La  nostra città conta più di cento vicoli  ampi poco più di un corridoio e lunghe meno di venti metri, che si intrecciano dal centro storico alle periferie, battezzati con i nomi più strani e inusuali. Sono vicoli stretti e misteriosi , spesso caratterizzati dallo sventolio del bucato steso ad asciugare sui fili, i panieri abbassati dai piani alti, profumo del caffè sul fuoco ed i suoni e gli schiamazzi provenienti dalle  nuove botteghe e rappresentano incontrasti , il posto dove potrete incontrare il vero folklore dei napoletani , la loro lingua , i loro rumori, i loro odori ed i loro colori.

I loro nomi , come quelli di tanti altri vicoli di Napoli , formatisi in seguito al sorgere intorno ad esso di nuovi palazzi, non sono casuali ma il risultato di secoli di storia che hanno caratterizzato il luogo da un punto di vista sociale ed economico. Spesso il nome deriva solo dalla vicina chiesa o  spesso è legato a personaggi o famiglie illustri che hanno caratterizzato  la zona , ma tante altra volte è legata solo ad antichi mestieri che riuniti in corporazioni caratterizzavano con la loro arte interi vicoli e rioni .

Ecco un elenco di alcuni dei più curiosi e divertenti vicoli e vie della nostra città :

Vico Scassacocchi:

Questo vicolo si trova tra Via dei Tribunali e Spaccanapoli e il suo nome trae origine dal fatto che un tempo si trovavano le botteghe degli sfasciacarrozze., artigiani specializzati nella rottamazione  delle carrozze che poi venivano vendute a pezzi. Gli artigiani costruivano riutilizzando il legno delle carrozze sfasciate , stanghe , ruote e nuove balestre  per poi venderle  a buon prezzo. Altri invece credono che il nome derivi dall’impossibilità di far passare le carrozze a causa de vicolo troppo stretto . Questo fattore causava la chi si addentrava nel vicolo con la carrozza , quasi sempre la rottura delle ruote ai carri e alla superficie esterna delle stesse  carrozze .

Il Vico  è uno dei più noti della città perchè è stato oggetto del film Napoli Milionaria di Edoardo De Filippo con Totò scelto come luogo di ambientazione  per la sceneggiata “La Smorfia” con Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro.

Via dei Calzolai:

Questo vico si trova nei pressi del quartiere di San Pietro a Patierno ed era come dice il nome , il luogo dove vi era una forte attività socio-economica legata ai calzolai che con le loro numerose botteghe specializzate nella riproduzione della scarpa  contribuirono alla ripresa economica ed al benessere d in intero quartiere.

Vico delle Paparelle :

Il nome di questo vico deriva dal modo popolare come gli abitanti del luogo chiamavano le ragazze ospiti del ritiro che fece  costruire la nobildonna Luisa Paparo per ospitare le donne povere del luogo.Vico Paparelle al Pendino, invece, non deve il suo nome ad oche o anatre, ma al nome che i napoletani diedero alla stradina che ospitava una domora per donne indigenti voluta dal nobiluomo Aurelio Paparo e da sua figlia Luisa.

Vico Paradisiello :

Questo vico deve il suo nome a frate Ignazio Savino che vi fece apporre per ragioni di fede numerosi croci .

Vico delle Tofe :

Questo vico deve il suo nome ad un particolare mestiere , quello di costruire ” la tofa ” cioè una grossa conchiglia che una volta bucata in modo particolare , quando ci si soffiava dentro , emetteva un suono simile alle sirene delle navi che enravano nel porto. Le “trombe conchiglia” sono state infatti utilizzate per lungo tempo dai pescatori come segnale di richiamo per annunciare il loro  ritorno nel porto.

Non ha niente a vedere quindi con quello che malignamente alcuni di voi hanno pensato essere il termine con cui una volta , in passato, veniva indicata  una donna di poco conto .

La parola  ha origini latine , e deriva da ” tuba ” un termine con cui si  indica una sorta di  Tromba un tempo utilizzate per richiamare l’attenzione nell’annunciare un ingresso  importante di cose o persone . Il termine ” tufa ” significa in latino nicchio o conca marina .  

La tofa in realtà infatti è una grande conchiglia di mare (le cui dimensioni possono arrivare anche fino a 30 cm), che una volta  bucata , soffiandoci dentro, viene a  procurarsi un  suono profondo e prolungato. Essa  veniva realizzata  praticando un foro sulla conchiglia, ( dritto o laterale ) utilizzato poi per soffiarvi dentro l’aria e veniva utilizzato  un pò come le sirene che oggi annunciano l’ingresso delle navi nel porto. Infatti la celebre Tofa del porto era quel caratteristico rumore che indicava  l’ingresso e l’entrata delle imbarcazioni dai vari stabilimenti.

Nel tempo il suo uso  si diffuse come strumento folcloristico venendo utilizzato oltre che dai marinai (  e cacciatori )  anche nelle feste popolari sin dall’epoca romana, per poi essere sostituita dalla più famosa “trummetta“ che emetteva un suono ancora più stridulo e insopportabile.e  accompagnava la gioia ed il divertimento di tutti durante le feste di Piedigrotta.  Queste trombette allietavano la festa ed erano suonate incessantemente.

Nel nostro caso, il richiamo a questo primitivo strumento musicale dei due toponimi deriva da qualche mascherone che oranava una fontana lì presente, che spesso raffigurava un volto di un tritone che soffiava nella tofa, dalla quale usciva non il rumore, ma dell’acqua.
Una curiosità: prima di chiamarsi così il vico era denominato “vico della Pietra della Pazienza” per la presenza di una pietra presso la quale i nostri antichi concittadini sopportavano pazientemente i problemi e le angosce. Prima di chiamarsi così il vico era denominato vico della Pietra della Pazienza per la presenza di una pietra presso la quale i nostri antichi concittadini sopportavano pazientemente i problemi e le angosce.

Vico salsiccia:

Poi divenuto vico Scalciccia  si trova nella zona del Porto ed il suo nome va riferito alle salsiccie che si preparavano nelle vicine ” Chianche “( macellerie ). La scalciccia è quanto derivato dall’operazione dello scalco , cioè il macellaio.

Vico settimo cielo:

Il vicolo chiamato “ Vico Settimo Cielo” , che si trova accanto al chiostre della chiesa di Sant’Andrea delle Dame nel decumano superiore , deve il suo nome  al  vescovo  africano Settimio Celio Gaudioso, che fondò l’omonimo convento di San Gaudioso sulla collina di Caponapoli..
Secondo un’antica leggenda i Sette Cieli si riferivano a quelli di un abbagliante arcobaleno dotato di una forte luce che apparve nel cielo  il 13 dicembre del 596 mentre si stava celebrando il rito funebre di Sant’Agnello, presso la chiesa di Santa Maria Intercede che diede alla folla presente  la sensazione di vedere il paradiso.
L’espressione “andare al settimo cielo” pare derivi proprio da questo evento.

 

Vico Pallonetto a Santa Lucia :

Il vico deve secondo alcuni il suo nome al fatto che dopo la bonifica, il vicolo si e’ trovato sollevato rispetto al mare.

La denominazione di ” Pallonetto ” iinrealtà indicava  nel  Medio Evo, un luogo dove si praticava il gioco della palla . Erano allora molto diffusi la pallacorda che aveva molto dell’attuale tennis , la pallamaglio che aveva solo un ‘analogia con il gioco delle bocce , in quanto , queste , non si giocavano con le mani ma con mazze di legno chiamate , appunto , magli., la pilotta, il gioco del pallone toscano e piemontese erano invece grosso modo un misto di base-ball e di pelota basca con la palla giocata non contro il muro ma tra due squadre.

Dei ” Pallonetti ” rimasti troviamo, percorrendo la citta’ , il vico Pallonetto S. Liborio , alla Pignasecca , il vico Pallonetto S. Chiara ed il Pallonetto appunto di Santa Lucia , composto dalla via , i gradini , il Vicoletto ed il vico storto che unisce via Santa Lucia con la via Solitaria , sulla collina di Pizzofalcone.

 

Vico degli Impagliafiaschi :

Gli artigiani fabbricavano cesti e oggetti vari di paglia, così come la struttura per impagliare i recipienti di vetro detti “fiaschi” o dammiggiane. Caratteristici sono anche i cosiddetti “panari”, cesto in paglia con manico, generalmente legato ad una corda per essere calato dai balconi. Veniva riempito di spesa e utilizzato dalle signore per evitare la fatica delle scale. Gli artigiani richiamavano l’attenzione dei vicini con lo slogan: “ Tengo ‘a canesta, o ventaglio p’ ‘e furnacella, a scopa e ‘o scupillo”.

 

Vico tre Re a Toledo :

Questo vico ha un’origine religiosa e al contempo culinaria ; nel 500 infatti in questa zona era presente una locanda dedicata ai famosi tre Magi.

Via Monte dei Poveri Vergognosi si riferisce ad una seicentesca congregazione religiosa che aveva sede in quella strada, con annessa chiesa che fu soppressa da Gioacchino Murat nel 1808, per stabilirvi un tribunale e la camera di commercio. Oggi, al posto dell’ edificio sorge Palazzo Buono.

Via Teatro Nuovo che assume la sua denominazione da un famoso teatro fondato nel 1724, prevalentemente deputato ad inscenare le commedie tipiche della tradizione napoletana e progettato da Domenico Vaccaro. Fu distrutto da un incendio. Era anche detto “vico Sbirri”, nome che fu abolito dal 1850.

Vico Figurella a Montecalvario era dedicato ad un’edicola votiva, oggi non più presente, ma sostituita da un’altra dedicata a Sant’Antonio.

Vico d’Afflitto assume il suo nome al seguito di una nobile ed illustre famiglia campana, originaria della Costiera Amalfitana, che aveva residenza lì. O, forse, si riferisce ad un membro della famiglia in particolare: potrebbe essere il senatore Rodolfo d’Afflitto, vissuto nel XVIII secolo, o forse il professore di teologia presso l’ Università di Napoli Eustachio d’Afflitto, accademico e scrittore settecentesco.

Vico Emanuele De Deo  è invece dedicata  dall’800 ,ad un giovane, all’ epoca residente nei Quartieri Spagnoli, che ha sacrificato la propria vita in nome della Rivoluzione Napoletana del 1799 .

Via Sergente Maggiore è forse una delle poche vie dei quartieri che non ha mai cambiato la sua denominazione nei secoli, ed il suo nome  fa riferimento al fatto che in quella strada si potesse trovare l’ alloggio e l’ ufficio del sergente maggiore in carica dell’ epoca, rimarcando l’ origine militare della zona.

Via Nardones è un altro caso di via che non ha mutato denominazione negli anni, ciononostante il nome non è corretto, forse per un’erronea trascrizione in chissà quale epoca: è dedicata al nobiluomo spagnolo nonchè magistrato don Lope Mardones, che nel 1562 costruì in quella strada il suo palazzo personale.

Vico Freddo a Rua Catalana : Il Vico Freddo si trova nelle vicinanze del porto, ed è chiamato in questo modo perché  non battendovi mai il sole a causa degli alti  palazzi che lo circondano iil vico è sempre freddo  , ma godendo comunque del vento del mare , nonostante tutto riesce a  mantenere una temperatura umida e fresca persino nelle estati più calde ” vico fric “. 

L’altra parte del nome , Rua Catalana , deriva in qualche modo dalla la regina  Giovanna I d’Angiò. Ella , a suo tempo infatti per incentivare il commercio, chiamò in città negozianti e operai di diverse nazionalità , assegnando a ciascuno un quartiere dove poter vivere. Rua Catalana fu, ovviamente, assegnata agli spagnoli. In essa risiedevano lattonieri , rigattieri e sugherai ed ancora oggi è un quartiere-laboratorio sede di botteghe artigiane della latta e di altri materiali poveri.

 

Vico Lammatari:

Il nome  “lammatari”  di questo vico è una deformazione dialettale del termine amitari, che indica gli amidari cioè i fabbricanti di amido. La strada era infatti, popolata da numerose botteghe che per secoli fornivano amido alle pasticcerie, ai sarti e alle lavandaie.

 

VIA BAGNOLI : deriva dal nome della Terma Balneolum ivi esistente e che era così chiamata dalla piccolezza e dalla angustia della sua sorgente

VIA BANCHI NUOVI : prende il nome dai banchi o logge dei mercanti che qui avevano un punto vendita

VICO BARRETTARI : il termine giusto è parrettari che si riferisce alle parrette ( pallettoni ) che venivano usate per le balestre

Vico Chiavettieri :Questo vico era  popolato da botteghe artigiane dove i “chiavettieri” nella loro “puteca” fabbricava e vendeva chiavi. Non era quindi il luogo dove erano  presenti antichi sciupafemmine , ma semplici fabbri specializzati nel costruire chiavi .

 

 

Vico Figurari:

E’ il vico opposto a quello più famoso di S. Gregorio Armeno da cui si accede  da  piazzetta dell’Olmo .In questa zona durante alcuni scavi sono state ritrovate piccole statuine in terracotta dedicate a Demetra ,Apollo e Diana a dimostrazione che probabilmente la tradizione di piccoli lavori in terracotta di personaggi si sia tramandata in questo luogo per secoli fino ad arrivare all’attuale arte presepiale venduta nei tanti negozi che affollano lo stretto cardine.

Il nome del vico deriva da figurine ,( immagini religiose ) e dove probabilmente  già tanto tempo fa prima i cittadini greci e poi quelli romani offrivano come ex voto delle piccole figurine ( statuine ) di terracotta delle tante divinità adorate in questo antico luogo e fabbricate  nelle tante  botteghe che qui erano presenti.

 

Vico dei sospiri :

Questo vico appartenente al quartiere di Chiaia ha un nome tutt’altro che romantico .E’ infatti il luogo dove , prima di giungere alla non vicina Piazza Mercato ( luogo dell’esecuzione ) , transitavano i vari condannati all’impiccagione .Il nome del vicolo deriva deriva dall’appellativo che le fu dato dal popolo per ricordare il passaggio obbligato in quel luogo dei condannati a morte (“Vico sospira bisi”, da  “suspire ‘e ‘mpise” (sospiri di impiccati).

Oggi invece il vico dei sospiri è una stradina colma e brulicante di vita mondana , di locali e barretti  , come quello vicino di Vicoletto Belledonne dove invece dei condannati , un tempo i sospiri erano quelli … dell’amore come sembra suggerire allusivamente  il nome

 

Vico’a munnez :

Non è un nome dedicato alla immondizia ( munnezza in napoletano ) ma solo la storpiatura del nome di un vicolo intitolato un tempo alla nobildonna  Maria Mondez . Il popolo , allora molto ignorante , non sapendo pronunciare  il nome ” MONDEZ ” lo ha semplicemente tradotto nel più popolare “Munnezz “così come successe anche con ‘o vico ‘e perucchie perché anche qui il popolino capiva pidocchi anziché pitocchi: in realtà il vicolo era il luogo in cui vivevano, non si sa bene, molti usurai o molti poveri.

MOLO BEVERELLO : il toponimo indica le colline che da Pizzofalcone vanno a mare e che furono dette BIBIRELLUM per la notevole quantità di acqua

VICO BOTTE :il nome deriva dal fatto che pare si usava una botte posta nel luogo per alcuni .. bisognini

Via della Lana : Questa strada più che un vico deve il suo nome all’artigianato tessile che svolse nell’alto medioevo un ruolo importantissimo in città dando possibilità di lavoro a migliaia di persone . La produzione della lana e della seta divenne all’epoca un settore trainante dell’economia del regno e della stessa popolazione che trovava impiego e reddito attraverso la sua lavorazione.

Nei Decumani Intorno all’area dove oggi si trova la chiesa di S.S. Filippo e Giacomo , vi era allora un grande complesso costituito dall’unione di vari immobili acquistati dalla corporazione dei setaioli con lo scopo non solo di svolgere la lavorazione e la produzione della seta ma anche quella caritevole di ospitava le figlie dei tessitori poveri di Napoli . Tutta l’area intorno alla chiesa dovete immaginarla brulicante di filatoi , botteghe  ricche di stoffa e pregiata seta , tessitorie e sopratutto numerosi mercanti stranieri.

Sempre nei decumani in prossimità di piazza dei Girolamini, scendendo ripido verso via San Biagio dei Librai, troviamo il  vico dei Maiorani che no è altro che l’antico vicus Pistorius , stradina in cui un tempo erano situati i mulini ad acqua adoperati per macinare il grano la strada dei pestatori, delle macine. Una stradina dove anticamente, fin dai tempi dei romani   schiacciava il grano per realizzare la farina che sarebbe stata portata nel vicolo successivo dove c’erano i fornai che preparavano il pane: ancora oggi la strada parallela a vico Maiorani, infatti, si chiama vico dei Panettieri.

Una zona che con i suoi fiumicciattoli e rigagnoli e con le divinità ad esse connesse veniva considerata un luogo di forze  invisibili ed esoteriche  magie in cui misteriose forze si scontravano. Un luogo sacro che manco a farlo apposta  vide in quel luogo al civico numero 39 , nel ‘700 essere presente la sede dell’Accademia dei Placidi, ritrovo di uomini di scienze e cultura. . Lo storico palazzo medievale secondo alcune voci popolari sarebbe stato una delle dimore del Pontano , mostra nella sua corte  interna di palazzo una antica statua di un dio fluviale che incredibilmente somiglia in maniera impressionante ad altre statue presenti in città come il Corpo di Napoli (il dio Nilo) o quello del Sebeto, il mitico fiume napoletano rappresentato sulla fontana di Mergellina in largo Sermoneta.

Il Dio fluviale è però incredibilmente incastato con il suo busto  sul tetto di un bagno abusivo  e come se non bastasse  nella parte che oggi si trova sotto al bagno, è presente anche  una fontana, con un’iscrizione in latino, e un’immagine incisa nel marmo, che raffigura San Lorenzo. La scritta sulla lapide tradotta recita:” io vi offro acqua ma se volete del buon vino , il padrone di casa ve ne darò in abbondanza”

Vico dei Panettieri :

Questo vico , precedentemente chiamato De’ Mosconi ,  assume questo nome  dal secolo XIV per la presenza come abbiamo precedentemente accennato della presenza nelle  vicinanze dei forni pubblici legati al pane.

 

 

Via Carbonara :

Questa strada deve il suo strano nome al fatto che in epoca medievale , esso rappresentava era il luogo  dove i napoletani scaricarono per secoli le immondizie  e tutti i rifiuti che andavano poi inceneriti . Bisogna ricordare che nel medioevo era consuetudine in tutte le città ,bruciare i rifiuti fuori le mura cittadine e Via Carbonara a Napoli , era il luogo in cui i rifiuti erano dati alle fiamme.

Esso , era anche  il luogo in cui in epoca angioina  si tenevano cruenti combattimenti tra uomini che si sfidavano  ad armi bianche fino all’ultimo sangue . I combattimenti  si svolgevano secondo il modello  degli antichi giuochi dei gladiatori , ed al cospetto spesso , si dice , della giovanissima regina Giovanna e di suo marito Andrea d’Ungheria.

Erano questi spettacoli sanguinosi e mortali che spesso finivano in modo macabro . I lottatori combattevano infatti con le loro armi bianche fino a quando uno dei due non moriva e non era raro vedere uno di loro soccombere perchè sgozzato da un pugnale o morire sanguinante con le budelle totalmente esposte . Per interrompere i feroci combattimenti dovette addirittura intervenire   con una bolla  Papa Giovanni XXII.

Egli nel tentativo di fermare quell’orrendo spettacolo ,  aveva vietato con una bolla quei terribili  giochi, pena la scomunica per lottatori e spettatori, ma nonostante tutto i giochi erano continuati e così, per non far brutta figura ,  su proposta dell’Arcivescovo di Napoli, il successore  Papa Benedetto XII levò le scomuniche già nominate e sospese la proibizione dei giochi .Questi furono poi banditi con successo solo mezzo secolo più tardi col re Carlo di Durazzo.

I giochi venivano chiamati ” gioco della Carbonara ” e questa potrebbe anche essere una delle ipotesi sulle origini del suo strano nome .

VIA DEL BRAVO : pare che il nome derivi da gente di malaffare

VIA BRECCIE A SAN ERASMO : il nome deriva dalla pavimentazione della strada  che in napoletano si dice vrecce

VICO CAMPAGNARI :il nome del vico deriva dal fatto che nelle vicinanze esistevano fonderie di campane

Via Mezzocannone :

Questa via nel passato non era era cosi’ spaziosa come lo e’ attalmente e non si chiamava mezzocannone , bensi’ Fontanula o Fontanola ,perche’ nel luogo vi era una piccola fontana  che verso la fine del 400  fu sostituita da una fontana piu’ grande che , oltre ad essere provvista di una vasca, era ornata da una statua .Questa statua raffigurava un uomo basso e tozzo ritto in una nicchia scavata nel muro , al di sopra della vasca che accoglieva l’acqua sgorgante da un cannello sottostante la statua .
Per il popolino che ancora oggi chiama un uomo di bassa statura ” o miez ommo “, la statua divenne ” o miez ommo d’o’ cannone ” intendendosi per cannone , il cannello della fonte che oggi in dialetto e’ chiamato ” cannuolo ” ma che a quei tempi era detto cannone .
Via Fontanola non fu piu’ chiamata in tal modo , perche’ tutti ormai l’ indicavano come la via ” d’ o’ miez ommo d’o ‘ cannone ” che poi per brevita’ divenne ” d’o miezo cannone”.
Dalla fontana derivo’ anche il titolo di ” o rre’ e miezo cannone ” perche’ nella statua il popolo volle ravvisare i tratti di re Ferrante d’Aragona .
Tale convinzione fu, probabilmente originata dall’ iscrizione sulla fontana che diceva : questa , costruita per ordine di re Ferrante .
La statua , gia’ per se stessa sgraziata , rosa dal tempo e dall’ umidita’ assunse un aspetto a dir poco , miserevole.
Quindi per chi si dava delle arie , nonostante le proprie precarie condizioni , oppure spavaldamente ostentava una importanza che non aveva si diceva ironicamente : “me pare o’ ree’ e miezo cannone “.
Durante il risanamento della citta’ la fontana fu rimossa ed alla strada ampliata e rinnovata , rimase il nome italianizzato di mezzocannone .

 

Via degli Acquari :

Questa strada che  da piazza Bovio va a Via Sedile di Porto, non deve il suo nome agli abitanti di un particolare segno zodiacale, o alla presenze di vasche in cui si tengono vivi animali acquatici, ma al fatto che in epoca romana ospitò strutture termali  grazie a sorgenti e corsi d’acqua dovuti alla particolare caratteristica del terreno distante pochi metri dalla linea costiera. Anticamente tutta la zona intorno alla Piazza era ricca di corsi d’acqua .

VIA VICINALE AGNOLELLA : era la zona dove si coltivava in città il baco da seta che veniva appunto indicato con il nome di Agnulillo

VIA AGOSTINO ALLA ZECCA: il toponimo deriva dalla chiesa di San Agostino alla Zecca

VIA ALABARDIERI :il nome deriva dalla presenza un tempo della caserma degli Alabardieri i quali formavano un corpo speciale che soleva scortare i sovrani borbonici

VIA ( VIALE ) ALDEBARAN è invece solo il nome di una stella

VIA ALTAIR : si riferisce alla stella della costellazione dell’aquila

VIA ANTICAGLIA : prende il nome da due archi di epoca romana

VIA ARENACCIA : il nome deriva dal fatto che la strada , fangoso torrente in caso di pioggia, diventava deposito di arene in tempo di siccità

VIA ARENELLA : prende il nome dalla arene che vi lasciano i torrenti delle acque piovane che calano dal monte dei Camaldoli

Via Nuova degli ARMIERI : in questa via si trovavano  fino a tutto il rinascimento , le botteghe degli armieri

Via Nilo :Questa via , insieme all’omonime piazzetta , presente nel decumano inferiore, deve il suo nome alla statua del dio Nilo , eretta dalla comunità egizia alessandrina che duemila anni fa era residente  con abitazioni e botteghe in questo punto della città,. Essi edificarono  tale monumento in memoria della loro patria lontana. Gli  napoletani quando scoprirono  la  statua  , credettero  di identificarla nel  ” corpo di Napoli ” donde il nome ancora oggi rimastole . La scultura, ha subito nel corso dei millenni varie “peripezie” sparendo per un certo periodo nel XV secolo, perdendo la testa nel XVII secolo (poi ricostruita dagli amministratori dell’epoca); malgrado tutto oggi la statua è ancora lì dove la vollero gli Alessandrini più di duemila anni fa.

Piazzetta Nilo era anticamente chiamata piazzetta Bisi, dove Bisi stava per ‘mpisi, e cioè impiccati; era quindi la piazza dei condannati a morte che la attraversavano in tristi cortei verso il loro patibolo.

Via Cisterna dell’Olio :

Questa stretta via che alle spalle di Piazza Dante  scorre da via Toledo fino a via Domenico Capitelli,  deve il suo nome al fatto che in questo luogo erano conservate nel sottosuolo quattro cisterne per la conservazione dell’olio.

 

Via Carminiello ai Mannesi :

I Mannesi erano costruttori e riparatori di carri, e Carmeniello a Napoli è solo il vezzeggiativo del nome Carmine . Questo per spiegare lo strano nome di questa via . Esso  deriva dal fatto che in questa strada venne eretta, in un periodo imprecisato dell’Alto Medioevo, la chiesa di Santa Maria del Carmine ai Mannesi il diminutivo Carminiello fu usato per le dimensioni modeste della chiesa, mentre l’ altro  toponimo “Mannesi” si riferisce invece a tutta l’area, nella quale lavoravano soprattutto costruttori e riparatori di carri.

 

Via Calascione:

Questa strada era anticamente conosciuto come ” ‘o dujie centesime”, dalla entità del dazio da pagare per attraversarlo nel punto di congiungimento alla Rampa Caprioli che sbocca in Via S. Maria a Cappella vecchia e giungere rapidamente a Piazza dei Martiri e al mare di Via Caracciolo.

Il nome Calascione invece è forse da attribuire al popolare strumento musicale Calascione molto utilizzato in città , che veniva spesso usato in accompagnamento alle varie melodie , nel VII secolo. E’ per intenderci quello strumento con un manico lunghissimo con cui la maschera Pulcinella  viene spesso rappresentato nella iconografia popolare . Si tratta di uno strumento molto popolare spesso costruito con legni pregiati e intarsi, con decorazioni in madreperla e avorio .Cadde in disuso a partire dalla fine del XVIII secolo, prima negli ambienti nobili e, poi, anche in quelli popolari, soppiantato da strumeti più moderni.

Probabilmente , secondo molti in questa via vi erano presenti alcune importanti botteghe di costruttori di questo strumento , mentre secondo altri il suo nome lo si deve solo alla residenza in questo luogo del famoso maestro e compositore austriaco Thalberg,

 

Vico  S. Gregorio Armeno , è probabilmente il più noto vicolo di Napoli . La famosa via popolare è nota in tutto il mondo per la presenza di botteghe dove bravi artigiani costruiscono ogni giorno meravigliosi pastori e presepi ,tramandando di generazioni in generazioni , una tradizione che ha origini antichissime in questo luogo ;: esisteva infatti nella stradina un tempio dedicato a Cerere, dea romana della fertilità, alla quale i cittadini offrivano come ex voto delle piccole statuine di terracotta, fabbricate nelle botteghe vicine.

Lungo via San Gregorio troviamo il complesso di San Gregorio Armeno composto dalla chiesa e dal monastero con chiostro che prende il nome dalle spoglie del santo trasportate nella chiesa dalle monache armene riparate in Napoli per sfuggire alla persecuzione degli Inoclasti .
In questo edificio vivevano le monache di clausura del convento che nel tempo divennero sempre piu’ numerose . Questo porto’ alla necessita’ di costruire un piu’ ampio monastero sul lato opposto della strada . Le due strutture  furono poi congiunti dal cavalcavia tuttora esistente  che nel XVII secolo venne sormontato dal campanile della chiesa . Se ponete attenzione vedrete che si tratta di quel caratteristico campanile presente in fondo o al vicolo posto a cavallo  nel suo sbocco su via San Gaetano che univa il convento di San Gregorio con il dirimpettaio convento di San Pantaleo.

Da uno scalone sulla nostra destra si può accedere al convento tutt’ora abitato da suore  e ammirare il bellissimo chiostro ricco di agrumeti , e giardini ben curati, al cui centro si trova una grande fontana marmorea barocca  affiancata da due grandi sculture  a grandezza naturale che raffigurano Cristo e la Samaritana.

Il  Vicolo di San Gregorio Armeno deve il suo nome alla chiesa omonima che è una delle più antiche di Napoli.

 

 

Vico Santa Maria delle Grazie a Toledo è da anni uno dei vicoli più colorati del centro storico . Esso è stato nel tempo soprannominato  il “Vicolo dell’Amore”, per le strofe di canzoni di Pino Daniele e altri cantautori impresse su striscioni e cuori in polistrolo, appesi dai vari commercianti  .
Grazie a questa sua folkloristica immagine è stato in questi anni un vicolo immagine della cultura e dell’ospitalità  partenopea, “postatissimo” sui social  che ha finito per catturare  l’attenzione anche dei stilisti  Dolce & Gabbana , oltre che di registi di film, cortometraggi e spot pubblicitari.

Oggi  il vicolo è diventato uno dei luoghi simbolo  della città per il suo fastoso ed anche esagerato folklore ma anche  meta di tanti turisti   che vogliono immortalare il loro amore in una foto a Napoli .Sui muri del vicolo vi sono impressi molti messaggi e frasi di innamorati  hanno bisogno di urlare al mondo il loro amore , esattamente come accade nei muri adiacenti alla casa di Giulietta a Verona, ma anche sul Ponte Milvio di Roma.

 

Via ponte di Tappia è la prosecuzione di via dell’Incoronata, ma anticamente quest’ultima proseguiva oltre via Guantai Nuovi verso via Toledo col nome di vico del baglivo Uries, la strada in cui nacque Enrico De Nicola   e detta così perché il magistrato Carlo Uries,baglivo dell’Ordine Gerosolimitano e reggente di Carlo V , vi costruì nel 1533  il proprio palazzo.

Oggi la strada in questione, il cui toponimo era uno dei più antichi di Napoli (lo si attesta infatti sin dal 1567[2]), non esiste più perché cancellata dal nuovo reticolato nonché dalla nuova cortina di palazzi.

 

Via Argine oggi è una delle strade principali del quartiere Ponticelli, situato nella zona orientale di Napoli. Comune autonomo fino al 1925, oggi insieme ai quartieri Barra e San Giovanni a Teduccio, forma la VI Municipalità della città.
Il toponimo indica la posizione della strada che correva parallelamente, come un argine appunto, ad un torrente che trasportava a mare le acque del monte Somma.  Probabilmente in origine via Argine non era altro che un tratturo di campagna che attraversava i vari fondi agricoli.

Purtroppo oggi di Via Argine resta solo un lungo stradone trafficato che attraversa un’area destinata totalmente alla produzione industriale e dedita all’economia. Come dovrebbe accadere anche per altri percorsi cittadini, dovrebbe essere valorizzata di più dato che costituisce, come abbiamo visto, un enorme e prezioso documento storico.

Ponticelli, non è stato sempre un quartiere di Napoli ma ha avuto una sua storia ed una sua importanza. Frequentato già in età romana, come si evince dalle evidenze archeologiche (villa del patrizio Caius Olius Ampliatus), è dall’età medievale (XI secolo) che si hanno le prime notizie su “Ponticello“, un piccolo agglomerato di case rurali con i fondi coltivabili. Col tempo si formarono due siti urbani diversi, “Ponticello grande” e “Ponticello piccolo” che andarono a fondersi in un unico villaggio definito “Ponticelli”: “Sotto gli Angioini erano due villaggi contigui, uno detto Ponticellum magnum, e l’altro Ponticellum piczolum. Dopo gli Angioini di questi due casali se ne formò uno solo, ”

Vico Gavine : il suo nome deriva probabilmente dai numerosi gabbiani detti in vernacolo ” gravine “che affollavano il luogo , un tempo  spiaggia .

Vico Fontanelle alla Zabatteria  :  La Zabatteria era un tempo la zona dei ciabattini (dall’arabo cabata modificato in zabata) i quali adoperando  il pellame per eseguire i loro manufatti, si servivano per eseguire il loro lavoro di alcune piccole fontane presenti in zona

Via dei Vergini:

Il nome deriva da una fratria religiosa greca, quella degli EUNOSTIDI , formata da uomini ” vergini “dediti alla temperanza ma sopratutto alla castità.

Alla base del credo di questa comunità vi è, tra storia e leggenda, la suggestiva vicenda di Eunosto, un affascinante giovane, vittima del corteggiamento insistente e aggressivo di Ocna. La fanciulla sentendosi ferita nell’orgoglio e nel tentativo di vendicare il rifiuto subito aveva indotto i suoi fratelli ad uccidere il bel giovane convincendoli, ingiustamente, di essere stata vittima di uno stupro. Scoperta la verità, i due furono arrestati, Ocne si tolse la vita e i cittadini dedicarono un tempio al povero e innocente Eunosto.

 

 

Via Forcella un tempo chiamata via Forcillense o Ercolanese  è una delle strade più popolate ed antiche del centro storico di Napoli .Esso anticamente era un quartiere dove si trovavano  un Ginnasio ,  il Tempio di Ercole  e numerose terme ( per cui fu detta anche termense ) . Erano molto famose alcune gare che si svolgevano in questo quartiere :in un vicolo detto Lampadius , corrispondente all’attuale vico della Lace .  Si trattava delle famose lampadoforie , consistenti in delle corse con  le fiaccole  che si svolgevano in onore di Partenope .

Il suo nome è da attribuire alla forma che la via assume, diramandosi ad un certo punto creando un bivio a Y, che somiglia proprio ad una forcella come compare nello  stemma del seggio (o sedile).

La  forma di Y, era un simbolo che richiamava l’emblema della scuola di Pitagora, al tempo presente nella zona. 

Il nome di Forcella è legato ad un modo di dire molto usato nel parlato napoletano: “S’arricorda ‘o cippo a Furcella” è un’espressione che ammonisce l’utilizzo di qualcosa di antiquato e obsoleto, perché fuori uso e non a passo con i tempi. Ebbene, sembra che il famigerato cippo starebbe ad indicare proprio un qualcosa di vecchio quanto l’antica Neapolis!  Si riferisce infatti al gruppo di grandi pietre, il cippo, delimitate dall’alto cancello circolare che si erge di fronte al teatro, risalenti molto probabilmente al III secolo a.C, e facenti parte delle antiche cinta murarie di epoca greca.

Via Donnaregina :  E’ chiamato cosi’  grazie alle donazioni della regina di Napoli Maria d’Ungheria. che permise di costruire  un complesso conventuale dotato di una chiesa (Santa Maria Donnaregina Vecchia).

Agli inizi del Seicento proprio dinanzi alla chiesa Vecchia venne costruita quella Nuova con lo scopo di riservarla alle monache clarisse costituendo in questo modo un unico grande complesso monastico di Donnaregina, formato per l’appunto dalla Vecchia e la Nuova chiesa, entrambe direttamente collegate tra loro tramite le rispettive zone absidali

VIA DEGLI ASTRONI: ci sono in questo caso varie ipotesi sull’origine di questo toponimo .La prima , quella che si riferisce a STRUNIS ( sturnis ), sarebbe collegata a l’abbondanza nel luogo di tali uccelli , mentre secondo altri sarebbe da attribuire alla pianta locale STRUBIS . Altri pensano addirittura che derivi da Strioni , stregoni , o persino al ciclope Sterpe

VIA LANZIERI : era il luogo dove anticamente si fabbricavano lance per soldati

VICO ACCIMATORI :il nome deriva da i cimatori di lana

VICO DEGLI SCOPARI :così chiamato perchè un tempo nel luogo di vendevano scope di saggine, ventagli da fuoco e altro

VICO SBREGLIE : così chiamato perchè forse nel luogo vi era un deposito di sbreglie ( sono le foglie esterne della pannocchia di granturco che venivano usate per riempire i materassi

Vico dei Giubbonari :era il luogo dove erano riuniti gli artigiani che fabbricavano i giubboni

VIA CAPODICHINO : era l’antica strada che dalla città conduceva a Capua e Benevento . Essa una volta giunta alla collina , nel punto più alto prendeva il nome di CLIVIO . Arrivati poi al crinale si chiamava CAPUT DE CLIVO

VIA CAPODIMONTE : denominazione medioevale CAPUT DE MONTE

VIALE CAMPI FLEGREI : significa campi bruciati dal fuoco ( dal greco flego = brucio )

Via o Gradoni di Chiaia : il nome deriva da PLAYA ( spiaggia )

 

VIA CHIATAMONE : dal geco Platamon che indica una roccia marina scavata da grotte . L’attuale strada un tempo era piena, di queste grotte scavate per estrarre il tufo o dedicate al culto di Serapide e Mithra.

Furono  antri che per lungo tempo sono stati  teatro di oscuri riti mitriaci e orgiastici propiziatori fino a che il vicerè non vi pose fine con una ordinanza.
Fu infatti il viceré don Pedro de Toledo a ordinare che le gallerie ai piedi del Monte Echia fossero tutte distrutte o murate, salvo poi essere riaperte in seguito per altri motivi come nel caso del cunicolo voluto da Ferdinando II di Borbone per spostare velocemente i soldati di via della Pace a Palazzo Reale.

Il Chiatamone era un luogo di mare e delizia, sabbia e lussuria. Era al tempo detta ‘la Posillipo dei pezzenti ed il luogo dove il popolo, ma anche la nobiltà amava andare a bagnarsi e ricrearsi.
A quei tempi gli edifici sulla strada del Chiatamone affacciavano quasi tutti sul mare e il posto oltre che luogo di soggiorni balneari era celebre anche per le fonti di acqua sulfurea.

L’area del Chiatamone infatti prima dell’ottocento ,dava direttamente sull’arenile e prima della colmata di cemento che la separò dal mare, in questo luogo si estendeva il giardino del Casino Reale , considerato un luogo di delizie perchè tra gli alberi di lecci era ubicata una delle più belle ville neoclassiche risalenti alla metà del settecento: l’antico casino Reale del Chiatamone

VIA O VICO LORETO : questa strada che il popolino tutt’oggi chiama ancora ” ò buvero “( il borgo )deriva dalla chiesa ed ospedali dedicati a Santa Maria del Loreto

VIA O DISCESA COROGLIO Il nome “Coroglio” dato alla zona di Napoli immediatamente a ridosso di Capo Posillipo deriva dal termine napoletano “curuoglio” che, a sua volta, ha origine nel latino “corollio” (piccola corolla). Questo era “quel particolare copricapo (cercine o torciglione di panno ) , su cui si trasportavano oggetti pesanti . Probabilmente il nome è stato attribuito per la particolare forma del capo estremo del colle, molto simile ad un panno attorcigliato. Nel giungere a Coroglio , bisogna attraversare una sinuosa e lunga discesa che partendo dall’apice della collina di Posillipo arriva poi fino al mare ed al quartiere industriale .Questa strada è oggi chiamata “Discesa di Coroglio”, mentre tempo fa era anche conosciuta come “Rampa dei Tedeschi”. Questo nome, tramandato dalla tradizione, si deve ad una serie di studi che alcuni archeologi tedeschi svolsero all’interno della grotta di Seiano, raggiungibile dalla discesa, agli inizi dell’Ottocento. Gli studiosi si stabilirono per lungo tempo lungo la strada finendo per “ribattezzarla”. Oltre alla grotta di Seiano presente sotto la collina , nell’ex zona industriale recuperata della città ( polo siderurgico Italsider ) si trova anche la bella struttura della citta della Scienza . Di fronte a Coroglio si trova invece l’isolotto di Nisida

 

SALITA MOIARIELLO : deriva da moio che è la dizione dialettale di Moggio , una misura agraria

VIA FURLONE A CAPODIMONTE : cosi detta dal  “Frullone ” un attrezzo conil quale si sceverava la farina dalla crusca

VIA PIGNA : il nome di questa strada deriva dalla presenza un tempo in questa zona di un pino secolare

Via Marzano, ex Largo delle corregge, ed oggi Via Medina , rappresenta una delle più importanti strade storiche della città di Napoli. Un tempo era adibita allo svolgimento di tornei, in cui le corregge erano le bardature che si applicavano ai cavalli partecipanti alla gara. Essa annovera in entrambi i lati  molti monumenti e luoghi di interesse artistico-storico di notevole importanza. L’arteria partenopea fu centro di una folta  attività commerciale, diventando il quartier generale economico di mercanti esteri.

VIA PONTI ROSSI : il nome deriva dagli archi  superstiti in mattoni rossi del grandioso acquedotto fatto costruire da Augusto che coprendo un percorso di 92 Km , convogliava le acque del Serino a Napoli e a Baia dove serviva al rifornimento della flotta di Miseno

VIALE COLLI AMINEI : la zona era ricca della  vite aminea dalle quali si estraeva un pregiato vino assai celebrato nell’antichità classica

VIA FERZE AL LAVINAIO : la denominazione di ” ferze ” si riferisce a strisce di tela ruvide che servivano per separare il materasso dalle tavole di legno . Probabilmente in questa zona si mettevano ad asciugare le ferze dopo averle lavate

VIA CUPOLA DELLE TOZZOLE : cupa in napoletano vuol dire stradina di campagne mentre Tozzole significa pezzi di pane raffermo . Evidentemente nella zona ci doveva essere uno scarico dove le bestie andavano a raspare per liberare appunto le tozzole

VIA FORMALE : con la voce ” formale “i napoletani indicavano gli acquedotti ed in particolare quelli che portavano in città l’acqua della Bolla

VIA , VICO E LARGO SANT’ANTONIO ABATE : un vero e proprio dedalo di vicoli , occupatp per la maggior parte da mercatini ortofrutticoli dove per secoli si è svolta la chiassosa e colorita vita popolare di questa zona chiamata semplicemente ” ò buvero “( il borgo ) , Essa prende il nome dalla trecentesca chiesa di S. Antonio Abate con annesso ospedale fondato nel 1370 dalla regina Giovanna I d’Angiò . L’ospedale divenne celebre in città perchè curava quello che allora si chiamava fuoco sacro o meglio fuoco di Sant’Antonio . I monaci riuscivano a dare sollievo a questo fastidioso e doloroso herpes con una pomata a base di grasso di maiale che era ritenuto un animale sacro al santo ( IL MOTIVO PER CUI IL SANTO è SEMPRE RAPPRESENTATO CON UN PICCOLO MAIALINO AL SUO FIANCO )

Camminando nel ventre di Napoli sarà facile imbattersi in tanti altri vicoli con strani nomi come  Vico del Sole , Vico dei Giganti , Vico del Fico al Purgatorio  , Vico della Pace , Vico delle Zite ,  Vico Storto , Vico Donnaromita , Vico Sanfelice, Via Santa Maria Antesaecula, vico Carlotta, vico Carrette , vico Palma ,  Rua Francesca , e tanti altri ancora

Questi Vicoli talvolta scuri, cupi che trasudano umidità … che puzzano di muffa … dove gli odori, i colori ,ed  i sapori si fondono in una realtà  di degrado mista a  decoro, decenza ed umiltà sono il luogo dove meglio si può trovare  la vera anima di questa città con i suoi suoni e le mille sfaccettature dell’anima genuina partenopea .Su di essi spesso si affacciano ‘e vasci, ossia quelle abitazioni di uno/due vani a piano terra a cui si accede direttamente dalla strada.

Questa è la parte popolare della città con le sue botteghe artigianali, che nonostante tutti i cambiamenti che il mondo sta affrontando continuano a portare avanti le vecchie tradizioni producendo a mano originali capi artigianali che riguardano non solo una locale  oggettistica ma anche raffinati capi sartoriali ben curati e tradizionali  trattorie che magari non avranno nomi stellati ma che hanno dalla loro le ricette tradizionali fatte a regola d’arte di una  cucina che da generazione in generazione, e giorno dopo giorno continua ad avere successo in tutto il mondo .

 

 

 

 

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