Molti ricordano, sopratutto a Napoli ,  la famosa domanda, Te piace ‘o presepe, che Luca ripete più volte al figlio nella famosa commedia  Natale in Casa Cupiello  che probabilmente  rappresenta il vero simbolo e immagine del presepe per ogni napoletano .

L’intera commedia tragicomica di Eduardo De Filippo  si snoda infatti sopratutto sulla domanda che il padre fa al figlio, nel tentativo di interessarlo all’allestimento del presepe, che nel secolo scorso , come ancora oggi  , occupa duranta le festività natalizie  spazio e tempo nelle case di ogni vero napoletano .

Luca , il vero protagonista della commedia , chiede continuamente al figlio Nennillo un’approvazione per il suo lavoro natalizio nel tentativo di trasmettere al figlio i valori e i simboli della fede su cui si impernia  il suo Natale napoletano e quello di ogni altro napoletano che si rispetti .Egli sta praticamente effettuando una trasfusione  di napoletanità al figlio che opponendosi simboleggia il mondo moderno consumistico e freddo che perde  ogni giorno valori importanti in cambio di vuoti , solitudine ed apatia . Luca è il simbolo della  tradizione , e dei valori che esso comporta ; una semplice ricetta che abbinata  alla cultura è forse oggi ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana  .

Fungendo da liturgia di preparazione al Natale il presepio per noi infatti ,  non è solo la rappresentazione della nascita di Gesù ambientata nella Napoli del settecento ma anche un lascito culturale identificativo della nostra tradizione culturale popolare fatta di costumi , mestieri , storie , leggende e aneddoti , che nel tempo si sono mescolati con i brani dei Vangeli  per dare vita alla fine ad  una realtà unica. Esso rappresenta  infatti un veicolo identificativo della ” gens napoletana ” e l’antisiniano di quel realismo che ha poi caratterizzato le rappresentazioni teatrali e le varie produzioni cinematografiche napoletane  nel tempo .

Nel presepe napolatano sono presenti ambientazioni e ricostruzioni di luoghi e spazi narrati nel Vangelo le cui statuine appaiono collocate  in maniera tale , in determinati spazi e luoghi , da rappresentare non solo  un indiscusso valore teologico e spirituale ma anche contenere una forte   simbologia  di arte e credenza popolare  .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ad essere particolarmente colpito fu anche Johan Wolfgang Goethe che nei suoi due soggiorni a Napoli , descrisse  , dopo essersene perdutamente innamorato ,  luoghi ed abitudini della nostra città in maniera entusiata .

 

“ECCO IL MOMENTO DI ACCENNARE AD UN ALTRO SVAGO CHE È CARATTERISTICO DEI NAPOLETANI, IL PRESEPE […]; SI COSTRUISCE UN LEGGERO PALCHETTO A FORMA DI CAPANNA, TUTTO ADORNO DI ALBERI E DI ALBERELLI SEMPRE VERDI; E LÀ CI SI METTE LA MADONNA, IL BAMBINO GESÙ E TUTTI I PERSONAGGI, COMPRESI QUELLI CHE SI LIBRANO IN ARIA, SONTUOSAMENTE VESTITI PER LA FESTA […]. MA CIÒ CHE CONFERISCE A TUTTO LO SPETTACOLO UNA NOTA DI GRAZIA INCOMPARABILE È LO SFONDO, IN CUI S’INCORNICIA IL VESUVIO COI SUOI DINTORNI.”
                                                                                                                      J.W. GOETHE, VIAGGIO IN ITALIA, 1787

 

Mi piace sempre iniziare un articolo con quello che Goethe ci ha lasciato scritto . Egli ha sempre raccontato  Napoli con gli occhi di chi meravigliato e sorpreso adorava usi e costumi della nostra citta. I suoi racconti somigliano a quelli di un bambino di fronte ad un nuovo desiderato bellissimo giocattolo  finalmente ricevuto . Lui amava come più di ogni altro questa città .

E’ uno di quegli uomini a cui avrei dato la cittadinanza napoletana !!!

L’arte presepiale napoletana , come avete notato da quanto ci ha scritto qualche secolo fa Goethe ,  è una  parte importante da secoli della tradizione natalizia  della nosta città e se volete  ammirarla  dovete assolutamente  percorrere strada  San Gregorio Armeno dove  da  secoli quest’ arte artigiana trova secondo tradizione , una folta esposizione di pastori e scenografie capaci di attirare  centinaia di migliaia di persone non solo durante il periodo natalizio , ma durante tutto l’intero anno .

A Natale  a Napoli in molte famiglie ,  il  classico albero con le luci e le decorazioni più disparate, lo si può  talvolta trovare  e atre volte non trovare  , ma quello che certamente troverete  e non potrà  mai mancare  in ogni casa napoletana è sicuramente il Presepe . Esso rappresenta da sempre  il vero simbolo  per eccellenza del Natale napoletano ed ogni buon napoletano che si rispetti non fa mai mancare in casa propria il presepe che ama costruire da solo  ogni anno , secondo  un vero e proprio rito.

Il Presepe come giustamente sostiene ,  l’amato De Crescenzo , è infatti per noi tutti qualcosa di più profondo del solo simbolo religioso . E’ un qualcosa  che rappresenta la cultura ed il modo di essere dei napoletani , un loro modo di esprimere  la napoletanità . Esso appartiene ai popoli d’amore ,  in contrapposizione  filosofica e antropologica con il freddo albero di natale che appartiene invece ai  popoli liberi ( uomini del nord ).

Il presepe per ogni buon napoletano è il luogo centrale della festa natalizia , una specie di altare domestico che ogni famiglia deve necessariamente avere in casa  , una sorte di  …..   VANGELO IN DIALETTO NAPOLETANO ( (vedi Natale in Casa Cupiello di Eduardo De Filippo).  Il Presepe  allestito nelle case napoletane è infatti una rappresentazione della nascita di Gesù ambientata tradizionalmente però nella  Napoli  del XVIII secolo.

Il presepe per noi napoletani , da sempre non è solo religione ma una vera e propria tradizione, tramandata da secoli di generazione in generazione. Oltre ad essere un simbolo religioso, esso  è un inno all’artigianalità del capoluogo campano. Per questo motivo è amato anche dalle famiglie poco osservanti o addirittura laiche. Il presepe napoletano è infatti il luogo dove sacro e profano, spiritualità e vita quotidiana si incontrano e si fondono. Nella sua  rappresentazione Paradiso e Inferno, Bene e Male, Pagano e Cristiano coesistono. Ogni singola statuina, ogni singolo decoro, ogni luogo nasconde una vera e propria simbologia, un significato ben preciso che va oltre la semplice raffigurazione della Natività. Nel tempo , infatti quello che inizialmente era solo un simbolo religioso si è poi lentamente trasformato  negli anni in arte presepiale ,  mantenutasi  inalterata per secoli fino ad oggi .

Una grande magia sapientemente raccontataci per tanti anni da un illustre uomo che purtroppo recentemente ci ha lasciato .

Lui , il grande filosofo-ingegnere Luciano de Crescenzo come pochi altri , è da sempre stato il cantore del presepe e del suo significato per i napoletani  . Egli ci ha sempre raccontato attraverso la  figura del professor  Bellavista  e la sua magica napoletanità il vero significato del presepe per i napoletani .e la contemporanea differenza con l’albero di Natale , l’altro vero sibolo del natale per tutti gli italiani .

” La suddivisione tra quelli a cui piace l’albero di Natale e quelli a cui piace il presepe, tra alberisti e presepisti, è tanto importante che, secondo me, dovrebbe comparire sui documenti di identità. Il primo tiene in gran conto la Forma, il Denaro e il Potere; il secondo invece pone ai primi posti l’Amore e la Poesia. Tra le due categorie non ci può essere colloquio, uno parla e l’altro non capisce. Quelli a cui piace l’albero di Natale sono solo dei consumisti. Il presepista invece, bravo o non bravo, diventa creatore e il suo Vangelo è Natale in casa Cupiello. I pastori debbono essere quelli di creta, fatti un poco brutti e soprattutto nati a San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, e non quelli di plastica che vendono al supermercato, e che sembrano finti; i pastori debbono essere quelli degli anni precedenti e non fa niente se sono quasi tutti scassati, l’importante è che il capofamiglia li conosca per nome uno per uno e sappia raccontare per ogni pastore nu bello fattariello…

Il presepe è  quindi come vedete  , bello  , non solo quando lo fai, ma anche quando lo pensi. L’albero, invece, acquista il suo fascino solo quando è finito e si accendono le luci.

Il Professore Bellavista si addentra addirittura in una simbolica discriminante sorta di differena culturale e geografica tra chi ama l’albero di natale ( alberisti ) ,  e chi ama il presepe ( presepisti ) .  I primi , considerati tutti quelli che appartengono al nord Italia , tengono in genere  in gran conto la Forma, il Denaro e il Potere , mentre i  secondi , che in genere etichetta i meridionali ,  pone  invece ai primi posti l’Amore e la Poesia  ( tutto il resto viene dopo ) . Tra le due categorie non ci può essere colloquio, uno parla e l’altro non capisce. Quelli a cui piace l’albero di Natale sono solo dei consumisti. Il presepista invece, bravo o non bravo, diventa creatore e il suo Vangelo è Natale in casa Cupiello.

Allestire il presepe , in prossimità delle ferie natalizie è  quindi come avete avuto modo di capire ,  per ogni napoletano un vero e proprio rituale, un momento “magico” che si attende tutto l’anno, e che va condiviso con tutti i componenti della famiglia: ognuno deve infatti dare il suo contributo per la sua realizzazione.  Esso può essere realizzato in alcuni giorni o anche in tutto il periodo natalizio. In genere  si inizia comunque l’8 dicembre tirando fuori dal ripostiglio la “base”, costruita da uno scheletro in sughero e in cartone poggiato su una tavola di legno .

Dopo averla  sistemata  si prende poi lo scatolone di cartone contenente tutti i pastori.( a casa mia da piccolo esso si trovava sopra un armadio in camera da letto ) . E’ questo il momento magico del presepe , cioè  “l’apertura dello scatolone”che avviene ( o avveniva prima dell’avvento dei telefonini ), insiema a tutta la famiglia . Il  prezioso carico , viene scaricato sul tavolo da pranzo dove uno  alla volta i pastori vengono  liberati dalle loro carte protettive con cui accuratamente erano stati l’anno precedente conservati .  Una volta scartati  i singoli pastori  si sceglie poi il punto preciso in cui sistemarli e quelli eventualmente da cambiare o aggiustare . Alcuni pastori perdono infatti completamente rotti  vanno sostituiti , ma altri nonostante abbiano perso qualche pezzo per strada, continuano  a fare il proprio dovere nel presepe. Un pastore senza una gamba può essere infatti  strategicamente piazzato dietro un cespuglio e quello senza un braccio lo si può nascondere magari  dietro un albero o dietro una finestra . Terminata la prima sistemazione del presepe , tutti insieme in una sorta di riunione familiare”, si discute l’eventuale ampliamento annuale del presepe e gli i interventi da realizzare,.

Si esce quindi poi a caccia “del pezzo prescelto” , che ovviamente avviene nella  famosa strada di San Gregorio Armenio presente a Spaccanapoli , nel nostro centro storico , la via del presepe napoletano per eccellenza dove storiche botteghe di  specializzati artigiani , in una magica atmosfera , creano tutto l’anno veri e propri piccoli capolavori presepiali .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il luogo celebrato in tutto il mondo è a dir poco fantastico  . La stretta stradina mostra decine di  stipati negozi  con folta esposizione di pastori , colorate bancarelle   e affollate botteghe capaci di creare  veri e propri piccoli capolavori . In questo posto ,capace di attirare  centinaia di migliaia di persone si può trovare di tutto per il presepe: dalle casette di sughero, di cartone in varie dimensioni, agli oggetti “meccanici” azionati dall’energia elettrica come mulini a vento o cascate, dalle statuine dei pastori in terracotta dipinti a mano, a quelli alti 30 cm con abiti in tessuto cuciti su misura. Ci sono anche i pastori venditori di frutta, di pesce, il macellaio e l’acquaiola; e ancora il pizzaiolo “robotizzato” che inforna la pizza, i classici Re Magi, la Sacra Famiglia, con il corredo di bue ed asinello, in tutte le dimensioni, fatture e prezzi . Oltre ai vari personaggi, sono in vendita anche basi già fatte .

I prezzi di alcuni pastori fatti a mano e con tessuti pregiati , , così come alcune delle strutture del presepe , possono costare anche tanto . E credetemi , non può essere altrimenti , considerata l’artigianalità e sopratutto la cura con cui vengono realizzati .

 

 

 

 

 

 

Accanto a queste figure classiche , frutto della tradizione e del lavoro di generazioni, possiamo trovare in questo luogo anche  poi  alcuni famosi personaggi del momento rappresentati secondo la tipica ironia napoletana .  A partire dal 900 infatti , gli artigiani del luogo , hanno preso l’abitudine di “abbellire” il presepe napoletano con luoghi e personaggi legati alla contemporaneità

 

Per  tradizione, il presepe napoletano è ambientato nel 700. In esso ogni singola statuina, ogni singolo decoro, ogni luogo nasconde una simbologia ed  un significato ben preciso che va oltre la semplice raffigurazione della  Natività .

 N.B. Mi permetto UN PICCOLO CONSIGLIO : Quando fate il presepe siate sobri, Gesù è nato a Betlemme e non a Las Vegas!

Come potete osservare guardando un classico presepe , esso rappresenta una scena teatrale della Napoli del 700 che mette  in scena la vita quotidiana delle strade, la bellezza dei luoghi  , i costumi , i mestieri e la sofferenza della gente semplice povera, pronta ad assistere all’evento miracoloso della nascita del Salvatore., in un continuo mischiarsi di sacro e profano .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ogni personaggio o parte della sceneggiatura, ha un suo proprio significato. Molti nascondono addirittura delle leggende. Vediamone alcuni:

  • Il pastore Benino o Benito ;    Posizionato generalmente in un angolino, è, probabilmente, la figura più importante ed interessante di tutto il presepe napoletano . La leggenda racconta che tutta la scena raffigurata nel presepe non sia altro che un sogno di Benino, una creazione della sua fantasia onirica. Esso viene  infatti rappresentato mentre dorme e solitamente  viene posto nel punto più alto del presepe proprio perché tutto ciò che si trova sotto è frutto della sua mente. La sua posizione esatta sarebbe, quindi, in cima al presepe dal momento che da lui dovrebbe discendere ogni personaggio ed ogni luogo allegorico mostrato. Su un piano più simbolico, invece, rappresenta l’intera umanità, cieca , dormiente e pigra di fronte al divino  al quale possiamo avvicinarci solo nei sogni. La sua  figura è un riferimento a quanto affermato nelle Sacre Scritture: «E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti». Il  suo risveglio è quindi considerato inoltre come rinascita. Ma state  attenti ,   nella tradizione napoletana, guai a svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe.
  • Il vinaio, ricorda l’Eucarestia;
  • Ciccibacc ngopp a bott ( Cicci Bacco sulla botte ).  Nonostante egli sia un pagano tra i cristiani è un personaggio tipico del presepe napoletano . La sua origine è molto antica e risale al culto del vino e alle antiche divinità pagane: la sua presenza  non è altro infatti  che un antico retaggio dell’antica divinità del Dio del vino Dionisio .  Una sorte di Bacco napoletano .. Dall’aspetto grosso e dalle guance rosse, nel presepe  si presenta spesso davanti alla cantina con un fiasco in mano, oppure è rappresentato seduto che trasporta una carretta piena di botti di vino, preceduto e seguito da un corteo di uomini che con zampogne e pifferi scandiscono gli orgiastici ritmi dionisiaci. La scelta della collocazione di questo personaggio sul Presepe non è casuale, ma sta proprio ad indicare la vicinanza tra il sacro e profano e la sottile linea che li separa, l’eterna lotta tra il bene ed il male.
  • Zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, i due compari, personificazione del Carnevale  e della  Morte . Al Cimitero delle Fontanelle a Napoli esiste un cranio indicato come a ” Capa e’ zi’ Pascale “,al quale si attribuivano poteri profetici , a cui le persone si rivolgevano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto .
  • Il monaco, viene letto nel presepe napoletano in chiave dissacrante, come simbolo di un’unione tra sacro e profano .
  • La zingara, è un pastore particolare , una giovane donna, con vesti rotte ma appariscenti, capace di prevedere  il futuro, compreso ovviamente anche  la passione di Gesù . In passato si pensava che le zingare potessero predire il futuro e, per questa capacità particolare la sua figura  è stata spesso  associata alla Sibilla Cumana. Se consideriamo la religione non dovrebbe neanche esserci visto che stregoneria o astrologia sono arti osteggiate dalla dottrina cristiana eppure anche questo personaggio ha un  particolare significato allegorico .  Secondo la leggenda una sibilla aveva  infatti predetto la nascita di Cristo. .Essa viene  tradizionalmente  rappresentata nel presepe napoletano con un bimbo in braccio o con un cesto di arnesi di ferro, metallo usato per forgiare i chiodi della crocifissioni, perciò segno di sventura e dolore.Ma ad una più attenta osservazione e riflessione non è  un  personaggio negativo  se consideriamo che è proprio nel supplizio della croce che si realizza la salvezza offerta da Gesù.
  • Stefania, è una giovane vergine che, saputo della nascita di  Gesù , si incamminò verso la Natività per adorarlo. Venne però bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di recarsi a visitare la Madonna  (i tabù religiosi del popolo ebraico, infatti,  vietavano alle zitelle di accostarsi alle partorienti ed alle puerpere) Stefania, però, anche se ripetutamente “respinta dagli angeli ”non  si arrese: prese una pietra, l’avvolse in un drappo di fasce come se si trattasse di un bambino e, fingendosi madre riuscì ad ingannare  gli angeli, . Dopo un lungo cammino , giunge il giorno dolo la nascita del Redentore alla grotta al cospetto di Gesù  e della Madonna  . Alla presenza di Maria, si compì  a quel punto un miracoloso prodigio: la pietra starnutì si trasformò in un  bambino, che ebbe nome Stefano (Santo Stefano ),  il cui compleanno si festeggia il 26 dicembre, cioè il giorno dopo di Natale . Da quel giorno il 26 dicembre, si celebra la festa di Santo Stefano, che poi fu il primo martire cristiano del 1° secolo, diacono della comunità apostolica di Gerusalemme, lapidato per aver rimproverato ai giudici di aver fatto uccidere Cristo. Secondo un’altro racconto  , Stefania  era invece sì una donna sterile che con lo stratagemma della pietra riuscì ad entrare nella grotta, ma in questo caso nessuno starnuto. Maria, secondo quest’altra leggenda, vedendo Stefania, infatti, le sorrise predicendole che il giorno seguente avrebbe avuto un figlio, come poi accadde.
  • I Re Magi  simboli di un antico esoterismo devono esserci sempre presenti sul presepe  ma in lontananaza dalla grotta  . Essi  in groppa a dei cammelli , guidati dalla stella cometa si dirigono verso la grotta per dare i loro doni al Redentore .la parola magi è il plurale di mago, ma per evitare ambiguità si usa dire magio. Si trattava di sapienti con poteri regali e sacerdotali. Il Vangelo non parla del loro numero, che la tradizione ha fissato a tre, in base ai loro doni, Oro , Incenso e Mirra ,  cui è stato poi assegnato un significato simbolico. Le soluzioni estetiche adottate per il posizionamento dei Magi sulla scena sono molteplici, spesso originali ma tutte artisticamente valide.  Essi , montando tre cavalli di colore diverso , simboleggiano il viaggio dell’astro che, come i Magi, inizia il suo cammino a Oriente.
  • Tradizionalmente i re Magi sono tre : il vecchio che cavalca un cavallo nero ; Gasparre il giovane , che momta un cavallo bianco ; Melchiorre il moro , col suo cavallo fulvio .  I tre diversi colori dei cavalli ,uno bianco come il sole nascente, uno sauro rossiccio come il sole al tramonto e uno nero come la notte , rappresentano le tre fasi del giorno: mattina, mezzogiorno e sera. Essi rappresentano il viaggio notturno della stella cometa che si congiunge con la nascita del nuovo “sole-bambino”. In questo senso va interpretata la tradizione cristiana secondo la quale essi si mossero da oriente, che è il punto di partenza del sole, come è chiaro anche dall’immagine del crepuscolo che si scorge tra le volte degli edifici arabi . Quando dopo la notte giungono al cospetto di Cristo, che rappresenta il sole che risorge, i tre Re rappresentano il mondo e il tempo che si ferma per la nascita del figlio di Dio. .  In origine però erano rappresentati in groppa a tre diversi animali, il cavallo, il dromedario e l’elefante che rappresentano rispettivamente L’Europa , l’Africa e l’Asia .

     

     

     

     

     

     

     

     

     

  • I  re magi sul presepe non sono altro che la prima attestazione di uomini religiosi di un’altra cultura che adorano Gesù e  come vi dicevo devono necessariamente essere posti  lontano dalla grotta perché’ simbolicamente devono  giungervi  solo all’Epifania  .

     

  • N.B. Nella mitologia pagana romana invece la festa della befana non aveva alcun elemento religioso .Gli antichi romani infatti credevano che dodici giorni dopo  il solstizio d ’inverno , dodici donne volassero sui campi per favorire i raccolti
  • Le lavandaie: sedute davanti ai secchi mentre lavano i panni, in ginocchio  rappresentano le levatrici che hanno assistito  alla nascita di Gesù e prestato aiuto alla Madonna .  I teli che hanno usato per pulire il Bambinello sono miracolosamente puliti e immacolati  a simboleggiare la verginità di Maria e l’origine miracolosa di suo figlio (  esse stendono panni candidi, che rappresentano la verginità di Maria)
  • Il cacciatore e il pescatore: sono due figure legate al fiume. Il pescatore è posto nella parte alta del corso d’acqua con le canna da pesca in mano oppure senza canna, vicino al banco del pesce per la vendita del pescato: rappresenta la vita. Il cacciatore, invece, è posto nella parte alta del corso d’acqua mentre imbraccia un fucile: rappresenta la morte. Insieme simboleggiano il ciclo vita: sono collegati alla dualità del mondo celeste e di quello dell’Ade: pescatore in basso-inferno, cacciatore in alto-mondo celeste .Il pescatore inoltre  nel presepe ricorda simbolicamente  San Pietro , pescatore di anime . Ricordiamo a tutti che  Il pesce fu il primo simbolo dei cristiani perseguitati dall’Impero Romano e  l’anticonismo , cioè il divieto di raffigurare Dio, applicato fino al III secolo  comportò la necessità  da parte dei cristiani di usare dei simboli per alludere alla Divinità.  Venne in questo caso scelto  “in codice”  il simbolo di un pesce per indicare  Cristo . La   parola greca ἰχθύς, ichthýs, (che significa appunto “pesce”)  che venne usata nei primi secoli del cristianesimo, durante le persecuzioni, per alludere a Dio  sono un acronimo di “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.
  • La meretrice: Simbolo erotico per eccellenza, contrapposto alla purezza della  Vergine  si colloca nelle vicinanze dell’osteria, in contrapposizione alla Natività che è alle spalle.
  • I venditori di cibosono sempre dodici, perchè sono l’allegoria dei dodici mesi dell’anno. (Gennaio: macellaio o salumiere; Febbraio: venditore di ricotta e di formaggio; Marzo: pollivendolo e venditore di altri uccelli; Aprile: venditore di uova; Maggio: coppia di sposi con cesto di ciliegie e di frutta; Giugno: panettiere; Luglio: venditore di pomodori; Agosto: venditore di anguria; Settembre: venditore di fichi o seminatore; Ottobre: vinaio o cacciatore; Novembre: venditore di castagne; Dicembre: pescivendolo o pescatore).
  • Il Pastore della Meraviglia: posizionato in prossimità della Grotta, ha le braccia e la bocca spalancate perchè assiste con stupore alla nascita di Gesù. In lui c’è tutta la meraviglia della scoperta del divino, l’incontenibile sorpresa dell’uomo che viene in contatto con qualcosa di immenso. Per alcuni sarebbe lo stesso Benino ‘risvegliato’ nel suo stesso sogno.
  • I Mendicanti, Zoppi e Ciechi: non dovrebbero mai mancare su un presepe. Essi rappresentano le anime del Purgatorio che chiedono preghiere ai vivi. Nelle festività, specialmente a Natale, nessuno dovrebbe dimenticare una preghiera per le “anime pezzentelle”.
  • L’inseparabile  coppia di zampognari che al suono della zampogna e della ciaramella annunciano al mondo la buona novella della venuta di Gesù Bambino sulla Terra, sono anche essi ,quei pastori che  non devono  mai mancare sul presepe . Essi rappresentano  una presenza fissa del presepe napoletano, e vengono  generalmente  posti nelle immediate vicinanze della “capanna” o “grotta” della Sacra Famiglia. Lo zampognaro, tradizionalmente identificato come un pastore o un contadino  è il suonatore di zampogna, uno strumento musicale arcaico a fiato molto diffuso in Italia centro-meridionale,  e molto simile alla cornamusa  con il quale però non va confuso ( la differenza riguarda sopratutto il numero di canne melodiche) .Generalmente i zampognari sono rappresentati nel presepe in coppia : uno suona la zampogna e l’altro la ciaramella , uno strumento a fiato simile all’oboe, ma composto di canne .Ancora oggi a Napoli è possibile talvolta vederli con l’arrivo del Natale (in particolare durante il periodo della Novena dell’Immacolata Concezione e del Natale) . Essi percorrono le vie cittadine, in abiti tipici, suonando motivi natalizi tradizionali, quali ad esempio Tu scendi dalle stelle di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
  • CURIOSITA’: Nel presepe del 700 , i zampognari sono tra i personaggi fissi del presepe che vengono di solito posizionati di fronte alla grotta per celebrare la nascita di Gesù bambino . Questo dimostra quanto la figura dello zampognaro sia una figura fondamentale della tradizione natalizia napoletana .Essi   rimanevano in città per nove giorni allo scopo di  annunciare la nascita del Salvatore , esibendosi nelle tradizionali canzoni natalizie e nelle  antiche Novene  da sempre considerate di buon auspicio . I nove giorni della durata della Novena hanno un alto valore simbolico e di devozione ;i nove giorni della durata della  novena, richiamano infatti i nove mesi della gravidanza di Maria  .
  • Pastori e Pecore: rappresentano il “gregge” dei fedeli che incontra Dio grazie alla guida avveduta dei pastori, i sacerdoti.
  • Bue e Asinello: secondo la tradizione il bue e l’asinello riscaldarono con il loro fiato la mangiatoia in cui venne riposto Gesù. Simbolicamente rappresentano invece il Bene (bue) e il Male (asino). Esse però non sono due forze in contrasto, ma bilanciate fra di loro ed insieme danno ordine al mondo intero: rappresentano l’equilibrio perfetto.
  • Il presepe napoletano del 700

 

I

Il termine “presepe” deriva dal latino praesepe o praesepium, che significa mangiatoia.

 

 

 

 

Ricordatevi  sempre  che quando fate il presepe è importante non inserire ” il bambinello ” prima dello scoccare della mezzanotte di Natale .

Il presepe ha secondo molti origini medievali risalenti  a san Francesco d’Assisi.  L’idea di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Gesù bambino , venne al santo dopo aver assistito a Betlemme , nel natale del 1222   alle funzioni per la nascita di Gesù. Francesco rimase talmente colpito che, tornato in Italia, chiese al Papa Onorio III di poter ripetere le celebrazioni per il Natale successivo. A quei tempi le rappresentazioni sacre non potevano tenersi in chiesa, così il Papa gli permise di celebrare una messa all’aperto. Fu così che,per la prima volta ,  la notte della Vigilia di Natale del 1223 , in un bosco presso Greccio in Umbria ,  San Francesco allestì il primo presepe vivente della storia: i frati con le fiaccole illuminavano il paesaggio notturno e all’interno di una grotta fu allestita una mangiatoia riempita di paglia con accanto il bue e l’asinello, ma senza la Sacra Famiglia.

Il primo presepe con tutti i personaggi , compreso la Sagra Famiglia ed i re magi , risale, invece, al 1283  per opera di  Arnolfo di Cambio .  Questo presepio , costituito da otto statuine lignee ,  è, ancora oggi, conservato nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.

Da quel momento, quindi dal XIII secolo,  si diffuse in maniera sempre più frequente l’uso di fare il presepe in occasione delle feste natalizie  fino a diventare nel corso dei secoli , uno dei simboli più espressivi del Natale sopratutto nel Regno di Napoli

Nel corso del Cinquecento incominciarono a comparire accanto alla scena classica della Sacra famiglia alcuni piccoli  primi mutamenti. Oltre al bue ed all’asinello, incominciarono  infatti a comparire anche altri animali come il cane, la capra e le pecore, oltre a due pastori,  e tre angeli. A dare  un forte impulso all’ammissione sul presepe anche di personaggi secondari.ed incrementare la cultura popolare del presepe fu certamente anche la figura San Gaetano di Thiene che in quel periodo  giunse a Napoli .

Egli , grande amante del presepio , viene ancora oggi indicato  come l'”inventore” del presepe napoletano e come colui che diede inizio alla tradizione di allestire il presepe nelle chiese e nelle case private in occasione del Natale.  Un suo particolare  presepio allesstito nell’Ospedale degli Incurabili  ebbe molto  successo e popolarità in città . Il presepio più famoso però  fu quello realizzato realizzato dai padri Scolopi nel 1627   alla duchessa. La chiesa degli scolopi lo smontava ogni anno per rimontarlo il Natale successivo: anche questa fu un’innovazione perché fino ad allora i presepi erano fissi.

Nel seicento  il presepe allargò il suo scenario. Non venne più rappresentata la sola grotta della  Natività , ma anche il mondo profano esterno: in puro gusto barocco , si diffusero le rappresentazioni delle taverne con ben esposte le carni fresche e i cesti di frutta e verdura e le scene divennero sfarzose e particolareggiate.  Si cominciò quindi a rappresentare la gente del popolo: i mercanti, gli artigiani, i fruttivendoli  , il pescivendolo , il panettiere e qualche paesaggio scenografico diverso come le  montagne con le greggi, ed il corteo dei magi. Le modifiche apportate  alla scena   della natività , inserendo nel presepe anche alcuni  personaggi della vita quotidiana che non c’entravano con la sacra famiglia, diede al presepe una nuova meravigliosa scenografia che riscosse un enorme successo non solo tra il popolo ma anche e sopratutto nell’alta aristocrazia .

Il presepe , in questo perioso , acquisì una propria teatralità  , arricchita dalla tendenza a mescolare il sacro con il profano, e rappresentare in ogni arte la quotidianità che animava piazzette, vie e vicoli. Apparvero nel presepio statue di personaggi del popolo come i nani, le donne con il gozzo, i pezzenti, i tavernari, gli osti, i ciabattini, ovvero la rappresentazione degli umili e dei derelitti: le persone tra le quali Gesù nacque . Particolarmente significativa fu l’aggiunta dei resti di templi greci e romani per sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine del paganesimo, secondo un’iconografia già ben radicata in pittura.

L’arte presepiale divenne talmente diffusa, da portare ad avere in società una figura professionale (  figurinaio ) cioè  un artista specializzato nella creazione delle statuine che si dedicarono  completamente  alla costruzione del presepe. Il  principale artista di questa nuova arte presepiale in città fu certamente Michele Perrone . Grazie a lui  i manichini conservarono testa ed arti di legno, ma furono realizzati con un’anima in filo di ferro rivestito da abiti di  stoffa   che consentì alle statue di assumere pose sempre più plastiche.   Le statuine furono squindi costituite da manichini snodabili di legno, che inizialmente fatti  a grandezza umana  finirono poi lentamente per poi ridursi attorno ai settanta centimetri.

Ma Il secolo d’oro del presepe napoletano è stato sicuramente il settecento  , quando per merito della fioritura artistica e culturale presente in città   anche i pastori cambiarono il loro sembiante. I committenti in questo periodo non erano più solo gli ordini religiosi, ma anche i ricchi e i nobili. il presepe napoletano iniziò quindi a uscire dalla chiese dove era stato oggetto di devozione religiosa  per  incominciare ad entrare nelle case dell’aristocrazia e divenire oggetto di un culto ben più frivolo e mondano nelle regge dei nobili.

Il re Carlo di Borbone ,  aveva una vera passione da partecipare personalmente e coinvolgere famiglia e corte nella realizzazione e vestizione di pastori e nel montaggio dell’enorme presepe del palazzo reale. Salito al trono di Spagna, portò con se un grandissimo presepe e alcuni famosi artigiani e dando  così inizio anche in Spagna ad una tradizione d’arte presepiale. Sotto l’influsso del re, nobili e ricchi borghesi gareggiarono nell’allestire impianti scenografici giganteschi e spettacolari, in cui il gruppo della Sacra Famiglia fu sopraffatto da un tripudio di scene profane che riproducevano ambienti, situazioni e costumi della Napoli popolare dell’epoca.

Nobili e borghesi gareggiarono tra loro per allestire presepi sempre più ricercati nel tentativo di attrarre le attenzioni della corte reale . Giuseppe Sammartino , forse il più grande scultore napoletano del 700 , diede vita con la sua bravura ad una vera e propria scuola di artisti del presepio divenendo molto famoso e ricercato in città più per questa sua dote che per quello di scultore ( vi ricordo che fu l’autore del famoso Cristo Velato della Cappella San severo ).

Furono investiti da parte di molte nobili famiglie ingenti capitali per assicurarsi i “pastori” più belli e la collaborazione degli artisti più rinomati; il sacro evento divenne pretesto per far sfoggio di cultura, ricchezza e potenza. Le statue, dalle teste modellate in terracotta dipinta e con occhi di vetro, gli arti in legno, il corpo in stoppa con un’anima di fil di ferro che ne garantiva la flessibilità, erano vestite di tessuti di pregio come le stoffe di San Leucio e, quelle che impersonavano personaggi di rilievo, agghindate con gioielli in materiali preziosi, perle e pietre preziose. A realizzare le armi, gli strumenti musicali, i vasi preziosi e gli altri minuti ornamenti dei personaggi del corteo dei re magi vennero chiamati argentieri e gioiellieri famosi . Le frutta e le cibarie esposte nei banchetti o consumate nelle taverne erano realizzate in cera colorata.

Da questo momento il presepe oltre ad essere considerato un elemento tradizionale natalizio si traformò , grazie a monumentali opere in marmo o legno e piccoli preziosi pastori firmati da eccellenti artisti dell’epoca  , in una vera e propria arte pregiata.  Il presepe assunse  una sua configurazione ben precisa: le figure furono  realizzate con manichini in filo metallico ricoperto di stoppa, le teste e gli arti inizialmente fatte  in legno dipinto, vennero poi  gradualmente sostituite da terracotta policroma.

Incominciarono a comparire come abbiamo detto, manichini di legno con arti snodabili e vestiti di stoffa  che potevano così assumere le più svariate posizioni . E’ questo il periodo in cui il  presepe napoletano raggiunge il suo più alto splendore. , favoriti da scultori  napoletani che nel 700  raggiunsero  una tale bravura e maestria che resero il presepe una vera e propria opera d’arte.

La meraviglia delle scene costruite con dovizia e ricchezza di particolari, la perfezione dei volti dei pastori e delle figure umane ed animali in generali, creavano nei visitatori stupore e questo era ricercato dai proprietari alla volte anche a scapito della sacralità mai persa però nelle intenzioni degli architetti e dei loro artigiani.

Il presepe di questo secolo è un nuova forma di spettacolo dove troviamo spaccati di vita quotidiana che riflettono la cultura dell’epoca, gli storpi e i diseredati rappresentati non senza sarcasmo, l’opulenza dei nobili orientali e delle loro corti a simboleggiare i privilegi dei nobili, l’osteria con l’avventore e l’oste a rappresentare la bonomia del popolo. Il tutto con una ricchezza inaudita attraverso sete e stoffe, gioielli, ori ed argenti che dovevano dimostrare il proprio status socio-economico. Luoghi di queste rappresentazioni non furono solo le chiese ma anche le stanze dei privati, chiaramente più facoltosi, che attiravano un pubblico numeroso e di ogni estrazione sociale . Il presepe andò quindi lentamente a perdere progressivamente la sua  misticità per trasformarsi sempre di più in una rappresentazione profana diretta ad affermare, anch’esso il prestigio della famiglia.

Lo stupore dei nobili spettatorii invitati nelle case patrizie ad ammirare il presepio con la finezza dei particolari e lo sfarzo nelle scene , aumentava non solo l’ orgoglio dei loro committenti ma anche e sopratutto  il loro prestigio personale.

I presepi erano formati da figure lignee di grandezza quasi naturale , prive di accessori che potessero distrarre dall’importanza dell’evento sacro che rappresentavano , ed erano immagini solenni che invitavano alla religiosità e alla preghiera .

Le statuette realizzate dai migliori artigiani arrivarono a costare delle vere fortune: si calcola addirittura l’equivalente di un mese di stipendio di un funzionario di corte. Famiglie nobili giunsero a rovinarsi pur di realizzare presepi che potessero competere in magnificenza con quello reale, e meritare -nel periodo natalizio- la visita del sovrano. Paradossalmente, quando i creditori arrivavano al pignoramento dei beni di queste famiglie troppo prodighe nelle loro spese presepiali, proprio quei piccoli capolavori costituivano una delle principali voci nei verbali degli ufficiali giudiziari.

N.B. Ancora oggi a Napoli , alcuni bravi  artigiani producono   su ordine di committenti pezzi presepiali e pastori  di gran pregio che hanno costi elevatissimi .

Nacquero , grazie a ricchi nobili  in questo periodo , numerose importanti  collezioni private come quelle  del principe Emanuele Pinto,  e quello del  principe di Ischitella

Nella prima metà dell’800 la moda e conseguentemente la passione dei presepi incominciò  lentamente a finire per poi tramontare definitivamente .  Le grandi collezioni private incominciarono a smembrarsi, mentre i grandi presepi sontuosi e di alto costo , andarono scomparendo per essere sostituiti lentamente da  quelli  con più piccoli pastori di  pregiata fattura..

Nel Novecento questa tradizione è gradualmente scomparsa, ma ancora oggi grandi presepi vengono regolarmente allestiti in tutte le principali chiese del capoluogo campano e molti napoletani lo allestiscono ancora nelle proprie case cercando e  comprando i migliori pezzi nel famoso quartiere di San Gregorio Armeno dove questa tradizione viene portata avanti con tecniche tramandate di generazione in generazione.

Dei grandi pezzi degli antichi pastori , oggi rarissimi e preziosissimi ma difficili da trovare restano a noi alcune grandi opere come una statua della Madonna , oggi conservata nel Museo di San Martino , donata insiema a tutto il presepe , dalla Regina Sancia d’Aragona ( moglie del re Roberto d’Angiò ) alle suore  clarisse della Chiesa di S. Maria del presepe ad Amalfi , un bellissimo presepe di Pietro e Giovanni Alemanno composto da 12 statue ed il presepe di Antonio Rossellino visibile a Sant’Anna dei Lombardi .

Ma non possiamo certo dimenticare anche i presepi costruiti nelle chiese dell’Annunziata e di S. Eligio e sopratutto quello più famoso di Giovanni da Nola presente nella chiesa di S. Maria del Parto .

Il  presepe napoletano oggi da noi è anche espressione di arte . In città  ce ne sono alcuni di una bellezza straordinaria, che oramai fanno parte della nostra storia. Tra questi abbiamo il famoso Presepe Cuciniello, nel Museo di San Martino, il  Presepe del Banco di Napoli , più conosciuto come “Il presepe del Re” conservato a Palazzo Reale a Napoli  ,  la bellissima collezione Catello per la maggior parte oggi presente al Museo di Capodimonte  ed infine il famoso presepe che i sovrani Borbonici fecero allestire nella bella  reggia di Caserta .

Il primo  è stato realizzato utilizzando i personaggi dei pastori donati dall’architetto Michele Cuciniello, che li aveva ereditati dal padre. Il presepe napoletano fu realizzato componendo varie scene, dette scene madri, tra cui le migliori sono senza dubbio la Natività, la Taverna e l’Annuncio. I pastori che lo compongono sono stati realizzati dai maggiori artisti del ’700.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il  secondo, invece, comprende 210 figurine di pastori e 144 accessori vari, provenienti da presepi smontati e in larga parte venduti o dispersi agli inizi dell’Ottocento. La maggior parte dei pastori risalgono al Settecento e molti sono opera di grandi scultori napoletani. La scena è ricca di personaggi, situazioni e particolari della realtà quotidiana dell’epoca. La scenografia è quella che caratterizza il presepe napoletano, con la  Sacra Famiglia posta sul classico scoglio di fronte ai resti di un tempio pagano, la Taverna e il ricco insieme di personaggi presi dai racconti biblici (come i Re Magi) o dalla tradizione popolare napoletana (come gli zampognari, i mercanti, il panettiere o il maniscalco).

Il terzo è invece una incredibile e bellissima raccolta  di pastori settecenteschi fatta con le preziosi mani dei migliori artisti dell’epoca , come il Sammartino , il Somma , i Vaccaro , Vassaro , Gori , Mosca e tanti altri . Al  Museo di Capodimonte , nei meravigliosi appartamenti reali  si possiamo   ammirare il gruppo presepiale con la Gloria degli Angeli,   ma sopratutto  quello con la scena dell’Elefante, dove è presente  un grande elefante che si ispira a quello in carne e ossa donato a  Carlo di Borbone nel 1742 dal Gran Visir ,  il cui scheletro è conservato nel Museo Zoologico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Come sapete l’elefante prese parte a diverse sfilate, suscitando la meraviglia della popolazione locale di Portici  e debuttò nel 1743 al Teatro San Carlo di Napoli nell’opera Ezio di  Pietro Metastasio , espressione del gusto per l’esotico tipico della metà del XVIII secolo.

Il quarto invece è il presepe di Corte che si trova nella bella sala Ellittica della Reggia di Caserta . Esso  rappresenta uno dei più belli esempi di arte presepiale fatta con pezzi in terracotta risalenti al XVIII secolo dove i pastori  erano posti sul cosiddetto scoglio, una struttura di base in sughero sulla quale venivano organizzate scenograficamente le diverse scene della raffigurazione della  Natività ;  l’Annuncio ai pastori, l’Osteria, il viaggio dei Re Magi e  le scene corali con pastori e greggi.

I sovrani  Borbonici , grandi amanti dell’arte presepiale fecero allestire l’ultimo loro presepe nella Sala della Racchetta facendo addirittura affrescare il soffitto a simulazione della  volta celeste .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CURIOSITA’ ; Il  grande elefante fu donato al re Carlo dal sultano Mahmud ed il  re e la regina furono molto compiaciuti di avere questo strano ( per l’epoca ) ed atipico animale ed orgogliosi lo fecero più volte condurre al loro cospetto .

I reali orgogliosi lo facevano spesso esporre al popolo e consapevoli di essere gli unici ad averlo ordinarono al pittore Giuseppe Bonito l’esecuzione di un dipinto dove fosse ritratto l’elefante . Il re Carlo invio’ poi il quadro in Spagna a suo padre Filippo V.

Il prezioso elefante visse fino al 1756 nel parco reale di Portici , curato e coccolato , affidato alle cure di un caporale babilonese che ogni tanto lo portava a passeggio tra le vie della città’ dandosi grande importanza .
L’elefante finì per essere introdotto anche nel presepe reale dove sostitui’ un dromedario e la nuova scena presepiale si può’ ancora oggi ammirare nel presepe presente al Museo di Capodimonte dove il piccolo elefante viene considerato un pezzo unico nel suo genere per rarità ed eleganza .
Il vero pachiderma alla sua morte fu invece imbalsamato e mandato alla Reale Università’ degli Studi dove ancora oggi è’ visibile al Museo di zoologia.

Finiamo il nostro articolo nel ricordarvi una delle più belle pagine scritte sul presepe da parte di uno degli uomini più illustri che il tempo ha dato alla  nostra città . Parliamo ovviamente del grande amato e purtroppo  da poco tempo compianto LUCIANO DE CRESCENZO:

“O PRESEPE”

«Il presepe» dice il professore «per noi napoletani è una cosa veramente importante, lei ingegnere scusi preferisce il presepe o l’albero di Natale?»
«Il presepe, ovviamente.»
«E ne sono contento per lei» mi dice il professore stringendomi la mano. «Veda, gli esseri umani si dividono in presepisti ed alberisti e questa è una conseguenza della suddivisione del mondo in mondo d’amore e mondo di libertà ma questo è un discorso lungo che potremo fare un’altra volta, oggi invece vi vorrei parlare del presepe e dei presepisti»
«Forza professò » dice Salvatore. «Parlateci del presepe che qua stanno i ragazzi vostri!»
«Dunque , come vi dicevo, la suddivisione in presepisti ed alberisti è tanto importante che, secondo me, dovrebbe comparire sui documenti d’identità come il sesso ed il gruppo sanguigno. E già per forza, perché altrimenti un povero dio rischierebbe di scoprire solo a matrimonio avvenuto di essersi unito con un cristiano di tendenze natalizie diverse. Adesso sembra che io esageri, eppure è così: l’alberista si serve per vivere di una scala di valori completamente diversa da quella del presepista. Il primo tiene in gran conto la Forma, il Denaro e il Potere; il secondo invece pone ai primi posti l’Amore e la Poesia.»
«Noi qua in questa casa» dice Saverio, «siamo tutti presepisti, è vero professò?»
«No, non tutti. Mia moglie e mia figlia, ad esempio, come quasi tutte le donne, sono alberiste.»
«Ad Assuntina piace l’albero di Natale» dice sottovoce Saverio.
«Tra le due categorie non ci può essere colloquio, uno parla e l’altro non capisce. La moglie vede che il marito fa il presepe e dice: “Ma perché invece di appuzzolentire tutta casa con la colla di pesce, il presepe non lo vai a comprare già bello e fatto all’UPIM?”. Il marito non risponde. E già perché all’UPIM si può comprare l’albero di Natale che è bello solo quando è finito e quando si possono accendere le luci, il presepe invece no, il presepe è bello quando lo fai o addirittura quando lo pensi: “Adesso viene Natale e facciamo il presepe. Quelli a cui piace l’albero di Natale sono solo dei consumisti, il presepista invece, bravo o non bravo, diventa creatore ed il suo vangelo è “Natale in casa Cupiello”.»
«Io l’ho visto professò e mi ricordo di quando Eduardo dice: “Il presebbio l’ho fatto tutto da solo e contrastato dalla famiglia”.»
«I pastori» continua Bellavista. «Debbono essere quelli di creta, fatti a mano, un poco brutti e soprattutto nati a San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli, e non quelli di plastica che si vendono all’UPIM, e che sembrano finti; i pastori debbono essere quelli degli anni precedenti e non fa niente se sono quasi tutti un poco scassati, l’importante è che il capofamiglia li conosca per nome uno per uno, e sappia raccontare per ogni pastore nu bello fattariello: “Questo è Benito che non teneva voglia di lavorare e che dormiva sempre questo è il padre di Benito che pascolava le pecore sopra alla montagna e questo è il pastore della meraviglia” e a mano a mano che i pastori escono dalla scatola, c’è la presentazione. Il padre presenta i pastori ai figli più piccoli, che così ogni anno, quando viene Natale, li possono riconoscere e li possono voler bene come a persone di famiglia. Personaggi della vita, anche se storicamente inaccettabili come ‘O monaco e ‘O cacciatore c’o fucile.»
«Professò, po’ ce sta ‘o cuoco, ‘a tavulella cu’ e’ ddoie coppie assettate, ‘o mellunaro, o’ verdummaro, chille ca venne ‘e castagne, ‘o canteniere, ‘o chianchiere (Il cuoco, la tavola con le due coppie sedute, il venditore di cocomeri, il verdumaio, quello che vende le castagne, il vinaio, il macellaio).»
«Ebbè,» dice Salvatore a pure a quell’epoca si doveva faticare fino a notte tarda per poter campare»
«E poi ci sta ‘a lavannara (la lavandaia),» continua Saverio «‘o pastore che porta ‘e pullastre, ‘o piscatore che pesca overamente nell’acqua vera che scende da dentro all’enteroclisma messo dietro al presepe.»
«Papà mio,» dice Luigino, «quelli un poco scassati li riusciva sempre a mettere in maniera tale che poi nessuno si accorgeva se tenevano un braccio o una gamba di meno; mi diceva: “Luigì, adesso papà trova una posizione strategica per questo povero pastoriello che ha perduto una coscia”, e lo piazzava dietro a una siepe o dietro a un muretto, e poi mi ricordo che avevamo un pastore che ogni anno si perdeva qualche pezzo, tanto che alla fine ci rimase solo la testa e papà la piazzò dietro a una finestrella di una casetta. Papà le casette le faceva con le scatole delle medicine e poi dentro ci metteva la luce, e quando, durante l’anno, io mi dovevo prendere una medicina, per esempio uno sciroppo che non mi piaceva, allora lui prendeva lo scatolino e mi diceva: “Luigì, questo scatolo ce lo conserviamo per quando viene Natale, che cosi ne facciamo una bella casetta per il presepio, tu però bell’ ‘e papà devi finire prima la medicina che ci sta dentro, se no papà la casarella come la fa?”»
«E poi, quando veniva la mezzanotte,» continua Salvatore «ci mettevamo tutti in processione e giravamo per tutta la casa cantando “Tu scendi dalle stelle”. Il più piccolo della famiglia avanti con il bambino Gesù, e tutti quanti dietro con una candela accesa tra le mani.»
«O’ presepe! L’addore (odore) d’a colla ‘e pesce, ‘o suvero (il sughero) pe fa ‘e muntagne, ‘a farina pe fa ‘a neve…»

Bellissimo vero ?

Io credo che quella statuina sul presepe al lui dedicata se la sia proprio meritata

 

 

  • 4598
  • 0