Le sirene, oggi sono comunemente associate a creature marine metà donna e metà pesce ,ma le loro radici affondano in una mitologia geca dove esse avevano un aspetto completamente diverso da come ci viene presentato ora in tanti libri di miti e leggende.
Nell’antichità greca e romana, infatti le sirene non avevano nulla a che fare con il mare e la profondità degli abissi.
Acheloo, una divinità fluviale, e la madre Melpomene, la musa della tragedia ed un tempoerano fanciulle e compagne di Persefone,
figlia Persefone, avevano permesso a Plutone di rapirla
Un’altra versione del mito racconta che Demetra le aveva trasformate in donne-uccello, non per punirle, ma perché potessero cercare meglio la povera Persefone finita nel
mondo delle tenebre, di cui era indiscusso padrone il dio
Plutone.
Sta di fatto che, durante gli scavi archeologici, spesso sono state ritrovate statuette raffiguranti le sirene nelle tombe dei morti. È la conferma che le sirene avessero a che
fare con il mondo dell’oltretomba. Forse con il loro dolce canto rendevano meno duro il passaggio dalla vita alla morte.
sciolta al sole per renderli sordi al richiamo delle sirene e si fece legare all’albero della nave, in modo da impedire che lui stesso potesse cedere al canto delle ammalianti
sorelle: in questo modo egli potè così sentire la leggendaria melodia delle sirene senza tuttavia cadere nella trappola.
Che strana visione dovette presentarsi ai marinai: tre splendide fanciulle su un cumulo di maleodoranti cadaveri!

che lo tenevano prigioniero I marinai non sentivano però le sue invocazioni e così, senza volerlo, salvarono se stessi e Ulisse da morte sicura.
Solo un altro uomo, oltre Ulisse, poteva vantare di aver resistito al canto delle sirene: Orfeo, il mitico poeta che cantava al suono della lira. Orfeo salvò i suoi amici argonauti sfidando le sirene in una gara di canto «Tenendo tra le mani la lira» racconta lo scrittore Apollonio Rodio
«Orfeo con le sue mani fece risonare le note allegre di una canzone dal ritmo veloce affinché il suono della sua musica rimbombasse alle orecchie dei suoi compagni. Il suono
della cetra e la voce del fanciullo prevalsero: mentre il vento Zefiro e le onde sospingevano la nave, il canto delle sirene giungeva come un suono indistinto.»
Sono state sconfitte dal canto di Orfeo o dall’astuzia di Ulisse? Dei miti greci esistono tante versioni diverse, spesso contrastanti fra loro (se Orfeo aveva sconfitto le
Sirene, le fanciulle dovevano essere già scomparse
all’epoca del viaggio di Ulisse).
Comunque, davanti all’isolotto delle sirene, sarebbero passati gli argonauti prima e i marinai di Ulisse dopo. Per volere del fato, le sirene erano quindi destinate alla morte.
Le tre sirene ammaliatrici volarono così verso il mare aperto affrontando volontariamente la morte.
Queste sono tutt’altra cosa!
Le arpie secondo la mitologia classica greca erano infatti delle creature descritte come mostri con la parte superiore del corpo di donna ( testa , busto e braccia di donna) e parte inferiore con corpo di uccello (con ali, zampe e piume) spesso associate alla violenza , alla rapacità e alla tempesta, alla distruzione, e alla contaminazione dell’aria.
Dante le colloca nella Divina Commedia, nel VII cerchio dell’Inferno, dove tormentano le anime dei suicidi.
Apollone Rodio, nelle Argonautiche (libro III) ci racconta che esse per ordine di Hera perseguitano il re e indovino cieco Fineo portandogli via le pietanze dalla tavola e sporcandogliela.Omero le cita nell’Odissea (libro XX): in una preghiera ad Artemide Penelope come di procelle e ricorda che rapirono le figlie di Pandareo per asservirle alle Ernni ,
Esiodo parla di due arpie, Aello e Ocipete raccontando di esse che queste avessero una magnifica capigliatura e che fossero potenti nel volo, anche se Virgilio quando le cita nell’Eneide fa il nome di una terza sorella, Celeno ( tutte figlie di Taumante ed Elettra e sorelle di Iride )
Nell’Orlando furioso (canto XXXIII) Ludovico Ariosto riprende la storia di Fineo, e le Arpie insozzano la tavola del cieco re di Etiopia, identificato col Prete Gianni e vengono scacciate da Astolfo .
N.B. Oggi, il termine “arpia” viene utilizzato per descrivere una persona cattiva o pericolosa.
Il successo di queste figure ha portato poi a a diverse riletture e reinterpretazioni nel corso dei secoli: la fase più importante è quella relativa al medioevo, dove l’iconografia inizia a presentare queste figure con la metà superiore umana e la metà inferiore formata da una coda di pesce, oltre alla caratteristica pericolosità nei confronti dell’essere umano. Ma si tratta di una minaccia ideologica prima che fisica: le sirene iniziano ad essere associate al peccato e specialmente alla lussuria ed infatti non è raro trovarle ritratte in pose ambigue o con in mano un pettine ed uno specchio, simboli rispettivamente di seduzione e vanità.
Nel Medioevo cristiano, la sirena incominciò quindi ad assumere un significato morale: divenne in poco tempo una figura seduttiva e pericolosa simbolo della tentazione carnale e del peccato. Essa rappresenta ciò che distoglieva l’uomo dal cammino spirituale.
In un’epoca in cui la donna ideale era la Vergine spirituale, la sirena incarnava l’opposto: la femminilità peccaminosa, metà donna e metà mostro. La coda di pesce non è solo un errore, ma un simbolo di condanna.
ED E’ QUESTO L’UNICO VERO MOTIVO PER CUI ESSE VENNERO TRASFORMATE TUTTE IN META’ DONNA E META’ PESCE .
Le ipotesi sul perché di questa trasformazione dalle penne alle pinne resta sempre e solo questa : essa è probabilmente da attribuirsi alla diffusione del Cristianesimo che associò alla figura di questi esseri il male, l’incarnazione diabolica, da cui la perdita delle ali che solo gli angeli erano degni di avere.
Un’ altra teoria usata sempre più spesso da improvvisati Tiktoker ,ipotizza invece che più banalmente questo passaggio sia frutto di un errore di trascrizione. In latino, infatti, la differenza tra pinnis ( pinne) e pennis (penne) è di una sola vocale. L’errata trascrizione di un amanuense avrebbe perciò potuto indurre un disegnatore di un bestiario medioevale a dare alle sirene l’aspetto di donne-pesce che ancora oggi immaginiamo
Vi sembra un’ipotesi plausibile ?
SI! Certo ! Nel mondo antico, e in particolare nei manoscritti medievali, era facilissimo incorrere in errori di trascrizione. Le parole latine, scritte in una grafia corsiva o semionciale, si somigliavano molto. Prendiamo ad esempio il termine pennis, che significa ‘con le ali’, da penna, cioè ‘ala’. Ora, basta uno scambio minimo — una e al posto di una i — ed ecco che pennis diventa pinnis, cioè ‘con le pinne’.”
“Ora immaginate un copista che sta trascrivendo un testo in cui, diciamo, si parla di un angelo. Il testo originale diceva che l’angelo volava pennis, con le ali.Magari un poema, o la descrizione di una creatura celeste un angelo, forse, o una divinità pagana. Il testo originale diceva che questa creatura si librava nell’aria pennis, con le ali.
Ma il copista legge pinnis, e quindi crede che si stia parlando di creature acquatiche, magari sirene o esseri marini. Questo potrebbe generare un fraintendimento iconografico: l’artista che poi illustrerà il manoscritto, fidandosi del testo, disegnerà l’essere non con le ali, ma con le pinne!”
L’artista incaricato poi di illustrare il manoscritto non poteva sapere che si trattava di un errore. Si fidava del testo. E quindi raffigurava queste creature non più come donne-uccello, ma come donne-pesce.
Molti banalmente concordano sul fatto cheè cosi che nasce così un’iconografia nuova, completamente diversa. Una sirena che abita il mare, e non più l’aria.
È un esempio perfetto di come la storia si scrive anche attraverso i malintesi. Di come, a volte, la fantasia si nutre di un errore di copiatura.
Può secondo voi un semplice errore di copia … una vocale sbagliata, trasformare completamente il significato di un’immagine o di una descrizione.?
Puo in questo modo cosi banale nascerel’immagine delle sirene come la conosciamo oggi: non figlie del vento, ma delle onde?
Certo potreste obiettare che i meccanismi di trasmissione del sapere nel Medioevo. erano molto delicati …
Ma può questo semplice fattariello spiegare una immagine completamente diversa che venne poi data alle sirene?
Un semplice minuscolo errore di trascrizione attraverso il quale una e diventata i — può realmente dato vita a un fraintendimento iconografico?
Puo il tutto tutto nascere da un gesto involontario nato per caso di un copista stanco o distratto.
Vi sembra possibile ?
Direi proprio di NO.
La trasformazione delle sirene da creature alate a donne-pesce è un processo storico che si è sviluppato gradualmente, e assolutamente non può essere legato ad un semplice banale errore di trascrizione effettuato nei manoscritti medievali da un singolo monaco copista, seduto nel silenzio di uno scriptorium, intento a trascrivere un antico testo.
La sola verità è legata al fatto che il cambiamento di questa trasformazione delle sirene non può essere solo avvenuta peruno sbaglio, ma essa è il frutto di una scelta ideologica che si inserisce in un quadro culturale più ampio e quella coda di pesce che oggi diamo per scontata è in realtà, il frutto di secoli di paure, simbolismi e fraintendimenti.
Nel Medioevo cristiano, l’immagine delle sirene si caricò di significati nuovi, profondamente morali. Le sirene diventarono simboli della tentazione carnale, della lussuria, del peccato che distoglie l’anima dalla salvezza. Non erano più soltanto esseri ambigui del mito antico: divennero mostri seduttivi, mezzi pesce e mezze donne, che attiravano l’uomo verso la perdizione. Erano l’incarnazione della seduzione del corpo — qualcosa da temere e respingere.
L’ antica sirena alata si trasformò nella sirena marina. solo per un ribaltamento culturale,Non per uno sbaglio, di un monaco distratto ma per scelta ideologica. E quella coda di pesce che oggi diamooggi per scontata è, in realtà, il frutto di secoli di paure, simbolismi e fraintendimenti.
Ecco il punto: secondo una versione banale e superficiale bastava un singolo errore di trascrizione, una vocale sbagliata, per trasformare sirene da esseri che volavano con le ali a creature che nuotavano con le pinne, mentre la storia ci racconta invece che quelle originarie creature alate della mitologia greca, hanno gradualmente assunto la forma di donna-pesce nel periodo medioevale solo perche influenzate da vari fattori culturali e religiosi che si inseriscono in un quadro culturale più ampio: la figura della donna, nel pensiero cristiano medievale, doveva tendere allo spirituale, alla purezza, alla Madonna. La femminilità vista come spiritualità celeste. Le sirene, al contrario, rappresentavano l’opposto: la donna che si fa corpo, desiderio, pericolo.
Nasce così un’iconografia nuova, completamente diversa. Una sirena che abita il mare, e non più l’aria.no
È un esempio perfetto di come la storia si scrive anche attraverso i malintesi. Di come, a volte, la fantasia si nutre di un errore di copiatura. E forse proprio in quell’errore è nata l’immagine delle sirene come la conosciamo oggi: non figlie del vento, ma delle onde.
Nel medioevo la chiesa cattolica aveva insomma bisogno di un’iconografia nuova e completamente diversa dalla vecchia sirena . Aveva bisogno di una sirena che abitava il mare, e non più l’aria.
Un’importante twist caratteriale può essere testimoniato a partire dall’800 quando grazie alla celeberrima fiaba La Sirenetta di Andersen che ci presenta una creatura non più maligna e lussuriosa ma giovane, onesta ed innamorata: questo nuovo immaginario raggiungerà il massimo della sua popolarità grazie all’omonima trasposizione realizzata dallaDisney nel 1989.
CURIOSITA’: Oggi quindi l’iconografia più tradizionale ritrae le sirene come esseri divini con l’aspetto di donne nella parte superiore e di uccelli nella parte inferiore, con tutte le caratteristiche di questo animale (tuttavia gli artigli non vengono usati per ghermire le vittime, a differenza della arpie). Il lor esordio letterario va rintracciato proprio nell’Odissea dove sono protagoniste della vicenda che vi abbiamo appena raccontato, ma in realtà queste creature sono ben radicate nella mitologia e nella teologia greca: si tratta di tre sorelle chiamate Partenope, Leucosia e Ligea, figlie del dio fluviale Alcheloo e della musa della tragedia Melpolene. Secondo un’antica leggenda le sirene portate in auge da Omero finiscono con il togliersi la vita per espiare la colpa di non essere riuscite ad uccidere la ciurma di Ulisse gettandosi in mare: i loro corpi riemergono così nei luoghi i cui in futuro sorgeranno Napoli, Paestum e Lamezia Terme. Le creature marine compaiono anche qualche secolo dopo nelle Argonautiche di Apollonio Rodio dove tentano di ingannare Giasone di ritorno dalla Colchide con il vello d’oro: non appena iniziano a cantare però interviene Omero che intonando un’altra melodia riesce ad interferire con il loro letale operato. Anche in questa versione l’epilogo per le semidee è il medesimo raccontato da Omero, ossia il suicido per il fallito assalto.
Secondo poi una leggenda, che tutti sapete, il corpo di una di essa, Partenope, fu raccolto e portato sull’isolotto di Megaride, l’enorme scoglio su cui si distende oggi Castel dell’Ovo. Lì i pescatori costruirono un tempio e seppellirono la giovane vergine (questo vuol dire il nome Partenope), venerandola come una dea. Fu lì che sorsero i primi edifici della città di Partenope. Ancora oggi i napoletani vengono chiamati partenopei, in omaggio a questa mitica creatura. Non a caso la canzone napoletana è conosciuta e amata in tutto il mondo: evidentemente il canto di Partenope risuona ancora nelle canzoni partenopee.
” Insomma il discorso è sempre lo stesso… se non leggi libri, non puoi narrare la storia.”
Questa frase è molto significativa. Vuole dire che senza conoscere il passato (tramite la lettura e lo studio), non si è in grado di raccontarlo, comprenderlo o imparare da esso.
Chi vuol capire …. capisca!