A circa 50 km da Napoli ,e ad appena 4 chilometri di tornanti dalla città di Caserta , sorge , in un’atmosfera unica e completamente immersa nei boschi, il caratteristico , bellissimo borgo medievale di Casertavecchia . Un piccolo gioiello ricco di storia , dove tra meravigliosi monumenti ed antichi caratteristici vicoli , a testimonianza del suo splendido passato possiamo ammirare i resti di un antico castello , un bellissimo Duomo , un campanile e tanti meravigliosi edifici e preziosi monumenti .
Le strade dell’intero Borgo tutte in stile siculo-normanno , conservano intatte le sue antiche pietre ed i suoi vecchi ciottoli dando la sensazione ai singoli viandanti, di fare un fantastico salto indietro nel tempo In pieno Medioevo .
La sua storia iniziò nel VI secolo quando i longobardi occuparono , a danno dei bizantini-, buona parte dell’attuale Campania costituendo l’ampio Ducato di Benevento che includeva tra i suoi territori anche la contea ( poi principato ) di Capua .
Questo non impedì ai saraceni di effettuare continue e ripetute escursioni sul territorio con conseguenti terribili devastazioni che interessarono sopratutto alcune città di gran parte della pianura . Gli abitanti delle restanti città’ incominciarono quindi ad avvertire una certa insicurezza nel vivere quella zona che si trasformò In terrore di fronte al nuovo attacco dei feroci saraceni che con impressionante forza e cattiveria distrussero l’antica città romana di Capua e l’ antico centro abitato di Calatia ( un antico abitato sull’Appia antica attiguo all’attuale Maddaloni ) .
Quest’ultimo episodio desto’ grande paura tra gli abitanti ed il clero dei restanti vicini centri abitati che da quel momento iniziarono a cercare riparo in luoghi montani posti in posizioni elevate e pertanto ritenuti più sicuri e più facilmente difendibili . Molti abitanti della pianura insieme ai pochi superstiti della città di Calatia si rifugiarono così , in particolare modo , in un villaggio protetto dalle montagne che sorgeva in alta collina ( 400 mi di altezza ). Di fronte a questo esodo la popolazione locale dell’ antico villaggio aumento’ notevolmente, formando un borgo denominato “Casa hirta” (dal latino casa che significa villaggio e hirta che significa aspra) .
Finito il dominio dei Longobardi, ( gestita da una serie di Conti ) il borgo fu ceduto nel 879 al Conte Pandulfo di Capua .
Nel 1062 venne poi occupata dai normanni di Aversa sotto la guida di Riccardo I di Aversa, che diede inizio alla grande dominazione Normanna . Re Ruggero I nominò Roberto di Lauro quale conte di Caserta ed i discendenti di questi amministrarono il territorio fino al 1268.
Sotto la dominazione Normanna il paese raggiunse il suo massimo splendore ed in questo periodo si ebbe una grande affluenza di popolazione che affollò ulteriormente il borgo . Questo porto’ il conseguente trasferimento nel luogo della sede vescovile che dono’ al borgo un’ importante valenza religiosa a cui segui una palese autonomia feudale, soprattutto politica e demografica.
Nell’anno 1100-1129 fu avviata sotto l’episcopato di Rainulfo, la costruzione della attuale bellissima Cattedrale ( che ebbe poi la sua consacrazione al culto di San Michele Arcangelo nell’anno 1153 ) insieme alla quale furono costruiti magnifici edifici in cui furono integrati materiali di spoglio di antichi monumenti romani .
Con alterne vicende il borgo passò poi sotto la dominazione Sveva ricavandone anche sotto Riccardo di Lauro una maggiore importanza anche da punto di vista politico. Sembra a tal proposito che sia stato proprio lo stesso Riccardo di Lauro l a volere la costruzione in aggiunta al castello , della grande torre cilindrica considerata ancora oggi una delle torri tra le più alte d’Europa E’ infatti alta circa 30 metri per 19,14 di diametro, ed era un tempo accessibile dall’esterno grazie alla presenza di un ponte levatoio che la collegava al vicino castello;
Il castello invece , sorto a guardia del borgo , era già presente sul punto più alto del colle , nell’anno 861 con la principale funzione di vigilare come una sentinella sulla pianura e sulle valli del Monte Virgo rappresentando un luogo di ricovero occasionale per abitanti, animali e masserizie piuttosto che residenza, . Ancora oggi nonostante i secoli trascorsi , esso conserva la distribuzione planimetrica irregolare, grosso modo ellittica.
Nel 1442 il borgo passò poi purtroppo sotto la dominazione aragonese , iniziando una lunga e progressiva parabola discendente che vide il lento abbandono da parte di molti suoi abitanti . Essi infatti incominciarono progressivamente a trasferirsi di nuovo in pianura dove agglomerandosi svilupparono un nuovo abitato che presto divenne il nuovo centro di vita dell’intera zona .Con il maggior sviluppo dell’abitato in pianura ed il trasferimento di molti dei suoi abitanti in pianura , l’antico borgo incominciò ad attraversare un lungo periodo di decadenza perdendo molto della sua antica importanza . Alla lunga quindi nella cittadina rimasero con il tempo solo il vescovo e il seminario, che continuarono comunque a dare una minima importanza al Borgo. Tutto questo fino all’anno 1842, quando Papa Gregorio XVI sancì poi il definitivo trasferimento del vescovado alla nuova Caserta.
L’antico borgo fu poi per qualche tempo amministrata da diversi nobili (fra i quali anche i Caetani di Anagni) ma con l’avvento dei Borbone nell’Italia meridionale e la costruzione della Reggia il nuovo centro di ogni attività divenne sempre più Caserta e stante il maggior sviluppo dell’abitato in pianura, gli abitanti del borgo si ridussero ovviamente a poche unità .
Oggi il bellissimo borgo di Caserta vecchia e’ stato nominato dal 1960 monumento nazionale d’Italia e da allora ha conosciuto grazie anche alle continue nuove manifestazioni in costume medievale frequentemente proposti dal comune , nuova fama divenendo una nuova meta culturale campana capace di attrarre insieme ad altri eventi. un enorme flusso di nuovi turisti.
Arrivati nei pressi del borgo, possiamo tranquillamente parcheggiare l’auto in uno dei parcheggi riservati e non mancare di fermarsi al primo belvedere che si trova subito dopo la rampa di accesso al borgo per godere di un panorama imperdibile . Affrontando poi una ripida salita attraverso una bella pineta di abeti ci dirigiamo attraverso antiche e suggestive stradine verso il centro del borgo .
Il raccordo di tutte le antiche stradine nonchè il punto di incontro dei pochi abitanti del borgo è la bella Piazza Vescovado , vero centro del borgo medievale, dove tra antichi pergolati, vecchie insegne , piccoli bar e caratteristici ristoranti , possiamo ammirare anche gli edifici più importanti di Casertavecchia come Il Duomo con la torre campanaria , il Palazzo Vescovile e l’ex seminario. Al centro della piazza spicca inoltre davanti al Duomo una serie di colonne di granito che si ritiene rappresentassero tempo fa il diritto di asilo della Chiesa.
Il Palazzo Vescovile mostra archi e finestre che risalgono al 1300, mentre il palazzo storico che vediamo di fronte al Duomo abbellito da un portone centrale con colonne di marmo è l’edificio che una volta ospitava il seminario.
La straordinaria cattedrale medievale dedicata a San Michele, che si erge nel suo aspetto esteriore severa ed elegante sulla bella silenziosa piazza del Vescovado, al centro del borgo, è senz’altro l’edificio di culto più importante e suggestivo dell’intera zona: dedicato a San Michele Arcangelo, il Duomo risale al 1129 e nel corso dei secoli ha subito l’influenza dei vari stili.
Oggi, dopo l’ultimo restauro del 1926, esso ha in parte ha ritrovato il suo originario stile romanico. Nel suo interno posti ai lati dell’ingresso accolgono i visitatori due leoni di pietra ed un’acquasantiera ricavata da un capitello corinzio del secolo IV .
Lunga 46 metri, e retta da cinque colonnine, ( decorata sulla scaletta da mosaici e dalle figure di “Geremia” e di un “Ebreo morso da serpe”) . la chiesa mostra tre bellissime navate che sono state staccate da diciotto colonne provenienti da un tempio romano, con capitelli corinzi (solo uno è jonico) mentre davanti all’altare spiccano le figure animali di un pavimento a mosaico del 1213. . Guardandoci intorno la struttura come vedremo appare particolarmente suggestiva grazie al fondersi in essa di più stili (quello siculo-arabo, quello delle chiese romaniche della Puglia e lo stile benedettino di Montecassino). Dedicata a San Michele e iniziata dopo il 1113 dal vescovo Rainulfo, i lavori sono proseguiti sotto il suo successore Nicola, per essere terminati nel 1153, come ricorda un’iscrizione all’interno dell’architrave.
La trecentesca “Madonna col Bambino” presente sul pilastro alla fine della navata di destra è l’unico frammento rimasto degli antichi affreschi medievali. Meritano comunque attenzione anche alcune lastre tombali medievali e rinascimentali. Notevoli anche il candelabro del cero pasquale e il tabernacolo dell’olio santo, di epoca rinascimentale. Nella sagrestia della cattedrale si trova un crocifisso ligneo del Trecento; accanto al fianco destro dell’edificio è la duecentesca chiesetta dell’Annunziata, preceduta da un portico del secolo XVIII
Il campanile, che domina l’intera Caserta Vecchia, è stato costruito qualche decennio più tardi (la costruzione è stata terminata nel 1234) e mostra con i suoi bei archi una certa influenza gotica. . Come quella di Gaeta e di Amalfi, culmina in una elegante e decorata torre ottagonale che poggia su due piani di bifore . Sotto l’arco che scavalca la strada che dà accesso alla piazza del vescovado da sud, quattro lapidi ricordano altrettante visite di papa benedetto XIII, ( il beneventano Vincenzo maria Orsini ).
Di fianco al duomo, sul lato destro, si trova in stile gotico la bella Chiesa dell’Annunziata risalente alla fine del 1300 ed oggi quasi completamente ristrutturata ( era quasi ridotta ad un cumulo di macerie ). Della struttura originale, è rimasta solo la facciata esterna ed il piccolo campanile. La facciata è decorata con tre monofore, ciascuna con un rosone. Gli interni sono semplici e sobri; anticamente affrescati, oggi meritano una visita per il grande arco policromo, su cui si trovano dei medaglioni che raffigurano gli apostoli. Il suo rosone e l’arco sono di grande d’interesse architettonico e artistico , senza dimenticare il portale in stile barocco (aggiunto in un secondo momento).
A guardia del borgo , sul punto più alto del colle sorge l’antico castello eretto nell’861 dal Conte di Capua a sentinella sulla pianura e sulle valli del Monte Virgo.
Il castello era anticamente piuttosto che una residenza un luogo di ricovero occasionale per abitanti, animali e masserizie. Con la dominazione normanna, “Casahirta” avviatasi verso un’autonomia feudale, accrebbe la sua importanza religiosa (per la presenza della sede vescovile) e soprattutto politica e demografica. Questa nuova esigenza impose un rafforzamento delle strutture del primitivo recinto che venne fortificato nei punti più vulnerabili con la costruzione di un vero e proprio mastio e 6 torri d’avvistamento a pianta quadrata , alte 32 metri, ciascuna con i suoi ponti levatoi e un fossato intorno ancora oggi esistenti, allo stato di rudere. In tal modo il castello assunse sempre più l’aspetto di una fortezza in cui trovare riparo dalle aggressioni nemiche
Nel periodo svevo fu commissionata per ordine di Riccardo ( figlio di Tommaso di Lauro, educato alla corte dell’imperatore Federico II, di cui sposo la figlia Violante nel 1246 ) la completa ristrutturazione del complesso e l’edificazione del grandioso mastio circolare. ancora oggi considerata una delle torri più grandi d’Europa, seconda per diametro alla sola torre della cinta urbana di Aigues Mortes, in Provenza. E’ alta circa 30 metri per 19,14 di diametro, ha tre livelli voltati, di cui solo il primo accessibile dall’esterno grazie ad un ponte levatoio che la collegava al vicino castello; la sala superiore comunica con quella d’ingresso per mezzo di una scala in pietra ricavata all’interno dello spessore della muratura; il vano inferiore è accessibile solo per una botola.
Dal 1500 in poi, il borgo e il Castello furono gradualmente abbandonati. Oggi il castello è aperto al pubblico soltanto in occasione di alcuni eventi, all’ombra del baluardo di una antica torre e di alcuni ruderi.
Per finire non dimenticate di visitare nella vicina località di Casolla l’interessante (antica ma trascurata) Abbazia di S.Pietro ad montes . Tale abbazia, attualmente non utilizzata a fini religiosi, in origine aveva una struttura romanica. Alcune evidenze di affreschi lasciano supporre che gli interventi decorativi siano della stessa epoca di quelli presenti nell’Abbazia in S. Angelo in Formis alla cui edificazione, a parte i monaci di Montecassino e l’abate Desiderio, si interessarono prima i principi longobardi e poi quelli normanni. Il ciclo di affreschi (in genere dell’XI secolo) che si può ammirare in questo luogo è veramente bellissimo .. Vi consigliamo quindi abbinare le visite di S.Angelo a quella di Caserta Vecchia.
Nella prima metà del X secolo, il vescovo di Capua, Pietro I, concesse ai monaci dell’abbazia di Montecassino, la chiesa di San Michele Arcangelo, prima detta ad arcum Dianae , poi ad Formas, e, infine, Informis, o in Formis. ( in latino forma significa acquedotto ) per la presenza di falde o di condutture d’acqua nel territorio o secondo altri attenendosi al significato della parola informis privo di forma, e quindi spirituale ( un’interpretazione “teologica”) .
Nel 943 il vescovo di Capua, Sicone, si impossessò della chiesa, sottraendola ai monaci di Montecassino costringendo i monaci cassinesi a fare ricorso presso il pontefice Marino II, il quale ingiunse al vescovo la restituzione dell’edificio.
Nel 1065 la chiesa, divenuta nel frattempo nuovamente di proprietà vescovile, fu ceduta a Riccardo Drengot, principe normanno di Capua e conte di Aversa, affinché questi, desideroso di purificare la propria anima dai peccati di una vita violenta, vi costruisse un cenobio.
Nel 1072, Riccardo concesse all’abate di Montecassino, Desiderio, il cenobio con tutte le sue pertinenze dove egli iniziò poi la costruzione del complesso monastico con annessa Basilica che fu edificata nel luogo in cui, in età classica, sorgeva un tempio dedicato a Diana, divinità della caccia, alla quale tutto il monte Tifata, un tempo ricoperto di boschi, era consacrato. Di questo tempio sono stati riutilizzati nell’edificio romanico alcuni elementi, come le colonne, i capitelli (alcuni dei quali parzialmente rilavorati), e gran parte del pavimento in opus sectile, integrato con alcuni cocci in epoca medioevale. La parte frontale di un sarcofago strigliato orna l’altare.
L’edificio è a tre navate, (quella centrale più larga e più alta delle laterali ) e completamente priva di transetto ma ricca di un bellissimo ciclo di affreschi che abbellisce completamente il suo ’interno . L’attenzione del visitatore è immediatamente catturata dal Cristo Pantocratore che giganteggia nel catino absidale, circondato dai simboli dei quattro Evangelisti. Nella fascia inferiore sono, invece, rappresentati i tre Arcangeli (nell’ordine: Gabriele, Michele e Raffaele), affiancati dall’abate Desiderio a sinistra (raffigurato con il modello della chiesa tra le mani), e da San benedetto a destra. Anche nell’abside destra l’affresco è diviso in due fasce sovrapposte: in quella superiore vi è raffigurata la Vergine col Bambino fiancheggiata da due angeli ai quali si aggiungono, nella fascia inferiore, sei santi.
Lungo la parete di sinistra si può invece osservare un ciclo di affreschi rappresentante episodi del Vecchio Testamento mentre sulle pareti laterali della navata centrale sono raffigurati episodi del Nuovo Testamento.
Gli affreschi, che ornano l’interno della basilica, furono probabilmente realizzati da alcune botteghe locali, che operarono ispirandosi a modelli bizantini grazie alla presenza nelle stesse botteghe di numerosi artisti bizantini, che l’abate Desiderio chiamò a lavorare nel cantiere della nuova abbazia di Montecassino.
Notizie sull’antica cittadina di Calatia
Purtroppo ad oggi è ancora molto difficile ricostruire le sue origini e conoscerne la storia, in quanto, come sappiamo la cittadina risulta ormai del tutto distrutta e pochissimi sono i documenti che la citano. Parte, però, della vita che si svolgeva in questo luogo è ricostruibile attraverso le campagne di scavo ed il ritrovamento di vari oggetti nelle numerose tombe ritrovate nel luogo che in parte ci permettono di interpretare la quotidianità del tempo ormai perduto. Da questi scavi sono infatti a noi pervenuti alla luce moltissimi oggetti che i Calatini usavano porre accanto al defunto per il viaggio nell’aldilà. Questi oggetti risultano materiale preziosissimo per poter conoscere i loro usi, costumi, tradizioni. Gli oggetti rinvenuti sono di vario genere: fibule, ampolle per unguenti, spade, pugnali, lance, brocche e bicchieri, vasi, monete, lucerne.
Sappiamo con certezza che la città di Calatia, fondata intorno all’VIII secolo a.C., si estendeva su una superficie di dodici ettari di terreno, mentre tutto il perimetro fuori le mura abbracciava un vasto territorio di circa sessanta ettari di terreno. Essa si trovava lungo l’antica via Appia¹ che da Maddaloni conduce verso San Nicola la Strada, ed i suoi primi abitanti furono gli Oschi, un popolo prettamente campano, del quale purtroppo scarne sono le notizie; successivamente arrivarono gli Etruschi, poi i Sanniti, e solo nell’anno 309 a.C. la città fu conquistata dai Romani.
Confederata con Capua in epoca preromana insieme ad altre città campane, ne segui’ il destino nella buona e nella cattiva sorte. La città, benchè piccola, aveva proprie leggi e batteva moneta, era tuttavia situata in una posizione strategica di primaria importanza, a breve distanza dall’ imbocco di due vie che da questo luogo conducevano nel Sannio: l’ una per le forche di Caudio a Benevento, l’ altra per la valle del Calore all’ agro di Telesia (Telese) .
Un avvenimento molto importante si ebbe durante la seconda guerra punica, quando Annibale, a capo dell’esercito cartaginese, riuscì a piegare la potenza di Roma. Tutto era pronto per la resa finale, ma Annibale nella sua marcia verso Roma temporeggiò nella città di Capua aspettando che arrivassero i rinforzi. Allora Capua e le città ad essa sottoposte, tra le quali anche Calatia, non si opposero all’impresa del comandante cartaginese, anzi si allearono con lui. Questo stratagemma politico capuano non servì però a liberarsi della politica di Roma, perché quest’ultima riuscì a risollevare le sue sorti e a cacciare dall’Italia il condottiero cartaginese con tutto il suo esercito. Questo evento condizionò tutta la politica delle città sottoposte a Capua, infatti avvenne che i Romani, all’indomani della vittoria su Annibale, non distrussero le città ribelli, ma le sottomisero tassandole fortemente e di conseguenza esse, e quindi anche Calatia, dovettero sostenere anni di duro lavoro e di grande crisi.Un periodo di grande splendore fu vissuto invece da Calatia nell’età imperiale, tra il I sec. a.C. ed il I d.C., anni in cui si rinvigorirono i traffici commerciali e le varie attività si risvegliarono. A partire dal II sec. d.C. Calatia, come il resto della Campania e dell’Impero Romano, visse un periodo di decadenza a causa delle orde barbariche provenienti dai paesi del nord Europa, dall’Asia e dall’Africa alla conquista di nuovi territori.
Una nuova fase storica iniziò per la città nell’anno 439, quando fu istituita la diocesi ad opera di Sant’Augusto, primo vescovo di Calatia. La figura di questo vescovo è avvolta dalla leggenda, infatti si narra che egli con altri undici uomini, in seguito alle invasioni dei Vandali di Genserico, scappò dalle coste dell’Africa per approdare sulle coste della Campania e più precisamente nella zona dell’odierna Mondragone, per poi vagare per i luoghi campani e fondare le prime dodici diocesi della Campania. Sant’Augusto fondò dunque la diocesi di Calatia e si racconta anche che abbia operato dei miracoli nella stessa città, risuscitando dei morti, dando la vista a dei ciechi e convertendo alcuni Giudei che abitavano la zona. Per queste ragioni fu perseguitato a tal punto da dover scappare dalla città di Calatia e rifugiarsi nell’antico monastero della Maddalena che si trovava allora nell’antico borgo di Maddaloni e che oggi non esiste più.
Presunto o vero che sia il racconto della vita di Sant’Augusto, ciò che interessa è la sede della diocesi che si venne ad istituire a Calatia in quel presunto anno 439 d.C. Tale diocesi fu anche sede episcopale con l’annessa chiesa dedicata a San Giacomo (tutta la zona di Calatia fino a qualche tempo fa era denominata infatti San Giacomo alle Gallazze, mentre oggi questo toponimo è quasi del tutto scomparso). La diocesi dovette assumere una forte importanza al punto tale che, quando la città subì le ultime devastazioni (nel corso del IX sec.) e i suoi abitanti furono costretti ad abbandonarla, istituzionalmente essa fu traslocata a Casahirta sul Monte Virgo, dove ancora per un lungo periodo i vari vescovi preposti conservarono il titolo di “Episcopus Calatinus”. La distruzione della città di Calatia, dunque, comportò lo spostamento della popolazione in luoghi più riparati dalle incursioni barbariche che in quel periodo erano frequenti nella zona. Quindi, parte dei Calatini si rifugiò sul Monte Virgo e fondò o popolò quello che già esisteva di Casahirta (Casertavecchia) trasferendo in quel luogo anche la diocesi, e parte si stanziò presso la forse già esistente Maddaloni.