Intorno al VII secolo a.C. furono un gruppo di coloni greci provenienti da Eubea a fondare prima Pithecusa ( l’isola delle scimmie) oggi Lacco Ameno di Ischia e poi Cuma, una delle più antiche colonie greche in Italia, risalente al 730 a.C. ed abbandonata nel 1207 quando venne distrutta dalle armate napoletane.cuma-giove

Quelle che portarono alla scelta del nuovo insediamento da parte dei greci furono considerazioni di natura militare e commerciale. Dopo la fondazione di Pithecusa ( Ischia ) vi fu infatti una naturale estensione verso l’antistante terraferma.

Nacque così la città greca di Kyme posta su un promontorio proteso nel mare con caratteristiche tipiche dell’insediamento greco: una baia riparata per l’approdo delle navi, un’altura sulla quale costruire una acropoli fortificata a difesa del porto ed una zona di acquitrini alle spalle che la difendeva dall’attacco di eventuali nemici dall’interno.
Inoltre, ulteriore vantaggio era quello di mantenere un rapporto continuo con l’originaria colonia di Pithecusa assieme alla quale controllava i traffici marittimi dello stretto.

Fu proprio Cuma a far sorgere il primo nucleo urbano nell’area a valle di Pizzofalcone, sulle sponde del fiume Sebeto, che chiamarono Parthenope e più tardi fondarono a poca distanza un’altra città, che fu chiamata Neapolis in contrapposizione a Palepolis ( città vecchia ).
Oggi per chi percorre la piana di Cuma è difficile riconoscere e immaginare i tratti dell’antica città e il suo splendore poichè i luoghi sono stati notevolmente trasformati nel corso dei secoli dall’attività vulcanica che ha profondamente colpito il territorio.

Oggi dell’antica Cuma è rimasto solo il caratteristico colle su cui dai greci fu eretta l’acropoli della loro città provvedendo ad un sistema di opere murarie di difesa ancora oggi in parte visibili. Il resto sembra sparito nella sabbia delle sue spiagge che arrivano ininterrotte fino a Mondragone e all’antica Minturno nel Lazio.cuma
Nella zona, inoltre, sono stati ritrovati numerosi sepolcri di età greca e romana e nelle sue immediate vicinanze il famoso l’Arco Felice, viadotto costruito da Domiziano per il passaggio della via che collegava Pozzuoli a Roma.

L’accesso alla città avveniva da una porta fortificata con due torri, di cui una è ancora esistente sebbene completamente rifatta in epoca bizantina. Da qui iniziava la Via Sacra che attraversava la città.
Dalla seconda metà dellVI secolo a.C. Cuma si trovò a fronteggiare gli Etruschi che all’epoca dominavano l’entroterra con una lega di 12 città. Lo scontro finale che vide la vittoria di Cuma avvenne nella vicina Monteruscello dove nella battaglia si distinse Aristodemo ( futuro tiranno di Cuma ).
Sconfitti gli Etruschi estese il suo dominio sulla Campania interna, dominio che ebbe comunque breve durata poiché fu’ poi occupata dai Sanniti ( insieme a Capua ).
Iniziò quindi un lento declino durante i quali i piccoli insediamenti di Neapolis e Puteoli, sorti inizialmente come colonie cumane presero il sopravvento sulla città di origine ( altre famose colonie furono Volturnum sul fiume omonimo e Liternum sul Lago Patria).

Gli Etruschi furono poi sconfitti dai romani che trovarono la città strategicamente utile.
Nei primi due secoli dell’Impero Romano Cuma ebbe una notevole espansione urbanistica civile e militare fortificando le sue mura anche se non raggiunse mai in splendore e sviluppo commerciale le vicine Baia, Lucrino e Pozzuoli. Anzi, danneggiata dalla espansione commerciale e militare di queste cittadine vide il suo enorme porto progressivamente abbandonato.
La varie colonie greche sulle coste di tutta la zona furono volute e realizzate sopratutto da Scipione l’Africano e il primo grande personaggio della nobiltà romana che prese a risiedere stabilmente nei Campi Flegrei, fu proprio sua figlia Cornelia in una villa che sorgeva a Miseno metre lo stesso Scipione alla fine della sua carriera militare e politica scelse come volontario luogo di esilio proprio i campi flegrei ( Liternum ).cuma-via-sacra

Nonostante l’appartenenza a Roma in tutti i Campi Flegrei si continuò a parlare e respirare per molto tempo in maniera greca, favorita dagli stessi romani che anche nei confronti di Napoli avevano adottato una politica volta a rispettare ed a favorire la cultura greca.
Dopo la caduta dell’Impero Romano Cuma fu il centro delle più fiorenti comunità cristiane della Campania, insieme a Puteoli ed a Neapolis. In questa epoca la piccola cittadina vide lentamente trasformare i suoi templi pagani in chiese.
Nel corso del VI secolo l’Acropoli Cumana fu continuo teatro di lotte tra Goti e Bizantini divenendo roccaforte ora dell’uno ora dell’altro.
Dopo il dominio dei Longobardi fu poi la volta dei pirati Saraceni.
Da quel momento la città cominciò a decadere rapidamente e la piana ed il territorio circostante divennero incolti e flagellati dalla malaria.
Poi infine il silenzio avvolse per sempre i resti dell’antica colonia che vennero lentamente seppelliti dal tempo mentre lo scempio edilizio del territorio fece il resto e Templi greci, edifici romani e chiese cattoliche sparirono così per sempre.

Il ritrovato sito archeologico di Cuma è attualmente considerato il più antico centro archeologico d’Italia. cuma-2I suoi scavi hanno restituito i resti dell’antica città di Cuma, la cui Acropoli conserva ancora le mura del V secolo e comprende i resti del Tempio di Giove, il famoso Antro della Sibilla (descritto da Virgilio nell’Eneide), la Cripta Romana, i resti di un grandioso Edificio Termale di epoca imperiale e i resti dell’Anfiteatro.
Numerosi sono inoltre i sepolcri di età greca e romana ritrovati nel luogo mentre nelle immediate vicinanze si staglia l’Arco Felice, viadotto costruito da Domiziano per il passaggio della via che collegava Pozzuoli a Roma.
Del tempio greco (V sec. a.C.), tradizionalmente attribuito a Giove, rimane soltanto il tracciato del podio. Nel V secolo fu trasformato in basilica cristiana, della quale sono rimaste cospicue tracce e l’originale battistero. Sulla terrazza inferiore si trova il tempio di Apollo, la cui leggendaria costruzione è attribuita al mitico Dedalo, che qui atterrò dopo il favoloso volo da Creta, e del quale rimangono poche tracce nel basamento, perché fu adattato a chiesa cristiana nel V secolo.

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Mito di Dedalo e Italo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Tempio di Apollo di cui oggi sono rimaste poche tracce doveva essere bellissimo come ci viene ricordato da Virgilio . 

Egli nella sua famosa Eneide ci racconta  la sua bellezza attraverso gli occhi di Enea, che fermatosi a Cuma, raggiunse questo tempio, consacrato ad Apollo .

Egli ancora in lutto per la tragica sorte toccata a Palinuro trucidato brutalmente dagli indigeni sul lido di Velia , con la sua barca prese nuovamente terra nella poco distante Cuma dove, sulla Rocca piu’ alta , dominava , incontrastato , il magnifico tempio di Apollo .

Approdato al litorale di Cuma , Enea sali al tempio di Apollo e si soffermò  a guardare le gigantesche porte in oro , decorate con gli antichi miti cretesi.
Dedalo , dice Virgilio , era l’artefice di quelle porte . Lui sfuggito alle insidie di Minosse grazie alle ali di cera , aveva preso terra proprio sull’Acropoli , dove poi , dopo aver posto e consacrato al dio le ali prodigiose , aveva eretto il tempio dalle porte d’oro .
Enea rimase attonito ad ammirare le superbe sculture delle pareti del tempio raffiguranti la morte di Androgeo ( figlio di Minosse ) , il tributo di sangue che gli ateniesi dovevano pagare ogni anno a Minosse , Pasife e il Minotauro , la storia di Arianna e del labirinto.

Dedalo, era un uomo dall’ingegno straordinario tanto che si racconta che fosse stato allievo del dio Ermes o secondo altri della dea Atena. Egli godeva di una fama straordinaria in tutto il mondo conosciuto grazie alle sue abilità di architetto, scultore e inventore.
Abitava ad Atene, dove aveva un avviato laboratorio. Molti apprendisti lavoravano con lui e tra questi c’era anche suo nipote Talo figlio della sorella.
Questi era uno dei suoi piu’ giovani e geniali apprendisti ; un ragazzo di soli 12 anni divenuto presto famoso ad Atene per aver inventato la sega , la ruota mobile per costruire i vasi ed il compasso .
La sua fama ad Atene divenne tale da offuscare l’immagine dello stesso Dedalo ( il quale tra l’altro rivendicava per se il merito dell’invenzione ) e addirittura si incominciava a vociferare che lo avesse superato in abilita e creatività’.
Dedalo , un giorno , preso da un insano gesto di gelosia e preoccupato dal fatto che il nipote stesse oscurando la sua fama, decise di ucciderlo.
Una mattina si recò con Talo sull’Acropoli, sul tetto del Tempio di Atena e lo spinse giù dal cornicione .
Dopo aver spinto il ragazzo nel vuoto , Dedalo si precipito’ ai piedi dell’Acropoli e chiuse il corpo dello sciagurato in un grosso sacco , proponendosi di seppellirlo in un luogo deserto . Naturalmente , la visione dell’ uomo che a gran fatica trasportava il grosso sacco rendeva curiosi quanti lo incontravano lungo la strada ma egli , alle domande dei passanti , rispondeva di aver raccolto un serpente morto, come la legge prevedeva.
Ben presto pero’ sul sacco apparvero delle macchie di sangue ed il folle delitto venne scoperto .
La notizia fece scalpore. Dedalo tentò di far credere che Talo fosse caduto accidentalmente ma non fu creduto.
Dedalo era considerato un artista eccelso e l’idea che fosse condannato per omicidio faceva discutere l’intera popolazione .
Seguì un lungo processo e alla fine, considerata la sua fama, si decise di rendere piu’ mite la condanna condannandolo al solo esilio.
Rifugio’ a questo punto a Cnosso , presso l’isola di Creta , dove Minosse ,fu ben lieto di accogliere un cosi’ grande architetto gli conferendogli il titolo di ‘artista di corte ‘.
A lui ben presto affido’ diversi incarichi tra i quali la commissione del famoso labirinto di Cnosso, dove rinchiudere il Minotauro e successivamente la moglie Pasife.
Negli anni in cui fu “ospite” a Creta Dedalo diede prova di grandi doti anche in campo architettonico e si dimostrò più volte un “inventore” geniale.
Gli sono state attribuite l’invenzione della scultura Daidala, e delle Agalmata, le statue con occhi aperti e membra mobili rappresentanti divinità.
In seguito si sposò con una schiava del sovrano, Naucrate, innamorata perdutamente della sua bellezza e delle sue abilità artigianali, con la quale ebbe un figlio che cihamarono Icaro .
Negli anni in cui fu “ospite” a Creta lo scultore Dedalo diede prova di grandi doti anche in campo architettonico e si dimostrò più volte un “inventore” geniale.
La sua vita trascorse a Creta tra onori le lussi fino al giorno dell’episodio di Arianna e del Minotauro …….
Facciamo un piccolo passo indietro per capirne a questo punto qualcosa in più’:
Androgeo , figlio di Minosse e sua moglie Pasife , grande atleta dimostatosi presto forte e coraggioso , una volta andato ad Atene per i giochi, vi fu ucciso.
Si dice che fu ucciso dagli ateniesi perché’ avendo vinto troppi premi ai loro giochi , li aveva disonorati .
Minosse infuriato mosse guerra ad Atene sottoponendola e per vendicarsi impose agli Ateniesi il tributo annuo di sette fanciulli e sette fanciulle , ordinando che fossero estratte a sorte e venissero offerte in pasto al Minotauro che si cibava di carne umana . ( era particolarmente feroce perché’ la testa di toro gli conferiva un istinto animale ).
Ma chi era questo orrendo mostro per meta’ toro e meta’ uomo ? Sentite questa :
Pasife ebbe dal marito Minosse 4 figli : Androgeo , Arianna , Fedra e …….Minotauro .
La regina Pasifae (sorella della maga Circe ) moglie di Minosse, un giorno disse al marito che del sesso non le importava proprio niente. Senonché Venere, dea dell’amore, offesa, decise di vendicarsi e tramutò Pasifae in una ninfomane scatenata.
Il re Minosse non sapeva più cosa fare, così decise di confinare la moglie in una zona sperduta dell’isola di Creta e le mise accanto solo persone di sesso femminile.
Ma quell’isolamento risultò inutile: Pasifae s’innamorò di un bellissimo toro che pascolava in quei paraggi .
Nel frattempo Minosse ne combino ‘ una grossa ; era costume, a quei tempi, che il re Minosse sacrificasse, annualmente, a Poseidone il più bello fra i tori dei suoi armenti.
Un giorno, però, Poseidone dio del mare, fece emergere dalle acque un bellissimo toro bianco affinché Minosse, re di Creta, lo sacrificasse a lui per propiziare fecondità e prosperità.
Minosse, invece colpito da tanta bellezza, si rifiutò di sacrificarlo al dio, offrendone un altro al suo posto , pensando bene di tenere lo splendido esemplare taurino per sè e scatenando così le ire del dio
Poseidone arrabbiatosi, per vendicarsi fece uscire di senno la regina , la moglie del re, facendola innamorare del toro. La moglie di Minosse si struggeva dal desiderio di accoppiarsi con l’animale, ma la cosa presentava qualche piccolo problema pratico, oltre che morale.
La regina si rivolse a Dedalo affinche’ l’aiutasse a risolvere il problema ; al toro piacevano solo le vacche, Dedalo, allora, costruì una struttura a forma di vacca di legno , che rivesti’ con pelle bovina , internamente vuota e per completare l’opera, insegnò a Pasife come sistemarvisi all’interno affinché potesse unirsi al toro. Da tale unione nacque una creatura orribile, il famoso e mitico Minotauro, metà toro e metà uomo.
Lo scandalo fu enorme e i I cretesi per prendere in giro Minosse, e ricordargli che era stato tradito anche con un toro ogni volta che lo vedevano passare per le strade gli facevano il segno delle corna, che da quel giorno divenne il simbolo stesso del tradimento.
Una creatura tanto orrida e ferale doveva essere nascosta alla vista del popolo, così Minosse ordinò a Dedalo di progettare e costruire un intricatissimo complesso di stanze, corridoi e gallerie dove imprigionarla: l’atenese obbedì e legò il suo nome a quello del Labirinto di Creta che progettò, fece costruire e per il quale viene ricordato ancora oggi.
Tutto sta che in questo labirinto in cui era nascosto il Minotauro venivano ogni anno sacrificati i giovani ateniesi di cui vi abbiamo parlato.
Nel frattanto ad Atene certo non se la passavano meglio ed ogni anno erano obbligati per ordine del Minosse a sacrificare sette giovani fanciulli e sette giovani fanciulle .
Allora Teseo , figlio del re di Ateniese Egeo si offri’ di far parte dei giovani da sacrificare per cosi’ provare a sconfiggere e uccidere il Minotauro .
Prima di continuare dobbiamo ricordare che Teseo era nato dall’ unione di Egeo con la sua prima moglie ( Etra ) , anche se pare fosse figlio di Poseidone che con inganno giacque con Etra e pertanto in qualita’ di semidio ebbe caratteristiche sia divine che mortali . ( la seconda moglie di Minosse si chiamava ‘ Medea ‘.
Egeo , padre di Teseo era contrario alla sua partenza temendo per la sua vita e la riuscita dell’ impresa e una volta convinto raccomando’ al figlio di issare le vele bianche al suo ritorno , in modo tale che lui potesse vederle e capire subito il successo della spedizione e tranquillizzarsi che fosse vivo . ( non vi erano telefonini ).
Una volta giunto a Cnosso , Arianna ( figlia di Minosse e Pasife ) si innammoro’ perdutamente di lui .
Arianna voleva assolutamente salvare il suo amato e si rivolse a Dedalo affinche’ l’aiutasse
Dedalo , allora consigliò ad Arianna, di dare a questi il gomitolo che gli avrebbe permesso di uscire dal labirinto.
Teseo , sapeva che la pelle del Minotauro era invulnerabile e che invece il suo corno eta capace di perforare ogni armatura .
Attese quindi che il Minotauro si addormentasse e uso’ la sua spada per staccare un corno con il quale poi trapasso’ la belva.
Uscito dal labirinto , Teseo salpo’ con Arianna , montando vele bianche in segno di vittoria .
Più avanti abbandono’ dormiente poi , Arianna , sull’isola deserta di Nasso.
Il motivo di tale abbandono e’ rimasto controverso ; si dice che l’eroe si fosse invaghito di un’altra o che si sentisse in imbarazzo a ritornare in patria con la figlia del nemico , oppure che venne semplicemente intimorito da Dionisio ( futuro marito di Arianna ) che in sogno gli intimo’ di lasciarla in quell’isola per poi raggiungerà e farla sua sposa.
Arianna , rimasta sola , inizio’ a piangere , finche’ apparve al suo cospetto il fio Dionisio che per consolarla le dono ‘ una meravigliosa corona d’oro , opera di Efesto che venne poi alla sua morte , mutata dal dio in una costellazione splendente . : la costellazione della corona .
Poseidone , adirato contro Teseo , invio’ una tempesta che squarcio’ le vele bianche , costringendo l’eroe a sostituirle con quelle nere.
Pur di continuare a viaggiare verso il ritorno , ansioso di mostrare la sua vittoria e annunciare la morte del Minotauro egli dimentica di ammainare le vele nere al suo ingresso nel porto .
Egeo , vedendo all’orizzonte le vele nere , credette che suo figlio fosse stato divorato dal Minotauro e si getto’ disperato in mare che dal suo nome fu chiamato Mar Egeo .
Alla morte del padre Teseo viene proclamato re di Atene.
Intanto quando Minosse venne a sapere che ad aiutare sua figlia e Teseo fu Dedalo, e non potendo prendersela con la figlia fuggita insieme all’eroe, pensò di punire Dedalo, rinchiudendolo insieme al figlio, Icaro, nel Labirinto, che egli stesso aveva progettato. L’unico modo per uscire dal Labirinto era evadere volando; ingegnoso come era, Dedalo costruì due paia di ali, uno per sè e l’altro per il figlio. Si raccomandò con Icaro di restargli sempre dietro durante il volo, di non strafare e soprattutto di stare attento a non avvicinarsi troppo ai raggi del sole perchè, le ali, attaccate alle spalle con della cera, potevano staccarsi in quanto il calore avrebbe sciolto la cera. Come non detto, Icaro durante il volo, provando piacere si allontanò dal padre e raggiunse i raggi del sole che sciolsero la cera e lo fecero sotto gli occhi del padre che niente poteva precipitare nel mare dove affogando morì.
Recuperato il corpo del figlio, Dedalo lo portò in un’isola vicina che chiamò Icaria, in onore di Icaro e triste e desolato, volando radente al mare e bagnando spesso le ali, riuscì ad arrivare sano e salvo sino all’Acropoli di Cuma dove costruì un tempio al dio Apollo, consegnando le ali che aveva inventato per evadere dal Labirinto di Creta.
Dedalo, in seguito raggiunge la Sicilia (Agrigento), presso il territorio in cui regnava il re sicano Cocalo, che lo ricevette a corte e diventarono amici .
Al suo servizio Dedalo gli costruisce una diga, fortifica una cittadella per proteggere i tesori del re, edifica su una roccia a picco le fondamenta di un tempio ad Afrodite, installa uno stabilimento termale…
Dedalo visse a lungo con Cocalo e con i Siciliani, dando prova del suo ingegno e costruendo, in Sicilia, moltissime opere.
Tra le opere che gli sono attribuite è da ricordare la costruzione di una grotta artificiale presso Selinunte, dove i fumi che svaporavano dal fuoco erano tali che facevano sudare lentamente, portando alla guarigione i frequentatori della grotta che avevano qualche malanno
Ad Erice, su una rocca che si alzava a strapiombo dove si trovava il tempio di Afrodite, Dedalo costruì delle mura con cui allargò il ripiano sopraelevato sul burrone, che stava alla base del tempio e vi costruì, inoltre, un ariete d’oro di mirabile bellezza.
La zona in Sisilia di S. Angelo di Muxaro viene identificata da alcuni con l’antica Camico e legata alla leggenda di Cocalo e Minosse. Qui, oltre ad alcune tombe somiglianti alle ‘tholoi’ cretesi-micenee, furono rinvenute quattro coppe d’oro, di cui solo una conservata al British Museum.
Nel frattempo Minosse aveva allestito una grande flotta con la quale lo cercava ovunque portando con se una conchiglia di Tritone e un filo promettendo, in ogni luogo dove si fermava, una grossa ricompensa a colui che avesse saputo far passare il filo tra le spire della conchiglia. Minosse sapeva che nessuno sarebbe stato in grado di risolvere il problema, eccetto Dedalo.
Il re di Creta Minosse, venuto a conoscenza della fuga di Dedalo in Sicilia, organizzò una spedizione esbarcò con le sue navi in una località nel territorio di Agrigento, che fu poi chiamata in suo onore Minoa, e per trovare Dedalo si servì del suo particolare stratagemma: promise come sempre una grossa ricompensa a chi sarebbe riuscito a far passare un filo attraverso le spirali di una conchiglia di chiocciola.
Cocalo allettato dalla grossa somma di danaro , propose la soluzione a Dedalo che legò il filo ad una formica spingendola in quel nuovo labirinto. Quando Cocalo fece portare la conchiglia a Minosse, questi capì che Dedalo doveva essere nei paraggi e inviò degli ambasciatori affinché chiedessero a Cocalo di restituirgli il fuggitivo.
Cocalo, allora, invitò Minosse e, dopo aver promesso di assecondare le sue richieste, lo invitò a casa sua, dove aveva dei bagni stupendi lavorati da Dedalo e ne concesse l’uso a Minosse, ma mentre questi, per nulla insospettito, si lavava servito, secondo il costume di quei tempi, dalle figlie di Cocalo, le fanciulle, violando le sacre leggi dell’ospitalità, lo affogarono e lo tennero nell’acqua calda fino a quando non morì. Cocalo restituì il corpo ai Cretesi, dicendo loro che Minosse era morto scivolando accidentalmente nell’acqua calda.
I Cretesi chiesero ed ottennero di seppellire sontuosamente il loro re, costruirono una tomba a due piani dove, nella parte nascosta dalla terra posero le ossa ed in quella sopraelevata costruirono un tempio dedicato ad Afrodite.
La leggenda vuole che Minosse per la sua integrità morale e la sua rettitudine fu assunto da Zeus come giudice supremo dell’Ade.
Dedalo, finalmente libero, visse in Sicilia fino alla sua morte. Secondo un’altra versione Dedalo, dopo essere vissuto per molti anni con i Siciliani, si trasferì in Sardegna, dove costruì i nuraghi, chiamati anche dedalei.

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