Chi è il brigante Mammone?

Sapete che Gaetano Mammone fu nominato sul campo “colonnello” dell’esercito sanfedista da Sua eminenza il Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria e venne elogiato personalmente da Sua Altezza Reale Ferdinando di Borbone, re di Napoli e di Sicilia, che gli scriveva chiamandolo suo “generale ed amico” ? 

Eppure la storia lo ricorda come uno dei briganti più pericolosi di tutti i tempi.

Quale è quindi la sua  vera storia ?

Gaetano Mammone, all’anagrafe Gaetano Coletta, nacque a Sora il 27 marzo 1756. Egli era  il figlio di un mugnaio originario di Alatri che lavorava a Sora nei mulini concessigli in affitto dal duca Boncompagni.

Egli insieme al fratello Luigi ,  divennero dei famosi briganti   di strada che imperversava con le sue razzie per l’intero territorio  . Entrambi  nativi di Sora,  insieme alla loro banda facevano scorribande lungo tutto il territorio effettuando ogni sorta di violenza .

La gente ne aveva terrore perchè  intorno alla sua figura aleggiavano terribili leggende . Correva voce che egli fosse un cannibale che di tanto in tanto mostrava a tutti il suo desiderio di sangue umano .

La sua ferocia e la forza distruttrice che poi mostrò nei confronti dei giacobini lo portarono ad essere  considerato il più crudele e sanguinario dei banditi.. Di lui si diceva addirittura che mangiasse in teschi umani di persone da lui uccise. Il suo desiderio di sangue umano era tale che si beveva tutto quello che usciva dagli infelici che faceva scannare. Si diceva averlo visto  bere il sangue suo dopo essersi salassato, e cercar con avidità quello degli altri salassati che erano con lui. Pranzava avendo a tavola qualche testa ancora grondante sangue e beveva in un cranio.

Lui e suo fratello Luigi, nativi di Sora, insieme alla loro banda facevano scorribande lungo tutto il territorio effettuando ogni sorta di violenza, ma  fu lui paradossalmente ,  ad entrare in Napoli da trionfatore con l’armata della Santa Fede per liberare la città dai Francesi e quindi riconsegnarla al re borbonico Ferdinando .

Ora vi starete certamente chiedendo cosa ci faceva un uomo tanto crudele al comando di un esercito creato da un Cardinale . Egli era un bandito …un violento … un peccatore.

Come mai comandava un esercito denominato della ” Santa Fede ” ?

Per capirolo dobbiamo necessariamente ripercorrere  con calma il piccolo pezzo di storia che fece seguito alla proclamazione della Repubblica napoletana  nel 1779 .

I giacobini napoletani in quel periodo con l’aiuto di Championnet, proclamarono la Repubblica napoletana, ed il re Ferdinando come tutti sappiamo fu costretto a fuggire in Sicilia .

Subito dopo nella stessa a Palermo  in Sicilia venne indotta dal re  una storica riunione dove  fu conferito al Cardinale Ruffo,il titolo di Vicario generale del Regno e al contempo il gravoso compito, con pieni poteri della riconquista del Regno.

Una volta avuto il dispaccio del Cardinale Ruffo, subito si uni’ quindi subito a combattere al fianco della Santa Fede ( sostenendo che lo faceva per espiare i suoi peccati ) ottenendone comunque  grandi vantaggi.

Il Cardinale Ruffo quando partì da Palermo contava, armato del solo crocifisso e della sua mente , di sollevare il popolo contro gli stessi rivoluzionari, di soli pochi uomini  dotati di scarse provvigioni e pochi denari e una volta giunto nella terra natale, in Calabria dove aveva molti suoi feudi , emano’ un proclama ai bravi e coraggiosi calabresi perche’ vendicassero le offese fatte alla religione, al re e alla Patria invitandoli a unirsi sotto il vessillo della Santa Croce, per scacciate i francesi dal regno di Napoli e ristabilire la monarchia.

Radunò i volontari, sopratutto contadini, a Pizzo Calabro e incomincio’ una lunga marcia verso Napoli, alla raccolta di soldati volontari .
Ben presto comincio’ a formarsi un piccolo esercito che raccoglieva uomini di tutti i ceti sociali ed anche carcerati e briganti. Non aveva importanza chi fossero: nobili e plebei, villici e cittadini, briganti e galantuomini, sbandati, malfattori, disertori, reclusi, evasi e frati sfratati, erano tutti bene accetti per formare l’esercito della Santa Fede .
Il Cardinale infatti emise un editto che garantiva il perdono a tutti i galeotti o banditi che si fossero pentiti e uniti al suo esercito e fu instaurata a tal proposito una grazia sovrana che condonava colpe e delitti che riguardava sopratutto i capimassa. Al cardinale si unirono quindi anche numerosi briganti tra cui Giovanni Proto che scorrazzava negli Abruzzi, Gerardo Curci, detto sciarpa che imperava nel Salernitano, Giovan Battista Rodio che andava su e giù per la Calabria e Boccheciampe che con alcuni conterranei, fuoriusciti per diserzione, molestava le Puglie .

Ma quelli  che più contribuirono alla vittoria finale e alla riconquista del Regno furono certamente Michele Pezza detto “ fra diavolo” e Gaetano Mammone che in soli due mesi di comando, in poca estensione di paese, fece  fucilare b trecentocinquanta giacobini o chiunque fosse sospettato tale.

Il Mammone subito dopo il mandato a lui conferito , organizzò le truppe “a massa” e, tra i suoi più stretti collaboratori, ebbe Valentino Alonzi, detto Chiavone, nativo della Selva di Sora, nonno dell’altro e più celebre Chiavone, protagonista del brigantaggio antiunitario.

La sua banda con lui ed il fratello al comando arrivarono a distinguersi nella zona della ex Terra di lavoro unicamente per la ferocia , crudeltà ed efferatezza della sua furia distrutrice  contro i giacobini,.

Gaetano Mammone  finita la Repubblica Giacobina, una volta ritiratosi nei suoi domini, continuò nelle sue azioni di brigantaggio continuando a spargere sangue e terrore. Per il suo ostinato atteggiamento criminoso fu alla fine messo al bando e perseguitato. Gli fu dato una spietata caccia, anche perché era nel frattempo divenuto al pari degli altri briganti, un personaggio ingombrante.

Mammone infatti in  passato era stato definito da re Ferdinando “nostro buon amico e generale, il vero sostegno del Trono” ed anche  insignito di decorazioni borboniche.

Gli abitanti della zona scrissero al re supplicandolo di liberarli da quel sanguinario personaggio.

Mammone e suo fratello quindi dopo essere serviti alla causa vennero esplicitamente esclusi dal condono per i loro pregressi reati e una volta arrestati condotti nelle carceri di Ischia da cui riuscirono poi, in un secondo momento, a fuggire con la complicità  di alcune guardie.
Nello stesso anno fu ritrovato ( vestito da prete) e arrestato a Gaeta e rinchiuso poi nelle carceri della Vicaria sotto l’accusa di aver tramato coi giacobini un’insurrezione contro il re.

Secondo molti storici egl isi lasciò morire di fame in carcere per non subire l’onta dell’impiccagione, vittima egli stesso dell’ingratitudine di coloro i quali (i Borbone) aveva servito fedelmente e con tanta ferocia. Secondo altri invece mori avvelenato dopo quattro mesi .

Il fratello invece fu arrestato solo tredici anni dopo quando ritornato al suo paese si reco’ dal sindaco per chiedere le chiavi della sua abitazione. Fu processato e condannato a morte dopo aver anche chiesto in una lettera una supplica al re, rimasta senza risposta.

Il brigante Mammone nella sua  immagine agli occhi della gente doveva apparire terrificante .Ancora oggi per far stare buoni i bambini o intimorirli in caso di capricci si usa talvolta dire ‘ stai buono altrimenti arriva il mammone ‘.

Oppure ‘Fai il buono se no’ viene il  mammone e ti mangia

Pino Daniele nel suo bel brano “Ninnanàninnanoè“ ad un certo punto cita il brigante dicendo ….si vene ‘o mammone  chiudimmo ‘a porta “ …

 

 

 

 

 

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