Lo Jago Museum è una sede museale situata nell’antica chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi che si trova all’ingresso del Borgo dei Vergini, nel rione sanità .
La chiesa fu voluta insieme al suo convento nel 1633 per volere dei padri Crociferi, un ordine attivo negli ospedali e in tutti quei luoghi dove cerano persone malate.
Ricostruita nel 1760 essa acquisì la sua attuale forma per i lavori attuati dal matematico Antonio Monteforte che si avvalse degli architetti Bartolomeo e Luca Vecchione, collaboratori del celebre Luigi Vanvitelli.
La sua facciata, preceduta da una scalinata in pietra lavica, presenta numerose decorazioni in stucco chiamate lesene composite. Il suo interno a croce latina con una navata unica e due cappelle laterali per lato e’ attualmente completamente privo di tutte le sue preziose opere che un tempo l’adornavano .
Spoglia quindi di tue le sue opere si è ben pensato di farla divenire sede di un museo, ospitante una moltitudine di sculture dell’artista Jacopo Cardillo in arte Jago, oggi considerato uno degli scultori viventi più celebri in assoluto in questo momento al mondo .
Lo scultore frosinate che a Napoli, nel rione Sanità in particolare, ha trovato il suo habitat piu’ naturale, ha infatti scelto di essere il protagonista di un nuovo polo museale che si pone oggi al centro di due progetti che stanno contribuendo a dare forma al Rione Sanità: “Luce al Rione Sanità” e “Tornaccantà”.
CURIOSITA’: Intorno a questi due progetti ci sono tutta una serie di investitori che hanno creduto nel Museo Jago. Ognuno di essi ha messo qualcosa. Lo stesso Jago è tra i finanziatori.
Dopo circa quarant’anni di chiusura la chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, dopo essere stata in gran parte ristrutturata , finalmente nel maggio 2022 , ha riaperto le porte alla gente ed è oggi testimone della creazione di alcune opere di Jago, come la Pietà e la sua ultimo opera , Ajace e Cassandra.
Il Museo fa parte di quel processo di riscatto sociale che vede protagonista nella nostra città la cultura come rivalutazione urbano del nostro territorio ed anche l’ occasione per trasmettere ai nostri giovani ragazzi quella nuova mentalità che passa per la ricerca di un lavoro derivato dalla sola valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del proprio quartiere.
Un quartiere che Jago ha voutamente scegliere come dimora del suo laboratorio dopo essere stato a New York e aver poi successivamente frequentato per un determinato periodola nostra città.
Lo scultore dopo aver conosciuto padre Don Antonio Loffredo , i ragazzi della cooperativa ” La Paranza “e tante altre belle persone persone che in questo rione da anni si adoperano per riqualificare un territorio domenticato dalle istituzioni pubbliche , ha infatti deciso di trasferiesi a Napoli i insediare il suo studio propeio nel Borgo dei Vergini nella chiesa barocca di Sant’Aspreno ai Crociferi, nel rione Sanità .
Jago ha scoperto e sentito forse prima di ogni altro artista che in questo quartiere c’è il futuro, di questa città , In esso c’è terreno fertile e creatività. Ci sono persone che si danno da fare; sono scultori dell’umanità, sono persone che plasmano materiale umano.
Ha scoperto l’energia di un luogo dove si possono fare cose molto importanti proprio perché è mosso da una fame di posizionamento e di riqualificazione.
Attraverso persone fantastiche che egli ha conosciuto in questo posto , Jago ha più di ogni altra persona subito percepito che il luogo che ha tutte le carte in regola per essere uno dei centri culturali più importanti d’Italia, perché Napoli è una realtà che sta già vincendo tutto dal punto di vista della qualità e dell’accoglienza.
Jago per il suo laboratorio partenopeo ha addirittura anche coinvolto gli emiri arabi, proprietari insieme a lui del 50 % di alcune delle sue opere, che hanno deciso di scommettere sul Rione Sanità decidendo di lasciare le loro statue nella nostra citta’.
Jacopo Cardillo, in arte Jago , nella sua giovane età di scultore, poichè non aveva abbastanza denaro per comprare il marmo. si recava in un fiume e recuperava dei sassi, scarto del processo di cavatura del marmo.
“Ho riconosciuto che il fiume era stato scultore a sua volta. Mi sono chiesto quanto valesse il mio intervento su qualcosa che era già stato scolpito e lavorato. Ho deciso dunque di lasciare al sasso una memoria”. Sono nate così le “opere all’interno dei sassi” come Scheletro, in cui mettendo tutte le fette una affianco all’altra si ricompone il sasso naturale”
A 24 anni , selezionato da Vittorio Sgarbi per partecipare alla 54a edizione della Biennale di Venezia, espose il busto in marmo di Papa Benedetto XVI, che gli valse la Medaglia Pontificia. Quando il Papa nel 2013 annunciò le sue dimissioni, l’opera fu spogliata degli abiti papali prendendo il nome di Habemus Hominem.
Accade poi successivamente che al mattino di novembre 2020, la nostra citta si svegliò sul suolo di Piazza del Plebiscito con un’opera che raffigurava un bambino in posizione fetale con il cordone ombelicale che lo incatena sl suolo della piazza .
La statua rappresentazione delle catene della marginalità.intende attraverso il marmo rappresentare ” chi in questa società non ha voce”.
La statua denominata ” Look down,” è un invito a “guardare in basso” ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragil
Meno di un anno dopo, sul Ponte di Castel Sant’Angelo a Roma, venne installata durante la notte la scultura che raffigura un giovane profugo che dorme in strada.
La scelta del luogo è simbolica: il rifugiato si trova nel crocevia tra la Basilica di San Pietro e l’antica prigione. Il nome dell’opera preannunciava già il suo destino: In flagella paratus sum, (sono pronto al flagello). Dopo poche settimane, infatti, l’opera è stata distrutta.
“Siamo in grado di fare una carezza, ma anche di deturpare”, dice Jago. “Ma l’atto vandalico è un valore. Il gesto degli altri continua la narrazione dell’opera stessa. Con il tempo, i nostri significati spariscono. Le cose che lasciamo diventano contenitori per i significati degli altri”.
Le immaginile classiche che raccontano la contemporaneità le ritroviamo invece nella sua opera: Aiace e Cassandra.
Jago ispirandosi al triste episodio narrato da Virgilio nell’Eneide che ha ispirato tanti artisti nel corso dei secoli , egli in questa opera partendo da un’immagine letteraria come la violenza surispetto alla statuaria classica, in cui l’espressione della donna è quasi sempre passiva e abbandonata, nel volto della Cassandra di Jago non c’è accoglienza, ma resistenza.
l culmine della guerra di Troia, i combattenti e gli eroi greci si macchiarono di crimini orribili ai danni della citta di Troia che come tutti sappiamo venne incendiata ma anche a carico dei cittadini che vi risiedevano . Una di questi fu lo stupro di Cassandra, figlia del re di Troia Priamo e sacerdotessa di Apollo, da parte di Aiace, uno dei più valorosi guerrieri al comando di Agamennone. Cassandra si era rifugiata nel Tempio dellla dea Atena ma i greci una volta uccise le poche guardie troiane rimaste penetrarono nel Tempio. In un ultimo tentativo di salvarsi la sacerdotessa si aggrappa alla statua di Atene perchè la dea la protegga ma Aiace prese Cassandra, che si era aggrappata alla statua di Atena, con violenza e la trascina via . La statua cade e Aiace violenta la rgazza tra i frantumi del simulacro. Per questo motivo poi la dea punì tutti i principi greci rendendo difficile loro il ritorno in patria : Cassandra , umiliata, stuprata e sconfitta diventerà il bottino di guetta di Agamennone e essa, che aveva il dono della chiaroveggenza, gli predisse la sua rovina una volta rientrato a Micene. Agamennone non gli volle credere e cadde vittima della moglie Clitemnestra e dell’amante Egisto (Orestiade) . Aiace invece morì durante il rientro in Grecia.
E poi padri che raccolgono i figli dopo i bombardamenti. Per noi cresciuti dalla parte giusta del mondo è questa l’immagine della guerra in Siria. “Al telegiornale non c’era altro argomento”, racconta Jago. “Quelle immagini mi colpivano perché le guardavo mentre pranzavo. Da una parte provavo il gusto e dall’altro il disgusto. Questo genera passività. Non si riesce a concentrarsi sul disgusto, perché lo si accompagna e lo si stempera con il gusto”. Così è nata La pietà, così è nato anche Il figlio velato. “In un’era di bulimia di immagini, mi sembrava importante dare loro un peso”.
N.B. Oggi quest’opera è esposta nella Basilica di San Severo e si puo ammiare con lo stesso biglietto acquistato per lo Jago Museum
Nel 2019, dopo la realizzazione dell’opera Figlio Velato, Jago desiderava vivere e lavorare nel Rione Sanità, ispirato dal progetto di valorizzazione delle risorse del territorio e, soprattutto, dal lavoro che era in atto con le persone.
Il luogo più adatto a ospitare il lavoro dell’artista è sembrato, fin da subito, l’antica chiesa seicentesca di Sant’Aspreno ai Crociferi. È in questa chiesa che Jago ha realizzato la sua opera Pietà, prima esposta a Roma, nella Chiesa degli Artisti e a Palazzo Bonaparte, poi tornata nella Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi.
La riapertura della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi è stata resa possibile da una convenzione firmata con il Fondo Edifici di Culto, e grazie al sostegno di Fondazione CON IL SUD, Fondazione di Comunità San Gennaro, insieme a Intesa Sanpaolo.
Essa rappresenta un nuovo investimento sul capitale umano, una vera ricchezza del territorio. che ha segnato un’altra importante tappa nel percorso di «cura della cultura e cultura della cura»
L’atelier di Jago è ora un percorso espositivo tra alcune delle sue opere più recenti ed è al centro di due progetti dedicati ai giovani del quartiere: Luce al Rione Sanità e Tornaccantà.
Il progetto Luce è un meraviglioso progetto che nasce con l’obiettivo di illuminare via dei Cristallini, un’area periferica del quartiere che, con il suo potenziale storico e artistico, sarà interessata da processi di rigenerazione sociale e culturale basati sul contrasto alle disuguaglianze, l’inserimento lavorativo di giovani in difficoltà, la rigenerazione urbana, la valorizzazione del Terzo Settore nello sviluppo del Mezzogiorno. Il progetto è realizzato dalla Coop. La Paranza, con Fondazione CON IL SUD, Fondazione San Gennaro e Intesa SanPaolo.
Tornaccantà nasce invece per coinvolgere e ridare dignità ai talenti e agli spazi del Rione Sanità, creando una casa per la canzone napoletana. Il progetto è realizzato da Fondazione San Gennaro con Nuovo Teatro Sanità (NTS), Coop. Soc. Sanitàrt, consorzio sociale Coop4Art, Coop. Soc. La Paranza, impresa social Kalòs, con il sostegno di Intesa Sanpaolo e Fondazione CESVI.
CURIOSITA’: Il Guardian descrive Jago come “il nuovo Michelangelo”, che ha riportato la scultura nel ventunesimo secolo. E le opere di Jago, che restano fedeli alle tecniche del Rinascimento italiano, dialogano davvero con il tempo che abitano. Osservano, prima di esprimere. Trattengono, prima di comunicare. Decostruiscono, prima di costruire. “Per scolpire qualcosa bisogna prima romperla”, dice Jago. “Camminando tra le mie opere esposte riconosco anche i miei fallimenti, che sono come le cadute che un bambino deve affrontare per imparare a camminare”.
L’apertura al pubblico dell’atelier di Jago nel rione Sanità è un momento dal forte valore simbolico per la nostra città . Esso rappresenta la possibilita di una svolta culturale del nostro modo di pensare ,
Il passaggio da un turismo stereotipato fatto dei vari pulcinella , pizza, sfogliatella ,mandolino , sole e murales di Maradona ad un turismo ad impronta culturale .
Il passagio da un turismo fatto di limonata a cosce aperte , finta rapina a mano armata o scippo simulato nel tour camorra da molti organizzato .ad un turismo in cui l’arte e la cultura prendono finalmente il sopravvento in questa città.
Jago Museum è un percorso aperto di scoperta in continua evoluzione, un viaggio attraverso la capacità dell’artista di rielaborare opere e miti del passato con la lente dell’attualità e del contemporaneo.
TRA LE OPERE ESPOSTE OGGI AL MUSEO JAGO POSSIAMO AMMIRARE:
Self (2019), autoritratto dell’artista in marmo Danby, particolare per la presenza di cristalli al suo interno.
Apparato circolatorio (2017), trenta fotogrammi di un battito cardiaco che solo messi uno dietro l’altro, riescono a far pulsare un cuore di ceramica.
Ego Laurentius (2007-2022) rappresenta il braccio di Jago. Secondo l’artista le sue mani sono lo strumento della sua conoscenza, l’espressione massima dell’essere e del fare.
Airavata, Sphynx, Container e Muscolo Minerale (2015-2017) sono opere scolpite all’interno di grandi pietre raccolte nel greto del fiume Serra.
Pietà (2021), in cui Jago raffigura due esseri umani, dove l’attenzione non ricade sull’identità dei personaggi, quanto piuttosto sullo studio dell’espressione e del sentimento umano.
David (bozzetto) (2021): la posa e l’aspetto fiero del personaggio biblico rappresentato da Michelangelo sono affidati a una figura femminile.
Venere (2018) è un elogio alla bellezza in ogni sua forma, pura eleganza nell’accettazione di sé.
Aiace e Cassandra (2022) realizzata in marmo statuario di Carrara, è una scultura che mostra il coraggio di una donna.
L’operazione di riapertura della chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi e lo Jago Museum sono raccontati in modo efficace proprio da Jago:
«Dietro i luoghi e i loro contenuti c’è sempre l’umanità di chi ha immaginato, quella di chi ha costruito, l’umanità di chi ha abitato e abbandonato, l’umanità di chi ha recuperato e quella di chi verrà.»
Ma io personalmente vorrei ringraziare non solo Jago che ha scelto il rione Sanita per dare visibilità alle sue opere ma sopratutto un parrocco .
Uno di quegli uomini a cui la nostra città doverebbe dare le chiavi della città e la cittadinanza onoraria per il suo costante impegno profuso in questi anni con le suevarie iniziative .
Don Antonio Loffredo con le sue varie iniziative di formazione e d’inclusione sociale non solo è stato capace di dare un lavoro a tanti giovani attraverso l’arte ma ha saputo anche valorizzare il patrimonio storico-artistico del Rione Sanità . Egli da anni combatte in un quartiere non facile per sua natura , con l’obiettivo di sviluppare progetti innovativi di informazione, intrattenimento ed inclusione di tanti ragazzi attraverso l’arte e la valorizzazione del patrimonio storico-artistico dello stesso Rione.
Un uomo a cui gli stessi uomini di malaffare hanno dovuto dar ragione .
Oggi anche loro hanno capito grazie a Don Antonio che l’arte e il patrimonio culturale di questa città di questa città possono rappresentare un business economico capace di far lavoro a tutti .
Don Antonio nel suo Rione si sente a casa, anzi, lui in nessun luogo del mondo si sente al sicuro e protetto come qui, rispondendo a coloro che ancora diffidano della zona, vedendola ancora poco sicura.
Egli con tanti suoi bellissimi progetti è spesso intervenuto su importanti asset strutturali della nostra citta’ come l’inserimento lavorativo di giovani in situazione di fragilità, e la rigenerazione urbana in contesti marginalizzati.
Con tutte le sue iniziative ha sempre cercato di coinvolgere e restituire dignità agli spazi, alle risorse e ai talenti presenti nel Rione Sanità. Un modo per riqualificare i beni artistici di un luogo , che da decenni versano in totale stato di abbandono , e contemporaneamente coivolgere e formare in un progetto sano e onesto ,una gioventù altrimenti abbandonata dalle isituzioni nelle mani della criminalita organizata . Egli in questi anni ha rappresentato spesso per questo rione abbandonatio dalle istiruzioni pubbliche l’unica vera risoluzione ai tanti problemi .
Eppure il Rione sanità che ha dato i natali a Totò , nel XVII secolo non era affato un luogo degradato . Esso era additirttura un luogo dove nobili e borghesi napoletani spesso vi costruivano le proprie dimore per la vicinanza a luoghi sacri e miracolosi,
CURIOSITA’: Nel XV secolol’intera zona era considerato un ambiente salubre e incontaminato e per questo questo ritenuto un posto salubre ( naturale ) e miracoloso (sovrannaturale ) per le miracolose guarigioni attribuite alle vicine catacombe. Per tale motivo presso la basilica di San Gennaro venne successivamente collocato un lazzaretto che dopo la peste fu ampliato e divenne con il tempo l’ attuale ospedale di San Gennaro dei poveri .
Il rione, come tutti oggi sappiamo, fu edificato alla fine del XVI secolo in un vallone utilizzato gia’ dall’ epoca greco romana come luogo di sepoltura ( sono stati infatti ritrovati ipogei ellenistici e catacombe paleocristiane come quelle di San Gennaro e San gaudioso), ma si
sviluppò del tutto urbanisticamente solo dal XVII secolo, diventando l’area prescelta da parte di importanti famigliee facoltosi borghesidella città( vedi i maestosi Palazzo Sanfelice e Palazzo dello Spagnolo ).
Le sue strade vedevano, spesso, il passaggio dei reali, che dal centro della città si spostavano verso la Reggia di Capodimonte. Il percorso pero’ risultava particolarmente tortuoso, e per questo si ritenne necessaria la costruzione di un collegamento diretto, il Ponte della Sanità, causando in questo modo l’isolamento del quartiere.
N.B. : I lavori per il Corso Napoleone , la strada che avrebbe unito la Reggia di Capodimonte e il centro di Napoli, cominciarono a inizio Ottocento con Giuseppe Bonaparte e continuarono con Gioacchino Murat.
La costruzione della strada comporto’ la costruzione di un ponte ( Ponte “Maddalena Cerasuolo”Intitolato nel 2012 alla partigiana che lo salvò dalla distruzione ).
Il risultato in termini di viabilità fu notevole, ma fu disastroso per il quartiere, che iniziò via via ad essere tagliato fuori dalla vita della città, pur essendo così vicina. Non solo, la costruzione del ponte provocò l’abbattimento del chiostro principale della Basilica di Santa Maria della Sanità e deturpò il chiostro minore.
L’isolamento ha fatto sì che il quartiere vivesse sempre più per sé stesso, con pochi scambi con il resto di Napoli. Questo ha causato, nei casi più gravi, situazioni di degrado e criminalità che hanno portato alla sua ghettizzazione. Da quel momento in poi in quei disordinati e caotici stretti vicoli dove c’è sempre poca luce, l’èsclusione sociale diventata povertà, si è trasformata in qualcosa da cui è difficile uscire e che ti porti addosso fin da ragazzo .
Ne va del suo futuro di spacciatore di droga, che può guadagnare facilmente tanti soldi .
È il fallimento di chi gira dall’altra parte facendo finta di nulla e come societa civile ha scelto il far finta di non vedere come soluzione alla risoluzione di un problema .
Il Rione Sanità è infatti da sempre un incredibile luogo ricco di storia ,ma abche un dipinto della Napoli popolare e abbandonata a se stessa , con strade poco illuminate , motorini che sfrecciano con conducenti senza casco, qualche edificio “sgarrupato”, o il bucato steso alle finestre che solo il vento quando soffia forte è capace di asciugare .
In questo luogo le persone parlano spesso a voce alta da un balcone all’altro,e a tratti urlano per sovrastare i rumori della città, ma Don Antonio Loffredo insieme a Don Peppe Rinaldi ed al suo predecessore padre don Giuseppe Rassello, hanno alzato da tempo ultimamente la voce piu forte di tutti nel rione puntando sul passato per dare un futuro alla Sanità .
Lo hanno fattodando luogo sopratuttp ad una cooperativa di 40 ragazzi che lavorano con contratto a tempo indeterminato , denominata ” La Paranza”, che si autosostengono senza dover chiedere la carità a nessuno.
Don Antonio e la sua cooperativa di ragazzi hanno infatti creato una percorso turistico ed un bellissimo itinerario che attraverso le viscere della collina di Capodimonte arriva alla Sanità, dapprima nelle catacombe di San Gennaro. poi nella cappella che un tempo era il deposito dell’ospedale san Gennaro e oggi è un centro di arte e di conferenze ed infine nelle catacombe di San Gaudioso .
La cosa incredibile di questa cooperativa è quella che molti di questi ragazzi prima erano solo. dei giovani che vivevano tra il chiostro e la strada. Molti di loro avevano abbandonato la scuola, alcuni rubavano. Ora hanno studiato, parlano le lingue».
Il punto di forza di don Loffredo è probabilmente quella capacità visionaria di riuscire a vedere cose che ad altri sfuggono.
Purtroppo la nostra città viene mitizzata all’estero ancora con stereotipi legati alla criminalità organizzata . Alcune fiction come Gomorra o Mare Fuori ,ambientate nella nostra città, hanno riscosso nel mondo un enorme successo e alcini personaggi di queste serie sono stati adirittura mitizzati . Molti ragazzi di alcuni dei nostri più degradati quartieri hanno quindi cercato di emularne stili e atteggiamenti di questi personaggi mettendoli in pratica, come una sequenza cinematografica contro individui indifesi che nulla hanno fatto per scatenare tanta barbarie se non quello di condividere casualmente lo stesso ecosistema sociale,
Tutto questo non ha certo aiutato la nostra città a liberarsi di quel male cronico che da sempre attanaglia la nostra città e che rappresenta la parte peggiore della gente che abita il nostro territorio ma in qualche modo queste fiction hanno riacceso i riflettori sulla nostra città.
Ora tocca a noi trasformaree questa energia negativa derivata da quete serie televisive in energie positiva
E finalmente dopo tanti decenni di buio , il tione sanitò oggi finalmente intravede un po di luce. Sono infatti lontani i tempi i cui questa zona era considerata solo pericolosa, malfamata e assolutamente da evitare.
Negli ultimi anni questa zona ha subito una vera e propria trasformazione e molto bassi si sono convertiti in bar, trattorie e ristoranti tipici, i bed and breakfast spopolano e le vie dei quartieri brulicano di turisti in ogni periodo dell’anno.
Il Museo presente nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi rappresenta una di queste forme di energia . La gloriosa struttura oramai privata delle opere , era solo uno scheletro vuoto.
Essa ristrutturata dopo circa quarant’anni di chiusura è oggi infatti testimone della creazione di alcune opere di Jago, come la Pietà e la sua ultimo opera , Ajace e Cassandra e possiamo dire con orgoglio che fa parte di quel processo di riscatto sociale che vede protagonista nella nostra città la cultura come rivalutazione urbano del nostro territorio ed anche l’ occasione per trasmettere ai nostri giovani ragazzi quella nuova mentalità che passa per la ricerca di un lavoro derivato dalla sola valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del proprio quartiere.
Tutto questo puo succedere anche con le tante chiese chiuse che si trovano nella nostra città .
“I beni della Chiesa come risorsa per le persone che si trovano in situazioni di disagio”
Recentemente lo stesso papa Francesco ha constatato con lucidità che molte chiese non sono più necessarie come lo erano in passato, per mancanza di fedeli e di clero. Egli ha anche afferma che questo cambiamento «va accolto nella Chiesa non con ansia, ma come un segno dei tempi», indicando nei beni ecclesiastici una risorsa da mettere a disposizione delle persone, specie quelle che vivono in situazioni di disagio.
La lezione di Papa Francesco non deve passare inosservata !
Il Rione Sanità ha fatto da spartiacque e rapprenta un modello per i nostri giovani nel cercare nuove forme creative e coraggiose per manifestare la propria volonta di realizzare i propri sognidi lavoro , attraverso l’impegno nella valorizzazione delle risorse del territorio.
L’evento inaugurale del museo si è svolto il 19 maggio di quest’anno con la sorpresa con la scopertura dell’ultima opera di Jago, Ajace e Cassandra.
Tra le opere più importanti di Jago , oggi troviamo in questa chiesa , esposta anche la Pietà di Jago , di ritorno al suo luogo d’origine dopo una serie di mostre.
Si tratta di una scultura a grandezza naturale che mette in mostra un uomo stravolto dal dolore che sorregge il corpo senza vita di una donna , che rappresenta non una semplice riproposizione del celebre episodio biblico, quanto piuttosto una rielaborazione in chiave moderna di un momento di raccoglimento e di dolore, in cui l’umanità si è identificata per secoli.
Il modello in gesso della scultura e il blocco di marmo di Carrara pedano circa sei tonnellate,
Il biglietto di ingresso al museo permette anche l’accesso tramite il sito di Catacombe di Napoli , all’oratorio della Confraternita dei Bianchi di Sant’Antonio , dove si trova custodita un’altra sua opera, considerata da tutti un vero e proprio gioiello .
L’opera denominata “ il figlio velato “ ( ispirato al celebre Cristo di Giuseppe Sanmartino ) , si trova nascosta adiacente alla Basilica di San Severo fuori le mura.
“ La scultura, la pittura, la musica, il teatro, sono per noi del Rione Sanità un nutrimento indispensabile per la crescita del capitale umano” ha detto Don Antonio Loffredo, rettore della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi che è ancora uno degli attori principali di questa vasta rete di progetti in cui il Museo Jago è uno dei cardini che fa inevitabilmente da richiamo”
Ecco un uomo ca cui tutti noi dovremmo dare la cittadinanza onoraria per il suo impegno mostrato nel tempo nel cercare di salvare i ragazzi dalla strada di quei vicoli stretti dove c’è sempre poca luce ed il sole non riesce quasi mai a dinsinuarsi nelle strettoie del rione.