Esiste un luogo nella nostra città dove in una antica torretta venivano a far visita , ad una nobile e famosa poetessa , numerosi letterati napoletani e altre parti d’Italia .

Oggi di quel luogo sono rimasti solo un gruppo di vecchi edifici di cui il più alto sembra essere una torre mezzata . Se vi avvicinate ad esso attraversano un piccolo cortile , alla fine dello stesso noterete un antico portone dall’architettura cinquecentesca che  a ben osservarla mostra uno scudo con lo stemma dei nobili proprietari. Si tratta di uno scudo con l’arma dei Terracina ,dimezzata e sostituita da una sigla nella parte superiore .

Era in questo luogo che risiedeva la nobile poetessa Laura Bacio Terracina  che come sappiamo dai scritti a noi giunti aveva amicizia e carteggio con illustri letterati italiani .

Nata a Napoli nel quartiere di Chiaia da Paolo e Diana Anfora di Sorrento , la nostra poetessa proveniva da una nobile famiglia molto in vista in città .

La sua famiglia di origine Bresciana si era trasferita nei primi decenni del secolo XIII a Roma partecipando alle contese tra il Papa e i Colonna  ottenendo da questi o dai Corsini  privilegi e giurisdizione su Terracina. Successivamente per sfuggire alle continue beghe dell’ambiente ecclesiastico decide di stabilirsi a Napoli dove dimostra fedeltà alla corona angioina prima, aragonese poi.

N.B L’aggiunta del nome Bacio a quello di Terracina, avvenne in seguito all’acquisizione da parte della nobile famiglia del territorio di Vatio o Batio in Capitanata.

La Torre dove confluivano i vari letterati per onorare e conversare con la poetessa napoletana non era certo come si presenta oggi ai nostri occhi . Esso era un delizioso luogo di campagna a cui si accedeva dopo aver percorso gran parte della Riviera di Chiaia e dopo ave attraversato la via di Santa Maria in Portico.

Pera raggiungere la casa campestre della nostra poetessa si doveva poi imboccare a sinistra una certa Via della  Cupa dei Terracina  ( oggi ribattezzata Via della Croce rossa ) , che procedendo  in salita finiva poi per trasformarsi in uno di quei caratteristici viottoli di campagna napoletani fiancheggiati da alti muraglioni grezzi . Percorsa tutta per intero, a capo di essa dopo una svolta  , si giungeva in uno slargo detto piazzetta Terracina dal quale si poteva a sinistra la collina di Pizzofalcone e di fronte seppur in lontananza il Vesuvio .

N.B. Il nome di Croce rossa dato alla cupa , è stato dato a gloria del dottore Ferdinando Palasciano che il primo a porre le basi per la nascita della Croce Rossa Internazionale, dove i feriti, in caso di guerra  a qualsiasi esercito appartenessero, non dovevano essere considerati nemici e quindi tutti meritevoli di cure e assistenza medica. Egli risiedeva in una splendida villa ottocenteca nella zona di Capodimonte lungo via Moiariello .

Il luogo ameno di quella collina era perfetto con i suoi silenzi alla creazione di meravigliose rime , versi, lettere e opere poetiche che la poetessa era solita datare. Dall’edificio nobiliare dove lei risiedeva si poteva ammirare la bella spiaggia di Chiaia ,e godere di una vista straordinaria sul golfo. mentre orti, giardini di delizie e poderi allietavano la vita del potente casato,.

CURIOSITA’: I Bacio Terracina appartenevano all’alta borghesia napoletana, ma  nonostante nobiltà così antica e i meriti conquistati sotto la monarchia, essi non vennero iscritti in nessuno dei cinque seggi della città di Napoli. Alla morte di Ferdinando I D’Aragona, il padre Paolo ottenne  un po’ di prestigio governando su alcune terre della provincia di Lecce, mentre un suo zio si inimicava il popolo in una disputa autoritaria a favore del vicerè Toledo.

La tenuta di famiglia  si estendeva  con i suoi possedimenti fino alla via  Chiaia venne data in occasione del suo matrimonio   al fratello Giacomo , ma Laura , la nostra poetessa continuò a risiedere nell’edificio nobiliare ,trascorrendovi l’intera vita insieme con la famiglia del fratello ( egli tenne  il titolo di giustiziere della città di Napoli ).

Lauro Bacio Terracina nata a Napoli nel quartiere di Chiaia nel 1519 e morta sempre a Napoli probabilmente nel 1577, appartiene ad un gruppo di poetesse come Vittoria Colonna, Gaspara Stampa, Veronica Gambara il cui luogo  culturale era  rappresentato dalla corte reale ( nel nostro caso Aragonese,)   Esse erano delle colte nobildonne che  conoscevano ed imitavano la poesia petrarchesca e per quanto possibile nel XVI sec., cercarono di  proporsi come soggetti attivi del discorso poetico. In  particolare la nostra Laura scriverà un commento sui primi canti dell’Orlando Furioso.

La nostra poetessa fece parte con lo pseudonimo di Febea ,insieme ad Angelo di Costanzo, Andrea Mormile, Isabella Villamarina, principessa di Salerno e Ferrante Carafa, marchese di S. Lucido, dell’Accademia napoletana degli Incogniti (fondata a Napoli nel 1546 ) . Essa entrò nelle grazie del vicerè di Napoli Pedro Alvarez de Toledo e ammirata da Luigi Tansillo e Vittoria Colonna ,  era molto ambita con la sua presenza nei migliori salotti culturali della città partenopea.

Nel 1548, incoraggata dal libraio mapoletano Marc’Antonio Passero che iniziò a tessere in giro le sue lodi , venne dallo stesso esortata a scrivere le cosidette  “prime rime ” . L’opera venne poi pubblicata nello stesso anno .

Questa   sua prima raccolta poetica (dedicata a Vincenzo Belprato conte d’Aversa venne concepita come un atto di omaggio verso coloro a cui riconosceva il merito del proprio noviziato poetico ,  ebbe un enorme successo tanto che vi furono ben sette ristampe. Nel 1549 fu pubblicata l’opera Discorso sopra tutti li primi canti di Orlando Furioso” che la consacrò definitivamente come una delle migliori scrittrici poetessa dell’epoca.

 

Nonostante il grande successo dell’opera che andò a ruba ed ebbe un gran numero di ristampe , alle righe dell’Orlando Furioso” , è seguita nel tempo una certa critica del grande  Benedetto Croce  nei riguardi della poetessa nelle sue “Storie e leggende Napoletane”.

Il nostro grande filosofo criticando i versi dell’opera defini la poetessa mancare di qualsiasi pregio poetico e letterario . Giudicò alcuni versi rozzi e scorretti e la stessa scrittrice un po’ frivola e troppo famosa, già prima dei 26 anni, solo perché capace di essre brava a  tessere  in giro le sue lodi . Secondo Benedetto Croce  , Laura Bacio Terracina più che una poetessa era una brava tessitrice di lodi  per le più disparate categorie di personaggi: dalle vedove di Napoli ai cardinali fino ai numerosi editori che vantava come amici :  dai cardinali , alle vedove di Napoli  fino ai numerosi editori che vantava come amici.

Tra il 1570 e il 1572 Laura , lasciando per la prima volta Chiaia , in occasione di un conclave intraprende un viaggio a Roma, dove  scrive tutta una raccolta di sonetti dedicata a Cardinali convenuti per l’elezione del Pontefice Gregorio XIII. ( al secolo  Ugo Boncompagni).

NB. Il settimo volume pubblicato da Laura è dedicato alle donne napoletane vedove: “Sovra tute le donne vedove di questa città di Napoli titolate et non titolate”, Napoli 1561. Un lungo soliloquio sulla nostalgia della giovinezza perduta, sulle speranze in una vita famigliare, e sugli amici di un tempo e sulla loro successiva ipocrisia ed indifferenza.

Suo sposo fu intorno ai suoi trent’anni Polidoro Terracina , un suo parente che  Laura non perdeva occasione per citarlo in epistole e poemetti già da prima che diventasse suo marito. Nonostante ciò, il loro amore non fu privo di gelosia da parte di lui .  Laura infatti veniva spesso corteggiata ed alcuni uomini furono a lei attribuiti come amanti tra cui un certo Giovanni Alfonso Mantegna di Maida , ma tra di loro ci fu solo un affettuoso scambio di rime ed epistole che i maligni dell’epoca subito colsero come segno per fare inutili inciuci.

 

 

A  dar corpo  alla gelosia del marito era invece probabilmente una scrittura inventata da Traiano Boccalini che in una sua opera ( Ragguagli di Parnaso ) racconta di una leggiadra signora Laura Terracina che giunta in Parnaso , corteggiata e poi sposata dal poeta friuliano  Mauro , divenne poi di lei  geloso avendo notato che la sua sposa indossava sempre sulla sua gamba destra una giarrettiera preziosamente ricamata d’oro e tutta tempesta di gioie . Scoperto che questa  era il dono del re Eduardo VII d’Inghilterra come previo di devozione verso di lui , egli entrato in gelosia , convinto che la moglie fosse la presunta amante  del re , finì per ammazzarla .

All’epoca la fantasiosa opera del Boccalini venne scambiata per un racconto biografico non  tenendo in nessun conto  l’intento satirico , il tono scherzoso e l’animo dell’autore intollerante nei confronti dei principi stranieri dell’epoca che con il loro ingegno libidinoso cercavano di dominare perpetuamente meditando varie macchinazioni .

Nessuno infatti notò le incongruenze storiche del racconto che vedeva il geloso Mauro morto nel 1536  e la nascite di re Edoardo avvenire solo l’anno dopo (1537 ).

 

 

 

 

 

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