La Basilica di San Giovanni Maggiore nacque sui resti di un tempio pagano dedicato ad Antinoo, il giovane e bellissimo amante dell’Imperatore Adriano morto annegato durante una crociera sul Nilo.
Sulla tragica morte di Antinoo, annegato nelle acque del Nilo a soli diciannove anni e sulle cause che hanno portato al  tragico evento, ancora oggi, a distanza di tanti anni sono aperte tutte le possibilità: incidente, omicidio o addirittura sacrificio volontario.
Sappiamo con certezza solo che il  ” suicidio-sacrificio ” di Antinoo sconvolgerà in seguito  la mente dell’imperatore Adriano.  A sublimazione del suo grande dolore egli fece un Dio del suo divino amante. Per prima cosa cambiò il nome della città di Besa (dove era morto Antinoo) in quello di Antinopoli e la ingrandì con numerosi edifici, vi eresse un tempio e vi istituì un culto.
In tutto l’Impero si dedicarono templi e statue ad  Antinoo e nella sua bellissima villa di Tivoli, dove sono state rinvenute decine di statue, busti, e simulacri di Antinoo; creò un vero e proprio santuario dedicato al giovane amante.

La fondazione della basilica  è da collocare intorno al 324.
La struttura nel corso dei secoli ha subìto numerose trasformazioni di cui ricordiamo quella ad opera di Dionisio Lazzari nel 1685.
Successivamente si resero necessari altri interventi di recupero a causa di terremoti e di un  crollo.

L’interno è costituito da una navata principale e due laterali, su cui affacciano nove cappelle in cui troviamo statue di Lorenzo Vaccaro e di Giovanni da Nola, mentre tra le opere pittoriche rimaste, spicca la Resurrezione di Lazzaro, realizzata da Giuseppe Simonelli.

L’altare maggiore, e’ stato progettato da Domenico Antonio Vaccaro.

Sulla controfacciata troviamo un bel dipinto di Giuseppe De Vivo  in cui è raffigurata la predica di San Giovanni Battista ai discepoli.

La Basilica è stata  per lungo tempo custode di preziose reliquie, in verità anche un po’ macabre, portate a Napoli dall’Imperatore Costantino.
Tra queste ricordiamo oltre ad un occhio di Santa Lucia ed un dente di San Fortunato,  il sangue di San Zaccaria e di Sant’Isaia, le ossa di San Lorenzo, di Santa Elisabetta, di San Sabino, di San Filippo,  di San Mattia e di San Giovanni Battista, le reliquie di San Simone, di San Giovanni,  di Santa Cosma, di San Damiano, di sant’Antonio Abate, di San Bonifacio, di San Cristoforo, e di San Festo.
Tra gli oggetti preziosi portati dall’Imperatore invece sono da menzionare  il forno e le redini di San Giorgio, e una delle pietre con cui fu lapidato Santo Stefano, ma sopratutto il Legno della Croce, una spina della Corona di Cristo e la spugna con cui gli fu dato da bere.

Purtroppo, durante i secoli, l’edificio è stato vittima di  molti furti ed incuria che hanno ridotto il prezioso patrimonio artistico che vi era conservato.

Usciti dalla chiesa ,alla nostra destra possiamo ammirare la caratteristica  facciata di una piccola chiesetta chiamata cappella Papaccoda nel cui centro spicca uno splendido portale ogivale gotico in marmo bianco .
Al vertice di questo portale possiamo notare la scultura di San Michele Arcangelo che mostra sotto i suoi piedi il drago da lui sconfitto .
Caratteristico appare anche il bel campanile gotico presente accanto alla cappella che mostra incastrati  in esso alcuni frammenti scultorei  in marmo di epoca romana che sono stati recuperati da altri siti e qui reimpiegati come era consuetudine fare in quell’epoca: vediamo infatti incastonati ritratti a mezzo busto , una grande testa in marmo bianco , una testa di Giunone e una scena del ratto di Proserpina .
L’ interno della cappella e’ purtroppo visitabile solo in occasione di eventi culturali o per cedute di laurea del vicino istituto Orientale .

Alla sinistra della chiesa e di fronte alla cappella possiamo ammirare la facciata del maestoso Palazzo Giusso , oggi sede dell’Istituto Universitario Orientale. Questo istituto ebbe origine dal collegio dei cinesi fondato nel 700 da un missionario di ritorno dalla Cina che aveva portato con se’ 15 ragazzi cinesi che intendeva rieducare e convertire al cattolicesimo . Il papa approvo’ molto l’iniziativa al punto che decise poi di estenderla anche ad altri popoli dell’Oriente .

La Basilica sorge  secondo molti sul luogo dove un tempo si ergeva  , in prossimità del mare , il famoso sepolcro ed il grande Tempio  della dea sirena Partenope . La cosa , a vedere oggi la Basilica , potrebbe sembrarvi alquanto strana in quanto il mare sembra un tantino lontano ma  non fatevi prendere in inganno , perchè questo colle  era  un tempo , tanti anni fa ,  lambito dal mare .Secondo infatti molti illustri storici,  parte dell’antico porto di napoletano ,  penetrando   per un lembo di mare giungeva  prorio fino al colle di San Giovanni .

Curiosita’ : Secondo le fonti più accreditate sul sepolcro della Sirena Partenope ,  sembra  che la tomba della  Sirena  doveva esser posta su di un colle che sovrastava il mare, ma in un punto, non lontano dalla spiaggia e neanche il più elevato del colle, insomma un luogo centrale, per permettere alla sirena di osservare il mare in eterno. Quel luogo centrale è da individuare secondo ricostruzioni storiche, proprio nell’attuale chiesa di San Giovanni Maggiore . 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ubicazione del sepolcro di Partenope non è mai stata stabilità con certezza ,ed ancora oggi divide storici, antropologi ,archeologie letterati .Secondo alcuni  si ritiene sorgesse nella zona portuale , presso la foce del Sebeto, ai piedi del Castel dell’Ovo, sull’isolotto di Megaride  quando questo era ancora unito alla terraferma ) e per la precisione nelle fondamenta dell’attuale chiesa di Santa Lucia a Mare che è stata innalzata  sulla struttura di una primitiva basilica Paleocristiana . In questo luogo , molto tempo prima che si arenasse la sirena , secondo antichi greci già esisteva un antico porto con una famosa torre  . Si tratta della mitica Torre di Falero ,  punto di osservazione di un antico porto greco che pare fosse il vero punto di approdo della povera Partenope sbattuta dal mare.

Il secondo luogo invece ipotizza il sepolcro trovarsi nell’ altura di Pizzofalcone , in Via Nicotera dove in un’antica necropoli son state  rinvenute alcune strane tombe scavate nei banchi di  tufo .

Una terza  ipotesi colloca invece il sepolcro nel sito più alto all’epoca della città e quindi a Sant’Aniello a Caponapoli , in cima alla via del Sole , presso l’antico Tempio della Fortuna .

Una quarta  affascinante ipotesi parla del sottosuolo del Teatro San Carlo che si trova su di un tratto di terra all’epoca  molto più vicino al  mare. L’affascinante ipotesi che vede costruire un Teatro sopra il sepolcro di Partenope sembra avvalorata sia per la vicinanza al mare , che per la vicinanza del posto al mondo del canto e rafforzata dalla presenza di una statua che la raffigura proprio sul tetto nell’atto di incoronare due entità alate quali la musica e la poesia . 

Una quinta ipotesi la colloca invece sotto la fontana di Spina Corona ,  una fontana del 500 in marmo bianco , ubicata nel centro antico di Napoli addossata alla  Chiesa di Santa Caterina  in Via Giuseppina Guacci Nobile . La fontana , totalmente in stile barocco, e soprannominata in modo pittoresco dai napoletani ” la fontana delle zizze ” , mostra una sirena alata e nuda, ritta tra due monti che versa, in una vasca rettangolare e sottostante, l’acqua che le scaturisce dalle mammelle (zizze in napoletano) sul Vesuvio lambito da rivoli  di lava ed un violino. Al di sopra di esse  si trovava una epigrafe in marmo , ormai perduta , su cui era incisa la frase” Dum Vesevi Syerena Incendia Mulcet ”  (mentre la sirena mitiga l’ardore del Vesuvio ). Una esortazione  alla protezione divina della città contro la furia del fuoco vulcanico .  Sembra, infatti, che i napoletani invocassero spesso la dea Sirena per placare l’ira funesta del Vesuvio, particolarmente attivo in quegli anni.

Un sesto   luogo oggetto di studi ed ipotesi trova invece collocata la tomba di Partenope , nella Basilica di San Giovanni Maggiore come sembra dimostrare una lapide che si trova  nel suo interno su cui sono incise le parole : “Omnigenum Rex Aitor Scs Ihs Partenopem tege fauste” (o sole che passi nel segno del mese di gennaio, generatore di tutti i beni, proteggi felicemente Partenope).

 

 

Da tempo tutti tendono a concordare che proprio questa ultima ipotesi sia quella   piu convicencente e ad avvallarla , oltra alla presenza nella chiesa della lapide,che secondo alcuni  riferimenti dal XVII secolo e in origine recava anche una croce dorata, andata persa o trafugata nei secoli. , ci sono anche  tanti oggetti che si scoprirono in occasione della  fondazione della chiesa . Tra questi  furono anche ritrovati alcuni stanzoni sotterranei adorni di marmo  con bellissimi pavimenti a mosaico in cui era presente  tra l’altro una  statua alata femminile con trecce annodate e vari ruderi di antica struttura greca .

L’epigrafe presente in chiesa e risalente al Medioevo che reca l’iscrizione: “Omnigenum Rex Aitor Scs Ihs Partenopem tege fauste” (o sole che passi nel segno del mese di gennaio, generatore di tutti i beni, proteggi felicemente Partenope) , apparterrebbe secondo molti , alla tomba di Partenope .

Le due frasi come vedete , sono separate da una croce iscritta in un cerchio tra le parole SNS e IAN , ovvero a San Gennaro  ( affinchè protegesse l’antico sepolcro di Partenope ?) .

Ora vi stare certamente domandando del perché Gennaio. Bene dovete sapere che  anticamente esso era il mese in cui la costellazione della Vergine (da cui Partenope) raggiungeva il grado di maggior visibilità dalla terra e coincideva con il periodo dell’ascensione del Sole.

A seguito di un vivace interesse della tomba di Partenope durante il Seicento, la chiesa per spiegare il significato di questa epigrafe fu costretta ad aggiungere una seconda lapide : “Omnigenum Rex Aitor Scs Ian Partenopem tege fauste” tradotto in «Sole che passi nel segno del mese di Gennaio, generatore di tutti i beni, proteggi felicemente Partenope» o ancora «Creatore di tutte le cose, Altissimo, proteggi felicemente Partenope».

Un’altra interessante interpretazione sull’iscrizione presente in chiesa lega il nome di San Giovanni Battista (Ian) a Partenope, in quanto rappresenterebbe il santo protettore della verginità; ricordiamo infatti che Partenope significa Vergine e che San Giovanni incarna il simbolo dell’eremitaggio e della castità e inoltre l’elemento che lega i due personaggi è l’acqua, rinomata per le sue proprietà purificatrici e impiegata sin dall’antichità nei rituali propiziatori (basta citare il rituale di San Giovanni ).

Diversamente c’è chi sostiene che la parola Ian è da legarsi a San Gennaro (Ianuario) primo protettore della città, succeduto a Virgilio Mago e al culto di Partenope e qui si apre la strada all’esoterico; altri richiami collegano Partenope al busto scultoreo di Donna Marianna ‘a capa è Napule e in Santa Patrizia, compatrona di Napoli.

Insomma ad oggi   l’ipotesi più accreditata per stabilre il luogo dove si trovava il sepolcro di Partenopre sembra portarci proprio alla famosa chiesa di San Giovanni.

 

 

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