Le sirene, oggi sono comunemente associate a creature marine metà donna e metà pesce ,ma le loro radici affondano in una mitologia geca dove esse avevano un aspetto completamente diverso da come ci viene presentato ora in tanti libri di miti e leggende.

Nell’antichità greca e romana, infatti le sirene non avevano nulla a che fare con il mare e la profondità degli abissi.

Esse erano descritte come esseri alati, legate al mondo degli Inferi con il  corpo di uccello e volto di donna che avevano la capacità di volare. Erano quindi considerate creature dell’aria, legate al canto e al fascino della parola, e il loro potere consisteva sopratutto  nel richiamo irresistibile della loro voce.
Se tal proposito a andiamo a ricercare qualcosina nella letteratura antica troviamo che Apollonio Rodio, nel quarto libro delle Argonautiche, racconta di sirene avevano sembianze in parte femminili e in parte avicole.
N.B. : Sempre lo stesso poeta narra anche che, prima di Ulisse, fu Orfeo, con la potenza del suo canto, a trionfare su di loro.
 Se continuiamo a scavare troviamo che Euripide, nel V secolo a.C., le descrive come “vergini piumate”. E se continuiamo a leggere libri scopriamo che già nel III secolo, il filosofo Porfirio attribuiva  alle sirene un valore simbolicorappresentandole come  le tentazioni e i desideri peccaminosi che portano alla rovina dell’anima.
Ma è sopratutto  Ovidio, nelle sue Metamorfosi, che ci offre la  versione poi più accreditata del mito delle sirene,di quei  tempi : esse avevano un’origine divina: il padre era
Acheloo, una divinità fluviale, e la madre Melpomene, la musa della tragedia  ed un tempoerano  fanciulle e compagne di Persefone,
Secondo una prima versione esse chiesero agli dèi di potersi trasformare in esseri capaci di solcare le onde con le ali, così da esprimere il loro dolore per la scomparsa dell’amica, rapita da Ade,  Il dio degli Inferi, mosso a compassione, le accontentò, lasciando loro un volto umano e una voce incantevole.
Secondo una diversa versione più accreditata, esse furono invece  trasformate in donne-uccello da Demetra  che le avrebbe punite, perché loro, compagne di giochi e di svaghi di sua
figlia Persefone, avevano permesso a Plutone di rapirla
Un’altra versione del mito racconta che Demetra le aveva trasformate in donne-uccello, non per punirle, ma perché potessero cercare meglio la povera Persefone finita nel
mondo delle tenebre, di cui era indiscusso padrone il dio
Plutone.
Sta di fatto che, durante gli scavi archeologici, spesso sono state ritrovate statuette raffiguranti le sirene nelle tombe dei morti. È la conferma che le sirene avessero a che
fare con il mondo dell’oltretomba. Forse con il loro dolce canto rendevano meno duro il passaggio dalla vita alla morte.
Originariamente, quindi queste enigmatiche figure erano legate al mondo degli Inferi e possedevano caratteristiche ornitomorfe, erano considerate dalla mitologia greca come figure cattive e pericolose .
Persino il celebre poeta Omero, autore dell’ Iliade e dell’ ‘Odissea che secondo molti pare sia vissuto tra l’VIII e il IX secolo a.C. (Erodoto, lo collocava Omero intorno all’850 a.C.) nel  ripercorrere il celeberrimo confronto tra Ulisse e le sirene greche finì per  conferìrgli un aspetto malvagio. Fu infatti solo grazie ai consigli dati  dallla maga Circe che mise  in guardia l’avventuriero e i suoi compagni che questi riuscirono a salvarsi da  questi pericolosi esseri che
attiravano gli ignari uomini con il loro canto per poi divorarli e accumularne le ossa sulla scogliera.
Come tutti sapete Ulisse accettò  il consiglio della maga ma, spinto dalla sua incontenibile sete di sapere, decide di non potersi privare della possibilità di sperimentare una simile possibilità e prima di avvicinarsi alla fatidica isola, otturò le orecchie dei suoi marinai con cera
sciolta al sole per renderli sordi al richiamo delle sirene e si fece legare all’albero della nave, in modo da impedire che lui stesso potesse cedere al canto delle ammalianti
sorelle:  in questo modo egli potè  così sentire la leggendaria melodia delle sirene senza tuttavia cadere nella trappola.
CURIOSITA’: Le sirene  erano creature che secondo la mitologia classica attiravano i marinai con la forza incantatrice del loro canto facendoli naufragare sugli scogli del loro isolotto. Le  sirene avevano un’altra arma nel loro mani: predicevano il futuro.e fu questa che loro usarono per Ulisse..
Queste mitologiche figure sapevano indagare a fondo nell’animo di chi avevano  davanti e promettono  a chiunque a nel suo navigare passava dinanzi all’isolotto de Li galli l’arrivare ad una conoscenza irraggiungibile per qualsiasi altro uomo,se questultmo deci deva di restava con loro.
Ulisse con il suo stratagemma riuscì  a sopravvivere alle sirene ma soprattutto alla battaglia interiore con sé stesso: egli arrivò infatti a comprendere che uno scibile che sacrifica i legami affettivi e la vita stessa non ha alcun valore.
CURIOSITA’:  Circe aveva detto all’eroe che l’isola era ricoperta dai corpi senza vita di quanti avevano ceduto al canto delle sirene. Se uno solo passava però indenne davanti all’isola, le giovani donne-uccello dovevano suicidarsi per volere del Fato  e all’avvicinarsi de Li galli – così si chiamava l’isolotto – i marinai non potevano sentire il canto delle sirene, né ascoltare le promesse sul loro futuro, ma potevano vedere e sentire il lezzo dei cadaveri in decomposizione. Cadaveri e cadaveri coprivano infatti ogni lembo di terreno, tranne il piccolo scoglio dove sedevano le tre sirene.
Che strana visione dovette presentarsi ai marinai: tre splendide fanciulle su un cumulo di maleodoranti cadaveri!
Ulisse era l’unico che, oltre a vedere, sentiva il canto delle sirene e ne era letteralmente affascinato. Pregava con tutte le sue forze i suoi compagni di scioglierlo dalle corde
che lo tenevano prigioniero I marinai non sentivano però le sue invocazioni e così, senza volerlo, salvarono se stessi e Ulisse da morte sicura.
Solo un altro uomo, oltre Ulisse, poteva vantare di aver resistito al canto delle sirene: Orfeo, il mitico poeta che cantava al suono della lira. Orfeo salvò i suoi amici argonauti sfidando le sirene in una gara di canto «Tenendo tra le mani la lira» racconta lo scrittore Apollonio Rodio
«Orfeo con le sue mani fece risonare le note allegre di una canzone dal ritmo veloce affinché il suono della sua musica rimbombasse alle orecchie dei suoi compagni. Il suono
della cetra e la voce del fanciullo prevalsero: mentre il vento Zefiro e le onde sospingevano la nave, il canto delle sirene giungeva come un suono indistinto.»
Sono state sconfitte dal canto di Orfeo o dall’astuzia di Ulisse? Dei miti greci esistono tante versioni diverse, spesso contrastanti fra loro (se Orfeo aveva sconfitto le
Sirene, le fanciulle dovevano essere già scomparse
all’epoca del viaggio di Ulisse).
Comunque, davanti all’isolotto delle sirene, sarebbero passati gli argonauti prima e i marinai di Ulisse dopo. Per volere del fato, le sirene erano quindi destinate alla morte.
Le tre sirene ammaliatrici volarono così verso il mare aperto affrontando volontariamente la morte.
Le  sirene per quanto  malvagie e certamente considerate per metàesseri mitologici per metà  donna e per metà uccello, non vanno comunque  confonfuse  con le Arpie,

Queste sono   tutt’altra cosa!

Le arpie secondo  la mitologia classica greca erano infatti delle creature descritte come mostri con la parte superiore del corpo di donna ( testa , busto e braccia di donna)  e parte inferiore con corpo di uccello (con ali, zampe e piume) spesso associate alla violenza , alla rapacità e alla tempesta, alla distruzione, e alla contaminazione dell’aria. 

CURIOSITA’: Le arpie compaiono in varie opere della letteratura greco-latina, spesso come creature che portano sventura e caos, come nell’Eneide dove attaccano Enea e i suoi compagni. 

Dante le colloca nella Divina Commedia, nel VII cerchio dell’Inferno, dove tormentano le anime dei suicidi.

Apollone Rodio, nelle Argonautiche (libro III) ci racconta che esse per ordine di Hera  perseguitano il re e indovino cieco Fineo   portandogli via le pietanze dalla tavola e sporcandogliela.Omero le cita nell’Odissea (libro XX): in una preghiera ad  Artemide Penelope come di procelle e ricorda che rapirono le figlie di Pandareo  per asservirle alle  Ernni ,

Esiodo parla di due arpie, Aello e Ocipete raccontando di esse che queste  avessero una magnifica capigliatura e che fossero potenti nel volo, anche se Virgilio quando le cita  nell’Eneide fa  il nome di una terza sorella, Celeno ( tutte figlie di Taumante ed Elettra  e sorelle di Iride )

Nell’Orlando furioso (canto XXXIII) Ludovico Ariosto riprende la storia di Fineo, e le Arpie insozzano la tavola del cieco re di Etiopia, identificato col  Prete Gianni  e vengono scacciate da Astolfo .

 

N.B. Oggi, il termine “arpia” viene utilizzato per descrivere una persona cattiva o pericolosa.

Il successo di queste figure ha portato poi a a diverse riletture e reinterpretazioni nel corso dei secoli: la fase più importante è quella relativa al medioevo, dove l’iconografia inizia a presentare queste figure con la metà superiore umana e la metà inferiore formata da una coda di pesce, oltre alla caratteristica pericolosità nei confronti dell’essere umano. Ma si tratta di una minaccia ideologica prima che fisica: le sirene iniziano ad essere associate al peccato e specialmente alla lussuria ed infatti non è raro trovarle ritratte in pose ambigue o con in mano un pettine ed uno specchio, simboli rispettivamente di seduzione e vanità.

Nel Medioevo  cristiano, la sirena incominciò quindi ad assumere  un significato morale: divenne in poco tempo  una figura seduttiva e pericolosa simbolo della tentazione carnale e del peccato. Essa  rappresenta ciò che distoglieva  l’uomo dal cammino spirituale.

In un’epoca in cui la donna ideale era la Vergine spirituale, la sirena incarnava l’opposto: la femminilità peccaminosa, metà donna e metà mostro. La coda di pesce non è solo un errore, ma un simbolo di condanna.

ED E’ QUESTO  L’UNICO VERO MOTIVO PER CUI ESSE VENNERO TRASFORMATE TUTTE IN META’ DONNA E META’ PESCE .

Le ipotesi sul perché di questa trasformazione dalle penne alle pinne resta sempre e solo questa : essa è probabilmente da attribuirsi alla diffusione del Cristianesimo che associò alla figura di questi esseri il male, l’incarnazione diabolica, da cui la perdita delle ali che solo gli angeli erano degni di avere.

Un’ altra teoria usata sempre più spesso da improvvisati Tiktoker ,ipotizza invece che più banalmente questo passaggio sia frutto di un errore di trascrizione. In latino, infatti, la differenza tra pinnis ( pinne) e pennis (penne) è di una sola vocale. L’errata trascrizione di un amanuense avrebbe perciò potuto indurre un disegnatore di un bestiario medioevale a dare alle sirene l’aspetto di donne-pesce che ancora oggi immaginiamo

Vi sembra un’ipotesi plausibile ?

SI! Certo ! Nel mondo antico, e in particolare nei manoscritti medievali, era facilissimo incorrere in errori di trascrizione. Le parole latine, scritte in una grafia corsiva o semionciale, si somigliavano molto. Prendiamo ad esempio il termine pennis, che significa ‘con le ali’, da penna, cioè ‘ala’. Ora, basta uno scambio minimo — una e al posto di una i — ed ecco che pennis diventa pinnis, cioè ‘con le pinne’.”

“Ora immaginate un copista che sta trascrivendo un testo in cui, diciamo, si parla di un angelo. Il testo originale diceva che l’angelo volava pennis, con le ali.Magari un poema, o la descrizione di una creatura celeste  un angelo, forse, o una divinità pagana. Il testo originale diceva che questa creatura si librava nell’aria pennis, con le ali.

Ma il copista legge pinnis, e quindi crede che si stia parlando di creature acquatiche, magari sirene o esseri marini. Questo potrebbe generare un fraintendimento iconografico: l’artista che poi illustrerà il manoscritto, fidandosi del testo, disegnerà l’essere non con le ali, ma con le pinne!”

L’artista incaricato poi di illustrare il manoscritto non poteva sapere che si trattava di un errore. Si fidava del testo. E quindi raffigurava queste creature non più come donne-uccello, ma come donne-pesce.

Molti banalmente concordano sul fatto cheè cosi che nasce così un’iconografia nuova, completamente diversa. Una sirena che abita il mare, e non più l’aria.

È un esempio perfetto di come la storia si scrive anche attraverso i malintesi. Di come, a volte, la fantasia si nutre di un errore di copiatura.

Può secondo voi  un semplice errore di copia …  una vocale sbagliata,  trasformare completamente il significato di un’immagine o di una descrizione.?

Puo in questo modo cosi banale nascerel’immagine delle sirene come la conosciamo oggi: non figlie del vento, ma delle onde?

Certo potreste obiettare che i meccanismi di trasmissione del sapere nel Medioevo. erano molto delicati …

Ma può questo semplice fattariello spiegare una immagine completamente diversa che venne poi data alle sirene?

Un semplice minuscolo errore di trascrizione attraverso il quale  una e diventata i — può realmente  dato vita a un fraintendimento iconografico?

Puo il tutto  tutto nascere da un gesto involontario nato per caso di un copista stanco o distratto.

Vi sembra possibile ?

Direi proprio di NO.

La trasformazione delle sirene da creature alate a donne-pesce è un processo storico che si è sviluppato gradualmente, e assolutamente non può essere legato ad un  semplice banale errore di trascrizione  effettuato nei manoscritti medievali  da un singolo monaco copista, seduto nel silenzio di uno scriptorium, intento a trascrivere un antico testo.

La sola verità è legata al fatto che il cambiamento di questa trasformazione delle sirene non può essere solo avvenuta peruno  sbaglio, ma essa è il frutto di una scelta ideologica che si inserisce in un quadro culturale più ampio e quella coda di pesce che oggi diamo per scontata è  in realtà, il frutto di secoli di paure, simbolismi e fraintendimenti.

Nel Medioevo cristiano, l’immagine delle sirene si caricò di significati nuovi, profondamente morali. Le sirene diventarono simboli della tentazione carnale, della lussuria, del peccato che distoglie l’anima dalla salvezza. Non erano  più soltanto esseri ambigui del mito antico: divennero  mostri seduttivi, mezzi pesce e mezze donne, che attiravano l’uomo verso la perdizione. Erano l’incarnazione della seduzione del corpo — qualcosa da temere e respingere.

L’ antica sirena alata si trasformò nella sirena marina. solo per un ribaltamento culturale,Non  per uno sbaglio, di un monaco distratto ma per scelta ideologica. E quella coda di pesce che oggi diamooggi  per scontata è, in realtà, il frutto di secoli di paure, simbolismi e fraintendimenti.

Ecco il punto: secondo una versione banale e superficiale bastava un singolo errore di trascrizione, una vocale sbagliata, per trasformare sirene da esseri che volavano con le ali a creature   che nuotavano con le pinne, mentre la storia ci racconta invece che quelle originarie  creature alate della mitologia greca, hanno gradualmente assunto la forma di donna-pesce nel periodo medioevale solo perche  influenzate da vari fattori culturali e religiosi che si inseriscono in un quadro culturale più ampio: la figura della donna, nel pensiero cristiano medievale, doveva tendere allo spirituale, alla purezza, alla Madonna. La femminilità vista come spiritualità celeste. Le sirene, al contrario, rappresentavano l’opposto: la donna che si fa corpo, desiderio, pericolo.

Nasce così un’iconografia nuova, completamente diversa. Una sirena che abita il mare, e non più l’aria.no

È un esempio perfetto di come la storia si scrive anche attraverso i malintesi. Di come, a volte, la fantasia si nutre di un errore di copiatura. E forse proprio in quell’errore è nata l’immagine delle sirene come la conosciamo oggi: non figlie del vento, ma delle onde.

Nel  medioevo la chiesa cattolica aveva insomma bisogno di un’iconografia nuova e  completamente diversa dalla vecchia sirena . Aveva bisogno di una sirena che abitava il mare, e non più l’aria.

La prima descrizione documentata di una sirena in forma ibrida – metà donna, metà pesce – si trova nel Liber monstrorum de diversis generibus, redatto tra il VII e l’VIII secolo, forse attribuibile ad Aldelmo di Malmesbury.
In questo testo, le marinae puellae (fanciulle marine) sono descritte come donne bellissime che seducono i marinai. L’iconografia si consolidò poi attraverso numerosi bestiari successivi: dal Physiologus alessandrino al Bestiaire di Gervaise, fino agli scritti di Brunetto Latini e Cecco d’Ascoli.

Un’importante twist caratteriale può essere testimoniato a partire dall’800 quando grazie alla celeberrima fiaba La Sirenetta di Andersen che ci presenta una creatura non più maligna e lussuriosa ma giovane, onesta ed innamorata: questo nuovo immaginario raggiungerà il massimo della sua popolarità grazie all’omonima trasposizione realizzata dallaDisney nel 1989.

CURIOSITA’:  Oggi quindi  l’iconografia più tradizionale ritrae le sirene come esseri divini con l’aspetto di donne nella parte superiore e di uccelli nella parte inferiore, con tutte le caratteristiche di questo animale (tuttavia gli artigli non vengono usati per ghermire le vittime, a differenza della arpie). Il lor esordio letterario va rintracciato proprio nell’Odissea dove sono protagoniste della vicenda che vi abbiamo appena raccontato, ma in realtà queste creature sono ben radicate nella mitologia e nella teologia greca: si tratta di tre sorelle chiamate Partenope, Leucosia e Ligea, figlie del dio fluviale Alcheloo e della musa della tragedia Melpolene. Secondo un’antica leggenda le sirene portate in auge da Omero finiscono con il togliersi la vita per espiare la colpa di non essere riuscite ad uccidere la ciurma di Ulisse gettandosi in mare: i loro corpi riemergono così nei luoghi i cui in futuro sorgeranno Napoli, Paestum e Lamezia Terme. Le creature marine compaiono anche qualche secolo dopo nelle Argonautiche di Apollonio Rodio dove tentano di ingannare Giasone di ritorno dalla Colchide con il vello d’oro: non appena iniziano a cantare però interviene Omero che intonando un’altra melodia riesce ad interferire con il loro letale operato. Anche in questa versione l’epilogo per le semidee è il medesimo raccontato da Omero, ossia il suicido per il fallito assalto.

Secondo poi una leggenda, che tutti sapete, il corpo di una di essa, Partenope, fu raccolto e portato sull’isolotto di Megaride, l’enorme scoglio su cui si distende oggi Castel dell’Ovo. Lì i pescatori costruirono un tempio e seppellirono la giovane vergine (questo vuol dire il nome Partenope), venerandola come una dea. Fu lì che sorsero i primi edifici della città di Partenope. Ancora oggi i napoletani vengono chiamati partenopei, in omaggio a questa mitica creatura. Non a caso la canzone napoletana è conosciuta e amata in tutto il mondo: evidentemente il canto di Partenope risuona ancora nelle canzoni partenopee.

” Insomma il discorso è sempre lo stesso… se  non leggi libri, non puoi narrare la storia.”

Questa frase è molto significativa. Vuole dire che senza conoscere il passato (tramite la lettura e lo studio), non si è in grado di raccontarlo, comprenderlo o imparare da esso.

Chi vuol capire …. capisca!

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