Il Natale napoletano, benchè contaminato anch’esso dalle tendenze consumistiche della società contemporanea, conserva tutt’oggi ancora alcuni aspetti forti della tradizione partenopea che ruotano attorno ad alcuni importanti simboli come il presepe , la famiglia,  il menù natalizio , la tombola , gli zampognari , babbo natale e solo per ultimo l’albero di Natale

Il Natale  è una buona occasione nella nostra città per esprimere in maniera completa  tutto il nostro modo di essere e la nostra napoletanità . Esso è un lascito culturale identificativo della nostra tradizione culturale popolare dove  storie , leggende e aneddoti ,  mescolati con i brani dei Vangeli hanno dato luogo ad  una realtà unica . Una lunga festa che non è mai confinata al solo 25 dicembre ma dura per un lungo periodo di tempo che tradizionalmente incomincia  l’8 Dicembre ( Festa dell’Immacolata Concezione ) giorno in cui si inizia la preparazione del presepe ( per gli uomini di cuore ) o l’albero di natale ( per gli uomini d’affari ) , e termina allEpifania  (o festa della Befana,   cioè  6 Gennaio) quando il presepe viene disfatto. Durante questo intero periodo ci sono dei rituali che ancora oggi, a distanza di molti secoli , vengono perpetuati e conservati  immutati nel  loro significato originale

 

 

 

 

 

Ad annunciare le  festività natalizie a Napoli sono ancora oggi , a distanza di tanti anni i zampognari che con la loro  la dolce melodia portano  in giro per le strade della città’ la buona novella della venuta di Gesù Bambino sulla Terrra.

A Napoli infatti non c’è Natale che si rispetti senza il suono dolce e malinconico degli zampognari che invadono le strade, i vicoli e le case annunciando la notizia dell’Immacolata Concezione ed invitando all’attesa del Messia. 

Un tempo i zampognari erano principalmente pastori  o contadini per lo più .provenienti dall’Alto Casertano ma anche Molisani o Ciociari che, spinti dal bisogno, durante il periodo di Natale scendevano dai monti in città , per esibirsi  con la zampogna , tra le vie storiche di Napoli, nelle tradizionali canzoni natalizie e nelle novene,  da sempre considerate da ogni napoletano , di buon auspicio.

I zampognari  legati ad un’economia pastorale fatta di sacrificio e di povertà’ durante la transumanza, suonavano spesso uno strumento chiamato  zampogna per richiamare all’ordine il gregge. Durante il periodo di Natale, si spostavano poi nelle città indossando i classici abiti da pastore ( giubbotto di montone, mantello, cappello di velluto ed i classici sandali caratteristici chiamati  “zaricchie” ) per suonare la Santa Novena  nelle strade e nelle case delle persone allo scopo di racimolare un po’ di denaro . 

Tradizionalmente le Novene erano due : La prima , dove i zampognari rimanevano in città nove giorni , iniziava generalmente alla fine di novembre e durava fino alla festa per la ricorrenza dell’Immacolata ( 8 settembre ) , mentre la seconda , quella che portava la “Nuvena al Bambino” , e annunciava la nascita del Salvatore (Santa “Nuvena di Natale” ) ,vedeva ritornare i zampognari in città  dal 16 fino al 24 dicembre  , giorno della vigilia della Natività’ . 

CURIOSITÀ ‘ : Di solito gli zampognari si esibiscono in coppia: uno si occupa di suonare la zampogna vera e propria e l’altro la ciaramella  (uno strumento a fiato simile all’oboe, ma composto di canne).

Dopo le accorate suonate, gli zampognari venivano poi invitati nelle abitazioni, per suonare la novena che come una sorta di magia serviva a benedire la casa in occasione del santo Natale . Lo zampognaro più anziano pattuiva non solo il compenso per le due novene ma anche l’orario in cui dovevano essere eseguite; non la mattina, perché i bambini erano a  scuola, né la sera tardi perché potevano essere troppo stanchi .

Alla fine della loro missione, gli zampognari usavano consegnare alle famiglie un cucchiaio di legno – “‘a cucchiarella e lignamm’” di faggio o ginepro, che loro stessi erano soliti lavorare con il coltello durante il tempo trascorso a guardia del gregge. 

Insieme alla  “cucchiarella”, veniva donato anche un santino raffigurante Gesù Bambino, dietro il quale erano stampate le parole di “Tu scendi dalle stelle“. 

Molte famiglie prenotavano più di una novena e gli zampognari riuscivano a guadagnare anche una discreta somma che gli permetteva di vivere e trascorrere i tristi mesi invernali senza lavorare.

Alla fine delle due novene, nella loro bisaccia si trovava di tutto: danaro, salumi, pane, legumi, fichi secchi, frutta , formaggi  un bottiglione di vino o dei semplici dolci di Natale . 

 CURIOSITA’ : la zampogna e’ uno strumento musicale a fiato,  costituito da un otre di pelle animale (capra o pecora) in cui sono innestate canne sonore di legno.

 

Esso fungendo da serbatoio d’aria si gonfia per consentire al musicista di riprendere fiato senza mai interrompere il suono. 

La prima apparizione dello zampognaro si ha verso la metà’ del Settecento quando faceva da accompagnamento musicale alle preghiere dell’avvocato-prelato Alfonso Maria de’ Liguori , il quale creò piccoli gruppi canori composti da “lazzari” che cantavano per i vicoli della città . Attraverso questi canti egli insegnava loro la dottrina cristiana.

CURIOSITÀ’ : Alfonso Maria de’ Liguori è l’autore di “Quanno nascette Ninno”, antecedente versione napoletana della popolarissima canzone natalizia italiana “Tu scendi dalle stelle”, ancora oggi suonata da tutti gli zampognari. 

La coppia di zampognari , uno con la zampogna e l’altro con la ciaramella , con i loro tipici abiti  sono divenuti nel tempo una figura fondamentale della tradizione natalizia napoletana a tal punto da occupare anche un posto di tutto rispetto all’interno del presepe, proprio a fianco della Sacra Famiglia.

La “coppia” e’ infatti immancabile nel presepe napoletano e va posizionata , senza mai trasgredire la regola, nel giorno dell’Immacolata e proprio di fronte alla grotta .

 

 

 

 

 

 

 

 

Nello stesso giorno dell’Immacolata inizia per le famiglie napoletane la preparazione del presepe . Esso rappresenta da sempre il vero simbolo per eccellenza del Natale napoletano ed ogni buon napoletano che si rispetti non fa mai mancare in casa propria il presepe che ama costruire da solo, ogni anno , secondo un vero e proprio rito . 

I pastori devono essere quelli di Creta , fatti un poco brutti e sopratutto nati a San Gregorio Armeno , nel cuore di Napoli e mai quelli di plastica che si vendono al supermercato che sembrano finti .

Il paesaggio invece , rigorosamente di sughero, è montuoso e pieno di sentieri tortuosi disseminato da tanti pastori che scendendo  verso la grotta, incontrano taverne traboccanti di ogni mercanzia esposta da ben dodici venditori ( ( quanti i mesi dell’anno ) : prosciutti , quarti di bue , polli , uova, salsiccie ,pane , vino , cacciagione , forme di formaggi, frutta di ogni tipo ,banchi di pescivendoli  e ricchi cesti di verdure mostrano segni di un’abbondanza di cibo non tanto goduto quanto sofferta dal popolo napoletano che è nato e cresciuto in miseria .

Macellaio , salumiere; , venditore di ricotta e formaggio, venditore di polli e uova , fruttivendoli , pescivendoli , vinai ,  pescatori ,  cacciatori , venditori di castagne , e acquaiole vestite solo di una leggera camicetta dalla generosa scollatura ( come quelle di Santa Lucia )  ma  con la giara in spalla  ,nonchè una folla di pastori con i suoi greggi di pecore ,  sono tutti magnificamente rappresentati nella loro piccola statuina rigorosamente fatta in terracotta ma vestiti con abiti del 700. 

Il vero punto centrale dell’intero presepe è ovviamente la nascita di Gesù bambino che a Napoli viene comunemente chiamato in maniera molto affettuosa ” o bambiniello “.. Egli è il protagonista assoluto del presepio , una specie di altare domestico che ogni famiglia napoletana , ricca , povera o borghese deve necessariamente avere in casa  a Natale ,  una sorte di  …..   VANGELO IN DIALETTO NAPOLETANO.

Il ” bambiniello ” anche se è il vero protagonista , non compare mai però prima della notte di Natale . Nella grotta dove egli viene riposto compare invece fino  al quel giorno solo  la Madonna , San Giuseppe ed il bue e l’asinello tra i quali viene poi riposto.  

Vicino alla grotta , non deve mai mancare l’ inseparabile coppia di zampognari che al suono della zampogna e della ciaramella annunciano al mondo la buona novella della venuta di Gesù Bambino sulla Terra , mentre in lontananza , simboli di un antico esoterismo devono esserci sempre presenti  i re magi a cavallo dei cammelli , che guidati dalla stella cometa si dirigono verso la grotta per dare i loro doni al Redentore .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I  re magi sul presepe non sono altro che la prima attestazione di uomini religiosi di un’altra cultura che adorano Gesù e  come vi dicevo devono necessariamente essere posti  lontano dalla grotta perché’ simbolicamente devono  giungervi  solo all’Epifania  .

N.B. Nella mitologia pagana romana invece la festa della befana non aveva alcun elemento religioso .Gli antichi romani infatti credevano che dodici giorni dopo  il solstizio d ’inverno , dodici donne volassero sui campi per favorire i raccolti

Il  Vangelo di Matteo,  li descrive come astronomi e sacerdoti dell’impero persiano che sulla scia di un astro particolarmente luminoso (la stella cometa) da Oriente arrivano fino a Gerusalemme per onorare Gesù.  Il Vangelo non parla del loro numero, che la tradizione ha fissato a tre, in base solo ai loro doni, Mirra , incenso, e oro a  cui è stato poi assegnato un significato simbolico.:l’oro per omaggiare la regalità del bambino ,incenso per ricordare la sua divinità ,mirra per il sacrificio e futura morte dell’uomo Gesù.

La Mirra è un’erba medicinale da cui veniva prodotta una resina che mescolata con degli oli formava unguenti usati durante le cerimonie religiose ( da cui il detto “ unto dal signore ).Questo unguento profumato veniva usato anticamente per la mummificazione e la conservazione dei defunti . L’incenso invece è un attributo sacerdotale, dato che veniva utilizzato nei templi, e indica proprio la dimensione di officiante di Gesù. L’oro, invece, è il più semplice da decifrare, in quanto simboleggia con una certa ovvietà la natura di Re dei Re del figlio di Dio.

I re magi con i loro doni hanno dato inizio ad una nuova festa che si tiene il 6 gennaio : la festa dell’Epifania .Essa celebrava il giorno in cui alcuni uomini saggi portarono dei doni a Gesù bambino. I  primi cristiani  festeggiavano  il Natale non il 25 dicembre ma proprio il 6 gennaio e solo in seguito , pur di  sovrapporsi al rito del Sol Invictus della tradizione pagana, decisero di festeggiare il Natale il 25 dicembre .Ed una volta stabilito nei vangeli , il giorno della nascita di Cristo venne dunque anche fissata nella religione cristiana , l’epifania al dodicesimo giorno successivo.

N.B. La chiesa cattolica , dopo che il Cristianesimo  prevalse sulle religioni pagane, installò molte delle proprie feste sulle loro precedenti liturgie, in modo da scalzarle definitivamente. Delle molte epifanie, così, ne rimase solo una ,  cioè quella di Cristo.

La festa si assestò definitivamente durante il IV secolo: questa celebrazione, che ricorre il 6 gennaio, viene chiamata ‘Epifania’ perché ricorda la prima manifestazione pubblica di Cristo, con l’omaggio che gli fu reso dai Re Magi.

Tutti gli altri elementi che si trovano nel presepe  come il fiume , il mulino , il pozzo , la fontana , il forno , e tanti immancabili classici personaggi come il pastore Benito , cicci Bacco sulla Botte , Zi Vicienzo , Zi Pasquale , la zingara , Stefania , e la lavandaia , nascondono tutti una importante  mista simbologia tra sacro e profano . Ogni singolo decoro, ogni luogo nasconde nel presepe napoletano , una simbologia ed  un significato ben preciso che va oltre la semplice raffigurazione della  Natività .

Molti altri elementi presenti hanno invece un rapporto di congiunzione tra il  mondo terreno e quello divino  rappresentando simbolicamente solo un passaggio che conduce “dall’altro lato”, quindi anche nell’aldilà, nell’ignoto, ed quindi anche  un passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Si dice infatti che la notte di Natale sui ponti si facciano incontri terrificanti: una monaca che mostra la testa del proprio amante decapitato, lupi mannari, fantasmi di impiccati, ecc.

Il fiume che scorre sotto il ponte , rappresenta lo scorrere del tempo (Passato, Presente e Futuro). 

N.B. :  Il fiume è sempre stato nel tempo un elemento molto importante per le varie civiltà ed un simbolo presente in tutte le mitologie legate alla morte e alla nascita divina ed in questo caso , nella religione cristiana ,   l’acqua richiama il liquido amniotico, il parto della Madonna, e quindi la nascita della vita  ma, allo stesso tempo,potrebbe anche rappresentare l’ Acheronte , il fiume degli inferi su cui vengono traghettati i dannati.

Il Mulino , poichè ha pale che girano come il tempo, rappresenta il  tempo che rinasce la notte di Natale. Produce inoltre  la farina, bianca come la morte, ma anche simbolo della vita, perchè si usa per fare il pane, cibo universale.

Il  pozzo invece  è un simbolo maligno perchè  , in quanto profondo e scuro, è visto come la rappresentazione del diavolo. La bocca dell’inferno o semplicemente l’oscurità in cui ogni uomo può cadere nonostante la salvezza offerta da Dio. Il pozzo nel presepe  rappresenta pertanto il collegamento tra la superficie e le acque sotterranee da cui, durante la notte di Natale, possono venir fuori gli spiriti maligni, perché è il momento in cui il Male si scatena prima della nascita del Bene. L’acqua a Natale non va mai presa  dai pozzi, perché contiene spiriti maligni, provenienti dal centro della terra.

La locanda  che nel presepe abbonda di vivande da consumare durante il pranzo di Natale, è in realtà un banchetto funebre, visto che si seppellisce il tempo che muore prima di rinascere. La sua presenza narra del rifiuto delle osterie e delle locande di dare ospitalità alla Sacra Famiglia .Secondo i Vangeli, infatti , quando Maria e Giuseppe arrivarono a Betlemme chiesero ospitalità in parecchie locande e taverne, ma vennero scacciati in malo modo.  Avendo quindi negato ospitalità alla Madonna e a San Giuseppe, le taverne sono simbolo del peccato ed  il dissacrante banchetto che in esse vi si svolge è simbolo delle cattiverie del mondo che la nascita di Gesù viene ad illuminare.  Al tempo della creazione del presepe napoletano, nel XVIII sec., questi luoghi erano inoltre ricettacoli di prostituzione e affari illegali, e per questo motivo la locanda rappresenta  nel presepe , i peccati degli uomini.

Il forno  oltre a rappresentare un mestiere tipicamente popolare   è un  evidente richiamo alla nuova dottrina cristiana che vede nel pane e nel vino i propri fondamenti, nel momento dell’eucaristia.

La fontana con la donna secondo i vangeli apocrifi rappresenta  l’arcangelo Gabriele  che avrebbe annunciato alla Vergine la nascita di cristo vicino a una fontana. Nei racconti popolari campani è sempre vicino alle fontane che avvengono gli incontri amorosi e le apparizioni fantastiche.

La presenza di una chiesa, come anche del crocifisso, testimonia invece il fatto che il presepe napoletano  è ambientato nel ‘700.

Ci sono dodici venditori , tanti quanti i mesi dell’anno (e anche quanto gli apostoli) :  Gennaio, macellaio o salumiere; Febbraio, venditore di ricotta e formaggio; Marzo, pollivendolo e venditore di uccelli; Aprile. venditore di uova; Maggio, rappresentato da una coppia di sposi recanti un cesto di ciliegie e di frutta; Giugno, panettiere; Luglio, venditore di pomodori; Agosto, venditore di cocomeri; Settembre, venditore di fichi o seminatore; Ottobre, vinaio o cacciatore; Novembre, venditore di castagne; Dicembre, pescivendolo o pescatore;

 

Il presepe per ogni napoletani , quindi da come potete vedere non è solo un simbolo religioso  ma anche un rito trasmesso da generazioni in generazioni trasformatosi nel tempo in una vera e propria arte dove sacro e profano, spiritualità e vita quotidiana si incontrano e si fondono insieme . Nella sua  rappresentazione Paradiso e Inferno, Bene e Male, Pagano e Cristiano coesistendo da secoli si sono radicati nel territorio e nella tradizione napoletana ed oggi non  vi è famiglia in città che in genere l’8 dicembre , giorno dell’Immacolata , non si impegni ogni anno in un modo o nell’altro nel costruire il proprio presepe .

Alcuni presepi e pastori oggi costruiti da abili e famosi artigiani rappresentano  un vero inno all’artigianalità del capoluogo campano. Per questo motivo è molto amato anche dalle famiglie poco osservanti o addirittura laiche. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ogni personaggio o parte della sceneggiatura, ha un suo proprio significato. Molti nascondono addirittura delle leggende. Vediamone alcuni:

 Il pastore Benino o Benito ;    Posizionato generalmente in un angolino, è, probabilmente, la figura più importante ed interessante di tutto il presepe napoletano . La leggenda racconta che tutta la scena raffigurata nel presepe non sia altro che un sogno di Benino, una creazione della sua fantasia onirica. Esso viene  infatti rappresentato mentre dorme e solitamente  viene posto nel punto più alto del presepe proprio perché tutto ciò che si trova sotto è frutto della sua mente. La sua posizione esatta sarebbe, quindi, in cima al presepe dal momento che da lui dovrebbe discendere ogni personaggio ed ogni luogo allegorico mostrato. Su un piano più simbolico, invece, rappresenta l’intera umanità, cieca , dormiente e pigra di fronte al divino  al quale possiamo avvicinarci solo nei sogni. La sua  figura è un riferimento a quanto affermato nelle Sacre Scritture: «E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti». Il  suo risveglio è quindi considerato inoltre come rinascita. Ma state  attenti ,   nella tradizione napoletana, guai a svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe.

 Il vinaio, ricorda l’Eucarestia;

 Ciccibacc ngopp a bott ( Cicci Bacco sulla botte ).  Nonostante egli sia un pagano tra i cristiani è un personaggio tipico del presepe napoletano . La sua origine è molto antica e risale al culto del vino e alle antiche divinità pagane: la sua presenza  non è altro infatti  che un antico retaggio dell’antica divinità del Dio del vino Dionisio .  Una sorte di Bacco napoletano .. Dall’aspetto grosso e dalle guance rosse, nel presepe  si presenta spesso davanti alla cantina con un fiasco in mano, oppure è rappresentato seduto che trasporta una carretta piena di botti di vino, preceduto e seguito da un corteo di uomini che con zampogne e pifferi scandiscono gli orgiastici ritmi dionisiaci. La scelta della collocazione di questo personaggio sul Presepe non è casuale, ma sta proprio ad indicare la vicinanza tra il sacro e profano e la sottile linea che li separa, l’eterna lotta tra il bene ed il male.

 Zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, i due compari, personificazione del Carnevale  e della  Morte . Al Cimitero delle Fontanelle a Napoli esiste un cranio indicato come a ” Capa e’ zi’ Pascale “,al quale si attribuivano poteri profetici , a cui le persone si rivolgevano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto .

 Il monaco, viene letto nel presepe napoletano in chiave dissacrante, come simbolo di un’unione tra sacro e profano .

 La zingara, è un pastore particolare , una giovane donna, con vesti rotte ma appariscenti, capace di prevedere  il futuro, compreso ovviamente anche  la passione di Gesù . In passato si pensava che le zingare potessero predire il futuro e, per questa capacità particolare la sua figura  è stata spesso  associata alla Sibilla Cumana. Se consideriamo la religione non dovrebbe neanche esserci visto che stregoneria o astrologia sono arti osteggiate dalla dottrina cristiana eppure anche questo personaggio ha un  particolare significato allegorico .  Secondo la leggenda una sibilla aveva  infatti predetto la nascita di Cristo. .Essa viene  tradizionalmente  rappresentata nel presepe napoletano con un bimbo in braccio o con un cesto di arnesi di ferro, metallo usato per forgiare i chiodi della crocifissioni, perciò segno di sventura e dolore.Ma ad una più attenta osservazione e riflessione non è  un  personaggio negativo  se consideriamo che è proprio nel supplizio della croce che si realizza la salvezza offerta da Gesù.

 Stefania, è una giovane vergine che, saputo della nascita di  Gesù , si incamminò verso la Natività per adorarlo. Venne però bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di recarsi a visitare la Madonna  (i tabù religiosi del popolo ebraico, infatti,  vietavano alle zitelle di accostarsi alle partorienti ed alle puerpere) Stefania, però, anche se ripetutamente “respinta dagli angeli ”non  si arrese: prese una pietra, l’avvolse in un drappo di fasce come se si trattasse di un bambino e, fingendosi madre riuscì ad ingannare  gli angeli, . Dopo un lungo cammino , giunge  solo il giorno dopo  la nascita del Redentore alla grotta,  al cospetto di Gesù  e della Madonna  . Alla presenza di Maria, si compì  a quel punto un miracoloso prodigio: la pietra starnutì si trasformò in un  bambino, che ebbe nome Stefano (Santo Stefano ),  il cui compleanno si festeggia il 26 dicembre, cioè il giorno dopo di Natale . Da quel giorno il 26 dicembre, si celebra la festa di Santo Stefano, che poi fu il primo martire cristiano del 1° secolo, diacono della comunità apostolica di Gerusalemme, lapidato per aver rimproverato ai giudici di aver fatto uccidere Cristo. Secondo un’altro racconto  , Stefania  era invece sì una donna sterile che con lo stratagemma della pietra riuscì ad entrare nella grotta, ma in questo caso nessuno starnuto. Maria, secondo quest’altra leggenda, vedendo Stefania, infatti, le sorrise predicendole che il giorno seguente avrebbe avuto un figlio, come poi accadde.

 I Re Magi:  la parola magi è il plurale di mago, ma per evitare ambiguità si usa dire magio. Si trattava di sapienti con poteri regali e sacerdotali. Il Vangelo non parla del loro numero, che la tradizione ha fissato a tre, in base ai loro doni, Oro , Incenso e Mirra ,  cui è stato poi assegnato un significato simbolico. Le soluzioni estetiche adottate per il posizionamento dei Magi sulla scena sono molteplici, spesso originali ma tutte artisticamente valide.  Essi , montando tre cavalli di colore diverso , simboleggiano il viaggio dell’astro che, come i Magi, inizia il suo cammino a Oriente. Tradizionalmente i re Magi sono tre : Baldassarre il vecchio che cavalca un cavallo nero ; Gasparre il giovane , che monta un cavallo bianco ; Melchiorre il moro , col suo cavallo fulvio .  I tre diversi colori dei cavalli ,uno bianco come il sole nascente, uno sauro rossiccio come il sole al tramonto e uno nero come la notte , rappresentano le tre fasi del giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Essi rappresentano il viaggio notturno della stella cometa che si congiunge con la nascita del nuovo “sole-bambino”. In questo senso va interpretata la tradizione cristiana secondo la quale essi si mossero da oriente, che è il punto di partenza del sole, come è chiaro anche dall’immagine del crepuscolo che si scorge tra le volte degli edifici arabi . Quando dopo la notte giungono al cospetto di Cristo, che rappresenta il sole che risorge, i tre Re rappresentano il mondo e il tempo che si ferma per la nascita del figlio di Dio. .  In origine però erano rappresentati in groppa a tre diversi animali, il cavallo, il dromedario e l’elefante che rappresentano rispettivamente L’Europa , l’Africa e l’Asia .

 Le lavandaie: sedute davanti ai secchi mentre lavano i panni, in ginocchio  rappresentano le levatrici che hanno assistito  alla nascita di Gesù e prestato aiuto alla Madonna .  I teli che hanno usato per pulire il Bambinello sono miracolosamente puliti e immacolati  a simboleggiare la verginità di Maria e l’origine miracolosa di suo figlio (  esse stendono panni candidi, che rappresentano la verginità di Maria)

 Il cacciatore e il pescatore: sono due figure legate al fiume. Il pescatore è posto nella parte alta del corso d’acqua con le canna da pesca in mano oppure senza canna, vicino al banco del pesce per la vendita del pescato: rappresenta la vita. Il cacciatore, invece, è posto nella parte alta del corso d’acqua mentre imbraccia un fucile: rappresenta la morte. Insieme simboleggiano il ciclo vita: sono collegati alla dualità del mondo celeste e di quello dell’Ade: pescatore in basso-inferno, cacciatore in alto-mondo celeste .Il pescatore inoltre  nel presepe ricorda simbolicamente  San Pietro , pescatore di anime . Ricordiamo a tutti che  Il pesce fu il primo simbolo dei cristiani perseguitati dall’Impero Romano e  l’anticonismo , cioè il divieto di raffigurare Dio, applicato fino al III secolo  comportò la necessità  da parte dei cristiani di usare dei simboli per alludere alla Divinità.  Venne in questo caso scelto  “in codice”  il simbolo di un pesce per indicare  Cristo . La   parola greca χθύς, ichthýs, (che significa appunto “pesce”)  che venne usata nei primi secoli del cristianesimo, durante le persecuzioni, per alludere a Dio  sono un acronimo di “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.

 La meretrice: Simbolo erotico per eccellenza, contrapposto alla purezza della  Vergine  si colloca nelle vicinanze dell’osteria, in contrapposizione alla Natività che è alle spalle.

 I venditori di cibo: sono sempre dodici, perchè sono l’allegoria dei dodici mesi dell’anno. (Gennaio: macellaio o salumiere; Febbraio: venditore di ricotta e di formaggio; Marzo: pollivendolo e venditore di altri uccelli; Aprile: venditore di uova; Maggio: coppia di sposi con cesto di ciliegie e di frutta; Giugno: panettiere; Luglio: venditore di pomodori; Agosto: venditore di anguria; Settembre: venditore di fichi o seminatore; Ottobre: vinaio o cacciatore; Novembre: venditore di castagne; Dicembre: pescivendolo o pescatore).

 Il Pastore della Meraviglia: posizionato in prossimità della Grotta, ha le braccia e la bocca spalancate perchè assiste con stupore alla nascita di Gesù. In lui c’è tutta la meraviglia della scoperta del divino, l’incontenibile sorpresa dell’uomo che viene in contatto con qualcosa di immenso. Per alcuni sarebbe lo stesso Benino ‘risvegliato’ nel suo stesso sogno.

 I Mendicanti, Zoppi e Ciechi: non dovrebbero mai mancare su un presepe. Essi rappresentano le anime del Purgatorio che chiedono preghiere ai vivi. Nelle festività, specialmente a Natale, nessuno dovrebbe dimenticare una preghiera per le “anime pezzentelle”.

 la coppia di zampognari:rappresenta una presenza fissa del presepe napoletano, dove generalmente trova posto nelle immediate vicinanze della “capanna” o “grotta” della Sacra Famiglia. Lo zampognaro, tradizionalmente identificato come un pastore o un contadino  è il suonatore di zampogna, uno strumento musicale arcaico a fiato molto diffuso in Italia centro-meridionale,  e molto simile alla cornamusa  con il quale però non va confuso ( la differenza riguarda sopratutto il numero di canne melodiche) .Generalmente i zampognari sono rappresentati nel presepe in coppia : uno suona la zampogna e l’altro la ciaramella , uno strumento a fiato simile all’oboe, ma composto di canne .Ancora oggi a Napoli è possibile talvolta vederli con l’arrivo del Natale (in particolare durante il periodo della Novena dell’Immacolata Concezione e del Natale) . Essi percorrono le vie cittadine, in abiti tipici, suonando motivi natalizi tradizionali, quali ad esempio Tu scendi dalle stelle di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.                                                            Nel presepe del 700 , i zampognari sono tra i personaggi fissi del presepe che vengono di solito posizionati di fronte alla grotta per celebrare la nascita di Gesù bambino . Questo dimostra quanto la figura dello zampognaro sia una figura fondamentale della tradizione natalizia napoletana .Essi   rimanevano in città per nove giorni allo scopo di  annunciare la nascita del Salvatore , esibendosi nelle tradizionali canzoni natalizie e nelle  antiche Novene  da sempre considerate di buon auspicio . I nove giorni della durata della Novena hanno un alto valore simbolico e di devozione ;i nove giorni della durata della  novena, richiamano infatti i nove mesi della gravidanza di Maria  .

 Pastori e Pecore: rappresentano il “gregge” dei fedeli che incontra Dio grazie alla guida avveduta dei pastori, i sacerdoti.

 Bue e Asinello: secondo la tradizione il bue e l’asinello riscaldarono con il loro fiato la mangiatoia in cui venne riposto Gesù. Simbolicamente rappresentano invece il Bene (bue) e il Male (asino). Esse però non sono due forze in contrasto, ma bilanciate fra di loro ed insieme danno ordine al mondo intero: rappresentano l’equilibrio perfetto.

Come prima vi ho accennato , quando fate il presepe , il ” bambiniello ” ( piccolo Gesù’ ) non deve mai essere posto nella mangiatoia  prima della notte di Natale . Nella grotta , prima di quella notte egli non deve mai comparire . Fino a quel giorno nel presepe per tradizione ci sono solo  la Madonna , San Giuseppe ,il bue e l’asinello .

 

Gesù viene riposto solo nel giorno della sua nascita , cioè il 25 dicembre .

 

 

 

 

Ma voi sapete vero che Gesù non è nato il 25 dicembre ?

 

I Vangeli pur collocano la nascita di Gesù nel  periodo storico del regno di Erode il grande , non hanno mai lasciato a noi alcuna riferimento del  giorno esatto della nascita in cui Cristo e’ nato . La data della sua nascita pertanto ufficialmente non è nota , e fu solo la Chiesa occidentale nel quinto secolo ad ordinare che la nascita di Gesù’ venisse celebrata per sempre nello stesso giorno dell’antica festa romana in onore della nascita del” dio Sole” che si festeggiava all’epoca ogni anno il 25 dicembre quando cioè , nel vecchio calendario Giuliano avveniva il solstizio d’inverno.

In quel periodo il sole raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale, la notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno.

Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, col giorno più lungo dell’anno e la notte più corta.

 Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile solo il terzo/quarto giorno successivo,cioè il giorno 24 dicembre . Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge dapprima nella sua fase più bassa  di luce e calore, per tornare poi il giorno dopo più forte e vitale . Egli mostra in questo modo di essere  “invincibile” alle stesse tenebre.

 Il  25 dicembre quindi il sole rinasce, per dare il nuovo “Natale” all’anno.

 

Era questo un giorno molto importante  e simbolico per gli antichi popoli perché rappresentava la rinascita del mondo . Esso  venne celebrato ovunque associandolo spesso al giorno di nascita o di feste di alcune divinità , la cui storia ha poi certamente ispirato alcuni racconti riportate dalla religione cristiana , come per esempio  la data della  nascita di Cristo .

 

 

N.B.  Sol Invictus, cioè Sole invitto era il nome religioso usato per diverse divinità

 

La divinità maggiormente celebrata il 24 dicembre era il Dio  Mithra , una divinita’ di origine indiana e persiana ,il cui  culto era una delle religioni più ‘ diffuse nell ‘ antichità

Egli viene spesso   rappresentato con in testa una corona raggiata donatagli dal sole in conseguenza di un patto raggiunto tra i due ( era per questo considerato il dio dei giuramenti e dei patti ).

 

 Il Dio Mitra veniva festeggiato nel giorno in cui oggi festeggiamo la nascita di Gesù’ il 25 dicembre  e al termine del suo operato , con l’aiuto del Sole  assunse in cielo a 33 anni , da dove continuava a proteggere gli esseri umani.  Era inoltre stato partorito incarnandosi in una donna  vergine, venne adorato dai pastori ,  aveva dodici discepoli e veniva soprannominato “il Salvatore”.   . Fu ucciso da una lancia che gli trapassò il suo costato e risorse dopo tre giorni . Poiché era nato vicino alla  pietra di una caverna ,presso un albero sacro e con la torcia in mano ( simbolo della luce che si spande sul mondo ) , la caverna divenne il simbolo della nascita del nuovo Dio .

Il mito narra che alcuni pastori presenti all’evento soprannaturale gli avevano offerto primizie dei greggi e dei raccolti. Non poche le analogie con la nascita del Cristo in una “grotta” illuminata da una stella mentre i pastori lo adoravano.

 I luoghi  dove si venerava il suo culto erano chiamati mitrei e la dottrina che portava la sua conoscenza prevedeva la partecipazione di una presenza di un sacerdote .

E per finire , egli veniva adorato sopratutto la Domenica .

 

Come potete notare ci sono molte analogie  con la nascita e la figure di Cristo .Come appare evidente che che i cristiani abbiano “ribattezzato” la festa pagana del Sole Invitto come “Festa della nascita di Cristo”, spostandone la data dal 21 al 25 dicembre, per soppiantare l’altra, sempre molto diffusa tra la popolazione.

“Il Natale nei primi secoli della chiesa cristiana non veniva infatti  celebrato , in quanto l’usanza cristiana in generale era quella di celebrare la morte delle persone più importanti, non il giorno della loro nascita …

 La  festa del Natale come nascita di Gesù fu stabilita in memoria di questo evento solo nel quarto secolo …Poiché il giorno esatto della nascita di Cristo non era noto, la Chiesa occidentale nel quinto secolo ordinò che la festa venisse celebrata per sempre nello stesso giorno dell’antica festa romana in onore della nascita del dio Sole”.

 

 CURIOSITA’ : Altre Chiese cristiane, come quella ortodossa, copta, armena, continuano  a celebrare la nascita di Cristo  il  giorno dell’ l’Epifania .

 Il popolo  era comunque molto legato alle feste pagane dei saturnalie della brumalia . Esse erano troppo radicate nel costume popolare per essere abolite dall’influenza del Cristianesimo … La festa pagana, con le sue baldorie e gozzoviglie, era talmente popolare che i Cristiani furono ben contenti di avere trovato una scusa per perpetuarne la celebrazione con pochi cambiamenti, sia nello spirito che nelle usanze …

 CURIOSITÀ’ : A Roma Mitra fu soprattutto il Dio dei soldati, che con le sue regole di comportamento molto precise, richiedeva temperanza, l’autocontrollo e sopratutto compassione anche nella vittoria . Nell’antica Roma oltre a diffondersi  tra le milizie militari ,  venne comunque abbracciata anche da  agricoltori, burocrati, mercanti ,  schiavi, e persino da grandi Imperatori .

La gran confusione  fra i culti pagani e quello cristiano durò diversi secoli, facendo letteralmente indispettire il mondo cristiano .

 Guardate cosa scriveva a questo  proposito sconsolato  il papa Leone I nel 460 :

 «È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei. »

 

Il Mitraismo, era un grosso concorrente per la chiesa cristiana per che esso , come il Cristianesimo, offriva la salvezza ai suoi seguaci ( anche Mitra era nato nel mondo per salvare l’umanità dal male ). 

Il suo culto non prevedeva l’abolizione di altre religioni .Gli antichi romani , erano infatti  un popolo molto tollerante dal punto di vista religioso . Essi  avevano una propria religione di stato che era pagata dallo stato , ma le altre religioni erano ugualmente rispettate e potevano convivere ufficialmente con queste. La religione cristiana quindi ,non fu perseguitata come religione, ma perchè i suoi seguaci volevano abolire le religioni di stato romane. Volevano insomma abbattere qualsiasi altra religione, in modo davvero poco democratico.

Aureliano consacrò il tempio del Sol Invictus il 25 dicembre 274, in una festa chiamata Dies Natalis Solis Invicti, “Giorno di nascita del Sole Invitto”, facendo del dio-sole la principale divinità del suo impero ed indossando egli stesso una corona a raggi. La festa del Dies Natalis Solis Invicti divenne via via sempre più importante in quanto si innestava, concludendola, sulla festa romana più antica, i Saturnali che  si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere raccolti, strade, città e famiglia.

 

Curiosità : I Saturnalia, una celebrazione religiosa dedicata al dio Saturno, dapprima divinità agraria latina, protettrice della semina e delle sementi, e poi assimilato al dio greco Cronos, sposo di Rhéa, la “Terra”.

 

 Anche l’imperatore Costantino era un seguace del Dio Sole, in qualità di Pontifex Maximus dei romani. Egli, infatti, raffigurò il Sol Invictus sulla sua monetazione ufficiale, con l’iscrizione SOLI INVICTO COMITI,  “  Al compagno Sole Invitto”, definendo quindi il Dio come un compagno dell’imperatore.

Con un decreto del 7 marzo 321 Costantino stabilì anche che il primo giorno della settimana (il giorno del Sole, Dies Solis) doveva essere dedicato al riposo: ). Esso  fu dichiarato giorno di riposo obbligatorio per i tribunali, per gli affari e la riscossione dei debiti, comandando che fosse considerato sacrilego chi non ottemperava all’editto del Codice Teodosiano

 « Nel venerabile giorno del Sole, si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si lascino chiusi tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera legalmente di continuare il proprio lavoro, perché spesso capita che non si possa rimandare la mietitura del grano o la semina delle vigne; sia così, per timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento opportuno, stabilito dal cielo. »

Nel 330 Costantino, sebbene, contrariamente a ciò che si racconta, mai convertito al cristianesimo, ufficializzò per la prima volta la festa della natività di Gesù, che con un decreto fu fatta coincidere con la festa pagana della nascita di Sol Invictus. Il “Natale Invitto” divenne così il “Natale” Cristiano.

Nel 337 papa Giulio I ufficializzò poi la data del Natale per conto della Chiesa cattolica, il 25 dicembre e dal quel giorno Gesù nacque il 25 dicembre . 

 

Una volta stabilito il giorno della nascita di Cristo venne dunque anche fissata l’epifania al dodicesimo giorno successivo, un numero nient’affatto casuale. Questo almeno per la Chiesa occidentale, dato che quella Orientale denomina la festa Teofania e la celebra il 19 gennaio (con Natale il 6 o il 7).

L’antico rito mitriaco conteneva un insieme di riti propiziatori legati  ai cicli stagionali dell’agricoltura, ovvero relativi al raccolto dell’anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo .Essi celebravano nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale , tra il 5 ed il 6 gennaio , in una particolare  ricorrenza pagana , la morte e la contemporanea  rinascita della natura attraverso il sacrificio di Madre Natura, rappresentata in modo decrepito e senile. Nella stessa notte era tradizione  , donare  frutta secca, arance e carbone.

La frutta secca  presso molti popoli, era considerata un dono di buon auspicio. Lo stesso carbone, oggi portato dalla Befana come dono “negativo”, potrebbe essere collegato alla tradizione dell’ antica Roma  di bruciare un tronco di quercia nei dodici giorni successivi alla “festa del sole” (25 dicembre) e dal carbone prodotto si sarebbero potuti trarre auspici sulla fortuna dell’anno successivo.

Il  carbone , oltre ad essere il simbolo di un’energia latente, era considerato anche un portafortuna che aiutava a scacciare malattie e sventure.

Il culto della Befana era comunque già presente nel periodo neolitico dove vi era un culto legato a una divinità che incarnava lo spirito degli antenati. Questa si materializzava in inverno alle famiglie riunite intorno al fuoco, ed aveva sembianze femminili. La donna dal naso adunco era beneaugurante per il raccolto dell’anno seguente.

Ma è nel nord Europa e sopratutto nella tradizione celtica che si ritrova il vero aspetto della benevola vecchina vestita di laidi stracci. che ancora oggi raffigura la befana .  Queste divinità, nelle dodici notti del Solstizio d’inverno, si recavano a visitare ogni casa, entrando dalla cappa del camino, spargendo e dispensando fortuna.

 

 

 

 

 

 

 

Secondo la tradizione, si tratta di una donna molto anziana che volava su una logora scopa, per fare visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio  con il solo intento di  riempire le calze lasciate da essi, appositamente appese sul camino o vicino a una finestra; generalmente, i bambini che durante l’anno si erano  comportati bene ricevano dolciumi, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Al contrario, coloro che si erano  comportati male trovavano  le calze riempite con del  carbone o dell’aglio.

I Romani che ereditarono tali riti , credevano che in queste dodici notti (il cui numero avrebbe rappresentato i dodici mesi dell’innovativo calendario romano )  per propiziare la fertilità dei futuri raccolti , volassero sui campi coltivati, benevoli  e mitologiche figure femminili ( da cui il mito della befana “volante). 

Tali figure femminile furono inizialmente identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione, e solo in un secondo tempo con la “ Befana “, una vecchina affettuosa ,rappresentata su una scopa volante che aleggiava sopra i campi di notte per  propiziarne la fertilità che ancora oggi , passati tanti secoli viene da noi festeggiata nei 12 giorni che seguono il Natale ( epifania ). 

Essa , vista come la personificazione al femminile della natura invernale, veniva rappresentata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte.

Per ripararsi adeguatamente la Befana indossa gonnoni lunghi, lisi e rattoppati in maniera allegra; spesso indossa il grembiule. Usa inoltre calzettoni pesanti antifreddo e scarpe comode, ma non stivali alla guascone molto più adatti alle streghe delle fiabe. Sulle spalle a volte ingobbite ha sempre uno scialle di lana pesante e colorata e non un mantello svolazzante come capita di trovare in alcune immagini nella rete.

 

Ma perché non rappresentarla come una donna giovane e bella ed invece rappresentarla come una vecchina rattrappita dagli acciacchi dell’età e dal freddo, con pochi denti, il volto grinzoso , un naso molto prominente per enfatizzarne la vecchiaia  ? 

Essa fu volutamente rappresentata vecchia perché doveva simbolicamente rappresentare l’anno vecchio ed indicare il finire di un ciclo: con il solstizio d’inverno si passa infatti dal vecchio al nuovo, dal freddo e dalle notti interminabili all’allungarsi del periodo di luce. Con la fine dell’anno ancora oggi si entra nel nuovo anno , lasciando il vecchio alle spalle per guardare il nuovo . 

A livello liturgico si conclude il Tempo Liturgico natalizio, e comincia quello Ordinario. Proprio per questo il giorno dell’Epifania, quando si festeggia anche la Befana, viene recitato “Epifania, tutte le feste porta via”.

CURIOSITÀ’ : Un’altra ipotesi collegherebbe la Befana con un’antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia (da cui deriva anche il termine “strenna”) e durante la quale ci si scambiavano regali. 

Ovviamente come potete subito immaginare , la befana ,fu una figura fortemente contrastata dalla chiesa di allora che in quel periodo condannava tutti i riti e le credenze pagane, definendole un frutto di influenze sataniche. 

Solo successivamente la sua  figura , ripulita da contaminazioni favolistiche o pagane, fu accettata dal Cattolicesimo, come una figura benevole e non negativa  ,assorbendo così l’antica simbologia pagana e stabilendo la  ricorrenza dell’Epifania alla data della dodicesima notte dopo il Natale.

Per fare tutto questo , nel tentativo di  “cristianizzare” la figura della befana , fu ovviamente data una nuova versione religiosa dei fatti. 

La versione religiosa racconta che i Re Magi in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al salvatore. La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un sacco pieno di doni e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù. Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò i doni ai bambini sperando di potersi così far perdonare la mancanza.

Una versione religiosa che ricorda tanto quella di Santa Lucia, che dispensava doni ai bambini o quella di San Nicola prima dell’avvento di Babbo Natale. La befana infatti secondo tradizione , ancora oggi consegna nel giorno dell’Epifania , regali ai bambini buoni e carbone o aglio ai bambini biricchini che si sono comportati male durante l’anno .

Il carbone da antico simbolo rituale dei falò inizialmente veniva inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo, appunto, del rinnovamento stagionale. Esso insieme ai doni vengono generalmente portati dalla befana in sacchi di iuta sfatti e slabbrati che assumono la forma di calzettoni enormi. 

La “ buona befana “ e’ stato purtroppo associata e poi trasformata nel tempo sopratutto per influenza della festa di Halloween, erroneamente a quello di una strega.

Non bisogna confondere la Befana con le streghe . La differenza la di vede sopratutto dal cappello e dalla scopa . 

La Befana , innanzitutto , non ha il cappello a punta come spesso rappresentato in molte streghe , ma usa al suo posto invece un fazzolettone di stoffa pesante (la pezzóla) o uno sciarpone di lana annodato in modo vistoso sotto il mento.

La scopa , invece , che nell’immaginario serve sia alla strega che alla befana per volare , e’ usata in maniera da entrambe in maniera molto diversa . La befana nelle classiche rappresentazioni cavalca infatti la scopa al contrario e cioè tenendo le ramaglie davanti a sé.

Altro frequente errore di “immagine” della Befana è quello relativo al sacco dei doni: in realtà la vera Befana porta i suoi regali e il suo carbone e aglio in sacchi di iuta sfatti e slabbrati che assumono la forma di calzettoni enormi, o nelle gerle di vimini, dipende dalla territorialità e dalla tradizione del luogo dove si festeggia.

CURIOSITÀ’ : secondo altre fonti  furono invece associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell’abbondanza).

A proposito di riti  Pagani come non parlare dell’altro importante simbolo tradizionale del Natale napoletano , che e’ l’albero di Natale ? 

Oggi nessuno , neanche il più irriducibile amante del solo presepe , rinuncia al fascino di addobbare il proprio albero di natale con mille luci colorate , palline di tutti i tipi , nastrini e l’immancabile stella cometa sulla punta. 

In città ,  il giorno dell’Immacolata ( ma è  sicuramente meglio avviarsi qualche giorno prima ) molte famiglie di buon mattino escono per andare a comprare presso i vari venditori  disseminati nei luoghi più periferici della città l’abete perfetto per il proprio natale . La tradizione fino a qualche anno fa era ovviamente quella di utilizzare un abete vero che essendo vivo e fresco emana rispetto a quello ” finto ” un indimenticabile  gradevole odore e profumo ( unico problema la perdita degli aghi ) tipico del Natale .

 

Ora quello che dovete sapere e’ il fatto  che al contrario del presepe che nella sua magia conserva , accanto a simboli Pagani , comunque una grande spiritualità cristiana e cattolica con la nascita di Gesù , l’albero di natale , almeno inizialmente non aveva nel suo simbolismo proprio nulla di Cristiano . 

La tradizione dell’albero di Natale ha sicure origini pagane e come vedremo ,  si è inserita nel culto cattolico Cristiano solo in un secondo momento entrando dapprima con abile strategia nelle feste religiose medievali ed in un secondo tempo ufficialmente nelle case  di ogni persona .

La chiesa , come vedremo , e’ riuscita , grazie ai suoi tanti uomini di cultura con molta bravura ad appropriarsi del mito pagano dell’albero per trasformarlo in culto cristiano .

Il culto dell’albero di Abete , ha origini antichissime provenienti da  popoli, anche molto diversi tra loro come  gli  Egizi , i vichinghi, gli antichi romani , i Celti o gli antichi greci  che consideravano l’Abete  un albero magico, da  consacrare alla dea Artemidee , protettrice delle nascite e quindi  simbolo della rinascita rappresentata dal nuovo anno.

L’albero di Abete affascinava molto sopratutto gli antichi popoli del Nord Europa perchè avevano notato a differenza di altri alberi che esso non perdeva mai le proprie foglie nemmeno con il gelo dell’inverno e molti di loro credendo che fosse capace di esprimere poteri magici incominciarono a consideralo nel tempo un albero sacro sopratutto per celebrare il solstizio d’inverno .

I Celti per esempio durante le celebrazioni relative al solsitizio d’inverno avevano l’abitudine di decorare alcuni alberi sempreverdi e gli stessi antichi romani durante le Calende di Gennaio, erano in uso  decorare le loro case con rami di pino.

I Vichinghi , un popolo che invece abitava l’estremo nord dell’Europa, dove sappiamo che le notti invernali sono lunghe mesi, nella settimana precedente e successiva al solstizio d’inverno,  addobbavano alberi di abete con frutti, perché ritenevano che questo albero, , fosse capace di auspicare il ritorno del sole grazie ai suoi poteri magici.

In Estonia a Tallin ,un piccolo delizioso paese medievale del nord Europa ,  giovani uomini e donne ballavano attorno ad un albero per trovare l’anima gemella. .

 Ma le vere origine dell’attuale albero di Natale che oggi ritroviamo nelle case di ogni persona nel mondo vanno invece ricercate in Germania dove , il 24 dicembre, in occasione di un gioco religioso medievale chiamato “il gioco di Adamo ed Eva”, venivano riempite le piazze e le chiese di alberi di frutta quali simboli dell’abbondanza per ricreare l’immagine del Paradiso. Questi alberi vennero poi  successivamente sostituiti  dagli abeti  perché per il popolo avevano una valenza “magica” .  In particolare l’abete era sacro a Odino  , potente dio dei Germani intorno al quale  il folclore popolare tramandava  un’antica leggenda : Si narrava che il dio Ovino tenesse ogni anno , nel periodo del solstizio d’inverno , una grande battuta di caccia su di un cavallo volante  in compagnia degli altri dei e dei guerrieri caduti in guerra e  per commemorare l’evento nacque  in quel periodo una strana tradizione.

Questa tradizione voleva che i bambini per sfamare il cavallo del Dio Odino , lasciassero durante la notte più lunga del solstizio d’inverno , i propri stivali nei pressi del caminetto di ogni casa , riempendoli di carote , paglia o zucchero . In cambio Odino avrebbe avrebbe sostituito il cibo con regali o dolciumi .

Questa antica tradizione pagana è poi sopravvissuta in Belgio e nei Paesi Bassi anche in epoca cristiana . La sola differenza fu la sostituzione di Odino con la figura di San Nicola.

I bambini  di questi  luoghi ancora oggi , appendono al caminetto le loro scarpe piene di paglia in una notte d’inverno , perché vengano riempite di dolci e regali da San Nicola che a differenza di Babbo Natale , arriva però ancora a cavallo .

 

Curiosità : anche nell’aspetto , quello di vecchio barbuto dall’aria misteriosa , Odino era simile a San Nicola ( anche se il Dio era privo di un occhio ).

Ci sono nel mondo molte versioni nel mondo di babbo Natale ma tutte lo rappresentano come un signore barbuto e corpulento, vestito di un mantello verde o rosso lungo fino ai piedi e ornato di pelliccia. 

Il Babbo Natale (Santa Claus ) moderno più vicino a noi è che conosciamo oggi non è’ altro che il vecchio e storico  San Nicola .

La sua associazione con i bambini deriva da un antico racconto in cui si narra che egli vescovo nel paese turco di Myra ( oggi Demre ) fu capace di ritrovare  e riportare  in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste . 

Da quel momento venne considerato il Protettore dei bambini  , ma anche il protettore di marinai, mercanti, arcieri,  prostitute, farmacisti, avvocati, prestatori di pegno e detenuti. 

Il suo appellativo Santa Claus deriva invece da Sinterklaos , nome olandese di san Nicola ed in molti paesi d’Europa viene ancora oggi rappresentato con abiti vescovili 

Le sue reliquie vennero in parte trafugate da alcuni mercanti giunti a Mura e traslate nel 1087 nella città di Bari dove per ospitarle fu costruita una basilica.  La rimanente parte delle reliquie ,una volta ritrovate dai veneziani vennero traslate  nella chiesa di San Nicola a  Lido di Venezia , ( altre reliquie sono presenti anche a Rimini ) . 

Ovviamente San Nicola e’ anche il Santo protettore della città di Bari 

 

 

 

 

 

 

 

Questa antica  tradizione germanica diffusasi poi in tutta Europa ma sopratutto in America attraverso le colonie olandesi di New Amsterdam ( rinominata dagli inglesi in New York ) e’ certamente l’origine di quell ‘abitudine moderna di appendere una calza al caminetto per Natale, il 6 gennaio all’arrivo della Befana . 

 

La dimora tradizionale di Babbo Natale cambia a seconda delle tradizioni. Negli Stati Uniti si sostiene che abiti al Polo Nord in Alaska , mentre in Europa  è più diffusa la versione finlandese che lo colloca in un villaggio vicino alla ben più grande città finlandese di Rovaniemi , in Lapponia sul Circolo Polare Artico .

Con l’avvento di Internet sono stati pubblicati alcuni siti web affinché i bambini interessati potessero seguire Babbo Natale nel periodo natalizio mentre aiutato dagli  Elfi svolge il suo lavoro presso la sua fabbrica di giocattoli ed inviare una moderna e-mail , al posto della vecchia tradizione letterina cartacea al nuovo indirizzo del vecchio  Babbo Natale tradizionalmente rappresentato come un anziano signore corpulento gioviale e occhialuto   con una folta  barba bianca ,un vestito rosso  orlato di pelliccia  ed un sacco pieno di giocattoli , alle prese  della guida di una slitta trainata da renne .

CURIOSITA ‘ :  L’abitudine di scrivere una lettera a Babbo Natale è una tradizione natalizia che risale a molto tempo fa. Le lettere contengono di solito una lista dei giocattoli desiderati e la dichiarazione di essere stati buoni.

La sera della vigilia di Natale egli infatti secondo un immaginario mondo magico che viene da secoli riportato e tramandato ai nostri bambini , sale sulla sua famosa slitta trainata  da renne volanti e va di casa in casa per portare i regali ai bambini, che tiene tutti in un enorme sacco. Per entrare nelle case si cala dal comignolo, sbucando quindi nel caminetto, e lascia i doni sotto l’albero di Natale .

 

N. B. Una delle chiese che rifiuta la celebrazione del Natale, e conseguentemente la figura di Babbo Natale, è quella dei Testimoni di Geova , i quali ritengono che sia sbagliato raccontare storie non veritiere ai bambini e rigettano le origini pagane su cui si basa la figura di Babbo Natale.

Durante il resto dell’anno si occupa della costruzione dei giocattoli con  i suoi aiutanti elfi anche se nelle rappresentazioni più moderne il laboratorio di Babbo Natale somiglia più a un centro di smistamento di giocattoli confezionati che a un’officina dove vengono costruiti.

Egli per fare tutto questo ha ovviamente bisogno di “ MAGIA” e questo non essendo una cosa mai accettata dalla chiesa cattolica ha ovviamente portato la disapprovazione e la condanna del povero Babbo Natale .

Molti  Vescovi italiani si sono espressi nel tempo contro Babbo Natale, rammaricandosi per la commercializzazione che esso comporta  delle festività natalizie con il conseguente tradimento del loro significato originale:

«…sempre più violenta e intollerante si fa la cultura di babbo natale (volutamente scritto con iniziali minuscole) che […] con il Natale cristiano non ha nulla da spartire. […] Sta scippando e defenestrando il Natale cristiano per buttarlo fuori dalla scena del sociale che conta, […] [in] modo strategicamente vincente, poiché si avvale della potenza suasiva dei mass media di maggior audience, che puntano le carte sulla carica emotiva, e del mercato economico, per estirpare le radici cristiane rendendole innocue, alterandone i geni»

CURIOSITÀ’ : La renna appare con Santa Claus poiché la tradizione lo ha fatto un personaggio proveniente dal Nord Europa. 

 

Nel nord Europa la renna , sacra a Isa o Disa la dea Grande Madre degli Scandinavi assume spesso il significato di simbolo lunare, come tutti gli altri cervidi, perciò ha ruoli funerari e di guida delle anime dei defunti nell’oltretomba.

Avendo  ruoli notturni viene per questo motivo collegata a Babbo Natale che giunge di notte portando doni. Ma non sono loro a portare la slitta di Babbo Natale in questo caso , in quanto al loro posto vi sono delle carrette ( capretto di Yule ) 

Secondo alcuni il vestito rosso di Babbo Natale sarebbe opera della Coca -Cola : originariamente infatti, tale vestito era verde, sarebbe divenuto rosso solo dopo che, negli anni ’30, l’azienda utilizzò Babbo Natale per la sua pubblicità natalizia, e lo vestì in bianco e rosso, come la scritta della sua famosa bibita . 

Internet  purtroppo sta rovinando il magico Natale di moltissimi bambini. Ed era prevedibile. Nel Regno Unito, ad esempio, 1,1 milioni di bambini scoprono che Babbo Natale non esiste usando il motore di ricerca più famoso del mondo. Quando infatti si arriva a quel punto della vita in cui ci si chiede se Babbo Natale esiste o meno, i bambini ormai non chiedono più ai genitori. Ma si rivolgono a Google che – rispondendo con sincerità – frantuma ogni illusione. 

Il motore di ricerca non avendo un’anima risponde sinceramente, e alla domanda :  “Quanti anni ha Babbo Natale?”, “Dov’è il Polo Nord?”, “Gli elfi esistono davvero?” e “Le renne possono davvero volare?” , toglie ai nostri bambini quel magico periodo che ha caratterizzato forse i più begli anni della nostra vita . 

Il nostro albero di Natale almeno non ha di questi problemi oggi ma ne aveva tantissimi per il mondo cattolico tanto tempo fa . 

Il punto era : come trasformare questo diffuso rito pagano in un altrettanto diffuso rito legato al Cristianesimo ?  

La chiesa cattolica visto l’ affermarsi in tutti gli ambienti , anche quelli più popolari ,dell’albero di Abete che andava affermandosi come  simbolo della rinascita dovette correre ai ripari e cercò di dare anch’essa un simbolismo cattolico all’ albero  trasportandolo  nella tradizione cristiana .Essa al posto dell’abete inizialmente  utilizzava l ’agrifoglio a simboleggiare con le spine  ,la corona di Cristo e con le bacche , le gocce di sangue .

Nel corso del Medioevo invece per simboleggiare tutto questo , utilizzò l’albero di Abete che in un  primo momento vennero innalzati sempre posto nei luoghi simbolo della vita pubblica, come al centro delle piazze o dinanzi alle le cattedrali ,ornati di frutta ed altri simboli cristiani . Davanti a loro , nei  periodi delle festività natalizie si mettevano in scena fantastici episodi biblici.

  L’albero  venne quindi  associato alla figura salvifica di Cristo e sopratutto collegato alla croce della Redenzione, fatta appunto di legno.

 Secondo una  leggenda, ben congegnata il legno della croce , era stato infatti da un ramo dell’albero della vita del Paradiso terrestre che l’arcangelo Michele aveva donato a Set per portare conforto al padre Adamo moribondo  e la sua caratteristica di essere sempreverde gli venne donata dallo stesso Gesù come ringraziamento per averlo protetto mentre era inviso dai nemici .

 In seguito   venne poi in uso spostare gli alberi ,  in dimensioni certamente più piccole  nelle case di ognuno dove veniva  usato come  simbolo di Cristo .

 CURIOSITA’ : In Germania in quei tempi , l’abete in ogni casa era anche il posto dove venivano portati i bambini portati dalla “ cicogna “.

 L’albero divenne quindi in ogni casa  , per il cristianesimo  , il legno della Croce che ha redento il mondo e venne  usato come simbolo di Cristo capace di ridare vita alla natura dopo il lungo e buio inverno . Un simbolo di rinascita della vita e ritorno alla fertiltà della natura .

 N.B. . la similitudine tre l’albero sacro e la Croce di  Cristo fu molto usata anche dai missionari cristiani  tra l’XIII e secolo ed il X secolo per convertire i popoli germanici dell’Europa centro settentrionale .

 Dalla Germania , dove l’albero di Natale , come abbiamo potuto osservare ebbe grande successo , il suo culto si diffuse anche se per la verità in modo certamente più consumistico . 

CURIOSITÀ’ : Come avete avuto modo di capire  la  tradizione dell’albero di Natale, , è sentita in modo particolare nell’Europa del nord e soprattutto nei paesi germanici . E’ questo il motivo per cui  a Vienna ed in  tanti altri paesi del nord Europa esistono i più famosi mercatini di Natale .

Nei primi anni del Novecento gli alberi di Natale , conquistando intere generazioni ,  hanno da quel momento , conosciuto un momento di grande diffusione, diventando gradualmente quasi immancabili nelle case dei cittadini sia europei che nordamericani, a tal punto da  rappresentare nel mondo il simbolo del Natale probabilmente più comune.

 

A riprova di questo, esiste anche la tradizione, introdotta durante il pontificato di papa Giovanni Paolo II di allestire un grande albero di Natale nel luogo cuore del Cattolicesimo mondiale, , cioè Piazza San Pietro  a Roma

 In Italia , la prima ad addobbare un albero di Natale fu la regina Margherita nella seconda metà dell’Ottocento al Quirinale, e da lei la moda si diffuse velocemente poi in tutto il paese. 

Nel dopoguerra ,  il fenomeno,  ha acquisito una dimensione commerciale e consumistica  senza precedenti, al punto di arrivare a trasformare  l’albero di Natale ,in  uno dei perni principali di una  vera e propria industria che ruota intorno all’addobbo natalizio.

 

Il santo Natale quindi come vedere è una festa cristiana che celebra la nascita di Gesù in maniera pagana , religiosa e addirittura laica , con lo scambio di doni, ma legato alla famiglia rimane comunque la festa più popolarmente sentita tra i cristiani.

 Il Natale è una festività che per suo aspetto magico e suggestivo, unisce grandi e piccoli , in un unico grande emozionante momento che chiude un anno vissuto insieme a propri cari . Amici , parenti e famiglia mai come in questo momento si sentono più vicini .

Il Natale , in maniera quasi magica trasmette ad ognuno un qualcosa di “ buono “ e  non a caso in questo periodo si sente spesso echeggiare per le strade la famosa frase “ A Natale siamo tutti più buoni “ .

Natale a Napoli e’ la celebrazione della famiglia . Il suo festeggiamento  nella nostra città non è’ altro che un modo per allargare la famiglia . E’ usanza comune infatti che i figli divenuti grandi , scelgano di trascorrere i giorni di festa con le proprie famiglie d’origine e che i bambini si ritrovino così a festeggiare anche con i nonni, gli zii e i cugini.  L’immagine canonica della notte santa è quella della famiglia che si ritrova intorno a un tavolo imbandito, scarta i doni sotto l’albero, e si reca poi in chiesa allo scoccare della mezzanotte.  

Al di là della gioia per i regali e le attenzioni ricevute, il festeggiamento del Natale con la famiglia, per il bambino assume il significato di un’appartenenza  e di un legame che gli forniscono una sicurezza affettiva ed emotiva importanti per la crescita. Attraverso l’esperienza di questo rito familiare, il bambino impara anche a conoscere e a far sue le tradizioni specifiche della sua famiglia, come ad esempio l’usanza di festeggiare la vigilia in casa dei nonni paterni o materni, quella di scambiarsi i doni il giorno stesso della vigilia o dopo il pranzo di Natale, come anche la tradizione dei giochi delle carte e della tombola, che quasi sempre vede coinvolte le tre generazioni dei nonni, dei genitori e dei figli. 

I bambini si pongono in una condizione di emozionante attesa legata all’arrivo di Babbo Natale e dei suoi doni. Attesa che permette ai genitori di rivivere, insieme ai propri figli, le loro nostalgiche fantasie infantili. Genitori e figli  vivono insieme tutte le fasi della festa, dagli addobbi alla costruzione del presepe, passando per la preparazione dei dolci tradizionali e l’allestimento del pranzo o della cena con i parenti.

Nella nostra città , la cena della vigilia ed il pranzo del giorno di Natale  sono due momenti molto importanti per ogni napoletano .Essi sono un nostro bagaglio culturale tramandate da secoli dove  i “pensieri”, le disgrazie e le “mancanze” che ci sono in tutte le famiglie, passano  stando tutti  insieme in famiglia  …almeno per un giorno.

Nel giorno della Vigilia  , visto il gran numero di persone invitate per il cenone serale , tutti hanno innanzitutto l’obbligo di  svegliarsi  presto allo scopo di apparecchiare il tavolo e creare spazio . Bisogna spostare mobili e divani , ma sopratutto aggiungere qualche posto aggiungendo tavolini e nuove  sedie recuperate un po ovunque .

Mentre si apparecchia per un pranzetto intimo in famiglia (36 cristiani + 12 criatur e 4 neonati ) , per mantenersi ” leggeri ” a pranzo , in attesa del  luculliano pasto serale della vigilia si mangia da secoli per tradizione  una semplice  pizza di scarole  .

Una volta che il tavolo è “addobbato” si passa alla fase CUCINATA, piena di odori che si disperdono nell’ambiente fin dentro l’androne del palazzo  .Già nel pomeriggio in tutta la casa si può sentire  l’addore delle vongole , la puzza di cavliciore e il rumore del baccalà e capitone che stanno a friver.

N.B.  E’ fondamentale a Napoli che l’ospite deve tuppuliare che pier…”bussare con i piedi” ovvero deve presentarsi con: vino, liquori, mezza pasticceria Scaturchio e se la nonna è ancora viva, una stella di Natale per lei.

Il menù serale che si consuma nel frastuono più totale prevede l’obbligo di cucinare pietanza a base di pesce.

Secondo la Chiesa cattolica, la Vigilia di Natale è infatti un giorno di magro, ovvero un giorno in cui bisognerebbe mangiare cibo “povero” o, addirittura, astenersi completamente dal cibo in segno di rispetto e devozione . La carne del pesce secondo antiche credenze non sarebbe soggetta a essere veicolo di spiriti maligni come al contrario si verifica nelle carni rosse (in parte anche quelle bianche) a causa della cospicua presenza di sangue.

In tale periodo, infatti, il consumo di carmi è ammesso purché siano bollite:  una dimostrazione di tale usanza è la minestra maritata , che ha anche la funzione rituale e culturale di terminare tutte le riserve di cibo in vista del rinnovamento del nuovo anno.

La tipica cena della vigilia prevede :

ANTIPASTI: tartine con tonno e maionese, salmone e  prosciutto ;

PRIMO: O spaghetto che vongole  ,  co solito problema “e facimm in bianco o ca pummarulella?

SECONDO: Pesce in bianco , capitone  (tagliato a pezzi ) e baccalà (o Pezzullo e baccalà)  entrambi fritti , e accompagnati dall’insalata di rinforzo preparata con cavolfiore lesso, sottaceti, peperoni tondi sottaceto dolci o piccanti (le pupaccelle), ulive e acciughe sotto sale.

N.B. Al posto delle vongole spesso vengono usati anche i lupini di mare , cioè  una varietà più piccola delle vongole che vengono generalmente considerati come i fratelli poveri delle più ricche vongole.

Questa magnifica leccornia , come tante altre ricette napoletane  nacque come piatto povero ma oggigiorno le vongole hanno  un costo alto e non tutti posso permettersi di comprarle . Ma il popolo napoletano,  per questo  non rinuncia certamente  ad uno dei suoi piatti preferiti , e aggiunge  solo un pò di fantasia ….

Nelle famiglie meno abbienti quindi ,  dove talvolta non ci si può  permettere di acquistare le vongole  si ricorre spesso  ai “spaghetti alle vongole ‘fujute’”, ovvero vongole che” se ne so fujute ” cioè, scappate e che quindi non se ne vede traccia. In questo caso l’assenza delle vongole viene   compensata  dall’abbondante presenza del prezzemolo. Il suo forte sapore da in questo modo l’illusione di mangiare i spaghetti alle vongole nonostante non ce ne fosse traccia.

Gli spaghetti , possono essere fatti in bianco (molto più buoni) o con un po’ di sugo , sia con le vongole che con i frutti di mare.

Una citazione a parte  lo merita il baccalà, soprattutto fritto, (un must del periodo natalizio )

Esso può comunque anche essere preparato in tanti altri nodi come per esempio avviene alla vigilia di Natale, in cui lo si prepara all’insalata cioè scaldato e poi condito con un filo d’olio , un pizzico di sale e prezzemolo tritato.

Il baccalà inizialmente non venne  molto appezzato in città , e per parecchio tempo non è stato molto amato dai napoletani al punto da non apparire addirittura nei menù dei ristoranti .Il suo uso fu infatti quasi imposto a Napoli e in tutto il sud dalla famosa controriforma della chiesa cattolica che vietava il consumo di carne il venerdì e nelle vigilie delle grandi festività .La prima alternativa alla carne oltre alla verdura , fu il pesce ed  ovviamente tra questi il più economico baccalà e lo stoccafisso ( detto stocco ).

CURIOSITA’:Sapete perchè l’insalata si  chiama di rinforzo ?  Semplicemente perchè doveva ” rinforzare ” la povera cena di magro del periodo quaresimale imposto dalla chiesa cattolica attraverso  nuove direttive provenienti nel 500 dal Concilio di Trento . A tal proposito si racconta che i priori dei conventi napoletani , visto il divieto di mangiare carne durante l’avvento di giornate considerate sacre , si rivolsero addirittura in pieno 800 . al più grande cuoco di allora , il mitico Ippolito Cavalcanti , duca di Buonvicino, al fine di inventare un paio di ricette senza carne che potessero ” rinforzare ” il povero pranzo di magro che fossero  però ugualmente gustose. Nacque così , la prima versione poi nei secoli aggiornata , dell’insalata di rinforzo che doveva per principio riempire lo stomaco e aiutare l’astinenza sacrificale dalla carne.

Il  cenone della vigilia che dura in genere  dalle 5 alle 6 ore finisce necessariamente  con  panettone-pandoro-cassata-dolcini- e frutta secca, datteri , uva passita e pinoli  per “toglierti il  “sapore “(non si sa da cosa )

Ma ogni buon napoletano.  a tavola,   alla fine di tutti i pasti di Natale ,per continuare a restare ancora tutti insieme a tavola, ama   assolutamente mangiare le “sciosciole ” , cioè i tradizionali  spassatiempo    pur di  continuare a restare ancora tutti insieme a tavola  (  sgranocchiare per passatempo ).Tutte queste cose hanno in effetti il solo scopo di passare altro tempo tutti insieme ( uno spassatiempo appunto  ).

N.B.: Secondo molti esperti , il termine ” sciosciole ” deriva da ” flacces” che tradotto significa bucce mentre secondo altri il termine deriva solo dal classico rumore prodotto dai commensali quando questi rimescolano nel cesto la frutta secca.

 

 

 

 

 

 

 

Il pranzo di Natale invece è ancora più lungo e trova la minestra maritata oppure i tagliolini in brodo di gallina , a farla da padrone  , mentre per secondo resiste il pesce in bianco o il capitone .In alternativa spesso troviamo Capponi lessi o tacchini fatti  al forno. Tutto questo contornato da broccoletti, carciofi, zucchine alla scapece , fritti con  pastella, e l’immancabile insalata russa, che puntualmente avanza per tutto il periodo natalizio insieme a quella di rinforzo

.CURIOSITA’  :Sapete perchè abbiamo l’usanza di mangiare il capitone a Natale ?  Si tratta di un’usanza antica, che ha un preciso significato religioso. Il capitone, con le sue sembianze da rettile, rappresenterebbe il  serpente  e quindi il  demonio .Esso doveva ( deve )  essere acquistato il 23 dicembre, portato vivo a casa e ucciso da una  donna , allegoria della  Madonna che schiaccia con il piede il tentatore. Mangiare il capitone, per la tradizione, è dunque un modo per allontanare il male .

 

Al centro della tavola per tradizione non manca mai la zuppiera con la minestra maritata . Si tratta di uno di quei piatti che necessita per la sua preparazione di un lungo cerimoniale che va dall’acquisto delle verdure alla selezione delle carni .

La parola maritata deriva dal fatto che la carne e la verdura si amalgano ( si maritano, si sposano ) perfettamente nel piatto. Al sublime matrimonio oggi partecipano da un lato le verdure ( bietole, cicorie, cime di rapa, cavolo cappuccio) e dall’altro carni povere come cotene di maiale ben grasse, tracchie,un osso di prosciutto, salsiccie e lardo a volontà. Ovviamente non bisogna trascurare di insaporire il tutto con sale e vari odori tra cui il prezzemolo . Non a caso a Napoli si usa dire solitamente ” pe n’aceno ‘e sale se perde ‘a menesta” quando per non fare un piccolo ultimo sacrificio si manda in rovina tutto il lavoro fatto e ” chillo è petrusino ogne menesta ” riferito al prezzemolo che come sapete si  mette abitualmente in ogni minestra .

Per far riuscire bene questo matrimonio , tutti questi ingredienti devono essere faticosamente cercati e selezionati con cura ed a Napoli chi normalmente si dedica alla preparazione di questa gustosa pietanza non manca poi di decantarne la bontà .della sua menesta ‘mmaretata certamente migliore di tutte le altre assaggiate ( sopratutto suocere e vicini di casa ). Ma come tutti i matrimoni quando è andato è andato !  Un amore quando è finito anche se riprovi a rinnovarlo ha oramai perso tutta  la sua purezza proprio come la minestra scaldata che oramai ha perso il suo sapore . In città per intendere una situazione ormai passata, che si vuol far rivivere ma che non ha più il valore di un tempo si suol dire ” A menesta scarfata nun è mai bona “.

Immancabili in entrami i pasti sono ovviamente i broccoli napoletani  , usati principalmente con la scusa di ” pulezza a vocc!”. Essi  lessati  in una pentola  (con acqua bollente  salata ) , raffreddati e portati in tavola con aglio spezzettato, olio extravergine d’oliva e  succo di un limone appena spremuto , sono un piatto che non può  mancare nei menu del  Natale .

La ricetta tipica della Campania prevede l’utilizzo del broccolo nero detto anche broccolone, e ricordate che i  broccoli lessi sono ricchi di principi nutritivi  ideali per le diete dimagranti in quanto apportano pochissime calorie e soprattutto sono molto efficaci nelle situazioni di estremo affaticamento, di carenze vitaminiche e utili nelle situazioni di nervosismo ed eccessiva irritabilità.

 

I broccoli lessati in pentola , era uno dei piatti più consumati dai napoletani nel 600 , quando erano ancora soprannominati MANGIAFOGLIE . Essi crescevano numerosi e rigogliosi nelle terre degli orti che circondavano i confini dell’allora città di Napoli . La zona più ricca di broccoli era la collina del Vomero , tanto è vero che quando ci si recava al Vomero si usava dire ” vaco ‘mmiez ‘e vruoccole ” cioè vado fra i broccoli.

Il nome stesso Vomero deriva da un antico casale  che si trovava in collina chiamato  “casale del Vommaro” dove pare si svolgesse a quel tempo una sorta di palio tra contadini che gareggiavano a chi facesse il solco più dritto con i vomeri , un attrezzo normalmente usato dai contadini per arare il terreno ; periodicamente nei giorno festivi , i contadini della collina erano soliti sfidarsi al gioco del “vomere ” e dalla città non mancavano di affluirvi un gran numero di curiose persone  ad assistere al passatempo al grido di “jammo a vedè ‘o juoco d’’o vommaro”, trasferendo così al luogo il nome dell’attrezzo. Il divertente gioco sanciva come vincitore chi, con il vomere (la lama) dell’aratro, avesse tracciato un solco quanto più possibile dritto.

Il Vomero è stato quindi per lungo tempo un luogo prevalentemente agricolo sopratutto  rinomata, per i suoi broccoli  e con i suoi piccoli villaggi e casali costituiva una periferia agricola, per la maggior parte disabitata e lontana dalla città di Napoli. Esso è  stato , per secoli , grazie alla gran massa di verdure coltivate soprannominata ‘ la collina dei broccoli ‘.

Intanto con la scusa che i broccoli non vi fanno ingrassare , siete finalmente arrivati alle fine del pasto .

Una volta che ci si è sbufarati…ehhhh saziati… le donne sbarazzano rapidamente il tutto ( mia mamma aveva il record di  6 minuti e 45 secondi superiore addirittura a  Mary Poppins).

Quando è tutto bello “sistimato” ci si mette in posizione  per la famosa TOMBOLA, che vede uniti ed impegnati parenti ragazzi , bambini e anziani

Il divertente gioco vissuto con passione  in tutte le abitazioni napoletane nelle festivita’ natalizie esiste in  due versioni : quella in  lingua italiana e quella più usata in lingua napoletana  .

I novanta numeri del lotto sono tutti  racchiusi in un” panariello” di vimini e trascritti   su delle cartelle consistente in semplici cartoncini .Ognuno riceve una o più  cartelle   con sopra trascritti i numeri . Si procede poi all’estrazione dei numeri dal panariello ed ogni volta che il numero  estratto è  presente sulla scheda, il giocatore “copre” la casella corrispondente con fagioli ,ceci, lenticchie , o altro materiale disponibile dopo i cenoni natalizi come i gusci di frutta secca .
CURIOSITA: Il nome tombola deriva proprio dalla forma cilindrica del pezzo di legno dove è impresso il numero e dal rumore che questo fa nel cadere sul tavolo dal panariello, che una volta aveva appunto la forma del tombolo.

Ai novanta numeri del gioco furono dati significati diversi,  quasi tutti allusivi e talvolta scurrili.1: L’uno (“Il numero 1/Il primo”), una cosa unica e irripetibile, anche se dopo l’Unità è stato anche usato per definire L’Italia.

2: La piccerella (“La bambina/Donna piccola”), la bambina;

3: ‘a Gatta (“Un gatto femmina”), la gatta

4: ‘o puorco, il maiale inteso sia come animale che come uomo poco gentile.

5: ‘a mana, la mano.

6: chella ca guarda ‘nterra (“Vagina/vulva/organi femminile”), la cosa che guarda a terra, indicazione delle parti intime femminili.

7: ‘o Vaso, il vaso.

8: a’ Maronna, la Madonna, a volte anche la mamma defunta

9: ‘a figliata (“Gruppo di figli”), la figliata, figli nati da una stessa gravidanza.

10: ‘e fasule, i fagioli.

11: ‘e suricille, i topi piccoli quelli che solitamente entrano in casa, e che si trovano nelle campagne.

12: ‘o surdate, i soldati. A volte si può utilizzare questo numero pure per indicare un guerriero medievale o Samurai

13: Sant’Antonio, inteso come Sant’Antonio da Padova. Santo protettore della città di Padova.

14: ‘o mbriaco, l’ubriaco molesto ma anche quello ilare.

15: ‘o guaglione, l’adolescente o il ragazzo.

16: ‘o culo (Il deretano ), il culo o il sedere, principalmente riferito come “Un colpo di fortuna”

17: ‘a disgrazia. La disgrazia, abbinata naturalmente all’antico pensiero che il 17 fosse un numero sfortunato, perché tradotto in numeri romani, e letto in latino il suo significato era: Morte.

18: ‘o sanghe, il sangue.

19: ‘a resata, la risata molto forte.

20: ‘a festa, sia religiosa che popolare.

21: ‘a femmena annura (“Donna nuda/poco vestita/in topless”), la femmina nuda simbolo non di pensieri sconci, ma della bellezza molto accentuata.

 22:’o pazzo (“Il pazzo/Uomo che ha comportamenti folli”), non il matto da curare, ma colui che compie azioni sopra le righe e considerate folli.

23: ‘o scemo, lo scemo.

24: ‘e gguardie, intese come guardie carcerarie, ma anche come i poliziotti della polizia penitenziaria.

25: Natale. Il natale

26: Nanninella, derivante del nome Anna, madre della Vergine Maria.

27: ‘o cantero, il vaso da notte.

28: ‘e zizze, il seno o le mammelle di donna innanzitutto, ma anche di animali.

29: ‘o patre d’e criature, il padre dei bambini, utilizzato per indicare l’organo riproduttivo maschile.

30: ‘e ppalle d’o tenente (“Le munizioni/Colpi di pistola o di fucile”), la traduzione letteraria è le munizioni del tenente.

31: ‘o padrone ‘e casa: il padrone della casa in fitto.

32: ‘o capitone: l’anguilla femmina, un piatto tipico, cucinato nei tempi antichi nel periodo di natale nella città di Napoli e nei suoi comuni.

33: ll’anne ‘e Cristo, l’età in cui Gesù Cristo morì in croce.

34: ‘a capa, la testa.

35: l’aucelluzz, l’uccellino.

36: ‘e castagnelle, le castagnette che si riferiscono alla versione popolare delle nacchere spagnole.

37: ‘o monaco, inteso come il monaco con la tunica ordinato.

38: ‘e mmazzate, le mazzate, le percosse.

39: ‘a funa n’ganna, la corda al collo: l’impiccagione, essere impiccato o impiccarsi.

40: ‘a paposcia, questa è il nome per identificare l’ernia inguinale, riferito più che altro al sesso maschile.

41: ‘o curtiello, questo sta per indicare solo il coltello come arma e non quello da tavola.

42: ‘o caffè: naturalmente la bevanda più amata dai napoletani che ne sono maestri, il caffè.

43: ‘onna pereta fore ‘o barcone: letteralmente, Donna Pereta affacciata al balcone, questa è un’immagine utilizzata per descrivere una donna pettegola e solitamente facente parte del popolo.

44: ‘e ccancelle, sono le carceri.

45: ‘o vino buono, il vino buono.

46: ‘e denare, il denaro inteso più come moneta che come banconote.

47: ‘o muorto, il morto, si rifà principalmente a un parente o un conoscente defunto da poco tempo.

48: ‘o muorto che parla: una delle espressioni più famose della Smorfia, il morto che parla e colui che può dare i numeri vincenti, portare consiglio ecc… Solitamente è di buon auspicio nei sogni o di avvertimento.

49: ‘o piezzo e carne: il pezzo di carne, non inteso come un taglio da macelleria, ma inteso, con una visione un po’ antica e misogina, come l’espressione per intendere una donna con un corpo prosperoso e bello da vedere.

50: ‘o ppane, il pane, un alimento immancabile a tavola ieri come oggi.

51: ‘o ciardino, il giardino.

52: ‘a mammà. La mamma una delle figure più importanti, tenere e consolatrici nel mondo della smorfia.

53: ‘o viecchio, il vecchio inteso in senso positivo come un anziano saggio e in grado di fornire consigli.

54: ‘o cappiello, il cappello, segno una volta di soldi e benestare.

55: ‘a museca (“La musica”), considerata principalmente la musica popolare, quella delle feste patronali e di piazza.

56: ‘a caruta (“Caduta/L’atto del cadere a terra”), la caduta a terra di una persona, una caduta solitamente divertente ed esilarante.

57: ‘o scartellato, il gobbo (“Colui che ha la gobba”): Una figura molto conosciuta anche questa nella Smorfia e nella superstizione in generale il gobbo si dice porti fortuna se si tocca la sua gobba.

58: ‘o paccotto (“Il pacco/pacchetto”) un pacchetto che può essere un pacco della posta, o un pacco imballato.

59: ‘e pile (“Peli/Peluria”)  i peli maschili considerati principalmente come un vanto maschile e virile.

60: ‘o lamiento (“Il lamento/ Lamentarsi “), il dolore per un avvenimento serio.

61: ‘o cacciatore.

62: ‘o muorto acciso, una persona morta assassinata.

63: ‘a sposa: la sposa, dunque la ragazza che diviene donna e crea una famiglia.

64: ‘a sciammeria, la giacca per gli eventi e le cerimonie.

65: ‘o chianto, il pianto, di rammarico vero e dolore.

66: ‘e doie zetelle: letteralmente le due nubili, comunque “zitelle” e dunque anziane mai sposate.

67: ‘o totaro int’a chitarra, il totano nella chitarra, quest’espressione è esplicitamente rivolta all’atto sessuale tra uomo e donna.

68: ‘a zuppa cotta, la zuppa cotta è un alimento che denotava la classe operaia e quella povera.

69: sott’e ‘ncoppa, il sottosopra, come il numero 69 appare, anche qui il numero della smorfia si rifà a una dicotomia intesa come prettamente sessuale.

70: ‘o palazzo: la casa in cui si risiede, di proprietà.

71: l’ommo ‘e mmerda, l’uomo di merda inteso come una persona di cui non ci si può fidare, che ha fatto un torto, o che comunque si comporta in malo modo nella vita.

72: ‘a maraviglia, la meraviglia.

73: ‘o spitale, l’ospedale.

74: ‘a rotta, la grotta, in particolare s’intende quella in cui nacque Gesù.

75: Pulcinella figura carnevalesca, simbolo della città Napoletana, considerato anche un buon portafortuna.

76: ‘a funtana, la fontana, come l’acqua metafora della vita.

77: ‘e riavulille, i diavoletti.

78: ‘a bella figliola, la prostituta.

79: ‘o mariuolo, la persona disonesta o il ladro.

80: ‘a vocca, la bocca.

81: ‘e sciure, i fiori.

82: ‘a tavula ‘mbandita, il banchetto, inteso come desiderio di chi vive nella povertà.

83: ‘o maletiempo: il mal tempo.

84: ‘a cchiesa, la chiesa come edificio e non come dogma.

85: ll’aneme ‘o priatorio, il purgatorio e le sue anime.

86: ‘a puteca, il negozio ma più precisamente la bottega, come un negozio di alimentari.

87 :’e perucchie, i pidocchi, segno di sporcizia ma anche di povertà.

 88: ‘e casecavalle, i caciocavalli (formaggio), ma spesso riferito anche al seno della donna.

89: ‘a vecchia, la vecchia una donna anziana, ma anche visto come il trascorrere del tempo.

90: ‘a paura, la paura. .

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