da questo passaggio anche un’Assunzione ed Evangelisti attribuita a Pompeo Landolfo e una Madonna di Loreto.

Nella sesta cappella é collocata una teca che custodisce un Presepe con Re Magi.

La settima cappella è la Cappella di S.Lucia (già dedicata a S.Michele). E’ posto sull’altare di questa cappella un Crocifisso seicentesco di autore ignoto. Dietro al Crocifisso vi è un affresco di Belisario Corenzio o Onofrio del Leone, che ritrae la Vergine e S.Giovanni Evangelista.L’affresco era prima del 1950 posto nella Cappella Manso (quinta cappella del lato destro). E’ posto sotto l’affresco citato un affresco più piccolo con Cristo con calice, ostia e palme.

Sulla parete destra dell’ottava cappella (Cappela Pisanelli) si trova il Sepolcro di Vito Pisanelli (1528), segretario e consigliere di Federico d’Aragona, realizzato da Romolo Balsimelli. Sulla parete sinistra invece vi è il Sepolcro di Giacomo Pisanelli (1514), zio vescovo di Vito Pisanelli.

Degna di interesse e assolutamente da vedere sono anche La Sala Capitolare e la Cappella del Marchese. Entrambe meritano almeno uno sguardo .

La sala Capitolare è arricchita dagli affreschi attribuiti al Rodriguez  ed è un ambiente , come vedremo popolato di santi, dotti, papi, cardinali ed altri personaggi illustri della grande famiglia dei Minori Conventuali di Napoli.  Sulla porta un tempo c’era un affresco del 1300 ritraente San Francesco d’Assisi che porge la Regola ai suoi Frati e alle prime Clarisse ( oggi quest’affresco è custodito in convento ).  Nella lunetta sulla porta troviamo invece  rappresentato Carlo I d’Angiò, che, ricostruita la chiesa secondo la tradizione, la consegna ai Frati Minori.   Nella volta, sostenuta da due grandi colonne romane, vi sono i motivi arabeggianti che circondano l’immagine dell’Immacolata ritratta verso il 1608 e San Lorenzo ( La graticola suo antichissimo retaggio ritratta invece sulla parete opposta alla parete centrale dove è dipinto lo stemma francescano). A destra di chi guarda c’è un grande stemma reale asburgico e al di sotto, vi è quello di Napoli e sotto ancora quello vicereale. A sinistra lo stemma degli Angioni. Alle pareti della sala sono affissi un grosso frammento pavimentale appartenente all’impianto paleocristiano di San Lorenzo e varie altri pezzi di tombe rimasti incompleti dal susseguirsi dei rimaneggiamenti sulla chiesa gotica.

La cappella dei Marchese di trova invece in un angolo di questa sala. Interessante sono i 180 gusci di noce ognuno contenenti rappresentazioni plastiche della Sacra Bibbia, di cui 106 del Vecchio Testamento e 74 raccontano del Nuovo. Opera pia e paziente dello scultore e scrittore Beniamino Ascione nato a Portici nel 1895 e morto nella stessa cittadina il 24 novembre del 1977. Con la stessa tecnica e gli stessi materiali l’artista ha più volte rappresentato ”a codesta maniera” scene della Divina Commedia.

La Sacrestia fu tutta quanta affrescata dal Rodriguez :  il bellissimo affresco sulla volta mostra San Francesco elevato sul mondo in estasi davanti al Mistero della Croce.  Sopra di lui la Santissima Trinità e tutt’attorno una festa di angeli. Invece sotto il Santo cinque figure allegoriche muovono la visione dell’affresco in Fortezza e Mansuetudine, Fede, Carità e Giustizia. Nella sagrestia su due armadi d’arredo originali del ‘700 dentro sei cornici vi erano un tempo  altrettante tele opere di Francesco De Mura. Queste  tele, a parte una soltanto, ritraente San Lorenzo andata perduta, si conservano nelle sale interne del conveno e rappresentano: Il Sacro Cuore di Gesù, la Madonna, San Giuseppe, San Francesco d’Assisi, San Gioacchino, Sant’Anna e Sant’Antonio. Ancor’oggi in sacrestia si ammirano le statuette lignee di Sant’Antonio, San Ludovico d’Angiò e San Bonaventura da Bagnoregio.

Sul fondo della sala ltroviamo la Cappellina dei De Rossi con lastra pavimentale posta da Fabio De Rossi nel 1561 poi passata alla famiglia dei duchi di Acquavella e la statua di una giovane donna in preghiera un tempo alloggiata nella cappella di Santa Maria della Purità. Di fronte il busto e la lapide del vescovo Giuseppe Faraone morto nel 1793 che  prima si trovavano nella Cappella di Santa Croce. Sull’altare barocco una volta era possibile ammirare una splendida tavola, la Nascita di Gesù, datata ‘500, di Marco Pino da Siena oggi in convento. Su quest’altare resta solo la cornice del ‘600 destinata a raccogliere reliquie di Santi. Sull’arco di questa cappella un altro dipinto su tavola anche questo in convento ed un medaglione ritraenti San Francesco ai piedi della Madonna con Gesù Bambino e due Angeli, attribuito da qualcuno ad Ippolito Borghese e da qualcun’altro a Fabrizio Santafede. Accanto alla sacrestia meritevole di attenzione e descrizione un preziosissimo lavabo del ‘500 tutto in marmo con ai lati fregi ornamentali. Ai lati scolpiti le figure dei santi Lorenzo e Antonio da Padova. Al centro scolpito l’episodio di Gesù che parla alla Samaritana presso il pozzo di Giacobbe. Sopra a queste due figure c’è scritto: ”Donna, dammi da bere” e subito sotto ancora scritto: ”Esamini ognuno se stesso e così mangi di quel Pane e beva di quel Sangue. Anno Domini 1521″. Più sotto ancora in un altro riquadro, nel punto esatto in cui il lavabo sembra sostenersi sulla forza di due delfini scolpiti, c’è scritto: “Siate mondi”. Sulla posteriore dell’opera c’è lo stemma francescano sostenuto da angeli ed un crocifisso ancora in disputa su attribuzione più o meno attendibile circa l’opera di Paolo Domenico Finoglio, sulla porta che introduce alla sacrestia da qualcuno attribuita a Bernardo Cavallino e da altri ancora ad Andrea Malinconico.

 

 

 

 

 

 

 

 

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